CAPITOLO 6
PENSIERI
(POV
Alec)
L’alba
era ormai alle porte ed io ancora qui a richiedermi per la centesima volta,
perchè tutto mi stesse sfuggendo dalle mani.
Se
qualcuno una settimana fa mi avesse detto che mi sarei ritrovato in questa
situazione gli avrei riso sicuramente in faccia.
Da
temuto elemento dei Volturi ero diventato lo zimbello di tutti. I miei capi mi
avevano punito, mandandomi a scuola, come un inutile umano. Umano, come quella
stupida ragazzina che continuava ad interferire coi miei pensieri e con la mia
‘vita’. Ma con tutte le scuole che c’erano, possibile che avessi beccato
proprio quella dove c’era lei?
I
primi giorni di scuola, avevo iniziato davvero a divertirmi a scontare questa
punizione. Quella Lina era davvero un tipo forte, strana vero, ma forte. Mi
teneva testa, come nessuno, a parte mia sorella, riuscisse a fare. Aveva
davvero un bel coraggio, perché di sicuro il suo corpo inconsapevolmente le
diceva di starmi alla larga. Eppure più di una volta ho pensato che anche lei
trovasse piacere nel discutere con me, e come me preferiva starsene da sola.
Infatti non l’avevo mai vista scambiare una parola con i suoi compagni di
classe, a parte me. E questo mi piaceva, anche se non aveva senso.
Ma
il mio più grande errore è stato quello di ieri sera, quello di andare
all’Irish, perché nonostante i fatti successi dopo quel venerdì, quell’angelo
nero premeva ancora sulla mia curiosità. Maledetto me che non sono rimasto con
Jane. Non l’avevo più vista dal giorno della decisa punizione, e lei quella
sera era venuta a cercarmi, ma io l’avevo liquidata. Così da ritrovarmi poi da
solo nella discoteca.
Quella
dea stava davanti a me a ballare, non me ne persi un movimento. Non so perché
ma mi era terribilmente familiare. Quando poi scese dalla sua postazione, uscì
nella zona fumatori, l’avevo seguita e la vidi con una sigaretta in mano che
evidentemente cercava qualcosa con cui accenderla. Presi l’accendino che
portavo sempre con me, ottimo per bruciare un vampiro, e allungai una mano per accenderle la
sigaretta. Quando si voltò per ringraziarmi, il suo profumo mi aveva
letteralmente dato uno schiaffo in faccia, quello stesso profumo a cui dovevo
resistere ogni mattina a scuola. Non potevo credere che fosse proprio Lina, ma
non avevo dubbi era lei. Mi parlò. La sua voce non aveva il solito tono
sfacciato che conoscevo, era più gentile, ma lo avrei riconosciuto ugualmente
in mezzo ad altri cento. Era un po’ tesa, mi aveva riconosciuto, ovvio, ma finse ugualmente il contrario.
-Carina,
non puoi fregare Alec.-
Per
questo stetti al suo gioco.
Ma
più parlavamo, più la volevo, ancora di più ora che sapevo chi era, e questa
non andava bene. Quella Lina aveva il potere di catturarmi nella sua sfera
privata. Mi avvicinai e poi dopo averla accarezzata la presi di forza per i
fianchi così che solo pochi centimetri separavano le nostre labbra.
Lei
però non si tirò indietro, come invece credevo avrebbe fatto, se davvero le
davo fastidio come diceva, la mia presenza avrebbe dovuto farla allontanare,
no?
La
stavo per baciare e a quanto pare anche lei voleva farlo, dato che aveva
iniziato ad accarezzarmi il viso. A quel contatto il mio desiderio di lei era
cresciuto vertiginosamente, non avevo mai provato una senso di attrazione così e
non sapevo come chiamare questo sentimento che dentro di me cercava di
esplodere. Conoscevo solo quel sentimento che mi legava a Jane, che io avevo
sempre chiamato inconsapevolmente amore, ma quindi cos’era quello provavo ora?
I
miei pensieri erano completamente assuefatti dalla vicinanza di lei e senza
accorgermene dissi
“Lina
ti voglio”, da dove diavolo mi erano uscite quelle parole? Eppure non mi
accorsi di averle dette fino a che non sentii una lieve spinta che
evidentemente cercava di mandarmi indietro, mi lasciai andare perché non avevo
capito cosa stesse succedendo fino a quanto lei avevo iniziato a sbraitarmi
contro.
Il
mio orgoglio maschile ovviamente aveva risposto alle sue domande, dicendole che
la stavo prendendo in giro così come lei stava facendo con me, in modo molto
gelido come il freddo che aveva iniziato
a pungere all’improvviso. Quel distacco aveva veramente scemato il calore che
si era creato. Lei tuttavia, arrabbiata, a parer mio, in modo esagerato se ne
andò. Ed io ero rimasto lì stupefatto, più di me stesso che del suo
comportamento. Cosa diavolo mi era successo in quei pochi minuti? Cos’era quel
cambiamento netto che avevo sentito. Quella ragazza mi aveva fatto qualcosa, e
questo mi fece infuriare. Ero tornato al palazzo ed ero venuto qui, di fronte alla mia solita finestra in
attesa dell’alba e di risposte, che non sarebbe tardate ad arrivare.
Sentii
uno spostamento d’aria, riconobbi la scia che stava venendo da questa parte.
Diamine volevo starmene da solo, ma lui non avrei potuto ignorarlo. Appenda mi
fu accanto mi girai e mi inchinai salutandolo:
“Caius,
mio signore”
Caius
mi squadrò dalla testa ai piedi con quei suoi occhi rosso cupi, che sembravano
essere coperti di polvere, segno della sua età millenaria.
“Alec,
è da qualche giorno che non ti si vede” disse con il suo tono cinico di sempre.
Era
vero. Dalla giorno in cui mi avevano esposto la loro punizione, avevo cercato
di evitare di incontri chiunque. Mi sentivo fin troppo umiliato.
“chiedo
perdono, ma sto cercando di concentrarmi il più possibile, per dimostrare il
mio valore.”
In
parte era vero.
“ti
fa onore quello che hai detto…”
Detto
questo la sua espressione e il suo tono cambiarono e si indurirono:
“
non sai la rabbia che ho provato quando Aro ci ha reso partecipe dei tuoi
pensieri, è stata una forte delusione quella che ci hai inferto Alec. Sai se
non ti conoscessi bene direi che ti stai facendo più docile…” Ringhiò.
“…
lo sai quanto odio provo quando le regole non vengono rispettate”.
Si
lo sapevo benissimo. Lo conoscevo da più di tre secoli e ogni volta che
dovevamo intervenire per quel motivo, lui era quello che più si arrabbiava. Basti
pensare poi all’ultima grande battaglia a cui anche lui ha partecipato. Quella
contro i Cullen. Fino all’ultimo ha cercato un modo per punirli, ma alla fine
siamo stati costretti a passarci sopra perché per la prima volta ci siamo
sentiti… inferiori. Un ringhio mi sfuggì, ripensando a quei cani da tartufi e
alla neonata immune ai miei poteri. Che odio!
Caius
mi lanciò un’occhiataccia, parlai in fretta per non fargli credere che quel
ringhio fosse diretto a lui.
“scusami,
stavo ripensando ai Cullen!”
Anche
lui ringhiò a sua volta, non sopportava neanche sentir nominare il loro nome.
Mi
lanciò un’occhiata d’intesa, che significava, ‘vendetta futura!’
“vedi
di ritornare presto in te stesso!”.
Aveva
ragione. Dovevo ritornare in me stesso. Tutti questi pensieri non mi si
addicevano.
Poi
una folata di vento ci arrivò sotto il naso e la sua espressione minacciosa
divenne docile. Se anche non avessi riconosciuto a chi apparteneva l’odore di
colei che si stava avvicinando, l’avrei intuito ugualmente dalla faccia di
Caius. Quella faccia gentile e dolce di chi è innamorato. Quella faccia che lui
riservava solo alla sua Athenodora. Per lei , lui avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Infatti
due secondi dopo la bella vampira gli fu accanto. Anche lei mi squadrò dalla
testa ai piedi come Caius, i suoi occhi erano cremisi, leggermente opachi come
quelli del suo amato.
“Alec
non ho ancora avuto la possibilità di dirti quanto sei stato fortunato! Il mio
Caius è stato davvero troppo buono.” Disse perfida e si avvinghiò al nobile
vampiro.
Che
stronza! Ma questo era il suo carattere. Perfida e cattiva, vanitosa poi, perché
sapeva che la sua dote era servita molte volte, quando si creavano i piani d’attacco.
Lei era intelligente, astuta e dannatamente furba. Aveva poi più o meno lo
stesso carattere di Caius, sapeva odiare facilmente chi gli andava contro. Ma quando
si trattava del suo sposo, sembrava quasi di vedere i cuoricini circondarli, si
amavano a vicenda in una maniera spaventosa. Per un attimo credetti di provare
invidia per l’amore che entrambi potevano condividere. Che sciocchezza, io
potevo contare su Jane.
“hai
ragione Athenodora. Con vostro permesso ora mi congedo, devo andare”
Detto
questo mi inchinai e mi avviai verso il mio alloggio, ora mi aspettava un’altra
cosa spaventosa da fare, dovevo affrontare Lina.
Arrivai
in classe e di Lina, non c’era ancora l’ombra. Per un momento temei che non
sarebbe venuta, ma un secondo prima dell’inizio delle lezioni, lei fece la sua
comparsa.
Salutò
con un sorriso una moretta al primo banco, forse oggi le era passata. Avevo tirato
le conclusioni troppo presto. Quando mi si avvicinò mi incenerì con uno sguardo
e non disse nulla.
Il
suo silenzio mi faceva davvero male. Perché? Perché quand’ero con lei mi
sentivo così schifosamente diverso? debole? umano?
“ehi
carina, il gatto ti ha morso la lingua?” dissi ironicamente come le altre
mattine.
Lei
fece finta di nulla.
“abbiamo
dormito male stanotte, carina?”
Ritentai.
Niente
da fare. Provai ancora con qualche altra volta. Ma lei non si smosse di un
millimetro. Sapevo che di sicuro lei dentro, si stesse rodendo il fegato, perché
la conoscevo abbastanza per sapere che le costava tantissimo non rispondermi
per le rime. Ciò nonostante resistette.
Perché
mai era così arrabbiata? Offesa?
Decisi
di non rivolgerle la parola per tutto il giorno.
Alla
fine delle lezioni mi alzai prima di lei e mi fiondai fuori dalla classe come
sempre, ma non me ne andai a casa. Quando
la vidi uscire le andai dietro, di sicuro il suo sesto senso le aveva fatto
avvertire pericolo, perché si girò di scatto. Mi fisso con occhi… sofferenti?
Perché
soffriva? Vederla così mi fece male. No. Non potevo più resistere. Ormai dipendevo
completamente da lei. Me ne ero reso conto solo ora.
“che
diavolo vuoi?” mi disse lei con una voce tremante di rabbia.
Non
ci pensai due volte. La spinsi contro il muro e la baciai.
Olè!!
Che
ne dite di questo capitolo! Ho creduto di dover mettere anche cosa Alec pensava
quella notte all’Irish e soprattutto di sottolineare i sentimenti che dentro
continuano a tormentarlo!
Per
la carissima AlicexCaius ho inserito il suo amato Caius, spero di non
aver deluso le sue aspettative!!!
Ditemi mie belle!
Un bacio