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Autore: Iurin    17/02/2011    8 recensioni
E' il 1992, l'anno scolastico, ad Hogwarts, sta per cominciare, e Silente, grazie a Miss Pince, ha assunto un'assistente bibliotecaria, parente della suddetta Miss Pince, forse, per "un decimo di millesimo di grado". La ragazza, appena ventottenne, si chiama Soleil Scrooge (sì, come Ebenezer Scrooge), ed arriva ad Hogwarts già piuttosto restia a fare quel lavoro, ma poi si deprime totalmente quando capisce di essere praticamente entrata in conflitto con "l'acido" Severus Piton. E, complice una strana tinta per capelli usata per sbaglio (o forse per far colpo su Gilderoy Allock), proprio Severus Piton le affibbierà un soprannome, con il quale solo lui, però - o per fortuna - la chiamerà: Cirque.
Cirque du Soleil.
Genere: Comico, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gilderoy Allock, Nuovo personaggio, Severus Piton, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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 Cirque-du-Soleil-1

 



Prologo
 
Volevo morire.
Volevo semplicemente morire; non ce la facevo più.
Ero solo un’assistente bibliotecaria, ma davvero… la mia vita sembrava un inferno.
Volevo che la mia vita finisse nel modo più veloce possibile.
Non che non mi piacesse fare la bibliotecaria. Pardon, l’assistente bibliotecaria.
Ma se bisognava farlo , in quella scuola… Allora l’idea della richiesta di morire non sembrava più tanto cretina.
Almeno per me.
E dire che, quando ero stata una studentessa, proprio lì, ad Hogwarts, avevo avuto l’ardire di adorare quel posto.
Vabbè, grazie, mica c’era lui.
Okay, c’era, ma almeno era solo uno studente. Non un professore. Il che voleva dire che aveva pure fatto carriera, lui, mentre io no. Cosa che ovviamente si premurava di ricordarmi gentilmente molto spesso. E poi aveva, appunto, sviluppato l’immensa capacità di risultare orrendo e sgradevole.
Orrendamente sgradevole.
O sgradevolmente orrendo.
È uguale.
Che poi, a dirla tutta, io neanche mi ricordavo di lui; uno così mi sarebbe rimasto impresso. Vabbè, non eravamo stati proprio… amiconi, da studenti. Neanche amici, veramente.
Okay, non c’eravamo mai parlati.
… Okay, d’accordo, ognuno di noi aveva ignorato completamente l’esistenza dell’altro, a scuola.
Perlomeno per me era stato così. E supponevo, comunque, che anche per lui fosse stato lo stesso, dal modo in cui, quando venni a lavorare ad Hogwarts, mi guardò. Cioè in maniera totalmente indifferente. Quindi neanche lui aveva presente chi fossi. Bene.
D’altronde un Serpeverde come lui non si sarebbe mai abbassato a guardare una stupida Tassorosso come me. Figuriamoci. E poi avevo pure ben quattro anni in meno di lui.
Oh, sì, questo era un valido motivo.
Comunque… Stavo dicendo… Oh, sì, avevo voglia di morire. Colpa della sua saccenza, del suo sarcasmo, dei suoi sguardi, dei suoi ghigni. Colpa sua, insomma. E forse una soluzione c’era: avrei potuto colpire il piccolo Harry Potter con un libro e autoaccusarmi di tentato omicidio; mi avrebbero arrestato e messo a morte. Problema risolto.
Ah, no, non c’era più la pena di morte.
Accidenti.
Al massimo sarei potuta finire ad Azkaban, allora, ma no… I Dissennatori non mi ispiravano molta simpatia, con il loro fare da risucchiatori folli di anime.
Avrei voluto, allora, trovarmi all’inizio del XV secolo, avrei colpito il piccolo Harry Potter con… uhm… un plico di pergamene, e sarei stata messa a morte per questo. Oh, sì. E non avrei più dovuto sorbirmi lui e la sua odiosa presenza.
Però… se mi fossi trovata nel XV secolo, lui sarebbe ancora dovuto nascere, quindi, di conseguenza, non avrei avuto alcun valido motivo per porre fine alla mia esistenza. E comunque non ci sarebbe stato alcun Harry Potter da colpire, a quel punto.
Accidenti. Di nuovo.
Vabbè, basta solo una piccola correzione: avrei voluto che tutti noi ci trovassimo nel XV secolo, così avrei colpito Harry Potter e bla bla bla.
Guarda te se una ragazza non può neanche immaginarsi una morte come vuole lei.
Ecco.
Vabbè, meglio sorvolare.
Allora sarei potuta scappare per non vederlo mai più… Ma poi chi l’avrebbe sentito, mio padre? O peggio… Mia nonna? Brrrr…
Sarei stata costretta a rimanere lì in eterno, a meno che non volessi darmi alla macchia e trasferirmi in Papuasia. No, grazie. O, perlomeno, fino a quando non avessi trovato un nuovo impiego. Ovvero: mai.
Sarei rimasta lì, con lui… nei secoli dei secoli. Amen.
Ancora mi ricordo in nostro primo incontro, il giorno in cui Silente mi aveva accolto ad Hogwarts come membro dello ‘staff’: mi spaventò subito. All’istante. E non aveva neanche aperto bocca… Figuriamoci, quindi.
Era il 1992 e io, appena ventottenne, ero stata assunta in quella scuola per grazia divina. O per raccomandazione, come dir si voglia. Ero parente, infatti, dell’eterna bibliotecaria di Hogwarts, Miss Irma Pince. Beh, ‘parente’ per modo di dire. Diciamo che la bisnonna di Irma e la bisnonna di mio padre erano cugine; di secondo grado, credo. Quindi non avevo e non ho tutt’ora la più pallida idea di quale parentela intercorra tra di noi. Forse anche noi eravamo cugine, per un decimo di millesimo di grado. Ma lei era di almeno vent’anni più grande di me, quindi la vedevo meglio come ‘zia’. Zia Irma.
Beh, è ad effetto.
Una volta avevo un’amica la cui zia di secondo grado era di un anno più piccola di lei. Che strane cose, succedono.
Ma sto divagando.
Insomma, circa cinque o sei mesi prima del mio arrivo ad Hogwarts, mia nonna paterna, continuamente (e astiosamente) preoccupata per il fatto che lavorassi in una semplice biblioteca babbana, aveva contattato Irma Pince per chiederle di dare un senso alla mia vita. Miss Pince aveva accettato con ardore. E mia nonna, alleatasi con mio padre, mi disse che avrei dovuto comportarmi benissimo, che avrei dovuto farmi valere, che non avrei dovuto farmi scappare quell’opportunità.
Aha. Ero passata da una biblioteca babbana ad una magica. Sai la differenza…
Ma se fossi scappata da lì, per colpa di quello lì, suddetti parenti non l’avrebbero presa comunque tanto bene.
Quindi… Ultimi di Agosto del 1992. Dopo che mi fui praticamente presentata con Miss Pince, Silente mi presentò, allora, al corpo insegnanti e non. Sembravano tutti affabili, disponibili, gentili. Beh, quasi tutti: quell’Argus Gazza non mi ispirava molta simpatia, a dire il vero. E la sua gatta metteva i brividi. Insomma, un gatto con gli occhi rossi non si può propriamente definire normale.
Comunque, quando il Preside di Hogwarts, Albus Percival Tizio Caio Sempronio Silente mi presentò lui, cercai comunque di essere affabile. Se potevo sembrare simpatica io, lui avrebbe potuto essere simpatico con me.
Ottimismo del cacchio.
Anche se, a dire il vero, all’inizio rimasi piuttosto spiazzata: l’uomo che avevo di fronte era vestito completamente di nero, con due tendine di capelli neri e unti davanti alla faccia, come se stessero formando un sipario che, però, si sarebbe aperto per mostrare…cosa? Un naso. Un naso! Un naso enorme. Quello davanti a me non era un uomo, era un naso con braccia e gambe! Quello lì era di sicuro l’antenato di Pinocchio.
Che poi si sa di quello che dicono su chi ha il naso grosso.
Che… Eh? No! Non quello! Che diamine! Io mi stavo riferendo alla befana… Insomma, se uno ha un naso grosso è simile alla befana, no? E la befana è simbolo di bruttezza e a volte anche di antipatia, no? Quindi chi ha il naso grosso assomiglia alla befana e quindi è brutto e acido come lei. Giusto? Io non… Non mi stavo riferendo all’altra cosa! No!
… Accidenti.
“Soleil,” Disse Silente – ah, sì, il mio nome è Soleil “questo è Severus Piton, è Capocasa Serpeverde ed insegna Pozioni.” E poi aggiunse, rivolgendosi all’uomo: “Severus, Soleil Scrooge.”
Già. Scrooge. Oh beh, meglio di ‘Sprite’, comunque; ci mancava che un'altra professoressa si chiamasse ‘Pepsi’ e avevamo concluso.
Gli feci un gran sorriso, al quale, lui, non rispose.
“Molto piacere.” Lo salutai.
“Sì.” Disse.
Sì. Che cavolo di risposta era?
“Quindi… Scrooge.” Fece, poi, lui. Evidentemente, allora, sapeva parlare. “Cos’è, un suo antenato ha ispirato il Canto di Natale di Charles Dickens?”
Deficiente.
Comunque, per mia immensa bontà, continuai a sorridere, e risposi, anche:
“Perché? Perché poteva aver ricevuto la visita di tre fantasmi?”
Lui alzò un sopracciglio. “No.” Rispose “Perché probabilmente era avaro.”
Disse l’ultima parola con un tono a dir poco terrificante.
E io lo guardai male.
Fottiti, Severus Piton. 

   
 
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