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Autore: Nidham    22/02/2011    4 recensioni
Breve elucubrazione della mia ladra nel momento piu' triste del videogioco, quando una scelta porta a tragiche conseguenze. Fatemi conoscere il vostro parere, visto che è anche il mio primo tentativo^^
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Zevran è piombato nella stanza senza bussare, quasi fossimo ancora nell'accampamento e non ci fosse una solida porta di quercia a guardia della nostra intimità.

Ho fatto appena in tempo a nascondere lo smarrimento nei miei occhi dietro un velo di falsa indifferenza e sono rimasta ferma, seduta ai piedi del letto, le mani abbandonate lungo i fianchi e il volto inespressivo.

“Ho visto Morrigan lasciare il castello!” ha esordito con urgenza e stupore.

Il silenzio è scorso tra noi come un'unica onda su un mare vuoto e piatto.

Avrei voluto rispondergli, ma la lingua era incollata al palato e il fiato non voleva saperne di uscire dalle mie labbra.

Morrigan se ne sta andando.

“Lo so!” avrei voluto dirgli. “Mi dispiace...”

Ma che senso avrebbe avuto? Come avrei potuto spiegare il motivo, la verità, senza metterlo al corrente di tutto? Senza poggiare sulle sue spalle il fardello di un'ineluttabile destino?

Così mi sono limitata ad annuire, a non alzare gli occhi su di lui, a non cambiare espressione.

“Dove diamine crede di andare, per tutti gli stramaledetti dei?” ha continuato, forse pensando che avessimo un qualche brillante piano di cui non era stato messo al corrente, sperando che i fatti fossero diversi da come, in realtà, già li aveva immaginati con assoluta certezza.

Ho stretto il copriletto di lana tra le dita, avvertendo, per la prima volta, la ruvida consistenza di quella stoffa, pregiata più di qualsiasi altra coperta su cui avessi avuto la fortuna di poggiarmi da mesi, ma pungente al tocco, come i cocci dei miei sogni infranti.

“Tutti se ne vanno, prima o poi” avrei dovuto rispondere, ma una risata pericolosa e insensata stava premendo nella mia gola e non potevo rischiare di disserrare le labbra, o sarebbe fuoriuscita feroce e folle e crudele e vigliacca.

Vigliacca e infantile, sì! Così mi sentivo. Perché affacciandomi sull'orlo dell'abisso di quel mondo, che un tempo era stato di pace, riuscivo solo a vedere le lacrime del mio cuore spezzato.

Non ero certo l'unica ad aver perso molto, in quella folle guerra che è stata chiamata Flagello.

Non ero certo la sola, in quella stanza, a sapere cosa significasse solitudine, paura, disincanto!

Ma io ero il loro capo, anche se era assurdo pensarlo e impossibile capirne il senso. Da mesi guardavano a me per avere coraggio, per trovare quelle certezze che ancora io stessa non avevo saputo inventarmi.

Non potevo cedere, non dovevo vacillare. Non ora, a un passo dalla fine e dalla vittoria. Dovevo fingere speranze anche se non ne avevo più alcuna.

E allora perché la voce si rifiutava di uscire? Perché i miei occhi tremavano e le spalle urlavano del dolore di singhiozzi a stento trattenuti?

Che capo avrei potuto essere, per quel esercito, per i miei amici, se ero una donna tanto debole?

Zevran si è chinato davanti a me e ho visto il suo volto, preoccupato, affacciarsi sul mio.

“Cosa sta succedendo, Eilin?” la sua voce è stata un sussurro gentile, perché, in fondo, è sempre stato il solo a saper leggere dentro la mia anima, senza bisogno di parole.

Un unica carezza e il fiato è uscito di nuovo dai miei polmoni, raschiandoli e ferendoli, ma senza far tremare le mie labbra.

“Cosa sta succedendo?” ha ripetuto, sfiorandomi la guancia con la punta delle dita.

Ho alzato lo sguardo su di lui, arrendendomi al calore di quegli occhi color del miele, di solito canzonatori o spietati, ma adesso dolci e caldi, quanto il suo tocco.

Zevran meritava di più della mia codardia, della mia futile disperazione. Meritava di più di una patetica donnetta persa in un languido rimpianto.

Ha abbandonato la sua vita perché si è fidato di me e perché io mi sono fidata di lui.

Così ho sorriso e rinunciato all'ultimo frammento di anima che avevo conservato per me stessa.

“Morrigan non combatterà con noi l'ultima battaglia, amico mio.”

Ero fiera di quanto la mia voce apparisse ferma e sicura.

“Non è la risposta alla mia domanda.”

Ho fatto per alzarmi, ma mi ha trattenuto, con ferrea gentilezza.

Avrei voluto che non lo avesse fatto, perché davanti a una tale manifestazione di affetto ho rischiato quasi di crollare. Ma non mi sono sciolta dal suo abbraccio e ho continuato a sorridere.

“Pensavo foste amiche.”

Ho annuito e per un po' nessuno di noi ha aggiunto altro.

Poi Zevran si è alzato di scatto, la calma pervasa da una gelida furia.

“Abbiamo bisogno di lei!” ha gridato senza alzare la voce. "Devi andare a riprenderla.”

“E costringerla a combattere?” l'ho interrotto, questa volta con la durezza di un comandante.

Sapevo che avrebbe voluto rispondere con un secco “Sì”, ma ha chiuso la bocca prima di controbattere.

“Non ho mai costretto nessuno a seguirmi, Zevran. Non inizierò adesso” poi, sdrammatizzando, “e, comunque, sai bene che se anche volessi provarci otterrei solo di vederci trasformare tutti in rospi... o magari in graziosi maialini rosa!”

Il mio tentativo di ilarità è caduto nel nulla.

“Allora non abbiamo speranze...”

Ho visto le sue spalle piegarsi, la sua espressione farsi vuota e distante. E, d'un tratto, la mia rabbia, la mia tristezza hanno perso importanza di fronte a quella resa.

Non potevo accettare di far crollare tutto quello che avevamo tanto faticosamente costruito. Non per un motivo così meschino come una delusione amorosa! Il disgusto per la mia infantile perdita di ragionevolezza ha rischiato di soffocarmi, ma ho serrato la mascella e non ho indietreggiato più.

“C'è speranza, invece. Ci sarà sempre, finché combatteremo.”

L'ho preso per le spalle, quasi scuotendolo, e lui mi ha trapassato l'anima con un semplice sguardo.

“Tu stessa non ne hai. L'ho visto” ma le sue parole hanno perso sicurezza mentre fissava lo sguardo nei miei occhi, vedendo svanirne la verità proprio mentre le pronunciava.

“Noi siamo speranza, Zevran. Tu, un assassino che ha creduto nella vita, Leliana, con la sua fede quasi insensata, Oghren, in tutto il suo rude coraggio. Wynne e la sua esasperante, saccente saggezza! Persino quel matto di un Qunari, duro come la roccia! Noi saremo la speranza per questa terra martoriata, perché abbiamo combattuto per difenderla e lo faremo ancora, con ogni respiro e ogni goccia di sangue, contro la logica e la paura, contro noi stessi e la nostra voglia di vivere. C'è ancora speranza, perché noi la costruiremo!”

Mi ha fissato impietoso, cercando segni della mia debolezza.

“Perché se n'è andata?” ha insistito.

“Mi ha dato un scelta e ha fatto la sua.”

“Quale?”

Ho scosso la testa. Ormai era un problema lontano, un bivio già superato in questo cammino verso la salvezza. Faceva ancora male, ma era come se non avesse avuto importanza, come fossi riuscita a liberarmene nel momento stesso in cui mi ero separata dall'ultima parte di me che ancora desiderava un futuro per se stessa, una felicità egoistica, senza essersi accorta che una simile opportunità era morta nel momento stesso in cui avevo accettato il mio ruolo.

Sorridendo, l'ho stretto a me per un attimo.

“Grazie di essere qui” gli ho sussurrato.

“Ehi, sai benissimo che avrei potuto esserci da molto prima, se solo me ne avessi dato l'opportunità, invece di appartarti sempre nella tenda con quell'imbranato!”

Le sue canzonature erano balsamo per le mie orecchie.

“A proposito” ha aggiunto, titubante e feroce. “Pensavo di vederlo qui, stanotte. Anzi, speravo di sorprendervi in qualche contorsione strana, in modo da poterlo prendere in giro fino alla fine dei suoi giorni!”

Un battito spezzato, una stilettata al petto, ma subito ho ripreso il controllo.

L'ho guardato e ho risposto senza parole, senza più lacrime in fondo ai miei occhi.

“E' uno stupido” mi ha sussurrato. “Il tuo amore vale più di tutto il mondo.”

Ho riso. E finalmente ho accettato la verità per cui ho lottato dal primo istante in cui ho impugnato la spada contro la Prole oscura.

“Niente vale più di questo nostro mondo.”

  
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