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Autore: aliceandhorses    23/02/2011    0 recensioni
Introduzione.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il rapimento
 


Sto pedalando sulla riva del Senna e questo senso di inquietudine ancora non mi ha lasciato…inizio ad avere paura, paura che possa succedere qualcosa da un momento all’altro. Forse dovrei tornare all’orfanotrofio, ma devo ancora comprare il pane. Quando arrivo dal panettiere mi sento anche peggio non so perché, ma la via in cui si trova la boulangerie assomiglia fin troppo al vicolo del mio sogno... Basta Kore, smettila di farti delle paranoie, quello era solo uno stupido sogno, sei a Parigi il posto dove hai vissuto tutta la vita, chi vuoi che possa farti del male?! Smettila!. Mi sento trattenere per un braccio. Cado dalla bicicletta. Non faccio in tempo a girarmi e capire cosa sta succedendo che un fazzoletto bianco mi si posa sul naso. Comincio a vedere sfocato, mi sento debole e in pochi istanti perdo conoscenza. Mi addormento. Mi risveglio in una stanza buia…sento delle voci, sono due, uomini, un adulto e un ragazzo. Che cosa vogliono da me? Dove sono? Mi sento strana come… ah! La testa! Comincia a pulsare, mi fa male, probabilmente l'ho sbattuta cadendo dalla bicicletta. Ma che cavolo sta succedendo?! Adesso mi metto a urlare, non ne posso più di questo buio! Un momento, la porta si sta aprendo. È un uomo, tra i cinquanta e sessanta anni alto e magro. Incute terrore. Un sorrisetto compiaciuto si apre sul volto cupo dell'uomo, si avvicina con passo deciso. “Chi sei? Dove sono? Perché mi tieni qua?” Chiedo terrorizzata; “Il mio nome per ora non ti deve interessare e nemmeno il luogo in cui ti trovi, ti basti sapere che tu sei il mio strumento per il potere.” Detto questo mi lascia di nuovo, rantolante e senza forze, sola nel buio, il dolore alla testa è sempre più forte, come se un chiodo mi trapassasse la fronte, sono stanca,così mi addormento di nuovo. Mi sveglio a causa di un rumore improvviso, non mi rendo subito conto di che rumore sia. Quando un fascio di luce mi avvolge capisco che si tratta della porta che si apre. Questa volta non è l’uomo alto. È un ragazzo, deve avere circa la mia età. Allunga qualcosa verso di me. È un piatto con del cibo. “Tieni è tutto quello che sono riuscito a racimolare.” Dice porgendomelo lentamente. Sento che ha paura ma non capisco di cosa. Di me? No, impossibile. Da fuori l’uomo urla impaziente. “Aristos dove sei?!” Il ragazzo scappa fuori. Non so perché, ma avverto un senso di privazione. Inizio a mangiare, non capisco che cosa sia questa strana brodaglia che ho nel piatto ma ha un buon sapore, un sapore nuovo, non avevo mai assaggiato niente di simile, assomiglia a burro d' arachidi mischiato a del miele, è molto dolce e appiccicoso. Accanto al piatto il ragazzo, Aristos, ha lasciato anche una scodella con qualcosa da bere, è chiaro perché si nota più del cibo nel buio, sembra latte. Lo assaggio, no, non ha proprio il sapore del latte, è disgustoso, odora di uovo marcio e sembra di bere un frullato di acciughe. Dopotutto, però con lo stomaco pieno si sta molto meglio, ora posso pensare più lucidamente…quest’uomo vorrà farmi del male? Certamente non vuole dei soldi dato che vivo in un orfanotrofio dove le suore hanno appena i soldi per sfamare le ragazze e loro stesse. E quel ragazzo? Come mai voleva aiutarmi? E che legame c’è tra lui e l’uomo? Ho vagato fra questi pensieri per un tempo indefinibile, ora ho nuovamente sonno… Mi risveglio e ho perso la cognizione del tempo. Non so cosa fare, sono sola e smarrita e ho una strana sensazione... come una forza interiore che mi spinge a non mollare. Una voce nella mia testa mi ripete che ce la posso fare, che sono più forte di queste persone, che presto tutto finirà. Non so da dove provenga, probabilmente sono impazzita. Non so se dare spazio a questa voce o se sopprimerla. Improvvisamente la porta si apre ed entra l’uomo. “Finalmente ti sei svegliata stupida ragazzina…adesso ascoltami bene, con me non si scherza. Non accettare niente da nessuno se non da me, se sei intelligente avrai capito a cosa mi riferisco.” Dice l’uomo con voce carica d’ira. “Mi dispiace, ma non ho idea di che cosa lei stia parlando.” Rispondo accennando un sorriso forse un po’ troppo spavaldo. L’uomo mi prende per la gola. “Ragazza non fare la furba con me! Non sei nella condizione per poterti permettere questo lusso, mi hai capito bene?!” dice l’uomo aumentando la pressione sul mio collo. Mi lascia rantolante sul pavimento freddo e se ne va sbattendo con forza la porta. Non riesco ancora a respirare bene, ma dopo questo incontro ravvicinato con l’uomo voglio riuscire ad andarmene al più presto. Inizio allora ad avventurarmi nel buio della mia prigione…perlustro ogni mattone, ma sono tutti uguali: ruvidi, freddi e umidi. La porta è di legno, anche questa è umida ed è l’unica via d’uscita. Sento dei passi fuori dalla cella e corro il più velocemente e silenziosamente possibile a sedermi dove l’uomo mi ha lasciata. Quando la porta si apre per qualche secondo non riesco a vedere, ma quando i miei occhi si sono abituati alla luce riconosco la sagoma di Aristos. “Presto alzati e seguimi!” dice lui uscendo dalla porta “non abbiamo molto tempo”. Mi alzo e lo seguo, la luce mi dà veramente fastidio, ma allo stesso tempo sono felice di poterla assaporare di nuovo. “Chi sei? E perché mi vuoi aiutare?” chiedo io. “Sono un servo dell’uomo che ti ha rapita e ti aiuto perché anche io come te voglio andarmene da questo posto infernale.” “Daccordo, cosa dobbiamo fare?” “Le vedi quelle?” indicando una rampa di scale “Dobbiamo salirle tutte e una volta raggiunta la cima ci sarà un mezzo di trasporto ad aspettarci. Potrebbe sembrarti strano, ma fidati di me, tu prendilo e poi ti giuro che ti spiegherò tutto. Mi raccomando non ti fermare a fare domande, non abbiamo tempo, lui tornerà a momenti.” Iniziamo a salire le scale che sono davvero lunghe, gradino dopo gradino mi sento sempre più stanca e avrei voglia di fermarmi per riposare, ma gli avvertimenti di Aristos e la voglia di riassaporare la libertà me lo impediscono. Finalmente la luce si fa più intensa e il mio cuore si scalda di una nuova e più viva speranza di potercela fare. Arrivata in cima vedo una carrozza su quello che si direbbe un tetto, piano inizio ad aggirarla e quando vedo le creature che la trainano rimango bloccata per lo stupore. Non so definire che cosa siano, ma sono bellissime. Hanno la forma di un cavallo, il loro manto riflette tutte le sfumature del viola e ai lati del possente torace hanno due lunghe e potenti ali semitrasparenti i loro zoccoli sono color argento; sono davvero le creature più belle che io abbia mai visto. “Presto sali!” mi dice Aristos con una lieve sfumatura di tensione nella voce, è evidente che ha paura dell’uomo. Salgo e lui si siede accanto a me e fa partire le creature al galoppo verso…oh mio Dio le sta dirigendo verso la fine del tetto, verso il vuoto! Inizio ad aver paura. “Aristos? Cosa vuoi fare?” chiedo preoccupatissima. “Kore fidati di me, vedrai che andrà tutto bene e forse ti piacerà.” Siamo quasi alla fine del tetto quando le due creature iniziano a sbattere le loro possenti ali e così la carrozza si alza in volo verso il cielo. Passano solo pochi secondi e mi ritrovo in uno spazio infinito, sembra irreale, la luce varia dalle tonalità di azzurro e blu a tutte quelle del verde e del viola. Per un momento mi dimentico di tutto e di tutti e rimango a contemplare questo paradiso. Piano piano questo silenzio si riempie della mia curiosità. “Aristos, cosa sta succedendo? Dove mi stai portando?” Voglio sapere, ma ho paura, ho paura che faccia tutto parte di una strana realtà. Chiudo gli occhi e li riapro nell'intento di risvegliarmi da questo incubo. Sta accadendo davvero. Dopo qualche secondo di inquietante silenzio Aristos mi degna di una risposta. “Stiamo raggiungendo un posto per te molto sicuro.” Un momento, non capisco... Per me? E lui? “Aristos, che cosa intendi dire? Devo tornare all'orfanotrofio, devo portare i vestiti alle bambine! Non puoi solo riportarmi a casa?” Lo supplico. “Ma io ti sto riportando a casa, nella tua vera casa.” Silenzio. Continuo a non capire. La mia vera casa? Di che cosa sta parlando? La mia unica casa è in Francia, con madre Desirée, la madre superiora e le bambine. Non so perché ma questa storia mi incuriosisce, sento che c'è del vero in quanto accade. Dura tutto pochi secondi, ad un certo punto, si apre un vortice dai mille colori verso il quale ci dirigiamo; l'impatto è travolgente non resisto alla botta. Mi risveglio in una stanza inondata di una luce molto chiara e intensa, impiego qualche secondo per abituarmici. Non appena riesco ad aprire gli occhi riconosco la figura esile di Aristos; mi guardo intorno e noto delle strane creature che mi guardano incredule. Non avevo mai visto delle persone così piccole: assomigliano a quegli strani gnomi descritti nei libri fantasy che, impolverati, giacciono sugli scaffali della vecchia biblioteca dell'orfanotrofio. Le donne indossano strani copricapi, bianchi e rigidi dalla forma cilindrica, alti pressapoco tre o quattro centimetri. Vestono una tunica leggermente diversa l'una dall'altra per colore e per la presenza di ricami e decorazioni; tutte hanno i piedi coperti dalla cosiddetta tunica, troppo lunga per la loro bassa statura. Gli uomini indossano dei calzoni larghi e lunghi fino alla caviglia, colorati con le varie tonalità del verde e del marrone, una camicia chiara e uno scuro gilet, in testa il cappello floscio anch'esso tendente al marrone. Sono tutti intorno a il mio letto e mi guardano con uno sguardo sereno, come se fossero loro a vedermi piccola e indifesa, forse perchè lo sono veramente, idifesa, non riesco più a distinguere la realtà dalla mia fantasia, mi sento persa e ho una sensazione strana, mi sento osservata, c'è un piccolo gnomo che mi scruta con uno sguardo diffidente, è in disparte, in un angolo della stanza. Uno degli gnometti mi chiede come mi sento, in realtà ho la testa dolente e mi sento debole ma la curiosità di capire ciò che sta accadendo mi spinge a mentire <>, dopo poco mi riaddormento e mi risveglio nella stessa stanza, ma ora non noto nessuno intorno a me se non un bambino, è ancora più piccolo degli altri gnomi, ha due guance paffute e rossastre ai lati del viso e due occhi cielo, molto espressivi e tanto grandi da essere la prima cosa che si nota guardando questo piccoletto. Mi prende per un braccio e mi aiuta ad alzarmi dal letto, con la sua vocina stridula mi invita a seguirlo << ehi sbrigati aspettano tutti te! Seguimi, ti porto dal resto della tribù.>>; così lo seguo. Mentre proseguiamo per il tragitto perdo il senso dell'orientamento, la galleria che stiamo percorrendo è quasi completamente buia, se non per una lanterna in mano al bambino; silenzio tombale, quando ad un certo punto il ragazzino mi rivolge la parola << Kore, giusto? E' questo il tuo nome, Kore, sbaglio?>> <> gli rispondo << e tu, come ti chiami?>> <> mi risponde energicamente, come fosse fiero di portare quel nome. <> conclude Noah; <> chiedo perplessa, <<è il nome della nostra tribù!>> risponde Noah. << E' la tribù più antica della cerchia delle 10. Ma te lo spigheranno meglio loro..>> dice indicando gli gnomi riuniti intorno ad un tavolo, e fra questi anche Aristos. Mi da un colpetto sulla schiena come per mandarmi verso di loro.
  
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