Capitolo 1
Zooey
Ormai
pioveva da più di una settimana e gli abitanti del quartiere non ne potevano
più, i loro prati non venivano tagliati ed erano pieni di foglie e cartacce
arrivate da chissà dove. Larry, il ragazzo che si occupava di queste cose per
tutto il vicinato, in cambio di un piccolo compenso, gli aveva detto che
sarebbe stato tutto inutile e che avrebbe ripreso il proprio lavoro una volta
passata l’ondata di maltempo. Ciononostante, qualche coraggioso inquilino decise
di provare a fare da sé, ma con risultati non
proprio eccellenti e qualche caduta imbarazzante sull’erba bagnata.
Le
case del quartiere erano molto simili tra loro, le staccionate erano bianche e
le persiane erano tutte dello stesso colore, così come i muri e le porte.
L’unica cosa che le rendeva facilmente distinguibili e conservava quel minimo d’individualità
necessario per non dare fuori di matto era la cassetta della posta. Ogni casa
ne aveva una diversa. I Peterson, ad esempio, avevano una cassetta a forma di
casa, con il tetto rosso e dei finti vasi da fiore disegnati sotto le finestre,
era molto rifinita e gli era costata una fortuna, cosa di cui amavano vantarsi
con tutto il vicinato. La cassetta dei Jackson era stata fatta da Steven, il
bambino di casa, che aveva pensato di usare una scatola da scarpe cui aveva
incollato sopra il coperchio, poi l’aveva dipinta di verde, ci aveva attaccato
sopra delle figurine dei Pokemon e aveva dimenticato di creare la buca per
inserire la posta. Ne andava così orgoglioso che i suoi non se la sentirono di
comprarne un’altra, così si limitarono a fare un buco con delle forbici in un
punto privo di figurine. Non fu facile trovarlo. I Caulfield, invece, avevano
una cassetta della posta a forma di bassotto tedesco, anche se in realtà
sembrava un semplice cilindro marrone con testa e coda. Non era bellissima,
anzi era un po’ kitsch, ma avendo due
bassotti non erano riusciti a resistere alla tentazione.
“Avanti,
Matt, ti vuoi sbrigare?!” gridò Zooey stando appoggiata alla cassetta-bassotto.
Zooey era l’unica figlia femmina di casa Caulfied, aveva sedici anni, era
minuta, i suoi capelli erano castani e non arrivavano nemmeno a toccare le
spalle, mentre la sua lingua, secondo la maggior parte delle sue compagne, era
troppo tagliente.
“Eccomi!
Come mai sei così impaziente stamattina?” rispose suo fratello Matt correndole
incontro lungo il vialetto. Era molto diverso da lei: giocava nella squadra di
basket della scuola, era al secondo anno e aveva un sorriso che avrebbe fatto
invidia a molti aspiranti attori. Naturalmente lui non voleva diventare un
attore, anzi, a dir la verità, non aveva idea di come avrebbe voluto che fosse
il suo futuro. Non si sentiva ancora pronto
per pensarci.
Dopo
essersi lamentati l’uno dell’altra per qualche minuto, i due fratelli, si
decisero a salire in macchina. Mentre Zooey guidava, Matt mandava sms alla
velocità della luce. La mattina per loro era sempre così, andavano a scuola
insieme e il non-patentato passava
metà del tragitto inviando messaggi, generalmente alle ragazze pompon. L’altra
metà del tragitto chiacchierava con sua sorella, pregando di non andare a
finire contro un albero o contro qualcosa di peggio, come un camion o una
persona.
“Britney?”
chiese la ragazza cercando di sbirciare il messaggio dal cellulare del
fratello.
“No,
Jane” rispose lui con un sorriso soddisfatto. Mise il cellulare in tasca e
puntò gli occhi sulla strada. “Piuttosto, ce la fai a non camminare sul
marciapiede?”
“Non
sono sul marciapiede, mi sto solo tenendo sulla destra. E’ educazione stradale,
non puoi ancora capire, è roba da guidatori esperti” disse Zooey.
Matt
alzò gli occhi al cielo, principalmente perché sapeva che sua sorella non
scherzava e che era convinta di essere una guidatrice provetta.
“Come
vuoi, ma non investire nessuno, per favore.”
“Ma
piantala!” disse fermandosi di colpo ad un semaforo rosso di cui non ricordava mai
l’esistenza e rischiando così di creare un tamponamento a catena.
“Mi spiegheresti chi sarebbe questa Jane?”
“La
conosci, è una cheerleader” rispose lui.
“Quella
con la faccia piatta?” chiese la ragazza con aria incerta.
"No!”
rispose Matt aggrottando le sopracciglia. “Non ci sono cheerleader con la
faccia piatta!”
“Sì
invece! Quella biondina alta che sembra un po’ scema, quella che ha tutti quei
braccialetti rumorosi.” Spiegò agitando il braccio destro come se cercasse di
riprodurre quel rumore.
“Ah!
Ho capito chi è! E’ vero, ha la faccia un po’ piatta. Comunque Jane è quella
con i capelli rossi, magra, carina, con un gran paio di... ”
“No!”
lo interruppe “Non dirlo, non ci provare neanche, non lo voglio sentire!”
Scattò
il verde del semaforo e Zooey fece ripartire la macchina.
“Comunque,
forse ho capito chi è. Porta spesso fermagli strani e colorati, vero?” chiese
stringendo gli occhi come se stesse cercando di proiettare col pensiero l’immagine
della ragazza davanti a sé.
“Esatto!
E non stringere gli occhi in quel modo o ti verranno le rughe.”
Zooey
scoppiò a ridere. “Che fa la mamma, adesso? Manda te a dirmi cosa devo o non
devo fare?”
“Pensa
che la mia influenza potrebbe aiutarti e che, certamente, ascolterai i consigli
di un uomo saggio e maturo come me” disse Matt con tono solenne.
“Io
credo che lo faccia perché ti ritiene più femminile di me.”
“Sì,
lo penso anch’io” rispose lui con aria rassegnata.
“Sarà
perché impieghi più tempo di me per pettinarti i capelli, nonostante i tuoi
siano notevolmente più corti dei miei” ipotizzò Zooey.
“Tu
dici?”
“Sì,
potrebbe esser una delle ragioni.”
Il cellulare di Matt squillò di nuovo. In soli
due anni era riuscito a diventare uno dei ragazzi più popolari della scuola,
nonostante non fosse tra i migliori della sua squadra. Se la cavava e a questo
bastava sia a lui sia alle sue conquiste.
“Ti
verranno i crampi ai pollici” commentò la sorella, svoltando a destra per
entrare nel parcheggio della scuola. Gli sportivi e le cheerleader occupavano,
come sempre, i posti migliori.
“Parli
così perché sei una zitella acida.” rispose lui per punzecchiarla.
“Io?
Sì, come farò a vivere con questo peso? La mia vita non ha senso senza un uomo
e tutti quegli sms! Mandameli! Mandameli! Oh, uomo dei sogni inviami le tue
dolci parole abbreviate su questo minuscolo schermo graffiato dal gatto della
signora Maple!” scherzò Zooey continuando a girare alla ricerca di un
parcheggio.
“Zitta
e parcheggia, prima che arrivi qualcun altro e ci freghi il posto da sotto il
naso” le consiglio, gentilmente, Matt.
“Ok!”
sorrise e parcheggio accanto a un cassonetto nero.
“Siamo
sani e salvi” disse Matt togliendosi la cintura di sicurezza. “Peccato solo per
il gatto della signora Maple ... ”
“Cosa?
Stai scherzando, vero?” chiese allarmata la ragazza. I due si fissarono per
qualche istante e poi scoppiarono a ridere.
“Mi
hai fatto prendere un colpo! Scendi dalla mia macchina, imbecille! E cerca di
tornare a casa tutto intero, pollici compresi!” gli disse senza smettere di
ridere, ma spingendolo fuori dalla macchina. Matt le fece il saluto militare e
andò a raggiungere i suoi amici. Zooey allora raccolse le sue cose, alzò i
finestrini, uscì dalla macchina ricordandosi di chiuderla e dimostrando, così,
di aver fatto notevoli progressi, dopodiché si diresse verso l’ingresso
dell’edificio scolastico.
“Buongiorno anche a te!” rispose Zooey ignorando la domanda dell’amica, mentre cercava di ricordare l’ultima cifra della combinazione che serviva ad aprire il suo armadietto.
“Uffa!” esclamò l’amica sbuffando. “E’ quarantadue!”
Provò per l’ennesima volta e, finalmente, riuscì ad aprire il suo armadietto azzurro.
“Più che altro sono la salvezza del tuo armadietto” disse Rachel avvicinandosi a lei. “Ancora un altro colpo dei tuoi e sarebbe scappato urlando.”
“Esagerata!” commentò Zooey, pur sapendo che non aveva tutti i torti. Non era mai stata famosa per la sua delicatezza e aveva la tendenza ad arrabbiarsi troppo spesso con oggetti inanimati, forse perché così poteva sfogarsi su qualcosa che non fosse vivo e non potesse lamentarsi. Dopo aver sistemato alcuni libri e preso ciò che le serviva, Zooey si avviò verso l’aula di Storia con Rachel.
“Pensi di andare alla fiera?” chiese Rachel.
“Sì, ne approfitterò per fare qualche fotografia e per spulciare tra i vari stand alla ricerca di qualcosa d’interessante. Tu quest’anno di cosa ti occuperai?” le chiese ricordando di quando, l’anno precedente, la sua amica si era occupata dello stand del tiro a segno beccandosi una decina di freccette sulla fronte e un paio sul sedere. Trattenne una risata, ma l’altra se ne accorse e la fulminò con lo sguardo.
“Dimenticalo!” le disse pur sapendo che non sarebbe mai successo. “Quest’anno sono passata allo stand dei libri usati. Sarà il meno frequentato, ma di certo non mi annoierò.”
“Uhm … allora penso che passeremo parecchio tempo insieme, ” commentò Zooey.
Continuando a chiacchierare arrivarono in classe e si sedettero ai loro soliti posti. Alla sinistra di Rachel c’era una finestra chiusa da cui si potevano vedere i ragazzi del secondo anno fare educazione fisica, cercando in tutti i modi di non pestare le pozzanghere. Un gruppo di ragazze entrò in aula chiacchierando a voce alta, facendo sentire a tutti che John Ericksen aveva chiesto a Lucy Jacobson di uscire, ma lei aveva dovuto rifiutare perché lui era solo una riserva della squadra di basket e, insomma, una cheerleader non può certo uscire con una riserva. Subito dopo aver reso involontariamente pubblica quest’informazione, le tre ragazze si divisero per prendere posto in aula. Lucy e Stacey si sedettero in fondo all’aula appoggiando le loro bibite, rigorosamente dietetiche, sui rispettivi banchi; mentre Kaylee, la capo-cheerleader, si sistemò al primo banco, proprio di fronte alla cattedra.
Quando l’ormai famoso John Ericksen entrò, tutti scoppiarono a ridere. Lui, non capendone il motivo, si limitò a fare spallucce e a mettersi a sedere dove capitava.
Zooey sbuffò insoddisfatta. Non gliene va storta una, pensò.
“Buongiorno
ragazzi, spero che abbiate passato un bel week-end, ” disse il professor Thomas
entrando in aula e posando la pesante borsa marrone sulla cattedra “perché
adesso è il momento di valutare le vostre relazioni sulla scorsa lezione.”
Una
volta preso il registro, iniziò a interrogare gli alunni, partendo dal povero
John Ericksen.
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Ciao a tutti, come ho già detto, attendo con ansia i vostri pareri e i vostri consigli.
Grazie in anticipo a chiunque leggerà ^-^