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Autore: Nami88    01/03/2011    2 recensioni
PRIMA DI OGNI COSA: CONSIGLIO DI LEGGERE L'EPISODIO I PER POTERE COMPRENDERE I FATTI E IL MOMENTO STORICO DI QUESTA STORIA.
Avevamo lasciato Nami con il cuore infranto e carico di odio.
Avevamo lasciato Zoro confuso e spaventato.
...Come li ritroveremo? Se ve lo dicessi finirei per rivelarvi la trama per intero, che nella sua complessità è piuttosto semplice. Preferisco invece usare queste parole per raccontarvi cosa succederà: "Quando un uomo è disposto a mettere da parte l'onore, è sempre per il bene qualcun'altro".
Nota: ALCUNI DEI PERSONAGGI UTILIZZATI PER QUESTA FANFICTION NON SONO DI MIA PROPRIETÀ' MA VENGONO UTILIZZATI NEL RISPETTO DEL PROPRIETARIO E DEI RELATIVI COPYRIGHTS. ALTRI SONO INVENTATI E L'INTERA STORIA E' ORIGINALE, E FRUTTO DELLA FANTASIA.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Facciamo un passo indietro alla sera precedente, quando Nami dopo l'ultimo confronto con Zoro decide di abbandonare la ciurma una volta e per tutte e si getta dalla nave per iniziare il suo ritorno verso casa prima che i compagni si potessero accorgere che se n'era andata.

Dopo ore di estenuante cammino finalmente era giusta a casa, in quella casa che ormai non le dava più nessuna emozione. Non calore, non sicurezza.
Non aveva voglia di pensare a nulla, c'era troppa amarezza e troppa rabbia nel suo cuore. Perché Robin aveva dovuto organizzare quella farsa? Non che fosse colpa sua, voleva bene a Robin e capiva che l’aveva fatto per vederla sorridere nuovamente ma si era rivelata una disfatta totale.
Nella sua testa si affollavano un milione di voci.
“Smettila di mentire a te stessa sciocca”.
“Dillo…ti prego Nami, pronuncia quel nome!”.
“No…non lo farò! Devo smetterla!”.
“Non c’è più possibilità. Domani mattina loro ripartiranno e io ricomincerò da zero. Me ne andrò da qui”.
Si tormentò di pensieri fino a che gli occhi troppo stanchi crollarono sotto il peso di una giornata piena di emozioni e di una camminata davvero troppo sfiancante. Il suo cervello stava fumando: era meglio dormire pregando che fosse una notte tranquilla.

Il giorno seguente Nami si alzò a fatica. Lentamente si mise seduta sul letto e fece cadere la testa fra le mani. Com’era pesante. “Ma che ore sono?” si domandò. Afferrò l’orologio e si stupì che fosse già mattino inoltrato. Lentamente si alzò e guardò la sua faccia allo specchio. Poteva andare peggio, dopotutto.
Si fece una bella doccia e di nuovo si guardò allo specchio facendo una smorfia terribile. Quasi presa da un raptus, afferrò le forbici e iniziò a tagliarsi i capelli corti a caschetto, come li portava un tempo. Senza alcuna voglia o emozione, rientrò in camera sua dove guardò fuori dalla finestra come era solita fare appena sveglia, ma aveva deciso che dal giorno seguente non l’avrebbe più fatto.
Vide che il sole splendeva alto ma la foschia si alzava dall’orizzonte ed era sempre più vicina. Il tasso di umidità era elevato.
« Mmm…Tempesta in arrivo da qui a paio d’ore al massimo. Speriamo che i ragazzi siano già sulla rotta giusta per evitarla. Al lavoro Nami, devi cercarti qualcosa da fare! ».

Iniziò a pulire e lucidare qualsiasi cosa. Stirò e piegò ogni cosa di stoffa che trovò in giro per la casa o che non fosse al suo posto ma in breve tempo le faccende domestiche si esaurirono. Andò in cucina e iniziò a preparare una torta di crema e mandarini, secondo la ricetta che Sanji le aveva insegnato tanto tempo prima. Il procedimento era piuttosto lungo e l’avrebbe tenuta occupata per tutto il pomeriggio.

La tempesta che aveva previsto era infine arrivata e una fitta coltre di nubi nere aveva coperto il sole tanto che sembrava buio anche se il crepuscolo ancora era lontano.
Nami cercava di dissimulare la preoccupazione per i suoi amici cercando di mostrarsi una cuoca abile e disinvolta che trafficava freneticamente per la cucina, ma non poteva tradire la preoccupazione che nutriva per i suoi compagni che a quell'ora erano certamente in mare aperto e lo sguardo cadeva sempre più spesso fuori dalla finestra verso l'orizzonte.

Era ormai era sera inoltrata quando finalmente infornò la torta. Improvvisamente non ci fu più corrente, un fulmine doveva aver colpito qualche centralina.
« Accidenti…Così non verrà bene! Se mi tolgono corrente ora che è a mezza cottura sarà una vera schifezza! Uff…Speriamo che i ragazzi stiano bene. Sono preoccupata… ».
Ecco l’aveva detto ad alta voce: era preoccupata.
Le ore passavano e la corrente elettrica non tornava. Si annoiava da morire.
L’unico compagno che aveva era l’orologio, un compagno piuttosto antipatico con il suo snervante ticchettio.

Per ingannare il tempo, prese una giacca e andò a sedere sulla panchina in veranda: il temporale era molto forte ma a lei non faceva paura.
La luna illuminava a tratti il paesaggio quando spuntava timida da dietro alle nuvole, per il resto del tempo era buio pesto. Il vento era forte e nonostante fosse riparata dalla tettoia, le arrivava ogni tanto una folata ventosa leggermente bagnata ed era freddo, insolitamente freddo per essere estate.
Da tempo non vedeva una tempesta del genere e i suoi pensieri si catapultavano sempre di più su i suoi amici che forse erano in balia della tempesta. Una tempesta del genere era terribile sulla terra ferma, figurarsi in mare.
« Quasi quasi vado a comprarmi un animaletto domani. Devo finirla di parlare da sola o prima o poi diventerò pazza sul serio...non vorrei mai dare ragione a Zoro! » disse ridendo senza pensare troppo alle parole, ma subito si bloccò rendendosi conto di aver pronunciato quel nome e per di più ridendo, una terribile eresia. Si mise la mano sulla bocca.
« Fa freddo - si ricompose immediatamente - Meglio rientrare ».
Si alzò cupa e rientrò in casa dove verificò che la luce ancora non era tornata e il suo stomaco reclamava inesorabile l’ora cena, ormai passata da un pezzo.

« Come faccio a prepararmi la cena al buio?! Dovrò vedere se c’è qualcosa di pronto e freddo temo. Accidentaccio…e la torta posso già buttarla! ».

« Arrosto freddo e insalata? No grazie…Uff...Anche il cibo sta diventando noioso. Credo che mi siederò a tavola ad osservare il nulla finché non torna la corrente. Questo sì che sarà divertente… » disse con sarcasmo.

Il ticchettio dell’orologio era logorante.

Improvvisamente le parve di sentire dei passi che correvano nelle pozzanghere a grande velocità e sembrava essere era più di una persona, diretta proprio verso casa sua.
Era uno strano orario per avere visite, specialmente con quel tempaccio e ciò non la convinse. Al contrario sembrava preoccupata. Sperava in cuor suo che fossero loro ma sapeva perfettamente che non era possibile.
Si avvicinò cauta alla finestra, sbirciando dalla la tenda. Le sembrava di vedere delle sagome a ridosso del giardino ma non era certa. Era troppo buio e c’erano troppi giochi di luce e confondere la vista. Poteva benissimo essere frutto della sua immaginazione o ancor più semplicemente le ombre instabili degli alberi alla luce dei lampi e dei fulmini creavano delle strane forme. Forse aveva solo immaginato lo scalpiccio nelle pozzanghere: la pioggia era battente, poteva essersi trattato di quello e magari un po’ di grandine.
Ben presto tutte le sue supposizioni si rivelarono errate:
“Toc, toc, toc”.

Qualcuno bussava alla porta, cogliendola di sorpresa. Sobbalzò leggermente ma senza emettere il minimo rumore.
Esitò. Il cuore iniziava la sua scalata in gola, cominciava ad essere molto agitata.

“Toc, toc, toc”.
Di nuovo.

Non vedeva l’ombra di nessuno dietro la porta, il che poteva essere un fatto abbastanza incoraggiante; magari il vento aveva scaraventato qualcosa addosso alla porta il cui suono ricordava casualmente qualcuno che stava bussando; che idiozia, era proprio il suono di qualcuno che bussava e se qualcuno bussava significava anche che qualcuno si aspettava che lei aprisse. Anche Rubber ci sarebbe arrivato.
Con cautela ed attenzione girò la maniglia e aprì lentamente di pochissimi centimetri, quanto bastava per sbirciare con un solo occhio. Non vide nessuno di fronte a lei. Qualcosa però attirò la sua attenzione più in basso, dove vide un bambino di al massimo sei o sette anni che la fissava immobile con le mani lungo i fianchi e gli occhi sgranati. Era bagnato fradicio come un pulcino. Faceva molta tenerezza e Nami tirò un sospiro di sollievo.
« Ehi piccolino, sei tutto bagnato. Ti sei perso? Vuoi entrare al caldo? ».
Il bambino non rispose. Continuando a fissarla, alzò il suo piccolo e magro braccino per mostrarle un foglio ingiallito e arrotolato a mo’ di pergamena.
« Che cos’è piccolo? È la strada per tornare a casa tua? Fammi vedere » lo prese e lo srotolò.
Quando lo vide da vicino, per quanto fosse sgualcito e illeggibile a causa dell'acqua di cui era inzuppato, il sangue le gelò nelle vene e il sorriso amorevole che portava sulle labbra fino a pochi minuti prima scomparve definitivamente.
   
 
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