Titolo: ϟ
Amore
accidentale.
Autore: Suicidal_love
Paring: Arthur/Merlin
è il paring della fanfic centrale, peccato
che arriverà pian piano.
Gwaine/Merlin
– Arthur/Ginevra (solo per poco se no mi decapito da sola XD)
– Lancelot/Merlin
(appena accennato) – Lancelot/Ginevra e altri.
Avvertimenti: Slash – Lemon -
Tragicomico –
Long-fic - SPOILER.
Rating: Per ora arancione, ma poi
salirà
a rosso.
N.A: Ecco che
Sinceramente
questa fanfic la metto SPOILER perché per alcune cose tiene
conto della terza
stagione, ma solo per POCHE cose si intende.
Il
resto
è tutta mia invenzione .__.” e beh …
che dire … sono innamorata del personaggio
di Gwaine e ce l’ho a morte con l’asino,
però, sempre fedele al Merarthur alla
fin fine.
Spero
vi
piaccia.
So
che
questo è un banale inizio, ma credetemi è solo
l’infarinatura di una situazione
più complicata.
Grazie
a
tutti coloro che commenteranno.
AMORE
ACCINDENTALE
Merlino
si sedette sulla sommità della collina sassosa con le
braccia strette attorno
ai ginocchi.
Rovesciò
il capo all’indietro e fissò l’immensa
volta del cielo, provando un profondo e
rassicurante senso di solitudine.
Per
un
valletto della corte di Camelot, era raro trovare dei momenti dedicati
solamente a se stessi, una vera conquista, a dire il vero.
Erano
cambiate molte cose da quando Arthur aveva sfidato apertamente il padre
asserendo senza paura di essere innamorato della sua giovane amica,
Ginevra.
Vi
erano
state urla, oggetti buttati contro i muri, minacce di esilio, minacce
di morte,
ma a nulla erano valsi gli sforzi di Uther quella volta ed allora dopo
settimane di litigi aveva acconsentito al fidanzamento trovando,
però, in esso
un certo vantaggio.
Il
suo
popolo ora, lo considerava un buon re.
Non
più
un tiranno, ma un sovrano che pensava non solo agli affari del regno,
ma
anche un uomo di buon cuore che aveva lasciato che una semplice serva
divenisse
la donna del principe e forse futura regina.
Merlino
fece vagare lo sguardo per il cielo, nuovamente e con voce incerta si
rivolse
ad esso “Sono un mago” disse assaporando le parole.
Come
risposta udì solo il silenzio; allora si rizzò in
piedi e ripeté con più forza
“SONO UN MAGO” e spalancò le braccia per
racchiudere nel suo gesto tutto ciò
che poteva sentire dalla natura, dal suo essere.
Un
vento
incessante spazzava la campagna di un verde splendente.
Veniva
direttamente dal mare, spingendo dinnanzi a sé ammassi di
nuvole gravide di
pioggia, che si sarebbero alla fine liberate su Camelot.
Ancor
prima che la pioggia iniziasse a battere al suolo l’aria era
già densa, pesante
e ricca d’umidità.
Le
felci
risplendevano negli anfratti come fiamme smeraldine; i fianchi
tondeggianti
delle montagne lanciavano improvvisi bagliori; nell’aria si
respirava profumo
di vita, morte e crescita.
Sotto
i
cumuli di pietra e i Domen eretti per ricordare i defunti, dentro la
cinta
difensiva in rovina, nel cuore accogliente della terra ricoperta di
muschio, i
fantasmi, i caduti della grande purga si agitarono.
Merlino
sbatté le ciglia, dalle quali caddero piccole gocce
d’acqua che si confusero
con le sue lacrime.
Era
raro
che il giovane mago piangesse e quando lo faceva aspettava per ore che
la
pioggia nascondesse il suo dolore.
Piangeva,
piangeva e sfogava la rabbia, l’amarezza, la delusione e
tutti i soprusi che
era costretto a subire, ma soprattutto lasciava che il suo cuore si
aprisse
totalmente all’assurdo destino che gli era stato affidato.
Doveva
aiutare quell’asino a essere un buon re, ma non aveva
previsto che questo
avrebbe portato il suo cuore ad affidarsi nelle mani del biondo
principe, che
inconsapevole, l’aveva calpestato più di una volta
e quel giorno, nel bosco,
quando gli aveva confessato di amare con grande ardore Gwen, era
riuscito a
spezzarlo definitivamente.
Era
sbagliato, ne era consapevole, ma non poteva assolutamente fare nulla
se non
nascondere tutto il suo puro e sincero amore dietro una maschera di
finta
idiozia e amicizia.
Alla
fine, era normale che avesse preferito una donna a lui, peccato che
nonostante
tutti i suoi ragionamenti puramente logici, era arrivato ad una sola
soluzione:
lo amava e ciò non cambiava nulla, se non un suo profondo e
straziante dolore
al petto.
Si
asciugò le lacrime mischiate alla pioggia prima di osservare
il confine con
espressione spenta.
Il
richiamo di Lancelot che lo cercava, però, lo scosse dai
suoi dolorosi
pensieri.
Era
venuto a cercarlo.
Aveva
dei compiti e il mago se ne era dimenticato per parecchie ore, in cui
era stato
seduto a riflettere.
Si
volse
verso l’amico che lo guardò scuotendo il capo.
“Ah!
Eccoti sei qua!” gridò vedendolo rigirarsi
“non ti fai mai trovare quando
qualcuno ti cerca vero?” esclamò allungando una
mano sulla sua spalla
scrollandolo appena “guardati sei fradicio e gelido
Merlino” continuò con
dolcezza scompigliandogli i capelli già zuppi
d’acqua, come i suoi del resto.
“Sto
bene” gli disse in tono rassicurante cercando di nascondere
un tremito nella
propria voce.
“No
Merlino non stai bene” Asserì il neo-cavaliere e
il mago sorrise.
Lancelot
era l’unico in tutta Camelot, che era al corrente dei suoi
sacrifici e
sofferenza.
“Andiamo”
proferì prendendolo per l’esile polso e
rivolgendogli un sorriso rassicurante
iniziando a correre con il più giovane verso il cavallo
lasciato al riparo
sotto alcuni alberi.
Merlino
osservando l’amico riuscì a recuperare il buon
umore e scoppiò a ridere,
seguito subito dall’amico che capendo ogni cosa, si
buttò sul moretto
buttandolo sull’erba bagnata ed ingaggiando una lotta
infantile, ma
assolutamente rinvigorente per entrambi.
Perché,
i due, soffrivano allo stesso modo.
Il
loro
cuore era stato spezzato e stavano cercando pian piano di recuperarne i
cocci
sparsi per ricomporlo.
Forse,
con il tempo, il cuore sarebbe tornato integro, magari più
forte.
“Si
può
sapere dov’eri finito idiota?” chiese ancora una
volta alterato il biondo che
camminava avanti ed indietro per la stanza, lasciando che il servitore
si
riscaldasse davanti al caminetto.
“Aldilà
dei boschi, sulle colline” rispose nuovamente il servitore
non nascondendo una
punta di irritazione nella voce.
Il
principe alzò lo sguardo su quello di Merlino che sostenne
fieramente quella
muta lotta.
“Avevi
dei doveri da compiere, invece, sei andato alle colline a giocare” quel giocare lo disse
con acidità “con un
mio cavaliere, con Lancelot” finì
spostando
stavolta le sue iridi su quelle del cavaliere che fissava
insistentemente
terra, non per paura ma per non incontrare la figura di lei, che con
grazia
sedeva sulla grande sedia in noce, rivestita di morbida pelle
d’orso.
“Arthur”
sussurrò Ginevra con voce morbida “non hanno fatto
nulla di male, stavano solo
divertendosi come due amici” esordì nascondendo la
gelosia che le attanagliava
il cuore ogni volta che sentiva di Lancelot e Merlino.
“Non
è
questo il punto Ginevra” la interruppe Arthur
“ciò che voglio dire è che
entrambi hanno dei compiti da svolgere e che in questi ultimi mesi,
soprattutto
Merlino, li ha trascurati per cosa? Rotolarsi come bambini nel fango,
ingaggiando
lotte stupide”.
Il
mago
allungò le mani verso il fuoco e chinò
leggermente il capo.
“Mio
asino reale” disse, infine, dopo un lungo silenzio
“se permettete sono anni che
sto dietro ad ogni suo ordine e scusate se in questi mesi ho osato
ritagliarmi
qualche ora da passare in compagnia di un amico”.
Entrambi
si osservarono rabbiosi.
Lancelot
sospirò.
Sapeva
che Merlino non riusciva a tacere di fronte a certe accuse e sapeva fin
troppo
bene che il suo principe non prendeva bene certi
“affronti”.
“Mio
principe, voglio scusarmi a nome di entrambi, abbiamo
sbagliato” disse con voce
ferma, ma il nulla rispose.
Solo
Arthur e Merlino che si fissavano con ostilità.
“Se
essere il mio valletto non ti aggrada puoi cambiare
occupazione” ringhiò il
nobile, ricevendo in risposta un’occhiata indignata e ferita.
“Allora
la cambierò asino” asserì rabbioso e
amareggiato il maghetto stringendo i pugni
lungo i fianchi, prima di ritrovarsi con le spalle al muro e il biondo
che lo
teneva bloccato “TU NON CAMBI NESSUN LAVORO!”
urlò Arthur prima di lasciarlo
andare.
“Ora
entrambi fuori” esclamò osservando la propria
donna che lo fissava rassegnata.
I
due se
ne andarono e il biondo si lasciò cadere sul letto
massaggiandosi le tempie,
prima di lanciare un vaso a terra quando da fuori riecheggiò
la risata di
entrambi.
Gli
uomini si incurvarono davanti al fuoco lasciando che varie canzoni, non
troppo
cavalleresche, risuonassero per l’aria satura di alcol e
puzzo d’uomo, della
taverna.
Erano
ormai anni che non faceva visita a Camelot, la città che
tanto l’aveva
affascinato da bambino.
Non
aveva un perché il suo tornarci.
Nessuna
scusa sentimentale, in effetti, una notte l’aveva sognata e
il giorno dopo era
partito per quel lungo viaggio.
Ora
era
solo ad un giorno dalla città ma il suo cuore già
fremeva.
Non
riusciva a capire il perché, pensò
l’uomo, ma sapeva che v’era qualcosa da fare
in quel luogo.
Alzò
il
braccio e si bevve un sorso di Idromele prima che un riso gli
partì spontaneo
dalla gola, lasciandolo un attimo senza fiato.
Sputò
un
po’ della bevanda e tossì un paio di volte,
lasciando che la giovane sopra lui
lo guardasse con espressione lussuriosa.
La
mano
della donna, rovinata, accolse nel palmo il suo membro stretto nei
pantaloni e
un gemito uscì roco dalla sua gola.
“Sir
Gwaine volete andare di sopra?” chiese lei con malizia,
cercando di risultare
seducente.
Peccato,
che fosse sì carina e ben dotata delle forme giuste, ma non
era quella bellezza
che tutti decantavano, inoltre era un’oca.
Come
aveva potuto credere che lui fosse davvero un cavaliere.
“Ma
certo lady Megan” rantolò leggermente brillo
l’uomo alzandosi a fatica.
La
donna
rise e lo tenne un po’ su, riuscendo a fargli compiere due o
tre passi più o
meno dritti, prima di cadere rovinosamente su un povero ragazzo.
“Mio
signore” esclamò questo sotto lui.
Gwaine
aprì gli occhi e sorrise sornione “Voi
sì che siete proprio una bella fanciulla
sapete?” disse biascicando prima di posare le labbra su
quelle dello
sventurato.
“MERLINO!”
si sentì e poi Gwaine vide due occhioni blu e il buio.
To
Be
Continued.