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Autore: Payton_    08/03/2011    10 recensioni
"Era terribile incontrarsi così, di nascosto, come due ladri, ma non c’erano alternative. Se la famiglia di Andromeda avesse saputo che la loro secondogenita frequentava, amava, un nato Babbano, l’avrebbero rinchiusa pur di evitare che accadesse. Era una situazione orribile, soprattutto da quando Ted si era diplomato, un anno prima. Andromeda frequentava ancora l’ultimo anno e le possibilità di vedersi erano limitate ai sabati a Hogsmeade, alla Testa di Porco, dove a nessuno importava delle due figure incappucciate che amoreggiavano in un angolo."
Questa storia ha partecipato al contest 'Alla Testa di Porco' indetto da ClaireTheSnitch classificandosi prima e vincendo i premi Stile e Caratterizzazione.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Black, Ted Tonks | Coppie: Ted/Andromeda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
- Questa storia fa parte della serie 'Perché il Canon è il Canon. ♥'
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Questa storia ha partecipato al contest 'Alla Testa di Porco' indetto da ClaireTheSnitch classificandosi prima e vincendo i premi Stile e Caratterizzazione.

Più che la vottoria, che ovviamente mi rende felicissima, è il premio Caratterizzazione che mi soddisfa, perché questa è la prima storia in assoluto che scrivo su Andromeda Black, quindi ero insicura sull'IC.

Ringrazio molto la giudiciA, che è stata velocissima e precissima. ♥

Buona lettura!

 

Lui, la sua scelta

Era una giornata fredda e piovosa. Il vento era tagliente, gelido, si insinuava sotto gli spessi mantelli scoraggiando tutti gli studenti in visita a Hogsmeade a girovagare per guardare le vetrine dei negozi. Ai Tre Manici di Scopa non c’era una sola sedia libera, molti clienti erano in piedi, con i boccali di Burrobirra saldi tra le mani, che così abbandonavano l’intorpidimento del freddo scaldandosi a contatto con il vetro caldo.

Nelle vie della cittadina, pochi maghi incappucciati sfidavano il freddo, spostandosi rapidamente da un negozio all’altro. Una figura esile si muoveva rapida camminando verso il Pub più snobbato di Hogsmeade, la Testa di Porco. Era il luogo ideale dove andare se si avevano dei segreti o se si desiderava tranquillità. Lì nessuno faceva domande, e chiunque poteva stare seduto al suo interno con il volto coperto senza destare sospetti.

Andromeda Black fece tintinnare la vecchia porta d’ingresso con riluttanza: non amava andare in quel Pub sporco e pieno di dubbie personalità, ma non aveva altra scelta. Dopo una rapida occhiata alla sala, individuò una figura incappucciata seduta al tavolo più nascosto e la raggiunse. Ted Tonks era sempre stato puntuale; arrivava con largo anticipo ad ogni appuntamento per non far aspettare Andromeda da sola in quel posto. Avrebbe voluto abbracciarla, baciarla, ma si limitò a stringere la sua mano sul tavolo sfoggiando un largo sorriso.

«Ciao, Dromeda» la salutò in un sussurro, per evitare che le persone ai tavoli vicini sentissero il suo nome.

«Ciao, Ted. Mi sei mancato».

Era terribile incontrarsi così, di nascosto, come due ladri, ma non c’erano alternative. Se la famiglia di Andromeda avesse saputo che la loro secondogenita frequentava, amava, un nato Babbano, l’avrebbero rinchiusa pur di evitare che accadesse. Era una situazione orribile, soprattutto da quando Ted si era diplomato, un anno prima. Andromeda frequentava ancora l’ultimo anno e le possibilità di vedersi erano limitate ai sabati a Hogsmeade, alla Testa di Porco, dove a nessuno importava delle due figure incappucciate che amoreggiavano in un angolo.

«Sei gelata» disse Ted, stringendo nelle sua mani grandi le piccole mani di Andromeda. Quel suo essere così premuroso con lei era una delle cose che l’aveva fatta innamorare. Era così diverso dagli uomini che aveva conosciuto nella sua vita; perfino Rodolphus Lestrange, il futuro marito di sua sorella Bellatrix che davvero era innamorato di lei, non mostrava mai tenerezze nei suoi confronti. Ted era diverso, era vero, vivo, così come nessuno degli uomini che Andromeda aveva conosciuto. Sapeva di non volere un buon matrimonio Purosangue, come sarebbe stato per Bella, ma di voler sposare l’uomo che amava. Peccato che quest’ultimo fosse una nato Babbano, ovvero feccia, secondo la sua famiglia.

Il barista arrivò a prendere le loro ordinazioni, strofinando il tavolo con uno straccio lercio che mai avrebbe potuto pulirlo.

«Per me del Whisky Incendiario» disse Ted, ricevendo un’occhiata di rimprovero da Andromeda ed una di assenso dal barista. Non era sua abitudine bere alcolici. «Un idromele, grazie» ordinò Andromeda, lasciando invece perplesso il barista, che mugugnò qualcosa di simile a «Donne!».

I due ragazzi chiacchierarono a lungo, sorseggiando le loro bevande, fino a quando Ted non divenne improvvisamente serio.

«Dromeda, noi dobbiamo parlare». Andromeda si ammutolì di colpo a quelle parole, sgranando gli occhi come se al posto di Ted fosse apparso un folletto. Non era pronta ad affrontare quella conversazione.

«Ted, so cosa vuoi dirmi. Non ora, ti prego»

«E quando? Questi sono gli unici momenti in cui possiamo stare insieme. Vuoi che siano gli unici? Per sempre?» sbottò Ted, afflosciandosi sulla sedia. «Non possiamo fingere che vada tutto bene, Dromeda. Siamo nascosti in un bar come latitanti! Quando ti diplomerai perderemo anche questi momenti, e lo sai. Dobbiamo organizzarci, pensare ad una soluzione, se vogliamo stare insieme».

Ted aveva ragione, Andromeda lo sapeva, ma non sapeva cosa fare, come comportarsi. Da una parte c’era l’uomo che amava, dall’altra la sua famiglia, scegliere non era affatto facile.

«Ted, sai che loro non accetterebbero, non capirebbero. Non posso dirgli di noi!»

«Quindi preferisci continuare così? E fino a quando, di grazia? Sai, non vedo futuro per noi, se le cose non cambieranno».

Andromeda aveva voglia di piangere, di riavvolgere il tempo e tornare a cinque minuti prima, per impedire a Ted di parlare. Lui aveva ragione, pienamente, lo sapeva, ma cioè che non sapeva era come agire.

«Andromeda, ascoltami. Io ho un buon impiego ora, potremmo sposarci e vivere felici, insieme. Se davvero tenessero a te capirebbero, ma tu sei certa che non sarà così»

«Tu non li conosci, Ted, non sai come sono»

«E allora fammi capire, perché io non so cosa fare! Io ti amo, ma questo rapporto che abbiamo, questo vederci di nascosto, non è ciò che voglio per noi».

Nemmeno Andromeda voleva quello, sapeva d’essere lei a reggere le sorti della loro storia. Ted era pronto a tutto per loro, ma lei non riusciva ad essere coraggiosa. Non era come Sirius, ci provava, ma così coraggiosi si nasce, non si diventa. Lui combatteva con la sua famiglia da sempre, ancora bambino aveva fatto di tutto per essere diverso, se stesso. Andromeda voleva vivere liberamente la sua vita, ma non voleva combattere ogni giorno, e nemmeno perdere quelle persone che amava, nonostante tutto.

«In tutta l’estate, mi hai scritto due lettere. Due lettere in cui mi chiamavi Jen. È questo che puoi darmi, un nome inventato ed una lettera al mese?» chiese Ted, con tutto il suo dolore impresso nella voce.

«Ted, lo sai che Bella mi controllava la posta…»

«Perché tu sei stata così sprovveduta da dirle che frequentavi un nato Babbano!» esclamò adirato, scotendo la testa. «Nessuno di loro mi accetterà mai, e me ne sono fatto una ragione, ma non sono più certo che tu non ti vergogni di me» sputò, fissando Andromeda negli occhi. «Non sono nobile o ricco, ma ti amo e farei di tutto per te! Ma tu, Dromeda, tu mi ami? Perché io inizio a pensare che non sia così»

«Non dire cose che sai essere sbagliate, Ted. Io ti amo, lo sai. È di loro che mi vergogno, non di te. Speravo che Bella capisse…»

«Tua sorella?» chiese Ted, ridendo isterico. «Tu speravi davvero che Bellatrix capisse? Andiamo, Andromeda, sapevi benissimo cosa avrebbe detto!».

Ted aveva ragione, Andromeda aveva sempre saputo, in cuor suo, che Bellatrix non avrebbe mai capito, che nessun componente della sua famiglia l’avrebbe mai fatto. Sua madre le mandava ogni mese lettere con nomi di maghi Purosangue che potevano essere potenziali mariti, solo una sprovveduta avrebbe sperato in un assenso, e lei non lo era.

Andromeda Black era una ragazza intelligente e sveglia, ma quando si trattava della sua famiglia riusciva a spegnersi. Li amava e l’amore che aveva per loro era forte, nonostante fossero… diversi da lei. Amava Ted, desiderava stare con lui, ma sperava che il giorno della rottura arrivasse il più tardi possibile, ma il più tardi possibile era arrivato in quel preciso istante.

«Ted, fammi parlare con loro» disse, dopo una piccola pausa in cui il silenzio della Testa di Porco li avvolse. «Ti chiedo solo di farmi provare, tra poco ci saranno le vacanze di Natale, parlerò con loro e poi mi comporterò di conseguenza»

«Come vuoi, Dromeda, ma sappi che parlando con loro non risolverai nulla. Io ti amo, voglio solo stare con te, essere felici insieme. Non ti obbligherò a fare nulla che non vorrai» le disse Ted, lo sconforto nella voce. Lo stesso sconforto che Andromeda portava dentro, perché anche lei sapeva che parlando con la sua famiglia non avrebbe risolto nulla. Doveva scegliere, e già sapeva dove la sua scelta l’avrebbe portata, solo che non voleva perdere la sua famiglia senza almeno tentare.

 

*

 

«Sei un disonore!» tuonò Druella, in lacrime. «Il buon nome dei Black sarà rovinato irreparabilmente, a causa tua!».

Andromeda era seduta nel pomposo salotto di casa. Sua madre, suo padre e le sue sorelle la guardavano come se fosse un mostro, rigidi nei loro posti a sedere. Di fronte a lei c’era suo padre, che non aveva ancora detto una sola parola da quando aveva confessato il suo amore per Ted Tonks,  nato Babbano. Bellatrix aveva un sorrisetto maligno dipinto sul volto e spostava rapidamente lo sguardo dai genitori a Andromeda. Narcissa si limitava a sfoggiare un’espressione di disgusto, mentre osservava in silenzio la sorella infame.

«Forse volevi imitare le gesta del cuginetto Sirius?» chiese Bellatrix, parlando con la più fastidiosa voce da bambina che riuscisse a imitare, visibilmente compiaciuta dell’aumento dei pianti della madre alle sue parole.

«Taci, Bella» ribatté Andromeda, furiosa, ricevendo un gesto ammonitore dal padre. Cygnus stava per parlare e la tensione aumentò nella stanza, tanto che Druella smise di piangere rumorosamente.

«Sei una delusione, Andromeda, un disonore» scandì lentamente, osservandola con odio. «Se vedrai ancora quello sporco Babbano, smetterò di considerarti mia figlia. Sai che mantengo la mia parola».

La sentenza era stata emessa, non c’erano sconti per Andromeda, proprio come aveva detto Ted. Voleva piangere, aveva appena visto le sue speranze frantumarsi in mille pezzi, ma si sforzò di trattenere le lacrime.

«Vai nella tua stanza e pensa alle parole di tuo padre!» esclamò Druella, nuovamente piangente. Andromeda si alzò lentamente, senza guardare nessuno, ed obbedì alla madre. Il magone che rischiava quasi di soffocarla si sciolse proprio fuori dalla porta di camera sua, che sbatté violentemente per poi gettarsi sul letto, a versare tutte le lacrime che prima non aveva voluto piangere. Li odiava. Tutti. Anche le sue sorelle, che non erano state dalle sua parte. Li odiava e odiava se stessa per aver sperato che capissero.

Illusa! Pensò, mentre i singhiozzi aumentavano. Ora non sapeva nemmeno più perché avesse provato a parlare con loro. S’era sempre detta che in ogni caso non poteva scappare da un giorno all’altro, senza nemmeno tentare di parlare con i suoi cari, ma adesso vedeva quanto grande fosse stata la sua ingenuità. Sua zia Walburga avrebbe bruciato anche lei sull’arazzo di famiglia; non che le importasse, era solo un dato di fatto. Lei e Sirius sarebbero stati due macchie bruciate per i Black, nient’altro. Due problemi, ed ora ne era davvero certa.

«La piccola Andromeda piange, poverina, sono tutti cattivi con lei» disse una voce alle sue spalle. Persa nelle sue lacrime e nei suoi pensieri non aveva sentito la porta aprirsi. Quando si voltò, vide Bella, il sorrisetto sadico ancora dipinto sul volto.

«Cosa vuoi?»

«Perché ti piace quella feccia

«Ted non è feccia!» esclamò Andromeda, furente.

«Ted? Non dirmi che è Ted Tonks, Dromenda, quell’inutile Tassorosso?»

«Non ti permetto di…»

«Che stupida!» la interruppe Bella, ridendo sguaiatamente. «Non credevo d’avere una sorella così sciocca! È feccia, e lo diventerai anche tu stando con lui» continuò, passeggiando lentamente per la stanza. «La secondogenita, quella trascurata… è così che credi di attirare attenzione?»

«Tu non capisci, Bella, non gira tutto intorno a mamma e papà e al nome della famiglia»

«Invece sì, Dromeda. E tu lo vuoi infangare» sibilò Bellatrix «Non ti permetterò di farlo» continuò, con tutta la determinazione che aveva in corpo, sfidando la sorella con lo sguardo.

«Vattene, Bellatrix!»

«E tu torna in te, Andromeda!».

Le due sorelle si osservarono per un attimo in silenzio, con profondo odio dipinto negli occhi.

«Almeno io ho il coraggio di stare con la persona che amo, invece di sposare qualcuno di cui non mi importa nulla» sputò Andromeda. Bellatrix incassò il colpo senza ribattere. Aveva raccontato a Andromeda del suo amore per Tom Riddle, meglio conosciuto come Lord Voldemort, prima che la sorella le raccontasse del suo amore per un nato Babbano. Ora, si pentiva amaramente della sua confessione.

«Rifletti attentamente sulle tue scelte, sei una Black, hai degli obblighi. Sono stata paziente, con te. Ti ho dato tempo, troppo, ora devi smetterla di giocare alla figlia ribelle» disse infine Bellatrix, prima di lasciare la stanza. Andromeda rimase chiusa nel silenzio, piena di un nuovo odio verso la sua famiglia che mai si sarebbe immaginata di provare. Non scese per cena e nessuno venne a chiamarla; la rottura iniziava a formarsi, presto sarebbe diventata immensa, se non avesse lasciato Ted.

Quando stava per addormentarsi, un ticchettio leggero attirò la sua attenzione. Un piccolo gufo era appollaiato sul davanzale della sua finestra. Lo fece entrare, slegando la lettera dalla zampa dell’animale, che ripartì subito. Srotolò la pergamena e sorrise leggendo il nome del mittente. Druella doveva aver già avvisato Walbruga della tragedia. Poche righe, scritte in una calligrafia stretta e frettolosa, ricordarono a Andromeda che non era sola.

 

Sei sempre stata una Serpeverde gradevole, oltre che la mia cugina preferita (non che ci fosse una gran scelta).

È tutta sera che mia madre urla che sarai un cattivo esempio per me, già incline a portare disonore alla famiglia, come ama sottolineare continuamente.

Grazie, mi hai fatto notare che non tutti i Black sono poi così terribili.

Sono con te.

L’altro disonore,

Sirius

 

Andromeda si sentì meglio leggendo le righe che suo cugino Sirius le aveva scritto, probabilmente di nascosto. Per la prima volta in vita sua, quella sera, Sirius Black aveva ascoltato ogni parola che la madre aveva urlato, stranamente interessato a quello che aveva da dire. Era corso in camera ed aveva scritto il suo consenso alle scelte della cugina.

Per Andromeda era strano trovare conforto nelle parole di un ragazzino di dodici anni, ma apprezzò molto quel piccolo gesto che la fece sentire un po’ meno sola, sbagliata. Suo zio Alphard avrebbe di certo approvato le sue scelte. Lei e Sirius non erano gli unici Black ad essere diversi, in fondo. L’arazzo di famiglia avrebbe avuto un nuovo buco proprio sopra il suo nome, ora ne era più certa che mai. Ted era la sua scelta, non c’erano dubbi, non c’erano mai stati. Essere una Black, per lei, non era una vanto, ma una maledizione.

 

 

 

*

 

 Andromeda osservava tristemente la sua stanza. Il letto era intatto e vecchie foto sorridevano dalle pareti. C’erano tanti ricordi, tra quelle quattro mura, ricordi che presto avrebbe dovuto abbandonare. Si era calata dalla finestra quando aveva tredici anni, per fuggire da Bellatrix, che la cercava furente perché aveva toccato i suoi libri di magia. Narcissa le aveva raccontato del suo primo amore seduta su quel tappeto, e non riusciva nemmeno a ricordare quante volte avessero dormito tutte e tre nel grande letto. Erano stati anni felici, fino a quando non era cresciuta e non si era innamorata. Aveva amato la sua famiglia, nonostante fosse rigida e fissata con il sangue puro, ma ora non aveva più importanza. Loro l’avevano spinta a scegliere, dimostrandosi ottusi e crudeli.

In un angolo, c’era il suo baule, pieno di vestiti e oggetti personali: quella notte sarebbe andata via.

Aveva ottenuto i suoi M.A.G.O. il mese prima, una parte della sua vita era finita per sempre, ed un’altra, che sembrava un salto nel vuoto, stava per iniziare.

Quando era bambina non aveva immaginato certamente così la sua vita. Aveva sempre fantasticato sul giorno del suo matrimonio, sul futuro, ma nulla s’era avverato. C’era qualcosa di meglio, ovvero Ted, ma anche qualcosa di molto, molto peggio. Era sola. Stava per scappare di casa, per dire addio alla sua vecchia vita in modo definitivo, e nonostante odiasse la sua famiglia, non era facile.

Osservò amaramente la stanza un’ultima volta, per poi chiudere il baule e rimpicciolirlo. Lo mise nella borsa, infilò il mantello e si preparò per smaterializzarsi. Guardò un’ultima volta fuori dalla finestra, osservando il nero della notte, minaccioso e misterioso. Il suo cognome, Black, si sarebbe smarrito in quel nero.

Respirò profondamente, ruotò su se stessa e, pochi compressi istanti dopo, si ritrovò a Hogsmeade. Era fatta, ora non poteva più tornare indietro. Sarebbe stata ripudiata.

L’afa estiva non era certo l’ideale per indossare un cappuccio, ma non voleva essere riconosciuta in alcun modo. Percorse la familiare strada verso la Testa di Porco rapidamente, come se temesse d’avere Bellatrix o suo padre alle calcagna.

Ovviamente, quando aprì la porta del locale Ted era già lì che la aspettava, poggiato al bancone, che sorseggiava un grosso boccale.

«Sei venuta» le disse quando la vide, mostrando un sorriso luminoso.

«Sapevi che l’avrei fatto»

«Lo speravo, è diverso».

Andromeda sorrise, ma non rispose: improvvisamente, con Ted vicino, si sentiva bene. Bene. Tutte le paure ed i rimpianti che l’avevano avvolta fino a pochi istanti prima erano spariti, lasciando posto al suo amore per lui. Lui, la sua scelta. Per sempre.

Quello che stava facendo era una follia, ma la follia migliore del mondo. Lei non era una Black, non lo era mai stata. Tonks, quello sarebbe stato il suo cognome, e suonava dannatamente bene. Sorrise, osservando le vecchie mura della locanda. Nonostante la Testa di Porco fosse un luogo sporco e inospitale, era stato il nido del loro amore per un anno, gli aveva permesso di continuare a vedersi. Anche in quel momento, era il loro rifugio da tutto.

«Dovremmo venire ancora in questo posto, in futuro» disse Andromeda, stringendo Ted per la vita.

«Non credevo ti piacesse»

«Se si guarda bene, non è poi tanto male».

Infondo, era grazie alla Testa di Porco che c’era un noi per lei e Ted. Un bellissimo noi.

«Andromeda» disse Ted, serio «io… io so di chiederti moltissimo. Troppo. So che deve essere difficile, per te. Se vuoi tornare indietro, se…»

«Shh!» lo interruppe Andromeda «Non dire nulla, Ted. È una mia scelta. Tu sei la mia scelta» disse, prima di baciare il ragazzo che amava con tutta se stessa.

«Andiamo, allora?»

«Andiamo» rispose decisa.

«Cosa credi che faranno, una volta scoperta la tua fuga?» chiese Ted, un po’ preoccupato, lasciando le monete per pagare la sua ordinazione sul bancone sudicio. In fondo, conosceva Bellatrix Black.

«Sai cosa ti dico, Ted? Che non mi importa. Brucino pure il mio nome su quello stupido arazzo!» esclamò Andromeda, per poi incamminarsi con Ted verso un luogo tranquillo dove smaterializzarsi.

Il loro futuro era pieno di incertezze, di problemi, ma l’avrebbero affrontato insieme. Ted Tonks e Andromeda Black si amavano, non c’era nulla che valesse di più di quel sentimento. Di certo, non un arazzo, del sangue puro e l’egoismo di un nome troppo ostentato.

«Ted?»

«Sì?»

«Ti amo».

Ted la strinse contro il fianco, continuando a camminare, e le baciò il capo.

«Ti amo anch’io» sussurrò al suo orecchio.

Era quello ciò che contava: l’amore. Andromeda lo sapeva meglio che mai in quella notte nera dalla quale stava scappando. Ted era il suo futuro. La sua vita.

Andromeda Tonks, pensò sorridendo. Sì, suonava davvero bene.

 

*

 

I CLASSIFICATA

 

‘Lui, la sua scelta’ di PaytonSawyer


Grammatica 9,2/10

Originalità 10/10

IC 15/15

Uso dei prompt 5/5

Gradimento personale 9,5/10

TOTALE 48,7/50

Grammatica

Per quanto riguarda questo parametro di giudizio, la tua storia avrebbe ottenuto un punteggio più alto se non fosse stato per qualche errore di battitura: Hogsmade al posto di ‘Hogsmeade’, Tesa di Porco al posto di ‘Testa di Porco’ e whisky incendiario al posto di ‘Whisky Incendiario’; hai inoltre ripetuto due volte l’errore di scrivere ‘infondo’ al posto del corretto ‘in fondo’.

Nella frase ‘Era così diverso dagli uomini che aveva conosciuto nella sua vita, perfino Rodolphus Lestrange, il futuro marito di sua sorella Bellatrix che davvero era innamorato di lei, non mostrava mai tenerezze nei suoi confronti’ dovrebbe esserci un segno di punteggiatura più forte, ad esempio un punto e virgola, tra ‘vita’ e ‘perfino’.

Originalità.

Ho letto ben poche fanfictions su Andromeda - tutte scritte davvero molto bene - ma, pur non avendo un ampio ‘repertorio’, ho visto una caratteristica che rende la tua storia davvero unica: hai dato un rilievo insolito all’amore, al sentimento che guida la protagonista, quando solitamente viene posto in evidenza il conflitto tremendo che ha con la sua famiglia.

Ovviamente tu hai fatto anche questo, ma sempre evidenziando il legame tra conflitto e amore: la lite con Bellatrix, che si ostina a portare avanti un fidanzamento privo di qualsiasi affetto; i ‘dubbi’ di Andromeda, che deve scegliere tra una famiglia che non può fare a meno di amare e Ted, che le promette il suo amore incondizionato.

IC

Dal momento che hai ottenuto il massimo anche nel parametro della caratterizzazione, penso che i punti parlino da soli: in questo contest, giudico la caratterizzazione del protagonista (il personaggio scelto) o di più personaggi, nel caso qualcuno abbia scelto di aggiungere un co-protagonista.

Devo dire che Andromeda è assolutamente perfetta: la sua bontà d’animo è bilanciata con la difficoltà di staccarsi dai Black; il fatto che la sua voglia di libertà sia stata nutrita dalla lettera di Sirius dimostra quanto abbia bisogno di non sentirsi sola.

Il suo rapporto con Ted è descritto davvero molto bene: l’ho trovato realistico e non smielato, perché ovviamente - con tutti i problemi che dovevano affrontare - così non poteva essere.

Uso dei prompt

Anche in questo campo sei stata bravissima: hai sottolineato quanto la maledizione della famiglia Black addolori Andromeda: lei esita a staccarsene e compie la sua scelta, diventando infine consapevole della libertà che avrebbe perso se non avesse mosso il primo passo.

Ovviamente il prompt futuro si collega al primo: la preoccupazione per quello che sarà di Ted e Andromeda percorre tutta la tua one-shot e si esaurisce alla fine, quando Dromeda si lascia alle spalle la notte nera del proprio passato.

Gradimento personale.

Mi sono sforzata molto di restare oggettiva durante tutto il giudizio (durante la lettura, invece, è abbastanza semplice), perché ero davvero entusiasmata da questa storia. Mi sono immedesimata in Andromeda, nella sua difficile scelta, e non mi faccio problemi a dire che l’ho davvero adorata.

Trasmettere le emozioni in modo così discreto eppure diretto, proiettando chi legge direttamente nei pensieri del protagonista, non è da tutti. Tremavo d’ira e di dispiacere con Andromeda, ed ero sopraffatta dalla rabbia mentre Bellatrix gridava contro la sorella.

Una storia davvero meritevole, complimenti! 

 

 

   
 
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