Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Payton_    13/03/2011    14 recensioni
"Non so se iniziai ad andare da lei quasi ogni giorno perché era l’unica compagnia che non fosse un Mangiamorte a Villa Malfoy o per altro, ma lo feci e quelle visite mi fecero sentire un po’ più libero. Un vero paradosso, visto che eravamo in una cella."
Questa storia si è classificata seconda al contest all'Olimpo di vogue ed ha vinto il Premio Miglior Personaggio Machile.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Luna Lovegood | Coppie: Draco/Luna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'Perché in fondo ci piacciono i crack paring. ♥'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Questa storia si è classificata seconda a pari merito al contest all'Olimpo indetto da vogue ed ha vinto il Premio Miglior Personaggio Maschile.

Ringrazio di cuore la somma e rapidissima giudiciA vogue. :D

Pacchetto Selene: Luna Lovegood – “Chi sogna di giorno conosce molte cose che sfuggono a chi sogna solo di notte” – Finestra

 

 

La scala verso il cuore

 

Non so dire perché lo feci. Allora non ero molto stabile emotivamente. Meditai giorni e giorni, prima di scendere lungo quella scala che sempre mi aveva terrorizzato. Quando ero bambino, mio nonno mi aveva raccontato molte storie agghiaccianti riguardo quelle segrete, ed io non avevo mai messo piede là sotto. Quella mattina però, iniziai a scendere quegli scalini, soppesandoli uno ad uno, il cuore che batteva forte e sembrava voler fuggire dal petto. Non mi fermai; nonostante fosse rischioso, perché se mi avessero scoperto avrei dovuto fornire una spiegazione valida che non avevo, arrivai davanti a quella porta vecchia e marcia. Mi soffermai poco sulla soglia, oramai ero lì, non avevo intenzione di tornare indietro, anche se non capivo perché volevo andare avanti. Forse sentivo un legame con lei, che pagava a causa di suo padre, o forse credevo che avrebbe potuto capirmi o al massimo non giudicarmi. Era strana ai miei occhi, e nessuno meno di lei avrebbe potuto dare giudizi. Lunatica, così la chiamavano a scuola, non sarebbe stata di certo la sua voce a sputare sentenze sul mio comportamento strano.

Aprii la porta trovando l’interno della segreta come me l’ero sempre immaginato: sporco, freddo e tetro. Mi sentii subito a disagio e pensai che lei era rinchiusa in quello squallido posto da molto tempo. Io probabilmente non avrei retto una settimana; il coraggio non è mai stata la mia prima qualità. Anche se sapevo che non avrei rischiato nulla, strinsi la mano attorno alla bacchetta, cercando quasi più una motivazione alla mia presenza che rassicurazione.

«Oh! Preferisco sia tu a portarmi da mangiare, Codaliscia non mi piace per niente». Fu lei a parlare per prima, sbucando da un angolo buio con un piccolo sorriso svagato sul viso. Mi ci volle qualche attimo per rispondere. Luna Lovegood non aveva mai avuto un aspetto peggiore di quello: era pallida – più del solito – e visibilmente dimagrita, così che gli occhi sgranati fossero ancora più fuori dalle orbite. I capelli le ricadevano sporchi e disordinati sulle spalle, perfettamente accostati allo squallore del posto. In quel momento, capii veramente quanto orribile fosse essere rinchiuso in una cella.

«Non… non sono qui per portati del cibo» risposi a fatica, cercando una scusa che coprisse la mia inutile fuga nelle segrete. «Controllavo che non fossi fuggita» aggiunsi, cercando di sembrare minaccioso, senza successo credo, perché lei rise.

«Credi davvero che potrei fuggire?» mi chiese con sufficienza; era difficile parlare con lei, ora capivo quanto. Sapeva sempre cosa dire – e come dirlo – per mettere a disagio le persone. Era una dote naturale probabilmente, non lo faceva intenzionalmente. Non risposi alla sua domanda, che in verità non voleva risposta.

«Quindi ora andrai via?» mi chiese, con un filo di tristezza nella voce. «Sai, sembri ancora infelice» aggiunse, come se fosse una semplice osservazione sul tempo.

Le sue parole mi scossero: ero così infelice che perfino una sconosciuta poteva vederlo? In quel momento, il mio stupido orgoglio prese il sopravvento, tirando fuori il lato scontroso del mio carattere.

«Anche se lo fossi non sarebbe di certo la tua compagnia a rendermi felice!» sputai velenoso, per poi uscire da quello squallido posto sbattendo la porta. Involontariamente, confessai perché mi trovavo lì.

 

*

 

Tornai. Dopo una settimana, scesi ancora quelle scale ripide e dissestate fino alla sua cella, cosciente che durante la mia ultima visita lei non aveva detto nulla di male. Entrai nella stanza con aria molto tesa, cercando Luna senza trovarla. Per un istante pensai che l’avessero portata via, o uccisa, ma poi la vidi seduta a gambe incrociate che osservava una parete spoglia. Era davvero strana, capivo più che mai perché la chiamassero Lunatica.

«Lovegood, che stai facendo?» abbaiai, indispettito dal fatto che lei non si fosse nemmeno voltata sentendo i miei passi.

«Ciao, Malfoy» rispose distratta, senza voltarsi.

«Ti ho fatto una domanda, Lovegood!» esclamai con vigore, cercando di sembrare un leone quando invece ero solo un cucciolo che provava a ruggire.

«Guardo fuori dalla finestra» rispose, voltandosi finalmente a guardarmi. Il suo aspetto era peggiorato durante quella settimana.

«Non c’è nessuna finestra» la informai, focalizzando quanto grande fosse la sua pazzia.

«Questo lo so, Malfoy, la sto immaginando. Questo posto è così triste…».

Risi della sua esclamazione, ottenendo uno sguardo indispettito ed offeso, senza curarmene.

«Vorrei vedere te, dopo tre mesi rinchiuso in una cella da solo! Sto sognando da sveglia, per immaginare d’essere in un altro posto, come fai tu senza volerlo ammettere».

Le sue parole, ancora una volta, mi colpirono, spezzando le mie risate isteriche. Io sarei impazzito, ne ero certo, mentre lei cercava qualcosa che la portasse via da quella solitudine opprimente, da quelle mura inospitali.

«Tu cosa vuoi saperne!» sbottai, cercando di coprire il mio nervo scoperto.

«Ti ho osservato a scuola, prima d’essere rinchiusa. Sei infelice».

Rimasi impietrito per un po’, stupito dalla sua considerazione e dal fatto che lei mi avesse osservato. Io non le avevo dedicato più di mezzo sguardo contando tutti i sei anni di scuola.

«Perché?» chiesi, non riuscendo a trattenere la mia curiosità.

«Sei interessante» osservò sorridendo, per poi tornare a guardare fuori dalla sua finestra.

«Sei strana, Lovegood» mi limitai a rispondere.

«Non sei il primo che me lo dice».

Ancora una volta feci per andarmene, ma la sua voce mi bloccò.

«Vai già via?» mi chiese con un po’ di tristezza nella voce.

«Dovevo solo controllare che fossi ancora qui» risposi, spinto ancora una volta dall’orgoglio.

«Non potresti restare?» chiese speranzosa. «Stare sempre soli è terribile».

Dopo un attimo d’incertezza, tornai sui miei passi e mi sedetti al suo fianco, incurante dello sporco che avrebbe macchiato i miei pantaloni, senza nemmeno sapere veramente perché lo stessi facendo.

«Cosa vedi?» le chiesi, curioso di capire come funzionasse la sua mente.

«Perché lo fai?» mi chiese invece lei, fissandomi con quel suo sguardo perso chissà dove.

«Me l’hai chiesto tu»

«Non pensavo l’avresti fatti davvero» disse sorridendo.

«Credo che tu abbia bisogno di compagnia, sei più strana del solito».

Avevo fatto in modo che sembrasse lei quella ad aver bisogno di compagnia, come se il contrario potesse essere troppo spaventoso per essere vero. Lei mi sorrise, cosciente della bugia che avevo detto inutilmente a lei a me, ma non commentò, iniziando a raccontarmi ciò che vedeva fuori da quella finestra immaginaria. Probabilmente aveva finto di volere che rimanessi per venirmi incontro, cosciente che il mio orgoglio non me l’avrebbe mai concesso. Non le ho mai chiesto perché lo fece.

Le fui grato, per quella tacita accettazione, ed ancora di più dell’ora che passai con lei nella segreta. Mi rilassai, pensando a tutto fuorché alla guerra, potendo ignorare per un po’ l’enorme peso che mi opprimeva il petto.

Non so se iniziai ad andare da lei quasi ogni giorno perché era l’unica compagnia che non fosse un Mangiamorte a Villa Malfoy o per altro, ma lo feci e quelle visite mi fecero sentire un po’ più libero. Un vero paradosso, visto che eravamo in una cella.

«Ginny mi ha raccontato che non avresti mai ucciso Silente» mi disse un giorno. Non avevamo mai parlato dei fatti accaduti l’anno passato, e nemmeno della sua prigionia. Le bastava la mia compagnia, non so nemmeno perché l’accettò, ma Luna non ha mai vissuto di perché, ma di sensazioni. «Sei buono, Draco, anche se fingi di non esserlo».

Sorrisi amaramente alle sue parole, lei non mi conosceva affatto. Io ero egoista, stronzo e viziato; non cattivo, è vero, ma per proteggermi avrei fatto di tutto… o forse no?

«Non mi conosci davvero» risposi, cercando di tagliare l’argomento.

«Forse invece sto imparando a conoscerti e capirti» disse, prima di iniziare a raccontarmi di dove intendeva cercare i Ricciocorni una volta libera.

Quando parlava di cosa avrebbe fatto in futuro, sentivo una morsa stringermi il cuore. Avevo imparato che mio padre non era infallibile, e che nemmeno l’Oscuro Signore lo era, ma sentivo che la guerra sarebbe finita il giorno in cui Potter sarebbe morto. Quelli come lei, i traditori, sarebbero stati eliminati, ne ero certo.

Parlava spesso di Potter, Paciock e gli altri suoi amici, tutte quelle persone che io credevo di odiare, e forse odiavo davvero. Le si illuminavano gli occhi quando parlava di loro, ed io tacevo cercando di non insultarli per non ferirla. Fu in una di quelle volte che mi accorsi d’essermi affezionato a Luna: io non m’ero mai curato di non ferire qualcuno, magari il contrario, era una cosa nuova per me. Lei era lì, al mio fianco, e mi raccontava di come aveva dipinto sul soffitto della sua stanza le facce dei suoi amici (cosa bizzarra e stupida per me, trattandosi di Potter e compagni) e voltandomi mi accorsi per la prima volta che era… bella. Non aveva nulla di speciale, nulla di diverso, ma la vidi bella nella sua semplicità. I suoi occhi non erano grigi, erano di un grigio; i suoi capelli non erano biondi, ma erano di una precisa tonalità di biondo.

Mi resi conto di tenere a lei più di quanto volessi ammettere, ma questo non bastò a farmi trovare il coraggio sufficiente per mostrare ad altri il nostro rapporto.

Non andai più nelle segrete quando arrivarono altri prigionieri, Dean Thomas tra loro. Mi mancava, desideravo vederla, ma non avremmo più avuto momenti nostri. Mi chiedevo continuamente se sentisse la mia mancanza, se desiderasse vedermi; mi torturavo con i miei stessi pensieri, ma non facevo nulla per stare meglio. Da quelli come me, d’altro canto, non c’era da aspettarsi nulla. La mia inettitudine, la mia codardia, m’avevano spinto ancora una volta a guardare mentre il mio mondo crollava.

Le giornate, a Villa Malfoy, divennero sempre più tristi, ed io disprezzai sempre più Voldemort e la sua causa, nel segreto della mia stanza. Soffrivo, ma quella sofferenza mi faceva sentire vivo, e mi faceva capire che ero ancora capace di provare dei sentimenti. Sentimenti tutti per lei, Lunatica Lovegood.

 

*

 

Mentii a mio padre. A mia madre. A mia zia. Mentii a tutti, come se quella bugia potesse migliorarmi agli occhi lontani di Luna. Non dissi che quello inginocchiato davanti a me, deforme e sporco, era Potter, anche se non avevo il minimo dubbio a riguardo. Non volevo morisse. Luna gli voleva bene, ed io ne volevo a lei, non potevo condannare il primo amico che avesse mai avuto. E non volevo, dicendo tutta la verità. Non volevo macchiarmi del sangue di nessuno, non ero riuscito ad uccidere uno stupido vecchio disarmato, non avrei potuto nemmeno uccidere Potter ed i suoi amici. Lo risparmiai e la mia ricompensa fu che portarono Luna lontano da me. Sapevo che lei ora stava meglio, che era finalmente libera e che avrebbe potuto vivere, ma la parte di me che s’era affezionata a lei amava saperla vicina. Era un pensiero egoista, lo so, ma non mi sono mai dipinto migliore di quello che sono. Potter la portò via da me e da quel momento seppi d’odiarlo davvero. L’avrei condannato, se avessi saputo che sarebbe scappato con lei. Lui era l’eroe, io l’aguzzino, non c’era partita. Luna avrebbe preferito sempre il sopravvissuto a me. Come tutto il Mondo Magico, del resto. Lo odiavo, e quando me lo trovai davanti, armato con la mia bacchetta, durante la battaglia di Hogwarts, provai la terribile voglia di consegnarlo a Voldemort. Non l’avrei ucciso, non sono mai stato un assassino, ma saperlo morto non mi avrebbe reso che felice.

Fu lui però a salvare me dall’Ardemonio di Tiger. Fu lui, ancora una volta, a vincere tra noi, mettendomi di fronte alla mia incapacità. A distanza di anni, capisco che in più di me lui aveva solo buon cuore ed una sfacciata fortuna, ma erano cose che bastavano a renderlo più sicuro di sé, e per questo migliore di me.

Lo odiai davvero, però, fino a quando lo vidi morto. Mi dispiacque, perché certamente Luna stava soffrendo. Non era lui in quanto persona, ma lui in quanto amico di Luna a smuovere il mio disagio, il mio dolore. Ero completamente in balia delle mie emozioni, durante la battaglia di Hogwarts. Spaventato e disarmato, speravo solo di vedere il sorriso di Luna ancora una volta. Non capivo ancora cosa significasse lei per me, sapevo solo che la cosa peggiore che potessero vedere i miei occhi sarebbe stato il suo corpo senza vita. Il suo e quello dei miei genitori. Ero un ragazzino, c’erano troppe responsabilità sulle mie spalle. Troppe.

Fu quando vidi Potter vivo, quando lo vidi fronteggiare Voldemort e sconfiggerlo, che capii che il mio odio non era altro che invidia. Una maledetta e profonda invidia. Quando il corpo di Voldemort si dissolse e la Sala Grande esplose in un boato di gioia, io sorrisi. Ero libero, libero davvero. Niente più compiti da rispettare, niente più futuro incerto. Niente pesi sulle mie spalle. Niente, solo Draco ed i suoi sbagli spassati. Solo un cognome infranto e macchiato, che sarebbe stato ripulito grazie alle abili doti di mio padre e al buon cuore di mia madre.

Provai una logorante e segreta gratitudine per Potter, da quando sconfisse Voldemort e mi liberò, anche se nemmeno oggi lo ammetto se non a me stesso.

Mentre tutti festeggiavano (i miei genitori compresi, anche se cercavano di non dare nell’occhio), iniziai a cercare Luna. Avevo bisogno di saperla viva, di vederla. Di dirle ciò che non le avevo mai detto e smettere di nascondere la nostra amicizia al mondo, che in fondo era molto, molto di più, anche se non mi era ancora chiaro.

Quando la vidi, seppi d’avere ancora la capacità di sorridere. Era sporca, stanca, ma sorrideva felice abbracciando la Weasley. Incurante di qualsiasi altra persona, andai verso di lei, che si accorse subito di me, ma rimase impassibile. Era chiaro che l’avevo ferita, quando avevo smesso di andare da lei. Proprio per quello, capii che anche lei s’era affezionata a me.

Guardandola negli occhi, dissi qualcosa che non avevo mai detto in vita mia.

«Perdonami» sussurrai, restando immobile nella mia posizione, le mani strette lungo i fianchi. La Weasley mi fissava sbalordita, così come tutti quelli che erano a pochi passi da noi.

In un rapido istante, vidi il suo viso illuminarsi e le sue braccia circondare il mio collo.

«Stai bene. Sono davvero contenta» esclamò raggiante. Mi aveva già perdonato, io non l’avrei fatto.

«Non importa, Draco, è tutto a posto» continuò, ed io la abbracciai come non avevo mai abbracciato nessuno: con affetto e desiderio di sentirla tra le mie braccia.

«Sei strana, Lovegood»

«Non più di te, Malfoy».

Sorrisi, respirando la sua presenza, come se fossimo ancora soli nella segreta.

«Insegnami a sognare da sveglio» dissi al suo orecchio, facendola ridere.

«Solo i matti sognano di giorno, l’hai detto tu»

«Chi sogna di giorno conosce molte cose che sfuggono a chi sogna solo di notte, e tu sai troppe cose più di me. Insegnami ad essere come te».

Ero imbarazzato ed una parte di me voleva nascondersi dagli sguardi di Hogwarts, ma il mio affetto per Luna, quell’affetto che forse era già amore, mi costrinse a restare in balia di tutti quegli occhi.

Non era il momento per i sorrisi e la felicità, c’erano molti morti da piangere e seppellire, ma io non potevo non essere felice.

Quello fu il giorno in cui guardai fuori dalla mia finestra, in cui vidi la mia Luna e capii chi sarei voluto diventare in futuro. Capii di volere Luna, nel mio futuro.

Lei non ha mai vissuto di perché, ma di emozioni, e furono le sue emozioni ad avvolgermi e salvarmi. Innamorarmi di Luna Lovegood, scendere le scale ripide delle segrete, fu come scavare nel mio cuore rovinato. Con la sua luce, lei mi ha illuminato, le devo tutto.

È la mia Lunatica, fatta di sogni a occhi aperti e stranezze, ma è per quello che la amo. È la mia finestra sul mondo, senza di lei non avrei mai visto la bellezza della vita. Io le devo tutto e per ripagarla, a mio modo, le dono tutto il mio amore. A distanza di dieci anni, non posso che amare il giorno in cui scesi la scala sporca verso il mio cuore. Verso Luna. Verso l’amore.

 

 

 

PaytonSawyer “La scala verso il cuore”


-Grammatica: 9.9/10
-Stile e Lessico: 10/10
-Originalità: 15/15
-IC: 15/15
-Attinenza al tema: 10/10
-Giudizio personale: 10/10
Totale: 69.9/70

Tu, maledetta! Che qualcuno ti vieti di scrivere storie del genere, per cortesia.
Piccolo sfogo, prima di recuperare un minimo di professionalità.
Ora, partiamo da originalità e IC.
Ho letto un paio di Luna/Draco, è vero, ma di certo mai avevo letto qualcosa che si svolgesse in tale frangente e, di certo, mai in questi termini. Il modo in cui Draco si mostra indifferente a Luna, pur essendone quasi affascinato, e come lei di contro sia del tutto ingenua e naturale come sempre, sono parte di quello che rende la caratterizzazione di entrambi non solo IC, ma anche maledettamente interessante, per il modo in cui si svolge. Draco, in quel periodo, era fondamentalmente una persona sola, e il fatto che continuasse ad andare da Luna, che trovasse piacevole la sua compagnia (sempre senza ammetterlo apertamente, ovvio) è qualcosa che in un certo senso mi ha intenerito, mi ha fatto provare compassione per lui, che si dimostra non meno prigioniero di quanto lo fosse lei.
L’inserimento della citazione è perfetto, è un altro dei tasselli che rendono Luna se stessa e che pian piano rendono Draco più consapevole di quello che si perde, di quello che potrebbe avere se solo avesse la facoltà di essere libero, di essere privo di preoccupazioni, se solo fosse in grado di ‘sognare di giorno’. La finestra, d’altro canto, entra a far parte della storia in modo assolutamente geniale. E anch’essa diventa parte di quello che è Luna, della sua immaginazione fervida e priva di sovrastrutture, di un mondo nel quale è riuscita a trasportare persino Draco.
Per quanto riguarda la grammatica, l’unica cosa che ti faccio notare è un errore di battitura (‘spassati’ anziché ‘passati’), peraltro unica cosa che inficia un risultato altrimenti perfetto. Stile e lessico si conformano ad un ottimo livello narrativo, come se la storia fosse direttamente tratta da uno dei libri della Rowling; la storia quindi è più che piacevole da leggere, è scorrevole e sempre interessante, senza alcuna eccezione.
Insomma, Pad... dire che mi è piaciuta è dire poco. Ho amato Luna, ho amato Draco, ho amato ogni singola frase di questa splendida fanfiction, che davvero mi ha fatta immedesimare nella situazione, mi ha commossa e... e insomma, più che dirti che l’ho adorata, non posso fare. Bravissima!

   
 
Leggi le 14 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Payton_