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Autore: thecarnival    14/03/2011    3 recensioni
STORIA IN FASE DI REVISIONE
Marta è una ragazza di 23 anni: dolce, sensibile e a volte anche fragile. Nata e cresciuta in Sicilia, appunto per questo, è anche molto testarda, permalosa e gelosa. Ama danzare e per questa sua grande passione si trasferisce a Milano per studiare danza classica; questo suo grande amore per la disciplina la rende troppo “perfettina”. A Milano, oltre a frequentare l’università, entra a far parte di un’importante compagnia di ballo “School of Dancing” e incontra Giorgio. Lui è tutto il suo l’opposto, molto “vivi e lascia vivere”: è anche lui iscritto all’università ma solo per le feste e per accontentare il padre. Lui balla perché lo rende felice: perché quando lo fa è completo. Giorgio e la danza moderna sono una cosa unica, così come Marta e la danza classica. I due non si sopportano perché sono i due poli opposti di una calamita. Riusciranno a cambiare idea?
Genere: Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO REVISIONATO IL 28 OTTOBRE 2012



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3.Facile come camminare.





Era in ritardo, in un maledettissimo ritardo, perché era così stanca da non aver sentito la sveglia.
Le dieci e trenta e lei stava ancora sull’autobus, peccato che la lezione iniziava alle nove. Aveva provato a chiamare Alessandra al telefono più volte ma non le aveva risposto.

Eddai Ale. Pensò mentre teneva d'occhio le fermate. Fai un attimo di pausa: bevi, controlla questo stupido telefono e RISPONDI.

La sua litania sembrò funzionare perché al milionesimo squillo l'amica le rispose.
– Pronto?
– Oddio Ale, finalmente.
– Marta, perché mi chiami? Sono a lezione!
– Lo so ma io no. Puoi andare da... Pronto?? – Guardò il telefono spento e scarico ed ebbe l'istinto di scagliarlo contro il vetro – MA NOOOO!

Ma perché tutte a me? Se proprio mi odi, dimmelo, almeno cercherò un rimedio per farmi perdonare.

Pensò guardando in alto, verso il tetto dell’autobus; ovviamente non ottenne nessuna risposta ma l'autobus si fermò e lei dovette scendere di corsa, l'accademia distava circa dieci minuti a piedi rispetto alla fermata, perciò Marta dovette correre più veloce del solito per non fare ancora più tardi.
Arrivò in sala alle dieci e quarantacinque e Micheal Trifone la guardò incenerendola; si poggiò la mano sul suo cuore per cercare di calmarlo e con l’altra teneva il borsone, tutti i suoi colleghi la guardavano: si sentiva in imbarazzo per l'attenzione e per poco non svenne per la corsa che aveva fatto.
– Mi... scu... Scusi. – La voce fu un sussurro ma Micheal riuscì a sentirla lo stesso.
– Non mi piace la gente che arriva in ritardo; per tua fortuna è solo il terzo giorno e stavo spiegando una variazione importante, cambiati velocemente e mettiti in fila con gli altri.
Fece come aveva detto il suo maestro e in meno di due minuti, sebbene avesse ancora il fiatone, era in sala a provare; conosceva la variazione: Grand Pas Classique. Iniziò a danzare come solo lei sapeva fare, con amore e passione; era felice quando indossava scarpette e tutù, quando volteggiava sulle punte e volava leggiadra come una gazzella perché era quello che faceva da quando aveva quattro anni: era il suo sogno e nessuno avrebbe potuto rovinarglielo.
A fine lezione Micheal le si avvicinò, proprio quando gli altri raccattavo le proprie cose dirigendosi verso gli spogliatoi.
– Devo dire che nonostante il tuo ritardo hai recuperato piuttosto bene ma prima di fare la piroette devi tenderti un po’ indietro e poi eseguire il movimento in modo più fluido, prova. – Con la mano le indicò il centro della sala, invitandola a provare eseguendo il consiglio. –Ecco così, brava; fai tutta la sequenza. Cinque sei sette otto.
Marta fece come le aveva detto il suo coreografo preferito ed eseguì tutto correttamente tanto che ricevette i suoi complimenti; prima di uscire dalla sala si diede una rinfrescata nei bagni, camminando a testa bassa per non guardare i suoi colleghi mezzi nudi che, senza problemi, si cambiavano davanti a tutti: non c'era pudore né privacy e questo la imbarazzava un bel po'.
Perse più tempo del previsto perché il pensiero di avere appuntamento con Giorgio, in un locale adiacente all’accademia, invece della normale lezione di danza moderna insieme agli altri, la innervosiva parecchio.

Martuz, dove vai? – Alessandra la raggiunse prima che potesse uscire dall'edificio.
– Nel locale qui accanto, ho una lezione privata con Giorgio, non so se lo conosci.– Nel dirlo roteò gli occhi disperata, proprio non digeriva quella situazione.
– Sì che lo conosco: è quel figo del primo giorno, quello che si è spogliato in sala; ballerai con lui?
Mancò poco che Alessandra si mettesse a saltare per l'atrio felice come una Pasqua; Marta non riusciva a capire cosa ci trovassero in quello là tutte le ragazze, pur avendo un bel fisico il carattere orrendo che si ritrovava lo faceva passare in secondo piano imbruttendolo. Non le andava di spiegare cosa era successo in sala, nonostante la bionda fosse sua amica, l'unica, perciò si limitò a fare un riassunto del riassunto, sperando che l'altra capisse.
– Più o meno: ho un mese di tempo per migliorare nel moderno o mi cacciano.
– Bella merda.– Già, bella merda. Pensò Marta guardando l'amica che continuava a sorriderle cercando di rincuorarla. – Impegnati allora e fai vedere a tutti quello che vali. – Le diede una pacca sulla spalla e mentre andava verso la sua aula le urlò un’ultima cosa. – Mi raccomando dacci dentro anche con lui.
Per fortuna nessuno l'aveva sentita, Marta era una ragazza molto timida: per la vergogna avrebbe volentieri scavato una fosse e ci si sarebbe messa dentro, nascondendosi per sempre.
Arrivò all’appuntamento con cinque minuti di anticipo e indossava ancora body e tutù, ricordava benissimo le parole di Giorgio del giorno prima, così ne approfittò per cambiarsi, dato che in bagno aveva fatto di tutto tranne che quello; si nascose dietro un albero, doveva essere abbastanza veloce nel togliersi i vestiti o sarebbe morta per assideramento: sfilò il giubbotto, tolse il resto restando in intimo, indossò dei leggins bianchi e una maglietta larga nera che le copriva il sedere; quando rimise il giubbotto dei passi alle sue spalle la sorpresero e si voltò di scatto: era solo Giorgio che, ancora una volta, la guardava divertito.
– No dai, potevi restare in mutande: eri molto attraente.
Di tutta risposta gli tirò una delle sue punte ma se ne pentì all’istante: sapeva che lui non gliel'avrebbe ridata tanto facilmente; aspettò impaziente che quello aprisse il portone sgangherato permettendole di entrare e iniziare le maledette prove.
– Ma cosa! – Si guardò intorno inorridita e storse il naso più volte. – Dov'è la sbarra? E cosa diavolo è questa puzza? – Sbottò definitivamente tappandosi il naso, cercava di toccare meno cose possibili perché quel posto non era adatto a lei ed era convinta che se avesse passato un secondo più lì dentro si sarebbe ammalata di qualche grave malattia.
Giorgio, dal canto suo, avrebbe voluto strozzarla, si chiedeva che cosa avesse fatto di male per finire in quella situazione: non voleva insegnarle nulla, non voleva ballare con lei soprattutto se continuava a fare la schizzinosa.
– Non ci servono le sbarre.– Le rispose dandole le spalle e iniziando a togliere le tende dalle finestre – Quello di cui abbiamo bisogno sono solo gli specchi, la musica e i nostri corpi.
Lo sguardo che le riservò la fece tremare ma fece finta di nulla, doveva dimostrarsi sicura e determinata, come sempre, perciò posò le sue cose su una sedia e mise da parte il disprezzo per il suo maestro, per Giorgio e infine per quel posto.
– Parli come se dovessimo fare un film porno con la musica. – Si tolse il giubbotto e preferì non averlo fatto, là dentro si gelava data l'assenza dei riscaldamenti, Giorgio intanto era intanto a fare qualcosa. – Ma che stai facendo?
Gli chiese curiosa e spazientita mentre lo vedeva poggiare per terra strani oggetti, come i coni del traffico e roba simile, sembrava stesse costruendo un percorso come quelli che faceva il suo professore di educazione fisica alle scuole medie.
– Oggi impariamo a camminare. – Le rispose con ovvietà, togliendosi anche lui la giacca e saltando sul posto per riscaldare le gambe.
L'occhiata che gli riservò Marta diceva tutto: lo stava fulminando. – Ho imparato a camminare quando avevo un anno.
Le prese la mano e la portò all’inizio di quel percorso improvvisato: gli ostacoli erano troppo vicini e, per non prenderli, avrebbe dovuto tenere le gambe molto strette tra di loro oppure molto larghe; le passò una borsa un paio di scarpe con il tacco molto alto.
– Adesso stiamo esagerando. – Gli disse mentre stringeva alla caviglia il cinturino della scarpa sinistra; dovette aggrapparsi a lui per non perdere l'equilibrio quando si alzò in piedi: quei tacchi erano troppo alti e lei, pur ballando su delle punte di gesso, non era abituata a camminare su delle trappole infernali e pericoli per le caviglie.
– Cammina e stai zitta.– La guardò male perché sapeva che stava per lamentarsi ancora perciò la interruppe ancora prima che aprisse bocca.
Inutile dire che colpì tutti gli ostacoli in pieno; non sapeva camminare in modo normale o sensuale, ormai aveva l’andatura da ballerina con i piedi semi aperti.

E’ una tragedia. Pensò Giorgio. Un caso disperato e tra un mese io sarò buttato fuori per colpa sua.

Più volte ebbe l’istinto di sbattere la testa contro il muro, disperato, ma si trattenne; mosso da buona volontà e compassione decise di aiutarla ancora una volta e mostrarle come avrebbe dovuto camminare. Con naturalezza ma nello stesso tempo sarebbe dovuta apparire sensuale, avrebbe dovuto avere il potere di far cascare ogni uomo ai suoi piedi con un solo sguardo o andamento del bacino: lei queste cose non sapeva farle eppure era una donna e avrebbe dovuto.
– Togli i tacchi e dammeli: ti faccio vedere cosa dovresti fare.– In realtà neanche lui c'aveva mai provato ma l'aveva visto fare il primo giorno di lezione l'anno prima a un'insegnante, aveva pensato fosse un modo strano di insegnare ma aveva avuto i suoi frutti. Completò il percorso e quando si voltò verso Marta la vide con la bocca spalancata e allibita – Riesci a farlo?– Le chiese facendo finta di nulla, come se lui camminasse su quelle scarpe ogni giorno da sempre.
– Posso provarci– Gli rispose indossando di nuovo i trampoli – Ma non vedo quanto possa essere utile.
– E’ utile perché lo dico io.– Giorgio aveva perso quel poco di pazienza che gli era rimasta. – FALLO! – Le urlò vedendola perdere tempo.
Un secondo disastro, ecco cos'era stato;

Sembra che abbia un palo su per il sedere che stia cercando di fare non so cosa.

Per la seconda volta Giorgio avrebbe voluto sprofondare, andare da Marco Pochero e dirgli che era lui ad abbandonare l'accademia ancora prima d'essere buttato fuori perché, di quel passo, era sicuro che avrebbe perso il posto; Marta invece, si sentiva in imbarazzo e in difetto con se stessa: era la prima volta che falliva in qualcosa e non riusciva a perdonarselo. Giorgio sospirò stanco e afflitto e le si avvicinò.
– Proviamo insieme.
Le posò delicato le mani sui fianchi e il cuore di Marta si fermò per un attimo, per la prima volta Giorgio l'aveva toccata senza aggredirla e con cura e inoltre era da anni che un ragazzo non la sfiorava; fece il primo passo con le mani di Giorgio a guidarla, il suo sedere ondeggiava lento e sensuale sotto la sua guida. Riuscì a terminare il percorso senza colpire gli ostacoli, sorrise soddisfatta mentre lui le parlava.
– Domani proverai a farlo da sola. – Glielo disse con le mani ancora strette al suo corpo: l’aria era diventata irrespirabile, Marta fece un passo avanti liberandosi di quella presa che ormai era diventata inutile.
– A cosa mi è servito tutto ciò?
– A camminare. – Erano tornati quelli di prima, quel contatto fisico non era servito a nulla. – Adesso cominciamo la lezione, facciamo la coreografia di ieri.
A sentire quella notizia, ovviamente, le venne il panico, credeva che la prima lezione consistesse ormai, solo nell'imparare a camminare, ancheggiare e muoversi in modo sensuale, ormai che aveva imparato potevano andare a casa. Purtroppo aveva pensato male, perché Giorgio aveva in mente di farle imparare quasi tutte le coreografie del suo maestro, solo che lei ancora non poteva saperlo.
– Dato che non so fare nulla, e questo è assodato, non possiamo cominciare con qualcosa di semplice? – Gli chiese mentre si toglieva le scarpe una volta e per tutte e le poggiava su una panca mezza rotta.
Giorgio la guardò accigliato. – Ma è semplice.
– Cosa? Ma hai visto i passi? Sono troppo veloci e tutti quei movimenti poi...
Quando era nervosa gesticolava, da buona Siciliana che era, e il ragazzo se ne accorse; si stupì anche di come potesse trovare complicata una coreografia come quella del giorno precedente dove c'erano i passi base della danza moderna. Scosse la testa ridendo, scacciando un pensiero.
– Come fai ad imparare tutte le variazioni di danza classica senza problemi e dire che il pezzo di ieri era difficile?
Marta fece spallucce e indossò le sue amate punte, voleva fargli vedere una cosa; andò a un angolo della stanza e cominciò a volteggiare in diagonale avvicinandosi sempre di più a lui, si fermò a un passo dal suo naso, ammiccando orgogliosa di quello che aveva fatto e dell'espressione meravigliata sul viso di Giorgio. Lui, di tutta risposta, le sorrise e le dimostrò, a sua volta, di cosa era capace: fece il Moonwalk, il famoso passo di Micheal Jackson, in tutte le direzioni e la stupì sfidandola a ballare ancora; rilanciò con dei fouettés e lui iniziò a ballarle intorno, con il telecomando fece partire la musica, una a caso: Labyrinth di Elisa e, invece di ballare divisi come se fosse una sfida senza vincitori, le prese la mano facendola girare su se stessa sulle punte.
– Scenda dalle punte signorina. – Le sussurrò all'orecchio, scostandole i capelli dal collo – Impara a usarle di meno e lasciati trasportare dalla musica, da me – Si guardano per qualche istante, quanto bastava per perdere il controllo. – Lasciati andare.
Fece come lui aveva detto e il risultato non fu affatto male, aveva ballato per la prima volta qualcosa che non fosse la danza classica in modo naturale e non gli aveva fatto neanche tanto schifo. Aveva riso e scherzato, si era lasciata trasportare dalla musica e l'unico pensiero era stato quello di divertirsi. Era quella la differenza quindi? La danza classica non le permetteva di scherzare ed essere sciolta?
– Non male.– La voce di Giorgio la distrasse dai suoi pensieri – Ci vediamo domani alla stessa ora.
– Tutto qui? Abbiamo finito? – Gli corse incontro fermandolo – Non marchiamo i passi?
Glielo chiese con ovvietà perché era quello che faceva lei ogni volta dopo le prove, ripassare e provare fino a migliorare sempre di più, non riusciva a credere che Giorgio stesse andando via lasciando la lezione a metà.
– Chi se li ricorda, era tutto improvvisato. – Le sorrise e lei ebbe l'istinto di ucciderlo. – Domani studieremo una coreografia semplice.
Marta lo osservò andare via e mentre raccoglieva la sua roba pensava a un modo per farlo fuori e nello stesso tempo non essere incolpata, prima o poi ci sarebbe riuscita.



Quando tornò a casa non riusciva a togliersi di mente Giorgio: quel ragazzo la irritava da morire. Primo, perché non faceva parte del suo mondo e secondo perché era molto arrogante, si credeva la versione maschile di Venere, il Dio della bellezza, solo perché aveva un bel corpo e sapeva usarlo bene, artisticamente parlando ovviamente perché lei avrebbe mai potuto fare pensieri di altro genere su di lui.
Cercò di rilassarsi e pensare ad altro perché era arrivato il momento per dedicarsi allo studio, era tardi e aveva perso troppo tempo nel tergiversare su problemi futili e infantili; era al terzo anno di università, in teoria, si sarebbe dovuta laureare alla fine dell’anno accademico ma, per quanto i suoi sforzi fossero evidenti, non ce l’avrebbe fatta in tempo, sperava almeno per la sessione estiva: quella più difficile, quella che avrebbe coinciso con vari saggi e spettacoli anche con alcune date della tournée in giro per l'Italia, se mai avesse continuato a far parte della compagnia.
Non riusciva a studiare con tutti quei pensieri decise di lasciar perdere i libri per quella sera e li chiuse con un colpo secco, prese il suo I-pod e si rilassò sul letto: doveva pur esserci una canzone che le trasmettesse pace e serenità, Breathe me di Sia le sembrò la più adatta: chiuse gli occhi e respirò a fondo ascoltando il testo, li riaprì di scatto quando le venne un'idea brillante; si posizionò davanti allo specchio e, a occhi chiusi, si lasciò trasportare dalla melodia: si muoveva in modo fluido, come se fosse la canzone stessa a ballare per lei, mimava ogni parola della canzone con il corpo, cercando di non pensare ad altro ma lasciando fuori dalla sua testa le preoccupazioni e i problemi.
Solo lei e la musica.
Lei e il suo corpo.
All'ultima nota riaprì gli occhi e capì tutto: aveva ragione lei, doveva immedesimarsi nel brano, non doveva solo ballare e usare la tecnica ma raccontare una storia.
Solo grazie a una doccia calda riuscì a rilassarsi come voleva e dopo a studiare, si addormentò esausta; il giorno dopo, ancora non lo sapeva, sarebbe stata una giornata ancora più stressante e difficile da sopportare.




***********


In questo terzo capitolo iniziano le “lezioni private” in cui Giorgio e Marta sono costretti a stare insieme a loro malgrado; vorrei essere al posto di Marta perché essere sfiorata in quel modo da uno bello e bravo come Giorgino non sarebbe male! XD
Una nota tecnica: Il Gran Pas Classique è una scena di un balletto, La Bayadère ed è uno dei pezzi più celebrati del balletto classico tanto che spesso viene rappresentato come pezzo a sé stante.
Il moonwalk penso lo conosciate tutti, è il famoso passo di Micheal Jackson, esempio: QUI.
I Fouettés sono un passo di danza e, se non li conoscete sono QUESTI.

Grazie a tutti per essere qui, per aver recensito lo scorso capitolo.
A presto.



CAPITOLO REVISIONATO IL 28 OTTOBRE 2012
(NOTE EDITATE.)

   
 
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