.::The
Phoenix Fly::.
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Reverie
I personaggi di questa storia appartengono tutti a J. K. Rowling. Li abbiamo
utilizzati solo per divertirci e dilettare tutti quelli che leggeranno
questo breve racconto. I fatti narrati di seguito non sono mai accaduti nella
saga di Harry Potter.
Questa storia è stata scritta senza nessuna
intenzione di lucro, si ritiene, quindi, che nessun diritto di copyright
sia stato infranto.
AngéleJ e Phoebe80 (A&P)
L’avevo vista accanto alla porta di legno.
I suoi capelli ricci e bruni si confondevano
con il marrone claustrofobico dell’ingresso del bagno di Mirtilla.
La camicia
bianca risaltava, in quei punti, dove alcune ciocche disegnavano larghe onde
seducenti.
Era immobile, intenta ad ascoltare qualcosa
proveniente dal corridoio del secondo piano. Passava il peso da un piede ad un
altro, in un movimento infantile che mi fece sorridere. Era voltata, eppure
riuscivo tranquillamente ad immaginarmi la sua espressione concentrata. L’avevo
osservata così tante volte di nascosto. Strano che, un tipo intelligente come
lei, non se ne sia mai accorta!
Una mano dura e pesante si posò sulla mia
spalla. Indossava un guanto, lo sentivo dallo strano fruscio che aveva fatto
contro la mia camicia.
Mi voltai, appena per riuscire a guardare
con la coda dell’occhio l’uomo alle mie spalle.
I capelli biondissimi raccolti in una coda,
quegli occhi di ghiaccio taglienti e severi, il sorriso sardonico appena
accennato sulle labbra sottili, mi fecero rabbrividire.
-Shhh…-
si portò un dito davanti la bocca per indicarmi di tacere.
Gli altri mangiamorte stavano uscendo senza
il minimo rumore dall’entrata della camera dei segreti. Erano davvero numerosi
e, per un brevissimo, intimo istante, tremai per i miei compagni.
Si erano disposti in cerchio, aspettando un
minimo cenno da parte di mio padre, Lucius
Malfoy.
Hermione aveva fatto un passo indietro, nel
momento in cui, mi era stato ordinato di catturarla.
Non avevo confessato a nessuno la mia
ossessione per quella sporca mezzosangue. Quando mi fu imposto di rapirla e
cancellarle la memoria, non battei ciglio.
Perfetto.
Sollevai il cappuccio sulla testa.
Il mantello nero scese a coprirmi
completamente.
Alcuni ciuffi biondi s’intravedevano sotto
la stoffa pregiata.
Chiusi gli alamari d’argento sul petto e,
con passo felpato, raggiunsi la mia vittima alle spalle.
Veloce, come non lo ero mai stato, le
premetti una mano su quelle labbra rosse e morbide che avevo sognato troppo
spesso, le fermai le braccia dietro la schiena con l’altra.
Non fui abbastanza rapido da impedirle di
urlare, però.
La trascinai con poca gentilezza lontano
dalla porta che, qualche attimo dopo, si spalancò.
Fu un attimo.
Incrociai gli occhi cobalto di Ronald
Weasley.
Le mie labbra si piegarono in un sorriso
maligno mentre strattonavo Hermione per intimarle l’immobilità. Sentii
vagamente la presenza di Potter e Weasley femmina.
La mia concentrazione era tutta rapita da
Lenticchia: vederlo vacillare sotto la verità, tremare dalla paura di perdere
la cosa per cui più teneva al mondo era la sensazione più elettrizzante che
avessi mai provato.
Decisi di osare e, con una lentezza
esasperante, puntai la bacchetta contro la tempia di Hermione che continuava a
gridare e scalpitare. Non faceva altro che urlare il suo nome, quel dannato
nome che risento ancora nelle notti in cui i suoi ricordi si fanno più forti.
-RON!-
Riuscivo a stento a trattenerla.
Potter tirava Lenticchia da un braccio.
Aveva avuto l’idea più saggia di allontanarsi da quel posto, approfittando
della staticità dei mangiamorte che attendevano la mia uscita di scena.
-Oblivion.-
sussurrai con rapidità.
Hermione si ribellò per un altro secondo.
Poi, il suo corpo si abbandonò contro il mio e la sentii svenire.
Ronald gridò seguito da sua sorella.
Io risi.
-Addio.-
Senza aggiungere altro, mi caricai sulle
spalle il discreto peso di Hermione e scomparvi nell’oscurità della camera dei
segreti.
-Perché sei qui
mio discepolo?- Voldemort era seduto sul
suo trono ricavato dal legno vivo, impreziosito da gemme preziose. La lunga
veste di velluto nero, scendeva fin sulle pietre del freddo pavimento.
Draco fu come
riportato alla realtà. Si ritrovò inginocchiato al cospetto di colui che gli
aveva fatto il dono più grande.
I capelli biondi
scendevano a ciuffi sugli occhi di ghiaccio.
-La mia sposa.- Il
giovane mangiamorte scandì con voce rauca e seducente le parole.
La pelle pallida
aveva un leggero colorito arancio alla luce delle torce.
-La piccola
mezzosangue?-
Draco annuì,
continuando a mantenere lo sguardo fisso sul pavimento. –I suoi ricordi sono
sempre più forti. Credo che presto ricorderà.-
Voldemort tacque
per un breve momento. –Usa l’oblivion.-
Il ragazzo
gemette. Aveva usato troppe volte quell’incantesimo su Hermione e non aveva
funzionato. Sembrava ne fosse diventata immune.
Credeva che l’anima
di Hermione volesse ricordare; non potevano esserci più sconti.
-Non sortisce più
alcun effetto, mio signore oscuro.- s’interruppe appena, per poi riprendere.
–Continua a fare strani sogni sulla sua vita passata… o meglio, rivive i suoi
ricordi nel sonno. Man mano diventano più vividi, più precisi. Non riuscirò a
depistarla ancora per molto. Non è una sciocca.-
Voldemort
l’osservò per un lungo momento, accavallando le gambe sotto l’abito.
-Sapevamo sarebbe
successo.- il Signore Oscuro unì le mani, appoggiando i gomiti sui braccioli
del trono. –Non abbiamo cancellato con esattezza tutto, solo quella persona non esiste più nella sua
memoria.-
Draco alzò lo
sguardo per la prima volta. I suoi occhi di ghiaccio si fissarono in quelli
rossi di colui che non deve essere nominato.
-Ricorda anche lui.-
In quel momento,
il castello costruito da Voldemort iniziò con lentezza a sgretolarsi.
Il
fischio acuto del bollitore del tè interruppe il silenzio che come ogni mattina
regnava indisturbato in quella casa.
Il
ragazzo che armeggiava tra i fornelli nell’intento di preparare quella che
dovrebbe essere stata la sua colazione aveva un aspetto più disordinato del
solito. I capelli corvini non ne volevano sapere di prendere forma e gli occhi
verdi assonnati e stanchi facevano trapelare il disperato bisogno di un caffé che il suo fisico chiedeva
a gran voce. Se non avesse avuto la divisa militare in perfetto ordine nessuno
avrebbe mai creduto che quel ragazzo fosse uno dei migliori auror dell’esercito
della fenice. Figuriamoci poi anche solo pensare che quello potesse in qualche
oscuro modo ricoprire la carica di capitano.
Prese
un uovo e lo ruppe a metà lasciando cadere il contenuto nella ciotola insieme a
qualche piccolo frammento di guscio. Dopo aver passato almeno 10 minuti a
tentare di recuperarlo decise che nella vita ne aveva passate così tante che un
piccolo frammento non lo avrebbe certo ucciso. Finalmente anche il caffé per sua fortuna era pronto
e se ne versò una tazza. Prese a sorseggiarlo mentre la sua mente vagava per
chissà quali mondi e la sua frittata iniziava a colorirsi.
Un
lieve odore di bruciato solleticò le narici del giovane dai capelli rossi che
stava scendendo le scale in quel momento. Nonostante anche i suoi capelli
stessero esultando per la giornaliera vincita contro il pettine la divisa del
colore della notte, sulla quale all’altezza del cuore spiccava una maestosa
fenice che rinasce dalle fiamme era impeccabile. I gradi di capitano si
potevano distinguere all’altezza delle sue forti spalle e la sua inseparabile
bacchetta era al suo posto nell’apposita tasca destra dei pantaloni.
Non
era normale quell’odore a quell’ora di mattina. Normalmente la casa profumava
oltre che di caffé appena
fatto, di pane tostato e marmellata fatta in casa. Quindi se quelli non erano i
profumi di cui era invasa la casa in quel momento in cucina non doveva esserci
sua sorella… ma Harry.
Il
pensiero di Harry in cucina lo fece scattare come se gli avessero appena detto
che nel suo salotto si stava tenendo una riunione dei capi dell’organizzazione
dell’oscuro signore. Fece gli scalini due a due nella speranza di arrivare
prima che la cucina prendesse fuoco. Il ricordo dell’esplosione del forno era
ancora vivido nella sua mente. Spalancò la porta e per poco non rischiò una
crisi respiratoria dovuta al denso fumo nero che aleggiava per la stanza.
Harry
era in piedi vicino alla padella, ormai inutilizzabile, che guardava disperato
il suo lavoro. Alzò lo sguardo e vide Ron sulla soglia che aspettava
terrorizzato il resoconto dei danni.
-
Tranquillo amico, siamo stati graziati ho solo distrutto una padella… la
possiamo riprendere domani. La cucina è
salva. –
-
Harry di grazia ma perché diavolo ti sei messo a preparare la colazione? Non ti
è bastato rifare la cucina una volta? – gli chiese il rosso visibilmente
sollevato dalla prospettiva orribile di rivedere sua sorella progettare una
possibile nuova cucina.
- Ginny sta ancora dormendo e non me la sentivo
di svegliarla. – disse Harry mentre faceva evanescere l’ammasso di ferro e uova carbonizzate.
-
E tu come fai a sapere che sta ancora dormendo? – gli chiese mentre prendeva
una tazza per il caffè – no lascia perdere… non lo voglio sapere! -
-
Abbiamo fatto tardi ieri sera. Abbiamo parlato. – la sua voce aveva un che di
triste
-
Niente di buono suppongo –
-
Si e no… sai benissimo che sono pazzo di lei e che per lei darei la vita.
Quello che vorrei di più al mondo è vedere Ginny felice e lontano dai pericoli.
E sai anche benissimo che stando con me metterei tua sorella in pericolo di
vita ma ovviamente a lei non gliene importa nulla l’unica cosa che vuole è
starmi accanto perché se non lo fa soffre come non mai. E io come al solito sono il solito cretino
che non sa gestire la situazione.-
Ron
bevve un lungo sorso dalla sua tazza. Non era certo la persona adatta a quel
genere di situazioni. Colei che aveva una risposta sempre pronta non era li con
loro e anche se non lo avrebbero mai ammesso, adesso più che mai ne sentivano
la mancanza.
-
Posso solo dirti che mia sorella è adulta e in grado di badare a se stessa. Se
ha deciso che la cosa che vuole è restare al tuo fianco devi considerarti
fortunato. Non tutti possono avere il privilegio di avere la persona che amano
al proprio fianco. -
Harry
sapeva esattamente cosa Ron volesse intendere con quella frase.
-
Abbiamo parlato anche di lei ieri sera. A dire il vero ci siamo urlati dietro -
Nonostante
lei non fosse con loro era come se in qualche modo non li avesse mai lasciati.
Forse anche per quello ogni volta che l’argomento ricadeva su di lei era così
difficile parlarne.
-
Ginny ha trovato il suo incantesimo – sussurrò quelle parole più a se stesso
che al suo amico. Sapevano entrambi che un giorno avrebbero dovuto affrontare
la cosa e sapevano che ricordi piacevoli ma dolorosi sarebbero riaffiorati
senza preoccuparsi troppo delle ferite che avrebbero riaperto.
Quelle
parole fecero risvegliare Ron come se gli avessero appena gettato un secchio di
acqua ghiacciata in faccia.
-
Scusa… come hai detto? – sperava tanto di aver capito male.
-
Hai capito benissimo Ron, Ginny ha trovato l’incantesimo che Hermione creò per
tutti e quattro. -
In
quel momento Ron sembrava volesse affondare le unghie nella tazza che stava
stringendo. Gli anni erano passati ma sentire il suo nome ancora gli faceva
male.
Contò
mentalmente fino a 10 per vedere di riuscire a calmarsi… ma dato che nemmeno se
avesse contato all’infinito ci sarebbe riuscito si alzò dalla sedia e fece per
andarsene.
-
Ron.. -
-
Che vuoi Harry? -
-
Ma non so… che ne diresti di un qualsiasi tipo di reazione? -
-
Che vuoi che ti dica? Sono felice per lei ovviamente. In fondo
quell’incantesimo era il suo regalo. Posso solo sperare che lo apprezzi e che
gli dia l’importanza che merita. -
-
Ron… -
-
No! L’argomento è chiuso, si stà
facendo tardi e dobbiamo andare a lavoro e tu devi ripulirti lo schifo che hai
sulla divisa. A raccontarlo non ci si crede… il grande Harry Potter sconfitto
da un paio di uova strapazzate. -
Ero ritornato ad Hogwarts. Dopo aver lasciato al sicuro Hermione, ero
riapparso di corsa nella scuola. Non volevo perdermi la sconfitta degli odiati
Potter e Lenticchia. Già immaginavo la sensazione che avrei provato nel vederli
imploranti ai miei piedi: feriti e disperati.
Nel corridoio del secondo piano, avevo
ritrovato alcuni mangiamorte che avevano catturato dei ragazzini di
Tassorosso. Potevano avere 14 al massimo
15 anni ed erano spaventati.
Lo vedevo dagli occhi dilatati e dal loro
tremare inconsulto.
Erano entrambi feriti e non sarebbero
sopravvissuti a quel giorno.
I vestiti erano completamenti inzuppati dal
sangue delle ferite che l’incantesimo “lamia” provocava su di loro. Pallidi e
con le labbra viola, non sembravano in grado di resistere ancora per molto.
Li ignorai anche quando uno dei due spalancò
gli occhi e mi fissò. Sentii la mia spina dorsale vibrare ed arrossii,
vergognandomi della loro morte. Distolsi lo sguardo, rivolgendomi ai
mangiamorte.
-Dov’è mio padre?- la mia domanda riecheggiò
nel corridoio stranamente silenzioso e vuoto.
L’incappucciato più alto, Steve Sanderson, mi rispose sorridendo. –In Sala Grande
con Potter.-
Sorrisi.
Mio padre avrebbe sicuramente annientato
quello scarafaggio sfregiato dalla sorte.
Misi una mano sotto il mantello afferrando
la bacchetta. Mi voltai, facendo svolazzare la stoffa nera.
Una voce sottile e tremula mi fermò,
mettendomi i brividi.
-I tuoi ricordi saranno la tua punizione,
Malfoy.-
Mi voltai appena, fulminandolo con lo
sguardo. Non mi fermai oltre, riprendendo la mia andatura.
Le maledizioni di un mago si avverano
sempre.
Sentiva i suoi
passi scricchiolare sul pietrisco del vialetto. Guardò il cielo che si
stagliava grigio e sicuro intorno a lui. Erano passati due anni, eppure
riusciva a sentire ancora perfettamente quell’odore metallico del sangue,
riusciva a percepire quelle grida disperate che riecheggiavano nei corridoi di
solito pieni di brusio fastidioso, poteva tranquillamente accorgersi dello
sguardo di quel giovane tassorosso ancora puntato sulla sua nuca.
Le maledizioni di un mago si avverano
sempre.
Una punizione
dolorosa e terribile. Non riusciva a rimanere solo senza che qualche spettro
del passato tornasse a fargli visita. Era costretto a rivivere quel giorno ogni
volta che la sua mente era libera di vagare.
Sentiva odore di
pioggia. Magari da qualche parte era piovuto.
Il vento gli
portava il profumo della terra bagnata, i nontiscordardimé erano in piena
fioritura nel suo giardino. Passò accanto ad un cespuglio e raccolse quei fiori
blue che tanto adorava. Avevano un profumo così malinconico e buono.
Entrò in casa,
dove regnava la tranquillità.
Nel salotto
dominava la penombra, mentre le scale di marmo scintillavano nel riflettere la
luce tremula di alcune candele.
Seguì l’unico
suono presente in casa ed arrivò in una stanza al piano superiore che aveva
lasciato ad Anastasia. Le aveva dato il permesso di arredarla e fare qualsiasi
cosa avesse voluto.
La porta era
leggermente socchiusa ed un fascio di luce invadeva il corridoio scuro.
Draco si fermò
appena, spingendo il suo sguardo nella camera.
La donna era in
piedi al centro dell’ambiente; indossava una salopette in jeans ed i piedi
nudi, i capelli ricci tirati su in una coda sbarazzina facevano notare ancora
di più l’eleganza del suo collo e la raffinatezza dei lineamenti: il taglio
degli occhi morbido e gentile, le labbra carnose e ben definite, il mento
appena accennato.
Aveva una mano
sottile sul fianco in una posa di riflessione.
Era bella.
Senza ombra di
dubbio, senza alcuna incertezza, ripensamento o riserva, Anastasia era bella.
Un fiore in sboccio, la cosa più bella che la vita gli avesse donato… o meglio
che lui avesse strappato alla vita. Sapeva che se solo lei avesse ricordato,
avrebbe ripreso ad odiarlo e questo lui non sarebbe riuscito a sopportarlo.
Aprì ancora un po’
la porta, in modo da poter aver una maggior visuale della stanza e quello che vide gli fece
fermare il cuore.
Il colore rosso
porpora regnava dovunque: drappeggi, poltrone, arazzi ed ornamenti.
Gli ricordava
incredibilmente la loro sala comune.
Quella tana dove i pidocchiosi Grifondoro si nascondevano.
Avanzò con
lentezza e silenziosamente, arrivando alle spalle della giovane.
Anya era così impegnata a fissare il suo lavoro
che non l’aveva minimamente notato. Quando alzò gli occhi, si ritrovò quasi
sulla fronte un mazzetto di nontiscordardimé.
-Sai, perché si chiamano
così?- le chiese, improvvisamente, Draco, dopo averle rubato un bacio dalle
labbra corrucciate.
Anastasia rimase
un momento a guardarlo, incapace di capire a cosa si riferisse.
Draco si sedette
di fronte al camino ancora spento.
-Come, scusa?- Anya aveva recuperato l’uso della
parola, dopo l’iniziale sorpresa.
-I
nontiscordardimé. Sai, perché hanno un nome così malinconico?- Draco la fissava
con i suoi occhi di ghiaccio. Era così
dannatamente affascinante che lei arrossì di colpo. Perché suo marito la
metteva ancora così in soggezione?
-No.-
Draco allungò una
mano verso quella della donna, afferrandola. La condusse sul divano dove le
fece appoggiare la testa sul suo petto, iniziando a respirare quella fragranza
così particolarmente buona che emanavano i suoi capelli.
-Due giovani
innamorati passeggiavano sulla riva del Danubio, uno splendido fiume della
vecchia Europa, famoso per le sue acque torbide e pericolose. I due rimasero
affascinati da un inusuale fenomeno: una miriade di bellissimi fiori azzurri
stavano galleggiando sull’acqua.- La voce gentile ed elegante di Draco scandiva
con tranquillità le parole.
Una mano
accarezzava la chioma ribelle di Anya,
mentre l’altra le sfiorava il braccio, facendola rabbrividire. - Il giovane notando il bellissimo sorriso
della sua amata nell’assistere a quello spettacolo, decise di raccogliere uno
di quei fiori per lei. Allora, cercò sulla sponda del fiume la parte meno alta
e, aggrappandosi ad una radice che fuoriusciva dal terreno, si sporse sulle
acque.-
Anastasia sorrise,
rivolgendo uno sguardo dolce all’inusuale cantastorie. –Che romantico…-
Draco le baciò la
fronte per poi riprendere la sua storia. –Improvvisamente, però, La radice alla
quale il giovane si era aggrappato si spezzò, facendogli perdere l’equilibrio.
La ragazza assistette impotente alla morte del suo amato che con lentezza venne
ingoiato dalle acque del fiume. Seconda la leggenda l’uomo sarebbe affogato,
gridando disperato alla giovane : “Non dimenticarmi mai!”. Infatti, la ragazza
crebbe e si sposò con un altro ma mai dimenticò di quel giovane che per lei
perse la vita in un atto d’amore. Da allora, questi fiori furono chiamati
nontiscordardimé e simboleggiano la fedeltà e l’amore eterno-
Anastasia si
sollevò un momento sulla schiena, lanciandogli un’occhiata. –E’ una storia
molto triste.-
Draco le accarezzò
la guancia leggermente arrossata, facendole un breve sorriso.
-Tu non ti
dimenticherai mai di me, vero Anya?-
La donna abbassò
lo sguardo, prima di appoggiarsi nuovamente contro il suo petto. –Mai. Non ti
ho dimenticato quando avevo rimosso tutto il resto.
Tu sei scolpito a
fuoco nella mia mente…- realizzò una buffa espressione con le labbra che fece
ridere Draco. L’uomo rimase un momento in silenzio, pensieroso. Le accarezzò un
boccolo castano, negando con il capo. –No, Anya. Non
ci sei mai stata.-
La donna parve
dispiaciuta per la risposta ma immediatamente si strinse nelle spalle. –Beh,
almeno non posso farmene una colpa se non mi ricordo nulla.-
Draco le sorrise,
respirando a fondo quel suo profumo di pulito. Rimasero in silenzio per poco,
poi, lui lo interruppe.
-Oggi, sono stato
da mio padre.-
Anastasia alzò la
testa per fissarlo. Suo suocero le aveva sempre incusso timore. Accarezzò il
petto dell’uomo, sorridendo. –Come sta?- chiese.
Draco si strinse
nelle spalle. –Bene, come al solito.- le sfiorò la fronte con le labbra.
–L’ho invitato a
cena, questa sera. Vuole parlare un po’ con te…-
Anastasia si agitò
un momento, irrigidendosi tra le sue braccia. Il padre di Draco l’aveva aiutata
diverse volte dopo il suo risveglio. In quel momento, però, non voleva che
ficcasse il naso nei suoi pensieri.
-Gli hai parlato
dei miei sogni, vero?-
Anastasia si era
distaccata da Draco, assumendo una posa arrabbiata: gli dava le spalle mentre
aveva le braccia incrociate sul petto.
Il biondo inarcò un
sopraciglio. –Sì, perché non avrei dovuto?-
La donna si alzò
dal divano. Era diventata rossa e gli occhi si erano ridotti a due fessure.
–No!- urlò, dopo aver cercato inutilmente di calmarsi. –Non avresti dovuto!-
-Come mai?- Draco
aveva ancora stampata sulla faccia un’espressione tranquilla che mandava in
bestia Anya.
-Perché sono affari
miei! Tuo padre mi ha aiutato in passato e lo ringrazio, ma non voglio il suo
aiuto, ora!- Anastasia si era voltata di scatto, fissando i suoi occhi in
quelli gelidi di Malfoy.
La vena sul collo
le pulsava mentre con una mano
s’indicava il petto.
-Almeno, sii
sincera.- Draco si era alzato a sua volta. Il tono della voce sempre pacato.
–Tu non vuoi l’aiuto di mio padre per un solo motivo…-
Anastasia non era
arretrata di un passo quando suo marito le si era avvicinata, prendendole il
viso tra le mani.
-Quale sarebbe
questo motivo?-
Draco abbassò lo sguardo, pronto a parare la
stilettata al cuore che si stava infliggendo. –Tu vuoi continuare a sognare…-
-COSA?- Anastasia
vide rosso. –MA CHE DICI?-
Draco la osservò
senza muovere un muscolo.
-PERCHE’ MAI
VORREI CONTINUARE A SOGNARE?-
Il biondo si avviò
all’uscita della stanza, si voltò appena per rispondere. –A questo devi
rispondere tu.-
Senza aggiungere
altro, Draco lasciò Anastasia da sola.
Calde lacrime
iniziarono a scendere dal volto della giovane. La consapevolezza che suo marito
avesse ragione, le faceva male ma non poteva negare l’evidenza.
Voleva continuare a
sognare quegli occhi, tutto qui.
Vedere
Ron e Harry nella sala mensa per la colazione era un evento più unico che raro.
Il primo pasto della giornata per loro era sacro. Era l’unico momento in cui
erano sicuri di potersi sedere tutti e tre allo stesso tavolo. Ginny, si alzava
sempre prima di loro per preparargli toast e caffè. Adorava farlo e adorava
ancora di più quella sensazione di familiarità che si creava. Era come tornare
a Hogwarts. Anche Ron
pareva essere più tranquillo e rilassato quando tutti e tre si ritrovavano allo
stesso tavolo parlando del più e del meno. Per questa ragione, nonostante
fossero ben conosciuti dal corpo auror, in quella sala erano praticamente degli
alieni.
Non
avevano idea di chi frequentasse quel luogo la mattina e non speravano di certo
di trovarvi qualcuno di conosciuto. Furono, così, piacevolmente sorpresi di
riconoscere, tra quei volti assonnati, appartenenti ai ragazzi della ronda
notturna, seduti al “loro” tavolo, gli unici due che pareva non risentissero
minimamente delle 12 ore di pattugliamento per le strade di Londra.
Nonostante
Faith e Nathan fossero solo delle semplici reclute spesso
erano richiesti espressamente da Ron e Harry per varie missioni. Erano due
fratelli che, a dire il vero potevano essere scambiati perfettamente per
gemelli. Quando si iscrissero alle selezioni per diventare Auror, Faith, decise che per non avere
favoritismi si sarebbe iscritta come un ragazzo. Superò le selezioni anche
all’insaputa del fratello che le aveva “categoricamente vietato” anche solo di
pensare ad una soluzione del genere.
Quando
scoprì che “colui” che aveva superato con il massimo dei punti le selezioni era
sua sorella minacciò di schiantarla e riportarla a casa contro la sua volontà.
Le uniche persone che riuscirono a farlo ragionare furono proprio Ron e Harry,
ovviamente non bastarono le semplici parole… risolsero la cosa a modo loro
ovvero a suon di pugni e incantesimi.
Nathan da quel giorno passò
alla storia come la recluta più coraggiosa del secolo, durante la sfuriata
infatti, ricoprì con gli insulti più svariati i due auror non sapendo che
sarebbero stati i suoi diretti superiori. Il risultato fu una settimana di
allenamenti intensissimi a contatto diretto con Ron e Harry.
Superata
quella settimana i tre impararono a conoscersi e ad acquistare fiducia e
rispetto. Per Faith fu
molto più facile entrare “nelle grazie” dei due capitani. La consideravano la
loro mascotte.
Faith e Nathan erano al loro solito tavolo che oramai
occupavano da vari anni. Occhiaie derivate da una notte passata insonne
solcavano il viso dei due giovani.
La
stanchezza però non sembrava aver preso il sopravvento dato che, tra una fetta
di pane tostato e un sorso di succo di zucca, i due stavano parlando
animatamente della partita di quiddich
che si sarebbe svolta la stessa sera tra il cannoni e i blue tornado. Come
accade spesso tra due fratelli che rispettino l’uno tifava per una squadra e
l’altro per l’opposta.
Quasi
non si accorsero delle due presenze che gli si sedettero accanto, almeno fino a
che Ron non imprecò in modo poco carino quando una macchia di marmellata gli si
andò a posare sull’immacolata divisa.
I
grandi occhioni verdi di Faith
si posarono sconcertati sulla figura di Ron che tentava invano di pulire quella
chiazza rossa che spiccava sulla sua divisa da capitano.
-
Hey ma che ci fate voi due
qui? Non ditemi che ginny non si è svegliata e vi ha lasciato da soli in cucina
? – chiese con un tono titubante e allo stesso tempo terrorizzato Nathan. La loro avventura con il
forno ovviamente grazie ai gemelli aveva fatto il giro del quartier generale in meno di un’ora.
- ah ah ah,
molto simpatico Nathan.
Comunque si, per tua informazione Ginny non si è svegliata e abbiamo deciso di
fare una colazione veloce qui – rispose sbrigativamente Harry lievemente
imbarazzato, sapeva che la storia del forno non li avrebbe abbandonati così
facilmente.
-
Ma porca miseria, ora come la levo questa macchia? – continuava a imprecare Ron
senza sosta
Mossa
a compassione, Faith prese
la bacchetta e puntandola sui pantaloni di Ron mormoro un veloce evanesco. Ron quasi morì sul
colpo vedendo che la ragazza aveva lanciato l’incantesimo senza prestare bene
attenzione al punto esatto di dove era la macchia.
Sarebbero
bastati un paio di centimetri e Ron non sarebbe mai più diventato padre.
-
Faith ma ti pare il caso di
lanciare questi incantesimi così? -
-
oh, fai poco il bambino, Ron. Ti ho tolto la macchia, mi pare, giusto? – disse
lei mentre si alzava – Ragazzi io vi saluto, sono stanchissima voglio andare a
dormire per poi essere pronta per stasera. Harry, Ron siete dei nostri? -
-
Ovviamente posso perdermi la sconfitta dei Tornado da parte dei Cannoni? –
disse Ron in tono convinto
-
Si certo! Continua a sognare Weasley. Allora ci vediamo stasera da me alle 6.00
ok? -
-
Bene alle 6.00 da te! A stasera – concluse Harry mentre la biondina e il
fratello stavano raggiungendo la porta della mensa
-
Andiamo anche noi Ron? -
-
Eh? Si … - rispose Ron che stava ancora controllando la sua divisa. - Andiamo
oggi ho le reclute nuove… a te che è capitato? -
-
Mi è andata molto meglio di te, oggi magia senza bacchetta. -
Ron
uscì dagli spogliatoi e si diresse verso la sala degli allenamenti. Era in
anticipo. Sarebbe passata più di mezz’ora prima dell’arrivo dei nuovi allievi.
Avrebbe avuto il tempo per un po’ di riscaldamento.
Si
avvicinò al sacco magico, prese la bacchetta e pronunciò un incantesimo per far
si che il sacco non dondolasse sotto i suoi colpi.
Ogni
volta che Ron si allenava era come se lo stesse facendo per prepararsi alla sua
battaglia finale.
Per
ogni calcio e pugno affondato con precisione era come se la rabbia e il dolore
che convivevano con lui da anni si attenuassero per qualche istante.
-
Hai proprio intenzione di massacrarlo quel sacco! – una voce familiare e poco
gradita lo fece voltare verso l’entrata.
Una
ragazza formosa dai lunghi capelli biondi, perfettamente in piega, era in piedi
sulla porta. Dietro di lei una decina di nuove reclute lo guardavano con
sguardi di ammirazione e adorazione.
In
quegli anni, nonostante tentasse il più possibile di restare fuori dagli
articoli della gazzetta del profeta, era diventato uno degli auror più famosi
del ministero.
Tutto
ebbe inizio il giorno in cui i mangiamorte attaccarono Hogwarts, quel giorno non segnò solo la sua
esistenza nel profondo ma lo rese uguale a Harry. Un sopravvissuto. Certo non
aveva la famosa cicatrice ma aveva la sua stessa fama con tutti i prò e i contro che ne derivavano.
Un tempo era la cosa che voleva di più, adesso avrebbe volentieri barattato
tutto il suo stipendio per un attimo solo di anonimato.
-
Buongiorno Lavanda, vedo che hai con te le nuove reclute – disse Ron mentre
cominciava ad asciugarsi con un asciugamano.
-
E buongiorno anche a voi. Io sono il capitano Ronald Weasley e oggi avrete il
vostro primo allenamento con me. - Detto questo poi portò la sua attenzione
ancora una volta su Lavanda – Hai già controllato che siano tutti? –
-
Si, si. Hanno tutti superato gli esami con ottimi voti e adesso sono qui per la
parte pratica. – Disse lei con un sorriso di incoraggiamento. – Bene ragazzi,
io adesso devo lasciarvi ho ancora molte carte da sistemare. Vi assicuro però
che non dovrete preoccuparvi di nulla. Siete in ottime mani. – rimarcò le
“ottime mani” facendo l’occhiolino in direzione del bel capitano e con una
risatina che alle orecchie, già vermiglie, di Ron parve oltremodo stucchevole
uscì dalla stanza.
Prima
che l’intera squadra cominciasse a sghignazzare per la frase della bella
segretaria Ron riprese il suo autocontrollo e si rivolse ai nuovi arrivati.
-
Bene. Credo che la signorina Brown
vi abbia solo accennato quello che imparerete qui. – Attese un affermazione da
parte del pubblico che aveva davanti e continuò – credo quindi sia
indispensabile che sappiate quello a cui andate incontro. – Fece una breve
pausa per guardare negli occhi ognuna di quelle persone a lui sconosciute, ma
che ben presto sarebbero diventati suoi compagni sul campo di battaglia. Quanti
di loro sarebbero sopravvissuti? Avrebbe volentieri detto a tutti di lasciar
perdere. Ma in fondo chi era lui per impedirgli di difendere ciò che amavano?
Ognuno di loro aveva qualcosa da proteggere, per quello si trovavano li e
niente e nessuno li avrebbe fatti desistere.
- Per le prime due settimana avrete soltanto 6
ore di allenamenti al giorno che si divideranno in 3 ore di corpo a corpo, 3
ore di armi babbane. Nelle settimane successive comincerete incantesimi.
Studierete e applicherete incantesimi di magia nera. Vi auguro di non trovarvi
mai nella situazione in cui sia l’ultima speranza. Alla fine di questo mese
alcuni di voi, come saprete sicuramente, saranno scelti da me e il capitano
Potter per entrare a far parte attiva della Phoenix Army. Coloro che saranno scelti non credano che
avranno favoritismi di alcun genere. Entrare nella Phoenix Army vuol dire essere in prima linea non solo nelle
normali battaglie ma anche nella finale. Vi chiedo quindi di pensarci
seriamente. Una volta entrati non si torna indietro. -
I
volti delle nuove reclute esprimevano le emozioni più disparate. Paura,
rassegnazione, ma anche speranza e decisione. Ogni volta che doveva affrontare
il discorso iniziale si trovava a dover mettere di fronte alla dura realtà
giovani pieni di speranze e voglia di vivere. Sapeva spesso di essere troppo
duro e drastico ma solo in quel modo avrebbero avuto la speranza di riportare
la pelle a casa.
-
Bene, detto questo credo sia il momento di cominciare. Credo che 50 giri come
riscaldamento possano bastare. -
Nonostante
fossero le 5 di pomeriggio il sole continuava a splendere alto nel cielo e a
riscaldare come se fosse mezzogiorno.
Ron
normalmente a quell’ora si trovava sempre al quartier generale ma per quella sera aveva promesso
ai suoi amici che sarebbe stato con loro. Avrebbe avuto il tempo di una doccia
e magari anche di un piccolo spuntino. Non aveva mangiato poi molto nella
giornata.
Si
materializzò a circa un chilometro dalla loro casa, per ragioni di sicurezza
avevano reso impossibile alla materializzazione e smaterializzazione l’area che per un chilometro
circondava la loro abitazione. Prese dalla sua tasca un modellino di moto e la
pose per terra. Il tempo di pronunciare un incantesimo e quello che prima
poteva sembrare un semplice modellino adesso era una splendida moto nera. Prese
il casco, se lo mise e montò in sella di quella che sua madre definiva un
pericolo in mano a lui e di diresse verso casa.
Il
rombo di una moto di grossa cilindrata arrivò senza molta difficoltà alle
orecchie di Ginny che in quel momento era alle prese con un dolce.
-
Maledetto lui e quella cavolo di moto… ma guarda cosa mi ha fatto fare! -
La
bella decorazione che stava creando, un giocatore di quiddich che pareva somigliare a Harry con la sola
differenza di una maglietta color arancione appartenente si cannoni e la
mancanza di occhiali stava tentando di prendere un boccino, aveva subito una
strana metamorfosi non richiesta.
-
Uff! – sbuffò Ginny – Adesso mi toccherà usare la magia.. – prese la bacchetta
è incantò la torta. Il giocatore adesso,sempre più pericolosamente somigliante
a Harry, volava sulla torta alla ricerca del boccino e la sua maglia adesso
cambiava colore a seconda che appartenesse ai tornado o ai cannoni.
Ginny
senti qualcuno pronunciare degli incantesimi alla porta, ma non se ne
preoccupò, sapeva che era suo fratello. E poi era troppo intenta ad ammirare il
suo capolavoro.
-
WOW – esclamò Ron non appena vide ciò che sua sorella era riuscita a fare –
Gin, questa volta hai superato te stessa.. – fece per mettere un dito nella
decorazione ma sua sorella fu più veloce di lui.
-
Sarai anche il miglior auror in circolazione fratellone ma avvicinati si un
solo millimetro in più a quella torta e ti schianto. -
Decisamente
quando Ginny imitava sua madre, Ron non poteva far altro che obbedire e tirare
fuori la sua migliore espressione da cucciolo per vedere di riuscire a
racimolare il racimolabile.
-
Ok, ok… non mi avvicino a quella torta ma tu punta da un’altra parte quella
bacchetta. Sai che a volte mi fai paura. – Scherzò lui scompigliandole i
capelli – Però Ginny ho una fame da lupi.. non ho fatto colazione e il pranzo è
stato più uno spuntino… non è che c’è qualcosa da mangiare? -
Ginny
alzò gli occhi al cielo – Ma è possibile che ogni volta che non vi preparo
qualcosa per la colazione vi dobbiate ridurre in queste condizioni? Chi cavolo
ha ridotto la cucina in quelle condizioni pietose questa mattina, e soprattutto
chi è che ha bruciato un’altra padella – disse minacciosa lei.
Le
mani sui fianchi e lo sbattere insistente del piede a terra non preannunciavano
nulla di buono pensò Ron, quindi da bravo amico quel che era rispose l’unica
cosa possibile che non gli avrebbe precluso il pasto che già pregustava.
-
Harry, è stato Harry che questa mattina ha tentato di cucinare…- come previsto
l’espressione di lei si raddolcì.
-
Ah, ho capito dovrò parlare con lui allora… per adesso che mi chiedevi?
Qualcosa da mangiare? Credo ci sia qualcosa nella credenza. Ho preparato
un’altra torta al cioccolato per domani mattina. Puoi mangiare quella se vuoi.
-
-
Sorellina io ti adoro! – Le diede un bacio sulla fronte e si diresse sorridente
verso la credenza.
Era
bello per Ginny vedere suo fratello sorridere, erano rari i momenti in cui lo
faceva. Pareva anche fosse di buon umore. Forse, pensò era il momento giusto
per proporgli quella sua amica.
Ma si, tanto vale
provarci no?
-
Senti Ron, stavo pensando… non è che domani ti va di uscire? – cominciò Ginny
mentre affettava un altro pezzo di torta per il fratello.
-
Uhm? Ma certo che mi va.
Domani ho anche la serata libera – rispose Ron allegro
-
Si? – quasi si stupì della risposta affermativa.
Magari non ha ben capito
il genere di uscita. Mi sa che devo approfittare di questo momento …
-
Certo, dimmi solo quando e dove e ci sarò -
Ho
proprio il presentimento che Ron creda che debba accompagnarmi da qualche
parte… chissà se con un dose di panna in più sulla torta me lo faccio
promettere…
-
Perfetto allora me lo prometti? -
-
Certo! Perché non dovrei -
Sta funzionando….
-
Promettilo Ron… per favore.. – lo pregò lei
-
Ginny ma perché ti comporti così? Mi stai insospettendo… - Non fece in tempo a
finire la frase che un favoloso frappè al cioccolato si materializzò davanti a
lui.
Inebriato
dalle tante golosità senza neanche accorgersene si trovò a promettere alla
sorella che avrebbe fatto un’uscita non immaginandosi che quella uscita famosa
sarebbe stata non certo con sua sorella
-
Bravissimo Ron, ora che hai promesso non
puoi più tornare indietro. Una promessa di mago non si rompe quindi tu
domani sera uscirai con Cindy.
È già tutto prenotato anche il ristorante -
Gli
ci vollero pochi attimi per registrare la cosa, e un paio di minuti per
riprendere a respirare dopo che il pezzo di torta che stava mangiando gli si
conficcò in un punto della sua gola impedendogli la respirazione.
Un
urlo riempì la stanza - COSA!?!?-
-
E no, adesso non ti tiri indietro! Ronald Weasley tu domani esci con Cindy e sarai pure simpatico e …
- si fermò un secondo come per trovare l’aggettivo adatto – gentile.. si,
gentile e non scontroso come orso affamato! -
-
No Ginny… non hai ben capito la situazione.. ecco io domani ho un impegno
importantissimo – provò Ron un ultimo tentato disperato tentativo di finzione….
Una scusa… una
banalissima scusa devo trovare una scusa…
-
E no mio caro! Adesso non ti tiri indietro! Hai detto che domani sera è la tua
serata libera e hai fatto una promessa da mago. Il che vuol dire che sei
costretto a mantenerla! Quindi tu, domani uscirai con Cindy e sai che ti dico… adesso vado su a scegliere
quello che ti metterai! – Detto questo con un rapido gesto della bacchetta fece
arrivare il piatto e il bicchiere di Ron al lavello e si diresse decisa verso
la porta.
Ron
dal canto suo era completamente scioccato! Lui uno dei migliori auror in
circolazione si era appena fatto fregare da sua sorella e tutto per della torta
e un frappè.
Si
prese la testa fra le mani e fece un respiro profondo. In qualche modo sarebbe
riuscito a farsi svincolare dalla promessa. Si ci sarebbe riuscito.
-
Allora Ron, ci vogliamo muovere? – gli urlò lei dal piano superiore
-
Oh cavolo! – Uscì rapidamente dalla cucina diretto verso al sua camera - No,
Ginny, ascolta tu non puoi… - non poté finire la frase perché fu letteralmente
ricoperto da un mucchio di suoi vestiti che sua sorella aveva già scelto per
lui.
Due
ore dopo…
-Ecco
si mi sa che ci siamo! – Esclamò la rossa tutta contenta
-Per
cosa ci siamo? – una voce conosciuta alle sue spalle attirò la loro attenzione
– pare siano passate una massa di assatanate dello shopping qui! Che è successo?
– Harry era appoggiato allo stipite della porta. Si grattava una tempia poco
convinto della scena che aveva davanti agli occhi.
Ronald
Weasley vestito con giacca e pantalone elegante che stava lottando contro una
orribile cravatta fucsia e sua sorella che lo guardava con le lacrime agli
occhi.
-
Harry, domani sera Ron ha un appuntamento! -
Ero
arrivato con facilità nella Sala Grande, dove imperversava più furente che mai
la battaglia. Il soffitto incantato continuava a riflettere il gradevole cielo
azzurro che si poteva ammirare anche all’aperto, nel parco. Le grandi tavolate
della Sala Grande erano state distrutte e diversi corpi di miei compagni
giacevano senza vita sul pavimento
accanto ai pezzi di legno schizzati dopo
le esplosioni di alcuni incantesimi: Corvonero, Tassorosso, Grifondoro e anche
alcuni Serpeverde ribelli.
Improvvisamente,
un fascio di luce verde mi colpì la spalla, ferendomi. Il mio mantello si
lacerò, lasciando scoperta la mia pelle pallida imbrattata da una striscia
rosso sangue. Mi voltai, scrutando con lo sguardo la battaglia e cercando chi
avesse mai potuto avere tanto coraggio da provare a contrastarmi. Vidi una
massa nera correre con violenza verso di me; non feci in tempo a schivarla che
mi piombò addosso.
Rapido
mi mise la mani attorno al collo, stringendolo con forza. Il respiro mi mancò
per qualche secondo, prima che l’afferrassi dai polsi strattonandolo con
difficoltà via.
Si
rialzò, impugnando subito la bacchetta. –Dov’è, bastardo?- ringhiò con odio.
Finalmente
lo guardai in faccia, riconoscendolo: Ronald Weasley.
Ghignai
con cattiveria, sfoderando la mia bacchetta. –Chi?-
Vidi
chiaramente Ron Weasley perdere la calma. Con rabbia, lanciò un altro
incantesimo che riuscii a schivare per un pelo, gettandomi sul fianco destro.
Ron rimase a riprendere fiato per qualche secondo, aveva la faccia sporca di
terra e sudore; alcuni graffi e qualche ferita più seri erano sparsi su tutto
il suo fisico, provato dalla battaglia. Doveva aver combattuto con coraggio e
senza riserve, come ci si aspettava da lui.
-Non
fare il figlio di puttana, bastardo. Dov’è Hermione?-
Lo
fissai con ostilità negli occhi, prima di contrattaccare senza rispondere.
Lanciai un paio d’incantesimi che riuscì ad evitare appena. Gli ero arrivato
abbastanza vicino da poterlo colpire anche con un calcio. Infatti, quando
schivò l’altro incantesimo, gli colpii gli stinchi con una bella ginocchiata.
Si lamentò ma non mi diede soddisfazione e si accasciò al suolo.
Lo presi
dai capelli, quando abbassò la testa per nascondere le sue smorfie di dolore.
-Nonostante fosse solo una lurida mezzosangue,
ha gridato come le migliori puttane e… Weasley? L'ultimo nome che ha
pronunciato prima di morire era il tuo…-
Sapevo
che dopo quest’affermazione avrei fomentato la bestia che già era viva in lui.
Infatti, mi diede una potente testa all’indietro che mi fracassò il naso. Il
sangue uscì schizzando all’inizio, prima di rallentare la sua corsa.
-Sei
uno schifoso leccaculo di Voldemort. Dove l’hai portata?- urlò con tutta la
disperazione che aveva in corpo. Si scagliò contro di me senza pensare alla
bacchetta. Voleva farmi male con le sue mani, sentire le mie ossa scricchiolare
sotto le sue dita. In questo, eravamo molto simili.
Non
riuscii ad evitare il pugno che mi diede allo stomaco e che mi fece sputare
sangue. Non mi diede il tempo di riprendere fiato che si avventò di nuovo su di
me, prendendomi dai capelli e trascinandomi. Sentii il mio cuoio capelluto
scricchiolare sinistramente, prima che mi scaraventasse a terra.
-Sei
anche sordo oltre che stupido, Weasley?- scoppiai a ridere, mentre lui mi
riempiva di calci che ormai non mi procuravano più dolore. –La mezzosangue è
morta, finalmente!-
-Non
ci credo!- urlò ancora. Le vene sul suo collo erano gonfie e pompavano sempre
più sangue alla faccia ormai rossa. –NON CI CREDO!-
Si
gettò su di me ma questa volta non riuscì a prendermi, ero stato più veloce.
Una regola fondamentale del combattimento corpo a corpo è quella che non
bisogna mai attaccare per rabbia. Ron Weasley non era stato addestrato a
combattere, a mantenere il sangue freddo e certe cose non poteva saperle. Non
si era allenato tutte le estati solo per questo scontro. Era un sempliciotto
tontolone che stava combattendo spinto dall’amore e dalla voglia di proteggere
quello che per lui era importante. Sciocco.
Recuperai
con una capriola veloce la mia bacchetta e la puntai alle spalle del mio
nemico. Con freddezza, lanciai il mio incantesimo di tortura.
-CRUCIO.-
Vedere
un ammasso di 1,90 m contorcersi al suolo dal dolore, come un’anguilla, mi
elettrizzò. Io che avevo la meglio su un gigante, sul mio nemico di sempre… era
davvero il mio giorno fortunato.
Mi
fermai un attimo in modo che il dolore provocato dal cruciatus fosse sempre lo
stesso: dannatamente insopportabile.
Ron
Weasley mi fissò con i suoi occhi chiari. Le labbra erano viola e non sembrava
potesse reggere ancora per molto.
-Dov’è?-
sussurrò senza forze.
Il
mio sguardo s’indurì come la pietra. Perché diavolo doveva essere così buono.
Non riusciva a capire che stava per morire e che presto dove la mezzosangue
fosse stata non avrebbe più avuto importanza? Un essere così non meritava di
rimanere al mondo e, con un sorriso diabolico, pronunciai.
-CRUCIO.-
Ron
Weasley urlò di dolore. Questa volta lo sentii e finalmente mi fu data
soddisfazione.
-Dov’è?-
Ad
ogni pausa, per evitare che il suo fisico si abituasse al dolore, mi poneva
questa insulsa domanda. Andai avanti a torturarlo per molto, tanto che alla
fine non teneva nemmeno più gli occhi aperti.
Ero
ormai stremato anch’io dall’uso frequente di quella maledizione e, quindi,
avevo deciso di finirlo.
-Addio,
Lenticchia…- sussurrai, alzando la mano che impugnava la bacchetta. Fui tanto
vicino dall’ucciderlo che ancora quell’emozione è viva. Lo vidi riaprire i suoi
occhi limpidi e trasparenti come la sua vita, mi fissò brevemente, poi con un
fremito di dolore perse conoscenza, sulle labbra ancora quella domanda.
-DRACO!-
gridò un mio compagno mangiamorte. –Gli Auror sono qui. DOBBIAMO ANDARE!-
Mi
voltai verso Ron, ancora lì ai miei piedi, ed esitai. Volevo ucciderlo ma ormai
il momento era svanito. Abbassai la bacchetta e velocemente abbandonai la sala
grande.
Draco Malfoy guardò assente le goccioline di
pioggia che silenziose scendevano lungo i vetri delle portefinestre della sala
da pranzo. Era accovacciato ai piedi della tenda, appoggiando il lato sinistro
della sua fronte contro quella superficie fredda.
I ricordi continuavano a torturarlo. Le
sensazioni non volevano abbandonare il suo cuore, la sua anima.
Draco Malfoy si sentiva in colpa per le sue
malefatte? Una cosa del genere non sarebbe mai stata possibile senza di lei.
Gli aveva ridato la vita e il sorriso e lui non poteva fare altro che esserle
grato, amandola con tutto se stesso.
-Draco?- Voldemort fece il suo ingresso
nella sala completamente buia. Indossava una lunga veste nera di velluto.
-Mio Signore,- disse il biondo, alzandosi
per inchinarsi al cospetto del suo padrone.
Voldemort fissò i suoi capelli biondi e
lisci che gli ricadevano scomposti sulla fronte. –L’incantesimo sembra essere
riuscito. Ora, sta dormendo.-
-Bene.-
Voldemort notò l’eccessivo sollievo
dipingersi sul volto marmoreo ed affascinante del giovane. –Temo le tua
affezione per la mezzosangue, Draco.-
-Mio Signore,- iniziò il biondo, alzando
appena il capo. –E’ solo l’affezione che un uomo potrebbe provare per una
prostituta.-
Draco si sentì così bugiardo nel pronunciare
quelle parole, ma ormai era abituato a mentire e nemmeno Voldemort riusciva più
ad accorgersi di nulla.
-Lo spero vivamente, Draco. Non vorrai fare
la fine di tuo padre?-
Il giovane ebbe una scossa all’altezza dello
sterno, chinando maggiormente il suo capo.
–No, mio Signore.-
-Bene. Confido nella tua intelligenza.- e
senza aggiungere altro, si smaterializzò con un sonoro pop.
Ed eccoci,
finalmente al secondo capitolo!La
consolidata diretta audiofonica
è ormai un rituale!
La povera piccola Angèle stavolta ha dovuto avere una
pazienza infinita con me! Devo dire che se avessi partorito la mia parte ci
avrei messo meno! E' stato un po' difficile scriverlo, ma alla fine ce l'ho
fatta anche se sinceramente credo che con più tranquillità avrei sicuramente
fatto meglio! meno male che Angèle risolleva il livello *_* morosa di un'angèle!(Ma che dici! ND Angèle)
Come avrete visto la storia inizia a delinearsi e non sarà
rose e fiori no, no! Non tutto ovviamente! ne abbiamo di tempo prima della
fine! Ehehe, anche perché non l'abbiamo ancora ben delineata, i nostri
cervellini sono a lavoro!!!!
Beh, che dirvi ancora?Grazie per essere arrivati fino a qui e se vi fa
piacere scrivere un commentino quanto a noi leggerlo… beh, sapete dove ciccare, no?!?
Uno speciale ringraziamento a coloro che hanno commentato:
Lady Bird Grazie mille! Li vogliamo anche noi^______________^!
Angèle e Phoebe
Robby Grazie mille, Robby. Sappiamo che la conclusione dell’altra
nostra ficcy è stata un po’
come dire (bastarda? Nd
Tutti Ehm… Nd Autrici
-____________- ) Però, ci siamo fatte perdonare non aspettando così tanto tempo
per la pubblicazione del seguito. TI ringraziamo ancora per la tua recensione,
baci,
Angèle e Phoebe
FallenStar Eccoti accontentata con il nuovo capitolo. Ti ringraziamo
per i complimenti. Siamo felici che tutto ti sia piaciuto e che addirittura tu
abbia letto tutto d’un fiato Nice Shock che onore! ^__________________^
Speriamo che anche questo sia di tuo gradimento, baci,
Angèle e Phoebe
Lilyblack Eccoti, accontentata. Grazie mille della recensione, baci,
Angèle e Phoebe
Clo87Ma sei troppo gentile con noi, cara ^________-. Per noi è
stato bello ritrovarti tra le nostre commentatrici. Speriamo vivamente di
mantenere il nostro livello alto sia stilisticamente sia nei contenuti. Ti
mandiamo un grande bacio,
Angèle e Phoebe
Nightmare
Grazie ‘moroso! Sei un
sogno di commentatore altro che incubo! Ti ringraziamo della tua gentilezza e
sappi che per noi è stato davvero piacevole tornare. ^____________-. Ti
aspettiamo in msn, besitos,
Angèle e Phoebe ^__^.
Sottoscritta Grazie eccoti, il seguito. Baci, ^_____________-
Angèle e Phoebe
Fede Grazie, cercheremo di continuare così. Baci,
Angèle e Phoebe
Sunny (Angèle e Phoebe
s’inchinano fino ad arrivare al pavimento) SUNNiNa! Che bella sorpresa ci hai
fatto commentando. Sai che sei la nostra musa ispiratrice e speriamo vivamente
che tu gradisca sempre. Sei la nostra lettrice d’eccezione. Sappiamo che la
situazione è ingarbugliata, che le cose potrebbero andare solo meglio tanto
sono disperate, ma la nostra mente diabolica non ha maiiii limiti
^______________- ihihihihih. Aspettati dell’altro! Ti ringraziamo con tanto
affetto dei tuoi incoraggiamenti e complimenti, ti mandiamo una valanga di baci
coperta da una nuvola di abbracci, direttamente recapitata a casa tua da un bel
giovine dai capelli rossi rispondente al nome di Ronnino caro.
Angèle e Phoebe (ancora prostrate)
Angèle & Phoebe (A&P)