Odio mettere
premesse, perchè penso che la prima cosa da vedere
sia il titolo del capitolo. E’ anche più bello da vedere…
Ma in questo caso mi premeva dirvi una cosa. Il primo capitolo è stato scritto
quasi in preda all’istinto. Eppure è piaciuto. A me
in prima persona è piaciuto molto! E visti i primi commenti
ricevuti – straordinari! – ho avuto paura di non riuscire a continuare con lo
stesso tono, di non esser capace di scrivere altri capitoli tanto…
intensi?
Così ho chiesto a
Paola di correggermi la bozza. Io che non rileggo nemmeno le mail prima di
inviarle! Mi sono emozionata tanto da dirmi: “Voglio fare un BEL lavoro! Mi serve aiuto!”.
Questo è quanto è nato. Spero di non deludere le
vostre aspettative.
Buona lettura!
Lupo!
“The last that ever
she saw him
Carried away by a moonlight shadow
He passed on worried and warning
Carried away by a moonlight shadow.
Lost in a river last Saturday night
Far away on the other side.
He was caught in the middle of a desperate fight
And she couldn't find how to push through.”
(Mike
Oldfield, Moonlight
Shadow)
-
Un’Oblivium a caso e un falso annuncio per il
notiziario del mattino riguardante un canile
le sembra una buona idea? Signorina Granger, non che
abbia mai riposto molta fiducia nel suo ruolo, ma ero convinto potesse
elaborare qualcosa di meglio!
Hermione arrossì
indispettita. Odiava che il suo operato venisse criticato. Tanto quanto odiava
essere messa sotto pressione, e per quella notte ne aveva avuto a sufficienza
di entrambe le situazioni.
-
Considerate le condizioni mi sembra la soluzione ottimale – del resto era
difficile chiuderle la bocca, persino per una persona velenosa come Piton. Persino se ciò la faceva replicare con una cazzata
grande come il maniero di una famiglia purosangue a caso: nel quarto d’ora
successivo al momento in cui aveva impartito gli ordini le erano venute almeno
quattro idee migliori, ma la Bones, Finnigan, la Brown e Goldstein erano già stati mandati a fare incantesimi di
memoria su tutta la via, e Ginny al canile municipale
a dire “due parole” ai guardiani notturni riguardo “l’incidente” della stessa
notte e a sincerarsi che la notizia arrivasse al telegiornale locale, così da
fugare ogni dubbio. E poi il capitano di una squadra non deve mai rimangiarsi
le parole, non era una cosa che il ruolo permetteva.
Ma
soprattutto aveva una ragazzina in lacrime accovacciata a pochi passi da lei e
un novello Lupo Mannaro che aveva ben poco del Lupo e ancora meno del Mannaro!
E
non aveva la più pallida idea di cosa fare.
-
Serviva qualcosa di concreto. Vogliamo creare un nuova Area 51 tutta inglese?
Non ci bastano i Cerchi nel grano?
-
Prego?
Con
un gesto vago della mano Hermione lasciò intendere
che non aveva importanza.
-
Comunque sia, evidentemente ha sovrastimato le sue capacità di valutazione.
Hermione si chiese che fine
avesse fatto la voce moderatrice di Remus che a quel
punto si sarebbe espressa in un modulato “Severus…” pieno
di significati sottesi. Ma la cucina di Grimmauld Place rimase silenziosa, eccezion fatta per i respiri –
trattenuti – della sua squadra. Il gruppo era a disagio, per dover assistere
alla ripresa di un’amica, che in quel momento era soprattutto il capo.
Ricordarsi
che in quel momento Lupin doveva ritrovarsi rinchiuso da qualche parte, su
quattro zampe e imbottito di pozione Anti-Lupo non fu di sostegno a Hermione, che si costrinse a tacere. Qualunque risposta
sarebbe suonata stupida.
Vedendola
– finalmente – tacere, Piton continuò senza problemi.
Non che in genere se ne ponesse.
-
E i feriti di cui avete riferito? Non mi sembrano un argomento trascurabile,
considerato con chi avevate a che fare…
Se
Hermione in quel momento fosse a disagio non lo diede
minimamente a vedere. Conoscendo la risposta da dare sarebbe sembrato strano
saperla autenticamente rilassata. Del resto era un essere umano anche lei –
supponevano i suoi.
-
Sì, un ferito. Un civile babbano, maschio, sui
vent’anni. Morso…
-
Prego? – Piton pareva davvero incredulo.
-
…che attualmente è chiuso nel sottotetto di Fierobecco con un’altra civile babbana…
che non è stata morsa…
Tutti
si aspettarono di vedere l’insegnante esplodere. Magari ripetendo un altro
“Prego?” con voce tonante, oppure letteralmente, spargendo parti-di-Severus
in giro per la cucina – dove indubbiamente nessuno avrebbe più mangiato per
almeno sei o sette mesi.
E
invece non reagì. Si limitò a continuare a fissare la sua sottoposta senza
nemmeno sprecarsi in sguardi di disgusto.
-
Sono costretto a rettificare. Le sue capacità di valutazione non sono sovrastimate
né da lei né da chi la circonda. Sono autenticamente leggendarie in quanto
totalmente inesistenti.
Aveva
spedito Harry ad aiutare Ginny, e Tonks
a dare man forte agli altri solo per non avere gente intorno. Poi si era girata
a fissare quella figuretta singhiozzante aggrappata al collo del Licantropo.
Non sapeva cosa fare. E stare così vicino a un Lupo Mannaro di certo non la
rassicurava. Tuttavia era combattuta tra questo terrore e la curiosità di un
comportamento così anomalo. Certo, era perfettamente conscia che l’intera
comunità magica era nel complesso piuttosto licantrofobica,
enclusi gli autori dei libri che aveva studiato, ma
anche scremando dei pregiudizi le descrizioni lette, era convinta che in quel
comportamento da cagnolino da salotto ci fosse qualcosa che non andava.
Si
era accosciata per terra – il più lontano possibile – e aveva allungato una
mano verso la spalla della ragazzina. Sotto le dita l’aveva sentita sottile
come si immaginava.
-
Ehi!
Lei
aveva sobbalzato, si era girata, abbandonando lentamente quel collo peloso, si
era sfregata gli occhi rossi e l’aveva fissata. In attesa.
Ed
Hermione aveva taciuto. Cosa avrebbe potuto dirle?
Nemmeno sapeva quanto parlava la sua lingua! Nemmeno sapeva chi fosse, cosa
rappresentasse quel ragazzo per lei, da dove venisse, o come si chiamasse. Come
si sentisse in quel momento. Cosa avrebbe potuto dirle?
-
Hai capito cos’è successo? – sussurrò dopo un tempo inquantificabile.
Che
frase fuori luogo!
Lei
annuì incerta, evitando di guardare Hermione in
faccia.
-
Te la senti di tornare a casa? Oppure verresti…
verreste con noi?
Una
proposta spontanea, troppo poco ponderata per il carattere di Hermione. Ma del resto, non sapeva cosa fare.
La
ragazza guardò prima il Licantropo, poi la strada deserta, nella direzione da
cui era venuta. Esitò parecchio, osservando alternativamente ciò che la
circondava, fissando lo sguardo prima su uno steccato, poi su un lampione,
sulle scarpe di Hermione, su qualcosa di più lontano.
Poi
aveva annuito. Un movimento solo, lento ma chiaro.
Hermione le allungò la
mano, che la ragazza strinse con la stessa lentezza con cui aveva fatto il cenno
col capo.
-
Stringilo forte – bisbigliò la strega.
Un
movimento convulso del braccio attorno al corpo del Lupo, afferrare forte
quella mano tesa, un senso improvviso di compressione, e riaprire gli occhi in
un’altra via, anch’essa buia e deserta.
Hermione barcollò un poco,
appoggiandosi alla cancellata alle sue spalle. Doveva aver calcolato male la
massa da trasportare, non immaginava un tale capogiro all’arrivo. Si rimise
dritta e tornò a voltarsi verso la ragazza e il Lupo.
-
Gli altri ragazzi arriveranno tra un po’… iniziamo a entra- - si interruppe,
fissando qualcosa alle spalle della ragazza. Due biglie gialle sospese nel
buio.
No.
Due occhi gialli affatto sospesi nel buio!
Prima
ancora di provare paura – prima di accorgersi di provarne – vide la sua
compagna abbassarsi e allargare le braccia. La pantera nera si avvicinò e le
strofinò il muso sul petto.
-
La pantera… Me n’ero dimenticata…
- bisbigliò la strega.
Il
numero 12 apparve e la ragazzina non fece una piega – forse nemmeno stava
guardando, si disse Hermione. Li condusse tutti
dentro, e poi su per le scale, attraverso la casa deserta. La bacchetta salda
in mano, sotto il mantello, perché non era in grado di prevedere quanto la
dolcezza del Licantropo sarebbe durata. Scalino dopo scalino continuava a
gettare indietro lo sguardo, metà per prudenza e metà per ospitalità: vedere
quella ragazzina silenziosa salire le scale fiocamente illuminate, seguita da
un grosso lupo e da una pantera nera era una scena malinconica e
contemporaneamente dolce. Lo sguardo basso, lei non toglieva la mano dal capo
morbido del Licantropo, che la guardava come fosse l’unica cosa al mondo;
dietro la pantera procedeva guardinga, come proteggendoli. Arrivarono al
sottotetto ed Hermione aprì una porta.
-
Mi spiace dovervi lasciare qui, ma non tutti apprezzerebbero che lui… che loro – si corresse adocchiando la pantera in fondo
alla rampa – vaghino per casa… – La ragazza scosse la
testa, come a dire che non le importava – Ti lascio la porta socchiusa, se… - non sapeva che parole usare, non sapeva come lei
percepisse il Lupo Mannaro – se non ti senti tranquilla, esci di corsa e urla:
noi siamo in cucina, nel seminterrato.
Pensava
sinceramente che non potesse morderla. E in ogni caso c’era la pantera a
proteggerla; prima, davanti al cancello, la maniera in cui le aveva strofinato
il muso addosso ricordava molto il modo in cui si coccolano i propri cuccioli.
Questa
volta l’altra annuì.
-
D’accordo, allora scendo ad aspettare gli altri… - a
disagio, Hermione posava già il piede sul primo scalino
mentre la ragazza era sulla soglia della porta, quando finalmente la strega si
voltò e le chiese – Come ti chiami?
-
Meshua – una voce piccola, come un pigolio.
-
Io sono Hermione – sorrise, e allungò la mano, che
venne stretta con la stessa forza di prima. Tornò a voltarsi per scendere.
-
Hermione… - esitante. Hermione
volse la testa verso Meshua – Grazie…
Le
sorrise, e riprese a scendere le scale.
-
Abbiamo davanti un comportamento totalmente anomalo! Una cosa del genere non
era mai stata documentata! Voglio
saperne di più--
Infervorata
dalla sua curiosità, stava battagliando con tanta energia da supplire quella
mancante dei suoi.
-
Un-Lupo-Mannaro – scandì Piton,
gelido – le è chiaro almeno questo?
-
E’ questo il punto—
Finalmente
qualcuno intervenne: Harry, visto che ragionare era per entrambi impossibile, optò
per l’eliminazione di una delle due parti: mandare Piton
alla successiva tappa della sua tabella di marcia.
-
Bè, quello che è fatto è fatto, oltre a noi stanotte
non dovevano fare rapporto anche i gemelli? Hanno finito almeno da due ore: Kreacher dice che il loro gufo è arrivato prima di Hermione…
-
Ripasserò domani… oggi – si corresse Piton guardando l’orologio alla parete – alle dieci del
mattino.
Col
mantello che svolazzava e senza salutare, il professore sparì su per le scale.
Hermione si voltò verso la
sua squadra radunata in cucina, poco meno di due dozzine di ragazzi pressappoco
suoi coetanei, i più giovani – e per certi versi inesperti – membri dell’Ordine
della Fenice. Aveva due occhiaie particolarmente marcate, sembrava più pallida
di quando era arrivata, e pareva anche tesa allo spasmo a causa del sonno
mancante. La stanchezza la rendeva euforica, quasi eccitata, una parabola di
tensione che affondava per necessità il suo ramo discendente interamente nel
sonno.
-
Avanti – sbottò – ditemi quello che mi dovete dire e poi fatemi dormire due
ore!
Era
la prima volta che chiedeva loro di esprimere il loro disappunto. Era la prima
volta che loro erano in disaccordo con lei.
-
Pensiamo tu abbia fatto una stronzata, non siamo sicuri con un Licantropo per
casa, fosse anche sotto Petrificus, però non diremo
altro perché ti riteniamo comunque una persona intelligente, ma non chiederci
di uscire da questa cucina prima che la luna sia tramontata.
Il
tono discorsivo di Ginny era micidiale.
-
Grazie della sincerità – lapidò – Altro? – un mormorio generale le disse che
erano d’accordo con Ginny - Bene. Avete fatto un
ottimo lavoro. Buona notte – li salutava sempre con questa frase alla fine di
una missione.
Si
alzò, ma vide che nessuno la imitava.
-
Ginny l’ha detto che non ci saremmo mossi dalla cucina… - osservò Ron.
-
Per favore! Avete bisogno di dormire! Volete una guardia sulle scale?
-
La ritieni necessaria? – chiese Ginny.
-
No!
-
Bene, la faremo lo stesso. Harry mi fai compagnia? – il ragazzo annuì alzandosi
e la seguì fuori dalla cucina. Passando dietro a Hermione
le strinse il braccio sopra il gomito per salutarla. E incoraggiarla.
-
Buonanotte – ripeté il comandante. E questa volta pian piano la cucina si
svuotò.
La
finestra del sottotetto era spalancata sul cielo nero di una città che non
conosceva. La luna gialla e rotonda stava esattamente al centro di quel quadro
naturale quando si era appoggiata alla parete per lasciarsi scivolare a terra.
Mowgli
si era guardato un po’ in giro, poi l’aveva raggiunta abbandonando il muso sul
suo grembo, il corpo steso sul legno polveroso del pavimento. Bagheera invece aveva minuziosamente esplorato la stanza,
prima di classificarla come innocua e stendersi su bauli e casse coperte da
teli. La coda nera dondolava nell’ombra con un ritmo costante.
Meshua aveva spostato lo sguardo in basso,
su Mowgli. Non pensava a nulla, nulla di particolare. Si sentiva come svuotata,
la sua testa non riusciva a muoversi oltre l’istante presente, non che ci
provasse.
Così,
ancorata a quella stanza di legno scheggiato, aveva preso confidenza con quel
nuovo corpo che le stava addosso. Aveva spostato le labbra per poter vedere
quei denti bianchi e affilati; aveva piegato la cartilagine delle orecchie,
seguendo con le dita la nuova forma; aveva intravisto nel pelo l’ultimo morso
sulla spalla, senza osare sfiorarlo per non fargli male; aveva toccato la
articolazioni degli arti, ora così diverse da gomiti e ginocchia; era arrivata
fino ai cuscinetti sotto le zampe: li aveva premuti dolcemente e aveva visto
spuntare le punte degli artigli. Aveva fissato a lungo anche la coda, come se
non capisse bene cosa ci facesse lì; alla fine l’aveva accarezzata più volte,
lisciando il pelo scuro.
In
ginocchio ora guardava quel corpo nel suo insieme – quando si era alzata con
delicatezza gli aveva posato a terra la testa per non svegliarlo, e nella sua
lenta riscoperta si era spostata attorno alla sagoma addormentata. Non aveva
domande nella mente. Solo ciò che aveva appena visto e toccato.
Ancorata
al pavimento come il suo stesso corpo, inchiodata al momento presente come solo
i sensi sanno inchiodare.
“Niente
paura, niente paura,
Niente paura si vede la luna persino da
qui.”
(Ligabue, Niente
Paura)
***
La
luna era sparita dalla finestra e non doveva mancare molto all’alba quando Meshua sentì dei passi salire le scale. Non che fosse
un’impresa impossibile, considerato lo scricchiolare che facevano. Di nuovo
lasciò dolcemente a terra la testa di Mowgli che aveva ripreso in grembo e fece
per accostarsi alla porta socchiusa. Bagheera aveva alzato
il capo, allerta; quando la ragazza le fece segno di non far rumore portandosi
l’indice alle labbra, la pantera abbassò la testa ma non la guardia.
Meshua fece ondeggiare lo sguardo dalla maniglia
sui cui teneva la mano alla pantera inquieta dall’altra parte della stanza.
Alla fine si arrese e le fece segno di seguirla. Aperta la porta vide Hermione sul pianerottolo sotto di lei, vestiti diversi da
– dal giorno? – prima, capelli raccolti e due occhiaie piuttosto evidenti.
All’improvviso si accorse di dover essere in uno stato quantomeno pietoso; si
ravviò i capelli, intrecciandoli velocemente ma senza fermare la capigliatura
con un nastrino: si accorse in quel momento di non avere nulla ai polsi.
-
Non ti preoccupare, è stata una notte lunga per tutti – sorrise Hermione – Visto che il sonno non vuole arrivare nemmeno da
te, che ne dici di scendere in cucina e scambiare due parole?
Meshua annuì e, quando anche la coda di Bagheera scivolò fuori dalla stanza, chiuse la porta.
Notando lo sguardo di Hermione sul felino, le ragazza
si affrettò ad aggiungere:
-
E’ dolcissima, è nata in cattività non fa del male a nessuno.
Hermione le sorrise di
nuovo e con un gesto invitò entrambe a seguirla.
-
Non spaventarti, in cucina troverai una ventina di persone. Chi siamo e cosa
facciamo è una lunga storia, direi che per ora parliamo solo di te. Abbiamo
avuto tutti una nottata pessima, quindi non far caso se qualcuno è
particolarmente di malumore – spiegava mentre scendevano i gradini.
Rampa
dopo rampa scricchiolavano sempre meno, i piani più utilizzati dovevano in
qualche modo essere stati risistemati. Meshua non
colse molto della casa, solo ombre e antri bui; la luce delle candele si posava
sempre su qualcosa di polveroso.
Arrivata
nel seminterrato Meshua pensò che dire venti persone
era meno che vederle. Si sentiva osservata, e percepiva un’aura ostile, come
una grossa campana di vetro spesso che la faceva indietreggiare verso l’uscio.
Era a disagio.
L’ingresso
di Bagheera catalizzò l’attenzione, un’attenzione piuttosto
terrorizzata, che portò Meshua a dire subito:
-
E’ nata in gabbia, è stato l’uomo a darle da mangiare non sua madre. Non
farebbe male a una mosca… - la pantera, dal canto
suo, annusò l’aria prima di andarsi a sdraiare accanto al muro, senza togliere
lo sguardo dalla ragazza, incurante di quelli diffidenti posati su di lei.
Hermione la fece accomodare
su una sedia attorno al tavolo, dove era seduta la maggior parte dei ragazzi;
altri stavano appoggiati alla cucina o sprofondati in qualche vecchia poltrona;
Hermione si sedette di fronte a lei.
Una
ragazza coi capelli rossi le posò di fronte una tazza di tè fumante, dalle
finestre aperte entravano i primi raggi del sole: l’aria era tiepida,
conseguenza di una notte particolarmente calda.
-
Oddio, non so nemmeno da dove iniziare… - si lamentò Hermione, affondando la testa nelle braccia incrociate sul
tavolo. Ma la rialzò subito di scatto e riprese decisa – Siamo streghe e maghi.
Ti è impossibile crederlo?
Meshua vide con la coda dell’occhio delle
teste scuotersi.
-
No – rispose semplicemente.
Era
vero. Non aveva mai pensato seriamente alla magia e mai ne era venuta in
contatto, ma era cresciuta in un mondo superstizioso, che se l’era presa anche
con lei. Non le risultava affatto difficile credere davvero che chi aveva
davanti fossero tutti maghi e streghe.
-
Hai capito cos’è successo ‘sta notte, no?
Meshua annuì lentamente, con la stessa
lentezza con cui aveva annuito poche ore prima, in quella strada buia.
-
Lupi Mannari – rispose. Pensò che se le avessero chiesto “Hai mai creduto ai
Lupi Mannari?” sarebbe scoppiata a ridere in modo isterico e convulso. Non
avrebbe saputo dire perché, ma era una domanda familiare e dolorosa, che
l’avrebbe fatta ridere per non piangere.
-
E sai anche cosa comporta?
Meshua fece oscillare la testa: – Più o
meno – rispose.
Hermione annuì più volte,
come se stesse disponendo al giusto posto nella sua mente le risposte che
riceveva e le loro conseguenze implicite, ordinando il tutto prima di
continuare a parlare.
-
Mowgli è un Licantropo – mormorò la ragazza all’improvviso, fissando la tazza
senza vederla. Le sembrò di svegliarsi pian piano, come se fino a quel momento
fosse stata una sonnambula. Era come se il presente stesse pian piano
riprendendo le sue relazioni con un passato e un futuro.
-
Mowgli è un Licantropo – ripeté a voce un poco più alta, come se finalmente
vedesse ciò che aveva sempre avuto davanti. Era come se tutti i singoli istanti
di presente che aveva vissuto si mettessero in ordine in un abbagliante
rapporto di causa-effetto.
-
Mowgli è un Licantropo - disse di
nuovo, con voce piena, in una lingua che quasi tutti i presenti non capirono.
Era una cosa così semplice!
Non
era una risposta, perché di domande non se ne era poste. Era solo un dato di
fatto, il ponte che ora finalmente vedeva e che la collegava con la realtà.
Realizzò
tutte le paure che avrebbe dovuto provare – tornerà
umano? cos’è diventato? si ricorda di me? mi farà del male? – ora che le
vedeva fugare. Tutto ciò che aveva provato era invece la gioia di avere ancora
accanto Mowgli. Vivo.
Perché sapeva che quello
era Mowgli, e nient’altro. Una consapevolezza viscerale, lontana millenni dalla
mente. L’unica cosa che sapeva, in quel sonno senza passato né futuro.
Ora
che tornava alla realtà, la trovava così semplice!
Una
mano sulla bocca a coprire un sorriso che non riusciva a trattenere, guardò di
nuovo Hermione aspettando che riprendesse a parlare,
vagamente cosciente degli sguardi sbalorditi che le si posavano addosso.
Vedere
all’improvviso quegli occhi così spauriti spalancarsi e brillare sopra quel
sorriso nascosto, spinse Hermione ad andare
direttamente al punto, senza più giri di parole. Fu contenta di quel
cambiamento: temeva altrimenti che la ragazza potesse andare in frantumi come
un fragile oggetto di vetro.
-
Insomma, crediamo – qualcuno sbuffò, ed Hermione
trapassò tutti i ragazzi con un rapido sguardo di ghiaccio - credo sia opportuno che vi fermiate qui
per un paio di giorni, sia per potervi informare meglio, sia perché io ne possa sapere qualcosa di più.
Pensaci su.
Lo
sguardo di Meshua si incuriosì: - Sono così rari i
casi di Licantropia? – ricordava l’attacco di un branco numeroso.
-
Affatto! – sentì sbottare alla sua sinistra, ma non riuscì a voltarsi perché Hermione riprese subito a parlare, attirando di nuovo la
sua attenzione.
-
Non è quello, è che Mowgli – Meshua sorrise nel
sentirglielo nominare senza che gliel’avesse mai presentato – ha avuto un
comportamento insolito. Insomma, c’è un motivo se nessuno qui era a suo agio
con un Lupo Mannaro in soffitta.
-
Mi dispiace, non volevo-
-
Shhht! – la interruppe Hermione
– non dipende da te, ho fatto tutto di testa mia. Bene, e ora: hai bisogno di
tornare a casa prima di dormire un po’? In un letto – aggiunse.
Meshua spalancò gli occhi.
-
Santo cielo! – si portò le mani al viso – Non ho chiuso casa! E le finestre
aperte! I vestiti di Mowgli sono ancora in mezzo alla strada! E devo dire
qualcosa alla signora! E devo chiamare al lavoro! – all’improvviso tutti i
dettagli le si riversarono in testa, come se vedesse le vicende della notte
passata in terza persona.
-
Calma – rise Hermione – Non sono nemmeno le quattro e
mezza del mattino! Potrai fare tutto più tardi, per ora tornerei solo a casa
tua per sistemare ciò che è meglio la gente non veda.
Meshua annuì, ancora con gli occhi
spalancati, ed Hermione la raggiunse dall’altro lato
del tavolo.
-
Bagheera può restare? Giuro è innocua-
-
Bagheera resta
- la interruppe di nuovo Hermione – Sono troppo
stanca per trasportare anche la sua mole!
E
mentre un brusio non troppo contento si diffuse tra i ragazzi, Hermione porse la mano a Meshua.
Lei l’afferrò con la stessa forza della prima volta.
-
Oddio un pantera…
-
A me fa più paura Grattastinchi.
-
Come diavolo fa a sentirsi così dopo una roba del genere!
Un
istante dopo si erano smaterializzate.
-
Non far caso a lei…
Si
erano materializzare esattamente dove erano partite la notte prima. Ora il sole
stava sorgendo in fretta, confinando il buio di una notte nelle sagome di qualche
ombra.
-
Come? – Meshua aveva raccolto da terra gli indumenti
di Mowgli. Non aveva fatto in tempo a darsi pena del sangue sulla camicia, che Hermione stava già parlando.
-
Dico la ragazza coi capelli gialli. Intendo non biondi, letteralmente gialli.
Stava seduta sul ripiano vicino al piano cottura, alla tua sinistra – Meshua continuava a guardarla, ripiegando automaticamente
gli indumenti che aveva in mano, così Hermione
continuò – Ha fatto qualche uscita brusca durante la chiacchierata, e mentre ce ne stavamo andando via ha sbottato
qualcosa sulle tue reazioni… Qualcosa tipo “come fa a
sentirsi così”…
Meshua scosse la testa: - Non ci ho fatto caso… Cioè, non saprei dire chi ha detto cosa…
Si
incamminò lentamente nella direzione da cui era arrivata affannata e sconvolta
solo poche ore prima, ed Hermione la seguì.
-
Non per giustificarla, ma è che lei ha una relazione con un Licantropo.
Pausa.
-
Ed è piuttosto suscettibile riguardo tutto ciò che tocchi questo tema…
Un’altra
pausa.
-
Come mai? – Chiese allora Meshua, sembrava averci
pensato su un po’.
-
Bè… Innanzi tutto, una persona morsa da un Lupo
Mannaro, quando è sotto l’influsso della luna piena è assolutamente fuori di
testa. Intendo, non ricorda nulla dalla sua vita umana, delle sue relazioni,
dei suoi affetti… E’ solo alla ricerca di qualcosa,
di qualcuno, da mordere…
Inspirò:
stava per aggiungere “da sbranare” ma non le sembrò il caso.
Meshua la fissava attenta. Non aveva
paura, non sembrava meravigliata o scandalizzata, semplicemente stava
raccogliendo quelle informazioni nuove.
-
Ma… com’è possibile? – chiese infine – ‘sta notte Mowgli-
-
E’ per questo che vi ho chiesto di fermarvi. L’ideale sarebbe che vi fermaste
fino alla prossima luna piena, o creare l’occasione di rivederci.
-
Se possiamo aiutarvi, ci fermiamo volentieri… Del
resto credo che avremo bisogno anche noi di un “porto franco” per un paio di giorni… Un mese è lungo! Ma se è per qualche giorno, invece… Grazie dell’ospitalità! – sorrise.
-
La casa è grande – Hermione si strinse nelle spalle,
con una smorfia allegra.
-
Quindi Mowgli ha avuto un comportamento del tutto anomalo?
-
Esatto!
Una
nuova pausa.
-
Non ne hai una vaga idea del motivo? Intendo, un qualcosa che sai che potrebbe
spiegarlo?
Meshua scosse la testa.
-
No, anzi…
Hermione sospirò
pensierosa.
-
Tornando alla ragazza che ti dicevo prima… E’ che c’è
altro, oltre al solo fatto di essere Licantropi.
-
In che senso? Effetti collaterali?
-
Più o meno… Chiamiamoli “effetti sociali” – e nella
sua voce c’era della rabbia insieme all’ironia – Nella comunità magica i Lupi Mannari
non sono visti di buon occhio. Ci sono stati periodi con delle leggi
discriminatorie, e tutt’oggi il registro dei Licantropi è nella sezione delle
creature magiche al ministero, mentre il servizio di supporto è nella sezione
degli esseri umani… e poi continuano a esistere
pregiudizi: il risultato è che si fa fatica a trovare lavoro, a relazionarsi
con gli altri… Insomma, è come stare a metà strada
tra un appestato e uno straniero!
-
Dev’essere terribile… -
l’espressione era triste, ma non sembrava stesse pensando al futuro di Mowgli
in quel momento. Del resto se tutte le notti sarebbero state come quella
passata, di sicuro non avrebbero avuto problemi, si disse Hermione.
-
Oddio che figura! Tu non sei nata in Inghilterra, vero?
Meshua realizzò a cosa si riferisse e
scoppiò a ridere: - Sono arrivata qui tramite la scuola…
No, non mi sento un’ “emarginata”, se è questo che intendi. Non mi sono offesa!
Rise
anche Hermione e poi concluse: - Ti ho detto tutto questo
per farti capire la rabbia di quella ragazza, tutto qui. Non credo che queste
cose vi riguarderanno mai. Lei non è cattiva e non ce l’ha con te… In effetti penso ce l’abbia col mondo!
-
Che brutto sentirsi così. Mi dispiace per lei… Ma,
adesso noi- Mowgli fa in qualche modo parte della comunità magica?
-
Non dovrebbe… Anche se, che io sappia, è la prima
volta che un babbano, una persona senza potenziale
magico, viene morsa da un Lupo Mannaro… Non so come
reagirà il ministero, se ha intenzione di reagire! Ma se ci sono precedenti
credo si baseranno sul common law: farò qualche
ricerca per prevedere le conseguenze.
-
C’è un modo che permette al vostro Ministero di sapere di ogni persona che
viene morsa?
-
No, qualcuno dovrebbe denunciare il caso, oppure se ci fosse un’improbabile
fuga di notizie – perché se non altro noi
siamo discreti! – e il fatto diventasse di dominio pubblico. In queste
circostanze lo verrebbe a sapere, ma in ogni caso non posso immaginare gli
eventuali provvedimenti.
Meshua sospirò: - Mi devo preoccupare?
-
Direi di no: il registro a conti fatti è solo un pro forma…
la vita sociale rovinata è tutto un fattore squisitamente culturale!
Meshua rise a quell’ironia pungente.
-
Siamo arrivati, la casa è questa.
Aveva
fatto bene a preoccuparsi: cancelletto aperto, porta spalancata. Era una
piccola bifamiliare con attorno un giardino pieno di fiori: una cosa seria con
tanto di stecche per sostenere le rose o i rampicanti.
Entrarono
in casa, e Meshua fece segno a Hermione
di fare silenzio portandosi un dito alle labbra; erano in una piccola
anticamera con un’altra porta dall’aria massiccia e delle scale che salivano di
sopra. Richiuse la porta cercando di non fare rumore ma senza serrarla con la
chiave. Indicò all’altra ragazza di seguirla sulle scale. Al piano superiore
una terza porta nuovamente spalancata: si intravedeva subito un salotto con le
portefinestre aperte, le tende si muovevano seguendo la corrente. Meshua entrò ed Hermione la
seguì.
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Scusami, ma la signora al piano di sotto di sicuro dorme ancora…
Accomodati!
La
fece sedere sul divano ed Hermione si sedette nel
punto accanto a dove stava lei la sera prima a guardare la tele, dove avrebbe
voluto si sedesse Mowgli. Benchè si sentisse
tranquilla, benché sapesse che Mowgli stava bene, benché si fidasse di Hermione, quel ricordo le fece male.
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Santo cielo, la tele va ancora! – era la replica di un quiz show diurno; la
spense pensando che se fosse stato un film porno non avrebbe saputo se ridere a
crepapelle o scomparire dall’imbarazzo – Dammi cinque minuti per chiudere per
bene la casa e lasciare una nota per la signora di sotto…
Devo prendere qualcosa di particolare?
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Prendi il cambio per un paio di giorni, se vuoi farti una doccia hai tutto il
tempo che vuoi, ma se hai premura di tornare da lui potrai benissimo farla da
noi.
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Grazie! – sorrise, poi guardò i vestiti che aveva in mano – ho tempo di lavare
via il sangue?
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Posso pensarci io con un incantesimo.
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No grazie… vorrei farlo da sola…
a mano…
Hermione le sorrise
annuendo: - Fai con comodo, non mi muovo da qui!
Mowgli
si era svegliato all’improvviso, sollevandosi impaziente con l’irreprimibile
bisogno di muoversi, di stirarsi il più possibile. E mentre si tendeva come mai
aveva fatto dopo il sonno vide i suoi artigli allungarsi seguiti dalla pelle
fino a diventare unghie piccole in modo imbarazzante sulla punta di dita
affusolate, quasi da donna. Non aveva più le proporzioni per stare su quattro
zampe, se ne accorse quando ricadde di lato sul legno scheggiato e polveroso.
Era
infinitamente stanco. Pensò di dormire ancora. Lì c’era l’odore di Meshua e da poco lontano alle sue spalle arrivava anche
quello di Baaghera. Non c’era quello del sangue,
tranne il suo che veniva dalla ferita alla spalla. La spalla. Avrebbe dovuto
darci un occhio. Ma non gli doleva abbastanza, così in poco tempo si
riaddormentò.
Meshua aveva sistemato in una borsa due
cambi di vestiti e quel poco di occorrente che poteva servire per un paio di
giorni. Poi si era chiusa in bagno e si era messa a lavere
via il sangue dagli indumenti raccolti per strada.
L’acqua
rossa che scorre nel lavello, lo strofinare forte sulle nocche fino sentire
fastidio, il colore della camicia che torna insieme all’impronta delle zanne
che hanno ferito la carne sotto.
Tutte
cose spiacevolmente familiari.
E
anche questa volta era vivo. Era fottutamente vivo.
Hermione era rimasta seduta
a guardarsi intorno finché la sua attenzione non era stata attratta dalle foto
sul ripiano sopra la tele. Si era alzata per guardarle bene: ritraevano per lo
più quella che Hermione identificò come la famiglia
di Meshua: una coppia giovane, un signore anziano e
una bambina. Ma in nessuna delle foto più recenti erano ritratte queste
persone, non c’erano in quelle dove Meshua era già
una signorina. Non erano venuti in Inghilterra con lei? Non li era mai tornati
a trovare? Era venuta con la scuola, le aveva detto: non avrebbe dovuto avere
problemi di spostamenti e soggiorno.
Aveva
continuato a curiosare osservando riproduzioni e puzzle appesi alle pareti, e
mentre valutava se dare un occhio alla cucina sarebbe stato troppo indiscreto
passò davanti alla porta del bagno dove le parve di sentire dei singhiozzi.
Entrò
piano, mormorando il nome della ragazza. L’aveva trovata in piedi davanti al
lavandino, i vestiti ormai puliti abbandonati sotto l’acqua che ancora scorreva
dal rubinetto, a piangere con le mani bagnate a coprirle il viso.
Aprì
del tutto la porta e le fu accanto. La abbracciò di slancio senza preoccuparsi
di farla voltare. Meshua le si abbandonò addosso, le
lacrime che continuavano a scorrere non più coperte dalle mani.
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Stupido – ripeteva a bassa voce – non è la prima volta che me lo fai…
Hermione non la lasciò
finché non si fu calmata. Ninnandola leggermente le passava una mano sui
capelli aspettando che tornasse serena.
“In the land of
twilight, under the moon
We dance for the idiots
Ring-around-the-roses, jump to the moon
we sing with the castanets.”
(Yuki Jajiura, In the land of
twilight under the moon)
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BHA, BUBBOLE!!!
YEEE!!! Sono tornata!!! Peppereppeppe!!! Gloriosamente [?] laureata, libera [per
ora – forse!] dall’università, libera di scrivere!!! Che combini davvero
qualcosa dopo anni di triste inattività?
Nuovamente GRAZIE INFINTE a PAOLA, che si è sciroppata tutto questo chappy,
e ha attualmente in mano il resto della storia (non illudetevi, due chap al massimo!). Come d’accordo, verrai ricompensata con
soldi del monopoli a breve, o in lire italiane ma solo dopo febbraio 2012, mi spiace
=P
E anche GRAZIE INFINITE a VOI che avete commentato! È anche merito vostro se ho
preso a testate il blocco dello scrittore (testate molto lente, viste le tempistiche…) e ho preteso la betawriter
(quindi Paola, prenditela con loro =P) per questa
storia! In genere sono sufficientemente testarda e incosciente da rileggere a
malapena ciò che pubblico!
Quindi…
GRAZIE INFINITE a Mina85: Troppo gentile!!! Ora mi gonfio come un pallone!!!
Il primo commento che mi ha mandato il morale alle stelle!!! Grazie davvero!
GRAZIE INFINITE a ferao: Grazie mille! =) Ho corretto appena ho letto il tuo
post, ma solo ora ti posso ringraziare per la correzione, sorry!!!
GRAZIE INFINITE a Furiarossa: Leggere il tuo commento è stato un colpo al cuore!
AMO i commenti lunghi e vedere che la mia storia veniva spezzettata e
ripercorsa è stato emozionante! Chiedo scusa per la poca chiarezza, ma la
stesura di questo primo cap è stata abbastanza istintiva… Tant’è che temevo di non saper gestire quelli
successivi! Cosa mi dici di questo???
No, purtroppo la donna non è Bagheera, è Meshua, che nel libro
è la madre di Natoo, il ragazzo scomparso con cui
Mowgli viene scambiato quando va al villaggio la prima volta, mentre nell’anime
giapponese è la ragazzina con cui fa amicizia. Essendo più affezionata al
cartone animato, tenderò a preferirlo al libro originale, scusate ^^”
Dico “purtroppo” perché sarebbe davvero
una magnifica idea!!! Bagheera che diventa umana… mmm… Devo farci un pensierino…
Che dire??? GRAZIE ancora!!!
GRAZIE INFINITE a Paola, che oltre a correggere ha anche apprezzato questo
secondo capitolo ^.^ *cuoricino*