L’Oscura Parvenza
-Capitolo 3-
Colui Che Da Coraggio
Le leggende forse erano vere, quando raccontavano che i
fuggitivi dalla guerra erano sopravvissuti alle cascate di Nahjs.
Si erano infatti stabiliti nelle grotte sotterranee dietro
di essa, a strapiombo sul Mare Sconfinato che circondava l’Isola Universale.
I loro costumi, la loro società, la loro religione, tutto
era diverso da quelli del Popolo Rivelato, gli abitanti dell’Isola. Tra il
Popolo Celato infatti si poteva diventare cacciatori, maghi, oppure esploratori.
Di questi ultimi ormai non se ne trovavano più, perché solo i primi Celati
avevano esplorato le grotte: ora non serviva più.
Quindi, quando il giorno della scelta, un ragazzo aveva
detto di voler diventare esploratore, tutti gli erano scoppiati a ridere in
faccia.
Lui non si era lasciato prendere in giro, spiegando che i
loro oracoli avevano raccontato che un giorno sarebbe arrivato un uomo
dall’Isola che li avrebbe riportati in superficie, e lui lo voleva trovare.
Di nuovo, tutti scoppiarono a ridere. Quella dell’Isolano
era una leggenda antica, e in pochi ormai ricordavano come fosse la superficie.
–Io riporterò il nostro Popolo alla luce!- Urlò il ragazzo lasciando la grotta
sotterranea. Si era tuffato in acqua, aveva superato la cascata, e con fatica
era riuscito ad uscire all’aria.
Per lui non c’era niente di eroico in quel gesto, lo
aveva fatto almeno una decina di volte. “Ma questa sarà l’ultima.” Si disse,
arrampicandosi su alcuni scogli nei pressi della cascata. “Se il mio Popolo non
mi vuole come esploratore, allora non mi avrà del tutto.” Decise, afferrando un
sasso molto pesante e legandolo ad un capo di una corda.
Si rese conto solo allora che stava piangendo. Si fermò
solo quando la corda fu ben legata alla pietra e l’altro capo alla sua
caviglia.
Non sopportava più le prese in giro dei suoi compagni e
di essere lo zimbello di tutto il Popolo Celato. Così era arrivato a fare quel
gesto estremo. –Io non sono uno di voi!- Urlò verso la cascata. –Non lo sarò
mai!!- Con il cuore che gli batteva forte in gola, allungò il collo per
guardare al di là degli scogli, dove aveva intenzione di buttarsi. Rimase
bloccato all’istante.
Poco sotto di lui c’era un uomo, vestito in modo molto
strano, ma l’attenzione del ragazzo era tutta per la sua pelle, molto più scura
di quella di chiunque altro avesse mai visto.
D’istinto estrasse un pugnale a lama corta e tagliò la
corda, poi si tuffò agilmente per raggiungere l’Isolano.
La prima cosa di cui Kay si accorse, fu che aveva freddo.
Stava letteralmente congelando, perché era completamente bagnato, e il luogo in
cui si trovava era umido e freddissimo. Provò a muovere una mano, e con
meraviglia si accorse che il suo corpo rispondeva bene.
Gli venne di nuovo da piangere, perché era sopravvissuto
alle cascate più alte di cui il suo Popolo era a conoscenza, e poteva ancora
salvare la sua famiglia.
Una mano calda prese la sua, e per un attimo pensò alle
mani di sua moglie, dolci e delicate.
Quasi senza accorgersene, Kay batté le palpebre e
lentamente aprì i suoi occhi castani. Sopra di lui era buio: vedeva un po’
sfocato, ma si accorse subito che quello era il soffitto di una caverna. Capì
all’istante il perché di quel freddo.
Subito gli tornarono alla mente i racconti sul Popolo
Celato, che come lui dovevano essere sopravvissuti alle cascate.
Nel suo campo visivo comparve allora un viso ovale, di un
pallore che Kay non aveva mai visto nemmeno a un morto. Capì subito che la mano
che stava stringendo era quella di quello strano ragazzo, e la ritrasse velocemente.
-Sei sveglio, Isolano?- Chiese il ragazzo con uno strano
accento.
Kay sbatté di nuovo le palpebre, e il viso pallido si
ritrasse. –Sì, aiutami ad alzarmi.-
L’altro obbedì circospetto, finché Kay non lanciò un urlo
acuto quando provò a muovere la gamba destra.
-Probabilmente è rotta.- Spiegò il ragazzo. –La forza
della Lacrima dello Splendente è immensa.-
-La che cosa?- Domandò Kay, cercando di ignorare il
dolore.
Il ragazzo si chinò a studiare la gamba di Kay, però non
si dimenticò della domanda. –La Lacrima dello Splendente è come il mio Popolo
chiama la cascata. Perché ci porta i doni del Dio.-
Il ragazzo stese le mani e chiuse gli occhi. Kay non
riusciva a capire cosa stesse facendo, ma gli bastava sapere che il dolore si
stava attenuando, fino a scomparire. Le palme delle mani del ragazzo si
illuminarono di una luce dorata, che si spese lentamente.
Kay rimase sbalordito. Quel ragazzo sapeva usare la magia!
D’istinto avrebbe voluto buttarsi ai suoi piedi e ringraziarlo in tutte le
lingue che conosceva, perché aveva guarito la gamba come nemmeno i migliori
guaritori del suo popolo erano in grado di fare. Avrebbe anche potuto provare a
camminare: in fondo era un Guerriero, e sapeva lottare contro il dolore. –Dove
sono?- Chiese, mentre si permetteva di studiare il suo inusuale salvatore.
Oltre ad essere pallidissimo, il suo corpo aveva altre caratteristiche tipiche
degli abitanti delle grotte sotterranee: era molto basso, come un bambino di
dodici anni, anche se Kay era sicuro che fosse molto più grande, forse dell’età
di sua figlia. Anche se basso, aveva un fisico atletico e agile, e aveva una
discreta muscolatura. Di sicuro anche tra il Popolo Celato si usava allenare i
giovani. I suoi occhi erano più grandi del normale, e brillavano di un verde
accecante, sicuramente capaci di vedere al buio. Aveva poco di umano, anche per
i suoi movimenti a carponi nella grotta.
Kay però non aveva paura di lui, anche se aveva alcuni
coltelli legati al corpo, perché lo aveva guarito. Solo un pazzo avrebbe
salvato il suo nemico per poi ucciderlo.
-Ben arrivato tra il mio Popolo, Isolano.- Rispose a bassa
voce il ragazzo, muovendo il suo codino di lunghi capelli scuri, intrecciati
fittamente con alcuni piccoli sassolini.
-Perché mi chiami così?- Domandò il Guerriero, che odiava
i soprannomi. –Io sono Kay.-
-Perdonami, Kay.- Disse il Celato guardandolo con i suoi
strani occhi verdi. –Ma una leggenda narra della tua venuta qui tra noi Celati.
Tu ci riporterai alla luce.-
Kay rimase sbalordito. Quel ragazzo gli aveva salvato la
vita, ma non sapeva di cosa stesse parlando. –Io ho una missione da compiere in
superficie.- Disse lo stesso. –Come posso fare?-
-Ti porterò io via di qui.- Disse a sua volta il ragazzo.
Kay annuì, cominciando a muoversi.
-Io mi chiamo Reydhan. Nella mia lingua significa: Colui
Che Da Coraggio.- Riferì il Celato con visibile soddisfazione.
-Credo proprio che ne avrò bisogno.- Rispose Kay mesto.