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Autore: Aelle Amazon    17/03/2011    6 recensioni
Con gli occhi rossi, i canini lunghi lei potrebbe sembrare un vampiro.
E lo è.
Ma va a caccia del sangue della sua stessa specie.
"Sentii i canini del mio più acerrimo nemico penetrare nel mio collo.
Urlai e provai a divincolarmi.
Completamente inutile.
E fu tutto buio."
Leggete e commentate se vi ho incuriositi!^^
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo1
Il tempo – immagine mobile dell’eternità
 
Fin dalla più tenera età venni abituata a provare odio verso quegli orribili mostri che erano i vampiri. Venni inoltre abituata alla vista del sangue, non perché lo volessi, ma perché fui costretta: i miei genitori infatti mi dissero con molta schiettezza che se desideravo rimanere nella mia casa natale dovevo seguire le loro regole senza obiettare.
Avevo sette anni e fui educata molto duramente. Più ero incline a mostrare segni di debolezza, più i miei istruttori si comportavano severamente. Così, ogniqualvolta mi facevo male agli allenamenti,imparai a rimanere zitta e buona, senza far vedere agli altri il mio dolore e il mio turbamento. E crebbi, ma se fuori sembravo una normale adolescente, dentro pian piano il mio cuore si congelava. Aria fredda entrava nei miei polmoni e cristalli di ghiaccio ricoprivano sempre più velocemente quel cuore che ad ogni giorno che passava diventava più pesante da portare. Un fardello inutile. Fu questo che pensai quando diventai un vampiro e mi rassegnai all’idea di esserlo.
Ed ora mi ero tramutata nel mio peggio nemico.
 
Nascosta nell’ombra della sera aspettavo.
La mia preda non si sarebbe fatta aspettare a lungo. Tutte le notti ero rimasta ad osservare i suoi movimenti, ero erta che entro pochi minuti sarebbe uscita di casa.
Fissavo la porta bianca con occhi rossi e affamati, segno tangibile del mio appetito. Un aspetto a cui difficilmente ero riuscita ad assuefarmi era appunto questo: la sete di sangue. Con il tempo, però, avevo capito che se non volevo morire di nuovo dovevo cedere a questo bisogno insistente. E così feci.
In quel momento captai stralci di discorsi all’interno dell’abitazione anonima vicino alla quale mi ero appostata. Tutte le parole che sentì riguardavano l’imminente uscita. Udii la madre ricoprire di raccomandazioni la mia preda.
“ Da retta a lei, ragazzo” ridacchiai piano.
Finalmente la porta si aprì e la mia vittima scesele scale e percorse il vialetto senza badare agli strilli della madre che ancora lo seguivano. Non era molto alto, ma la sua corporatura era robusta: evidentemente faceva parte di qualche club sportivo.
Mi alzai badando a non produrre alcun rumore e uscii dal mio nascondiglio, sotto la luce debole della luna. Sapevo bene che uscire allo scoperto all’improvviso lo avrebbe spaventato, quindi finsi di essere sempre stata lì, esposta alla vista di tutti. E su una strada, di sera, l’unica identità fittizia che mi venne in mente di adottare fu quella prostituta.
- Ciao – dissi con voce bassa e sensuale, attirando la sua attenzione.
Il ragazzo sollevò lo sguardo e mi vide mentre mi avvicinavo ancheggiando. Spalancò la bocca e sgranò gli occhi. In quell’attimo credetti di averlo in pugno e sorrisi, soddisfatta.
Ma fu un attimo.
Scorsi a malapena la mia preda aprire il lungo cappotto nero e afferrare alla svelta qualcosa. E ancora meno scorsi quel qualcosa mentre mi veniva lanciato contro. Fu solo quando mi sfiorò i capelli e si conficcò nell’albero alle mie spalle che mi resi conto di cosa si trattava.
Il paletto vibrava nella corteccia e mi apparve più minaccioso che mai.
Rimasi immobile per la paura.
Come diavolo avevo fatto a non accorgermene? Perché non avevo notato questo particolare?Un Cacciatore. Si era nascosto bene,fin troppo.
Purtroppo per me, lui era solo un adolescente e non aveva molta esperienza nel campo: lo si capiva da come aveva mancato il bersaglio. Il suo era stato un gran brutto errore.
Decisi di reagire, se avessi aspettato ancora un po’ avrei rischiato di lasciarci le penne. Quando anche io ero un Cacciatore avevo fatto del detto “ l’attacco è la miglior difesa” il mio motto.
Spiccai un balzo e atterrai esattamente alle sue spalle. Probabilmente il suo sangue era pieno di erba velenosa, ma non per questo volevo rinunciare alla mia cena.
Aprii la bocca e posai i denti sul suo collo. Mi chiedevo come mai non opponesse resistenza. Ma lo scoprii presto.
Un altro paletto mi sfiorò il collo e andò a conficcarsi nel marciapiede. Sentii il ragazzo tirare un sospiro di sollievo.
- Giù le mani da mio figlio, mostro.- sibilò una voce maschie.
Feci appena in tempo ad allontanarmi dal Cacciatore adolescente che un pugnale- finemente lavorato- mi venne lanciato contro.
La madre del ragazzo era accucciata vicino alla porta d’ingresso con un pugnale nella mano destra, mentre con la sinistra stringeva un lungo e appuntito paletto bianco. Trai denti della donna potevo scorgere benissimo il baluginio inquietante di un'altra lama.
Una famiglia di Cacciatori. Bene, bene, bene. La faccenda diventava interessante.
Scoprii i denti e ringhiai come una belva inferocita. In effetti lo ero:avevo appena perso la mia preda.
Mi lanciai prima contro il ragazzo e gli tagliai il collo. Non si accorse di nulla.
“ A volte la Morte non fa soffrire troppo la gente”, pensai.
- Samuel!- la donna gridò e partì al contrattacco.
Con tre lame era in vantaggio, ma non mi diedi per vinta e mi servii di uno stratagemma alquanto deplorevole per i miei standard.
Presi il corpo del figlio e lo usai per ripararmi dai suoi attacchi. L’effetto fu immediato: la donna si fermò e non osò deturpare il cadavere decapitato. Approfittai di questa sua debolezza e le trapassai il cuore con una mano, strappandolo dal petto. Ormai non rimaneva che…una lama affilata mi venne puntata alla gola e presto braccia forti mi circondarono il corpo. Il pugnale cadde a terra.
“Per essere umano è forte” constatai, mentre con poca voglia cercavo di divincolarmi.
- Mio figlio…- singhiozzò- mia moglie…-le sua stretta aumentava sempre di più.
- o uccidere o essere uccisi- sghignazzai. Dopodiché portai le mani ai suoi polsi e li spezzai con un colpo secco, quindi lo morsi sul collo e cominciai a bere. Mi liberai dell’erba velenosa che avrebbe potuto essermi letale facendo uscire dai denti altro veleno. Chiodo scaccia chiodo.
Beh, tralasciando la strage che avevo causato ero riuscita a nutrirmi.
Non m curai di nascondere i corpi. Sapevo che altri Cacciatori avrebbero provveduto al più presto loro stessi a nasconderli non appena fossero venuti a conoscenza di quello che era successo.
Questo significava che avevo all’incirca tre minuti.
Mi affrettai a sparire nell’oscurità. Ora avevo solo quella come amica.
 
Erano stati svelti quella volta. Erano arrivati sulla scena del massacro esattamente due minuti e trentasette secondi dopo che me ne ero andata. Quella sera, a quanto sembrava, era stata una sera di sbagli. Io non amavo sbagliare, ma ero giunta alla conclusione che se volevo conservare un briciolo di umanità dovevo continuare ad errare. Ciò non significava, però, che potevo fare errori in ambito di caccia e il fatto che un’intera famiglia di Cacciatori fosse riuscita a celarsi così bene mi rodeva ancora. Avevo vinto su tutta la linea, ma avevo anche perso.
Una volta entrata nei possedimenti di Sebastian, vampiro centenario e mio protettore da una decina d’anni, rallentai la mia corsa e lasciai che i Guardiani ai margini della foresta mi individuassero.
- Fermo!-gridarono all’unisono- se non riveli la tua identità saremo costretti ad attaccarti!-
 Entrai a passo leggero nel loro campo visivo e, seppur con riluttanza, mi inchinai.
- Rachele, protetta del vostro signore –
Mi riconobbero e mi fecero alzare dal terreno umido. In un atto di gentilezza mi rassettarono i vestiti e mi condussero all’interno della fortezza.
Sebastian era seduto nella sala grande, ormai non più adibita a salotto ma a biblioteca, e leggeva un libro.
- Interessante Socrate, non trovi, cara? – mi disse senza alzare gli occhi dal piccolo volume. Non sapevo come avesse fatto a sentirmi, visto che né l’avevo salutato né avevo fatto alcun rumore, ma in quel momento non mi interessava affatto.
- Se lo dici tu – sbuffai, mettendomi a sedere sulla poltrona accanto alla sua. Era morbida e terribilmente comoda.
Ero stanca e ormai era quasi l’alba. Tra poco mi sarei dovuta ritirare, sarei caduta in un sonno profondo, molto simile alla morte, dal quale mi sarei risvegliata soltanto dopo ore infinite, al tramonto del giorno successivo.
Il sonno dei vampiri era orribile. Per me, che avevo sperimentato notti piene di sogni e di speranze, questo era l’incubo peggiore che avessi mai fatto. Assomigliava tantissimo ad un’anestesia totale: un attimo prima ero sveglia, l’attimo dopo non lo ero più. Era un sonno imposto, non era assolutamente voluto. Ad una certa ora, che corrispondeva sempre al levar del sole, ci si sentiva strani, quasi ubriachi, e gli occhi si facevano pesanti, talmente pesanti che era quasi impossibile tenerli aperti. Solo una grande forza di volontà ci trasportava verso luoghi bui, adatti a noi, e ci impediva di crollare in ginocchio e di addormentarci, deboli ed esposti alla potenza della luce, in un posto sicuro, o quasi. Nonostante avessi molti anni umani, come vampiro ero piuttosto giovane ed ero considerata al pari di una bambina. Perciò mi erano state raccontate delle storie, le stesse storie che i genitori narrano ai propri figli per ammonirli. Un po’ come la favola dell’uomo nero, solo che quelle che mi erano state dette non erano favole, ma ricordi che ogni vampiro più anziano serbava nella propria mente come monito per sé e per gli altri. Erano storie di uccisioni e massacri, vittorie e sconfitte. Molto spesso infatti la nostra razza era stata fatta a pezzi e impalata mentre dormiva. Il sonno ci protegge dal sole, ma non abbiamo altra difesa, quindi il momento del riposo è anche momento di paura.
- La tua caccia è stata deludente? – mi chiese Sebastian alzando gli occhi dal suo libro con sguardo preoccupato – Sei silenziosa – .
Guardai il mio protettore con affetto.- No,è stata molto movimentata –sorrisi.
- Allora qual è il tuo problema?-
- Nessuno – gli risposi – Stavo solo pensando -.
Sebastian chiuse il volume che stava leggendo e lo posò sul tavolino di fronte alla sua poltrona. Si alzò e si diresse verso il camino, osservando il tranquillo movimento delle fiamme.
- A cosa pensavi, mia cara Rachele?-
- Al nostro sonno. Alle storie che mi hai raccontato. Alla morte – dissi senza troppi giri di parole.
Sebastian sospirò e, allontanandosi dal camino, venne verso di me. Mi prese le mani tra le sue e mi tirò in piedi. Lo fissai, senza capire. Mi circondò le spalle con un braccio, stringendomi a sé.
- Rachele – disse a bassa voce – non devi pensare a certe cose –
Rimase zitto per alcuni istanti, quindi mi spinse verso le cripte, dove avremmo dormito.
E fu allora che capii: anche lui era vittima della mia stessa paura. Anche lui temeva la morte.
 
 
 
***Angolo Autrice***
Ehilà! Mi scuso per l’enorme ritardo, ma ho il computer rotto e aggiorno da amiche. Spero che vi possa piacere!
Ringrazio Creatrice_di_Sogni, Nada650, Cry96_ely per aver recensito!
Al prossimo aggiornamento!
Un bacio!
  
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