A Vales,
A Koukla,
A Zack Tartufo,
Perché spesso mi chiedo
se sono davvero meritevole delle loro parole.
Il minimo che io possa fare, è dedicare loro questo capitolo.
Grazie di cuore <3
Un grazie
speciale a Emmahp_7, perché questo capitolo si basa su un’idea che mi ha
gentilmente regalato lei.
Quindi se
vi piace, potete ringraziarla.
Se non vi
piace… bè, prendetevela con lei! ;-)
Scherzi a
parte, mi auguro davvero di aver “trattato bene” un momento così delicato come
questo, bene almeno la metà di quanto sono sicura avrebbe fatto lei.
Il missing moment trattato si
potrebbe benissimo collocare prima del primo capitolo di Horgwarts Express (per
chi l’avesse letta), oppure prima del secondo capitolo di questa raccolta.
Per intenderci, parliamo della
vigilia della partenza di Hermione per Hogwarts.
Lipstick
Lo scricchiolio delle travi
sul pavimento del primo piano della Tana non era mai stato così dannatamente
percepibile. C’erano sempre voci, risate, talvolta grida a coprirlo. Ma ben
presto, le voci si erano affievolite, lasciando man mano il posto al
gracchiante rumore di due pezzi di legno che battono.
Era stato un po’ più udibile
quando Charlie si era trasferito in Romania.
Ancora di più quando Percy era
andato via di casa.
Quando Bill si era sposato ed
era andato a vivere a Villa Conchiglia.
Si era udito ancora e ancora
di più quando Fred li aveva lasciati.
Ma era solo da quella mattina,
che lo scricchiolo aveva avuto un incontestabile dominio nell’aurea silenziosa
che circondava la Tana.
Altre due voci le erano state
sottratte…
Quando Ron mise il piede sulla
trave traballante e quel rumore strisciato raggiunse le sue orecchie, sospirò. Si
passò una mano sulla fronte, stupendosi di quell’innaturale silenzio.
Non c’era nessuno in casa.
George era al negozio.
Harry era andato a prendere
delle scatole a Grimmauld Place.
I suoi si erano fermati a
Diagon Alley a fare la spesa.
C’era solo lui.
Si guardò intorno. Si
potevano contare sulle dita di una mano
le volte in cui lui era stato davvero solo.
Tante volte lo aveva
desiderato; tante volte avrebbe voluto ricavarsi uno spazio per lui e lui
soltanto, un momento di distacco dalla caoticità della sua famiglia, dal peso
che tutti loro, nel bene e nel male, esercitavano sulla sua vita.
Adesso, la cosa che
maggiormente avrebbe desiderato, che avrebbe fatto di tutto pur di avere, era
qualcosa che colmasse il vuoto che quel silenzio creava in lui.
Perché Ron aveva superato,
aveva accettato e sopportato che i suoi fratelli, a poco a poco, andassero via,
che prendessero strade diverse.
Ma ora, si rese conto di non
riuscire a gestire la sua lontananza, di non poterla né accettare, né
sopportare.
Era spaesato.
Confuso.
Quasi non riusciva a
razionalizzare il fatto che ora lei - lei che era diventata un
punto fermo nella sua vita, lei che aveva condiviso con lui gli ultimi
anni, lei che era sempre stata una parte fondamentale della sua vita -
non fosse più lì, insieme a lui.
A riprova di questo, quasi
come se il destino, il fatto o chiunque sia volesse infierire ulteriormente,
Ron portò lo sguardo sulla porta alla sua destra.
Una porta chiusa, una stanza
vuota.
Senza pensarci davvero, lasciò
che le sue gambe lo guidassero. Si soffermò qualche secondo con la mano sul
pomello freddo, prima di decidersi finalmente a girare…
- Miseriaccia! - fu la
prima cosa che disse Ron, una volta che il bagliore di luce che lo aveva
travolto quando aveva aperto la porta si era dissolto, dandogli la possibilità
di avere una visuale completa di quella che, fino a poche ore prima, era la
stanza di sua sorella e in cui ora dominava indisturbato il caos più assoluto.
- Non ti ci mettere
anche tu, ora! - sbottò Hermione, in piedi vicino al letto, con il baule aperto
accanto, prima che lui avesse il tempo di stuzzicarla con un commento
sarcastico - Ho tutto sotto controllo - disse, passandosi una mano trai capelli
che le rimasero scompigliati in ciuffi indisciplinati, con il tono di una
persona che vuole convincere il suo interlocutore riguardo un punto su cui non
crede neanche lei stessa.
- Lo vedo - rispose
Ron, chiudendosi dietro la porta facendosi spazio tra le montagne di libri
accatastati a terra.
Ringraziando
mentalmente il suo equilibrio, schivando le torrette di libri che minacciose
ostacolavano il suo cammino, raggiunse la scrivania - o meglio ciò che rimaneva
di essa, da sotto una montagna di pergamene nuove e intoccate - e si sedette a
cavalcioni sulla sedia, appoggiando il mento sullo schienale.
- Ti serve una mano? -
chiese Ron, guardandola.
- Ho tutto sotto
controllo - ribadì lei, gettando un’occhiata al caos che la circondava,
strofinandosi la bacchetta sulla fronte con l’aria stressata di una persona che
non sa dove mettere le mani.
Entrando, fu avvolto dalla
penombra. Le persiane erano state accostate ed era poca la luce che traspariva
attraverso le tendine gialle.
Senza intoppi, raggiunse la
scrivania e tirò fuori la sedia, senza preoccuparsi di farla strisciare sul
pavimento.
Si sedette, osservando
confuso, il devastante ordine di quella stanza.
Non c’erano più le pergamene.
Né vestiti sparsi ovunque.
Non c’erano libri.
Non c’era la gabbia di
Grattastinchi.
Non c’era lei.
- Credi che sia
essenziale tutto… ehm… questo? - chiese Ron.
Lei parve riscuotersi
dal suo piano-organizzativo- mentale e
lo guardò, come se si fosse appena accorta della sua presenza nella stanza -
Certo - disse, appellando una piccola pila di libri che, ordinatamente, svolazzò
fino al baule.
Ron attese qualche
secondo prima di rendersi effettivamente conto di non riuscire a trattenersi -
Ma tutti questi libri, Hermione? Sei sicura che ti servano tutti?
- Assolutamente -
confermò lei, mentre girava attorno al letto per andare a scegliere un’altra
pila di libri da mettere nel baule - E’ l’anno dei Mago, Ron… ci sono più
materie.
- Sì, ma… Il manuale
degli incantesimi, volume uno? - disse Ron, sarcastico, allungando il collo per
leggere il titolo di un libro che gli era fin troppo familiare.
Lei mascherò un
sorrisetto, colta in fallo - Quello mi serve per ripassare - disse, sulla
difensiva.
- Tralasciando il fatto
che tu, tutti gli Incantesimi di quel libro li sai a memoria da quando avevi
undici anni… - disse, guardandola - Se
dovesse servirti, puoi prenderlo in biblioteca.
Lei schioccò la lingua
e incrociò le labbra - Non sarebbe la stessa cosa, Ronald. Su quello della
biblioteca non ci sono le mie annotazioni.
Ron scosse la testa -
Tu a volte mi preoccupi.
Ron lisciò con un dito la
coperta arancione, lasciandosi avvolgere dalla statica tranquillità di quella
stanza.
Chiuse un momento gli occhi,
inspirò.
Sorrise, quando riuscì
finalmente a captare qualche delicata nota del suo profumo.
Era ancora lì, in quella
stanza.
D’istinto, guardò nuovamente
le finestre, per assicurarsi che fossero chiuse. In quel momento decise che quelle persiane
sarebbero dovute rimanere chiuse finchè lei non fosse tornata.
La stanza doveva rimanere
intrisa del profumo di lei, lo avrebbe dovuto consolare quando la distanza tra
loro sarebbe stata insopportabile, fargli compagnia quando si sarebbe sentito
solo, dargli una prova che adesso c’era davvero lei nella sua vita…
- Secondo me la maggior
parte di questa roba è superflua - sentenziò Ron, dalla sua posizione.
- Se devo stare via un
anno, mi sembra il minimo indispensabile - fu la risposta pragmatica di
Hermione, impegnata a ripiegare delle maglie sul letto.
Ron si alzò dalla sedia
e la raggiunse. Si sdraiò sul letto, a pancia sotto, facendo ben attenzione a
non schiacciare maglie e camicie che Hermione aveva già meticolosamente
ripiegato.
- Sono nove mesi e
quindici giorni circa - puntualizzò Ron, sorreggendosi il viso con una mano -
Non è un anno.
Hermione alzò
leggermente il volto semicoperto dai capelli per guardarlo. Gli fece un sorriso
- Hai ragione.
Ron sospirò,
accarezzando il copriletto giallo. Distrattamente, buttò uno sguardo sui
vestiti che Hermione stava preparando.
- Cosa devi farci con
tutti questi vestiti? - chiese con finta indifferenza, afferrando con due dita
una camicetta blu che non gli sembrava di aver visto mai.
Lei ridacchiò - Sono
vestiti, Ron. Cosa pensi che debba farci?
Ron continuò ad
esaminare quei gruppetti di stoffa - Bè ma ad Hogwarts si porta la divisa -
disse, serio.
Hermione si voltò per
guardarlo; interruppe per qualche secondo ciò che stava facendo ed incrociò le
braccia, mentre un vago sospetto si insinuava lentamente nei suoi pensieri.
- Forse non ti ricordi,
Ron, ma nel tempo libero possiamo indossare anche vestiti normali - disse
pazientemente. Lui continuava a non sembrare convinto.
Schioccò la lingua e
investendo parte di indumenti già attentamente ripiegati, sotto lo sguardo
orripilato di Hermione, si sporse per afferrare con una mano una gonna poggiata
sul bordo del letto - E con questa dove ci devi andare? - le disse, rigirandola
fra le mani, mentre il suo viso assumeva una calda sfumatura porpora - Non ti
pare troppo corta?
Hermione sospirò. Prese
la gonna e la sfilò delicatamente dalle mani di Ron, per lasciarla cadere a fianco
a sé, in un punto non identificato del letto - Questa gonne l’ho messa altre
volte, Ron. E’ lunga quanto quella della divisa - disse, ponendo fine alla
discussione.
O almeno così credeva.
- A me sembra molto più
corta - insistette lui, appoggiando il viso sulle sue mani intrecciate,
completamente sdraiato sul letto a pancia in giù.
Hermione sospirò,
aggiungendo la gonna alla pila delle cose da portare.
- E questo?
Hermione si morse le
labbra e lasciò passare qualche secondo prima di voltarsi verso di lui,
trattenendo il desiderio di cacciarlo via dalla stanza. Quella situazione la
rendeva già abbastanza isterica, senza che ci si mettesse anche lui.
Ma d’altra parte, lei
non lo avrebbe mai cacciato.
La testardaggine, l’insistenza,
la caparbietà erano parte di lui.
E lui era parte di lei.
- Cosa? - disse lei,
vagamente spazientita, alzando lo sguardo dal baule.
Ron teneva in mano un
tubetto rosa, con delle scritte rosse e viola. Glielo stava mostrando,
tenendolo fra le dita, con un’espressione corrucciata e leggermente sospetta.
Hermione guardò il
tubetto, che le era ben familiare, poi tornò con lo sguardo su di lui.
- E allora? - incalzò
Hermione.
Ron strabuzzò gli
occhi, in un’espressione che voleva testimoniare l’ovvietà della situazione.
- A cosa ti serve un
rossetto ad Hogwarts? - disse lui, continuando a guardare il tubetto come se
fosse la prova principale di un grave crimine.
- E’ un balsamo per le
labbra, Ronald - fece Hemione, sorridendo - Non un rossetto.
Ron lo stappò,
avvicinandoselo al naso - Ah, sì? E perché è rosa?
Hermione alzò gli occhi
al cielo - E’ un colore come un altro! Dai, Ron, smettila. E’ un banale burro
cacao! Dammelo.
Ron arrossì, chiudendo
il rossetto nel pugno, guardandola con tono di sfida. Lei, incurante, gli tese
una mano aperta.
- Se è un banale coso-
per- le- labbra come dici tu, allora non ne hai bisogno, no?
- Certo che ne ho
bisogno! - rispose lei, al limite tra il divertito e l’esasperato.
- E per chi dovresti
ammorbidirti le labbra? Sentiamo - fece lui, ingoiando, mentre il rossore delle
guance si spostava fino al collo.
Hermione battè un paio
di volte le palpebre, stizzita da quella velata e ingiusta accusa.
- Ci devo convivere io
con la mia bocca, Ron - disse,
corrugando la fronte e tendendo di nuovo la mano, pretendendo la restituzione
dell’oggetto incriminato.
Ma Ron non fu meno
determinato - E chi me lo dice che non lo userai anche per altro?
- Lo dico io - fece
Hermione, seria.
Non era arrabbiata, Ron
l’aveva capito subito. Era proprio questo ad alimentare la sua insistenza.
Ma era tipico di Ron
tirare la corda fino a farla spezzare.
Non si sarebbe fermato
fino a che l’ultima fibra di quello spago avesse retto.
- E, allora,
dimostramelo - disse lui semplicemente. Aprì la mano, tenderla verso di lei. Il
piccolo tubetto ondeggiava su e giù sul suo palmo - Se è come dici tu, lascialo
qui.
Lei si morse le labbra.
Era una prova quella
che le stava proponendo.
Ron la stava davvero
mettendo alla prova: sapeva che dietro quell’aria noncurante c’era davvero un
timore.
Timore che la distanza
avrebbe indebolito il loro rapporto.
Timore che le cose, che
tanto avevano cercando di aggiustare, sarebbero andate all’aria.
Timore che qualcuno si
mettesse fra loro due.
Era proprio questo che
lui le stava chiedendo. Una conferma che il suo timore fosse soltanto la
controindicazione di un amore più forte di ogni altra cosa.
- No - disse lei, d’improvviso
- Non ho intenzione di cedere a questi giochini, Ronald.
Con sicurezza, afferrò
il tubetto dalle mani di lui e lo gettò nel suo beauty case, chiudendo la
chiusura, mentre sul volto di Ron si abbassava un’ombra di delusione.
Non disse nulla, si
limitò ad incrociare di nuovo le mani, appoggiando il viso sulla coperta
chiara.
Hermione si passò una
mano tra i capelli.
Sapeva che quel momento
sarebbe arrivato.
Sapeva che sarebbe
stato il più difficile.
Salì sul letto in
ginocchio, muovendosi verso di lui. Quando ebbe raggiunto la sua stessa
altezza, si sdraiò al suo fianco, in modo che le loro facce fossero l’una di
fronte l’altra.
A separarli c’erano
pochi centimetri, ma loro due non si toccavano minimamente; né uno sfioramento,
né uno strusciare distratto di vestiti, nulla.
Hermione aspettò che
lui voltasse il viso per guardarla; soltando quando incontrò i suoi occhi
azzurri, parlò:
- Non hai bisogno che
io lo lasci, Ron - disse, semplicemente - Non hai bisogno di prove.
Lui continuò a
guardarla serio, intristito. Nessuno dei due mosse un muscolo per avvicinarli
all’altro - Scusami - disse.
Hermione abbozzò un
mezzo sorriso poco convinto, ma non disse altro.
- Non so se voglio
andare - bisbigliò, ad un certo punto.
Ron rimase impassibile,
in un primo momento. Quelle parole avevano acceso un fuoco dentro di lui.
Da quando avevano preso
quella decisione, da quando lei aveva deciso di andare e lui di restare… da
quel m omento aveva avuto paura di quelle parole.
Ci aveva pensato
migliaia di volte, e ogni volta sperava, pregava che lei non le pronunciasse.
Era terrorizzato da
quelle parole; da quello che significavano… lo spaventavano a morte, perché non
sapeva se lui avrebbe avuto la forza di assecondarla ancora, se mai quelle
parole fossero uscite dalla bocca di Hermione.
“Allora non andare.
Resta con me, Hermione. Non andare via, resta con me. Resta con me”.
Ogni volta che si era
immaginato la scena, questa era l’unica risposta che gli veniva in mente.
Una preghiera, un’implorazione…
così sarebbe suonata. Come una supplica.
Un’imperdonabile e
vergognosa forma di egoismo.
Perché a quel punto lei
avrebbe rimesso in discussione tutto.
La sua decisione di
tornare ad Hogwarts, la sua carriera, i suoi progetti.
E Ron, questo non
glielo avrebbe lasciato fare, per nulla al mondo.
Anche se ciò
significava combattere contro sé stesso.
- Sì, che vuoi andare -
le disse lui, cercando di sorriderle in modo convincente.
Ma lei rimase seria,
persa in quei pochi centimetri che li separavano.
- Non so se voglio
andarci senza di te.
Sospirò, mentre
lentamente muoveva una gamba, per incrociarla con quella di Ron, che senza
indugi, l’accolse fra le sue, più lunghe e muscolose.
- Ne abbiamo parlato -
disse Ron, continuando a guardarla - Sono solo nove mesi.
- E quindici giorni -
puntualizzò lei, senza sorridere.
Ron sospirò - E’ questa
la cosa giusta, Hermione, lo sai. Credi che non preferirei che tu rimessi qui?
- disse, volgendo altrove lo sguardo - Non pensi che odierò Hogwarts,
probabilmente per la prima volta nella mia vita, per… - sentì il nervoso e l’ansia
aumentare. Non riusciva a tollerare quelle pensiero, non poteva concepirlo
neanche con la mente.
- Non mi hai chiesto di
restare - disse lei, tranquilla, il volto schiacciato contro il copriletto e
gli occhi attentamente puntati su di lui.
- Tu non mi hai chiesto
di venire - ribattè lui, incontrando di nuovo il suo sguardo.
Hermione prese un lungo
respiro, quando sentì che Ron aumentava la stretta attorno alla sua gamba.
Strusciando un braccio
sulla coperta, arrivò fino al viso di lui e lentamente avvicinò una mano per
toccarlo in viso, tracciandogli il contorno della mandibola con l’indice.
- Saresti venuto, se te
lo avessi chiesto - disse, a voce bassa, quasi sussurrando, ma erano talmente
vicini che non vi fu alcun problema di comprensione - Ecco perché non l’ho
fatto. So che non vuoi venire.
Ron si lasciò
accarezzare, beandosi di quel tocco che sapeva, gli sarebbe mancato da morire -
E tu saresti rimasta, se lo avessi fatto io. Per questo non te l’ho chiesto.
Si sporse verso di lei…
dapprima lasciò che i loro nasi si sfiorassero, poi si fece ancora più vicino.
- Vedi? - le bisbigliò
sulle labbra - Andiamo d’accordissimo quando non parliamo.
Hermione ridacchiò,
lasciando che le loro bocche si sfiorassero e allontanassero ripetutamente.
- Dobbiamo adottare la
tecnica del “non parlare”, più spesso allora.
- Perspicace, Granger.
Lei sorrise di nuovo. Ma
ben presto, Ron sentì quel sorriso spegnersi, contro le sue labbra.
- E se ti stancassi del
silenzio, Ron?
Fu in quella frase che
Ron ritrovò parte del timore che angosciava anche lui.
Fu in quella frase che
ebbe la conferma che quel timore era assolutamente infondato.
- Sono anni che non c’è
più “silenzio” nella mia testa, Hermione - allungò un braccio per cingerle un
fianco e avvicinarla di più a sé - C’è solo la tua voce. Ci sono i tuoi occhi e
i tuoi gesti. C’è il tuo profumo. E tutto questo fa più rumore di quanto tu
possa… immaginare.
Le posò le labbra sulla
fronte, quasi sollevato del fatto che, in quella posizione, lei non potesse
guardarlo arrossire.
Hermione non disse nulla. Si rannicchiò contro il suo
petto, non riuscendo a spiegare come la malinconia di poco prima potesse essere
stata spazzata via con tale facilità, lasciando il posto ad una felicità che le
toglieva il respiro, che le faceva venire voglia di gridare, di abbracciarlo,
di accarezzarlo, di…
- Ron?
- Mhm?
- Voglio baciarti.
Quando lui le sorrise,
ad Hermione venne quasi voglia di piangere, tanta era la serenità che provava
in quel momento - Niente di più facile.
Un guizzò nello sguardo
sollevato di Ron fu l’ultima cosa che vide prima che i suoi sensi perdessero
per un attimo la connessione con la realtà. La baciò delicatamente, lentamente,
almeno fin quando lei non gli strattonò con forza il collo della camicia, per
avvicinarlo maggiormente a sé.
Ron interpretò quel
gesto come un invito ad abbandonare quei modi delicati con qualcosa che gli era
più consona, più adatta… più loro.
Soltanto quando la sentì
annaspare, decise di darle una tregua.
Fu tentato di chiederle
come mai “solo” dopo quattro o cinque minuti di apnea lei avesse “già” bisogno
di respirare, ma un qualcosa, un pensiero improvviso, gli disse che era meglio
rimandare con le chiacchiere.
Non si preoccupò di
riprendere aria - il profumo di lei che gli pervadeva le narici era il miglior
ossigeno che avesse mai respirato - , troppo impegnato nell’intento di
assecondare la richiesta che poco prima, lei gli aveva fatto.
Le baciò la mandibola,
fino al collo, immergendosi nei suoi capelli, sentendo il lobo di lei premergli
contro la fronte. Le baciò anche quello.
Hermione ridacchiò - Pizzichi.
Ron si discostò quel
tanto che bastava per poterla guardare - Vedrò di farmi trovare ben rasato, la
prossima volta - le disse, sorridendole, mentre le scansava un ciuffo dalla
fronte.
Lei allungò un dito per
sfiorargli la guancia ispida e scosse la testa - No. Non voglio che cambi.
Ron chiuse gli occhi,
baciandole il polpastrello.
Il sole fuori stava per
tramontare: la stanza era circondata da una calda luce giallastra, che
combaciava alla perfezione con le decorazioni della stanza.
- Ci avresti mai
immaginati così, Ron ? - chiese all’improvviso Hermione, sorridendo.
Anche Ron le sorrise a
sua volta, stringendola ancora di più mentre la guardava - Diciamo che ci ho
sperato per… molto, molto tempo… - disse, arrossendo - E tu?
Lei scosse le spalle -
Non lo so.
- Non lo sai? - la
prese in giro lui - Miss- so- tutto- io mi cade su una domanda del genere?
Hermione ridacchiò,
stringendosi contro il suo petto - A volte era troppo difficile sperare.
Lui sospirò,
appoggiando il mento sulla sua testa - Io non ho mai smesso, invece.
- E’ stata solo
questione di tempismo! - sentenziò lei, sicura, alzandosi sui gomiti,
illuminata in viso, come se avesse trovato la soluzione ad un grave problema -
E’ così! D’altra parte, le possibilità che…
- Secondo me è stata
solo colpa di Krum - la interruppe lui, pensoso.
- Lascia perdere Victor
- fece lei, indignata e divertita - Sai che non c’entra niente!
Lui strinse gli occhi
con una smorfia - Ti prego, non chiamarlo “Victor”…
- E’ il suo nome!
- Se lui non ti avesse
invitato al Ballo del Ceppo, lo avrei fatto io. Ti avrei baciato io e ci
saremmo risparmiati un sacco di anni, che invece abbiamo perso!
Lei aprì la bocca due o
tre volte - Avresti potuto invitarmi subito! Invece, hai preferito invitare
Flebo!
- Ah, adesso è tornata
ad essere Flebo? - le chiese lui, con un ghigno.
- Non… - Hermione si
morse le labbra - Non è questo il punto!
- E qual è, allora? -
la stuzzicò lui, trattenendo una risata.
- Se non lo capisci da
solo, non ho alcuna intenzione di spiegartelo io! - brontolò, tornando ad
accucciarsi tra le sue braccia, stizzita.
Ron sorrise.
Non sarebbe finito mai.
I loro battibecchi, il
loro continuo punzecchiarsi, le loro frecciatine.
Il loro perdersi nella
devozione che provavano l’uno verso l’altra, per poi, d’improvviso, naufragare
nelle controversie dei loro battibecchi.
Non sarebbe finito mai.
E Ron in quel momento,
mentre la abbracciava, sentiva di non poter desiderare di meglio.
- Hermione?
- Che c’è?
- Voglio baciarti.
Quando lei gli sorrise,
ne ebbe la conferma.
Non sarebbe finito mai…
Ron sospirò, alzandosi.
Lisciò la coperta con la mano
e rimise la sedia a posto.
Fu solo in quel momento che i
suoi occhi catturarono quell’immagine.
Ancora non del tutto sicuro
che si trattasse di ciò che pensava lui, si avvicinò al comodino.
Sorrise.
Un tubetto rosa era posato in
bilico sulla superficie scura di legno.
Lo afferrò, stringendolo fra
le mani.
Si sentiva sciocco, sì. Si
sentiva sciocco e felice. Si sentiva vivo.
Con poche falcate, raggiunse
la finestra e, dopo un attimo di esitazione, spalancò le ante.
Un’ondata di aria fresca e
pulita invase la stanza, che sembrò riprendere colore.
Chiuse gli occhi, mentre
inspirava. Si concentrò e… lo sentì.
Il suo odore, il suo profumo.
Era ancora lì, nella sua
testa, nel suo naso…
Poteva sentirlo ancora… la
sentiva.
E lo avrebbe fatto, finchè lei
non fosse tornata.
Si avviò verso la porta e gettò
un’ultima occhiata alla stanza, ora pienamente illuminata, prima di
richiudersela alle spalle, stringendo ancora fra le mani il rossetto di
Hermione.
D’altra parte mancavano solo
nove mesi.
E quindici giorni.
- Hermione, dove hai
messo il tuo balsamo per le labbra? - chiese Ginny, cercando nel borsello dell’amica-
Io ho finito il mio.
- Mi dispiace, Ginny.
Non ce l’ho.
- Oh, l’hai perso?
Hermione distolse lo
sguardo dal libro che stava sfogliando e guardò fuori dalla
finestra, verso il parco di Hogwarts, sorridendo - No.
E’ esattamente al suo posto…
Dunque…
scrivere questo capitolo non è stata esattamente una passeggiata.
L’idea di
base c’era, scriverla è stata, però, un tantino più complesso.
Tuttavia,
non posso dire di non essere soddisfatta, insomma! Spero di essere riuscita a
comunicarvi quelli che per me erano i sentimenti controversi che travagliavano
Ron in quel momento.
Come sempre,
sarebbe per me un onore sapere cosa ne pensate!
J
Detto ciò…
vi aspetto al prossimo missing moment!
PS: Ho
notato che siete delle piccole menti diaboliche! Nello scorso capitolo, molti
di voi si aspettavano una reazione negativa da parte di Ron; parecchi sono
rimasti stupiti dalla reazione pacifica che invece gli ho fatto avere io.
Volete
davvero un Ron arrabbiato? ;p