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Autore: TittiGranger    18/03/2011    16 recensioni
- Fino a prova contraria, Ronald, sono io che mi sono fatta un viaggio di otto ore oggi - protestò lei, con la testa praticamente infilata nel baule - Per di più, ora sto anche sistemando tutto questo - disse, riemergendo e alzandosi a fatica, con i capelli stravolti e stringendo tra le braccia un mucchio di pergamene - Mentre tu te ne stai spaparanzato sulla poltrona! - aggiunse, scaraventando le pergamene sul copriletto violaceo del suo baldacchino - Ergo, non sei nella condizione di poter essere stanco!___(Raccolta missing moments).
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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A Vales,

A Vales,

A Koukla,

A Zack Tartufo,

Perché spesso mi chiedo se sono davvero meritevole delle loro parole.

Il minimo che io possa fare, è dedicare loro questo capitolo.

Grazie di cuore <3

 

 

Un grazie speciale a Emmahp_7, perché questo capitolo si basa su un’idea che mi ha gentilmente regalato lei.

Quindi se vi piace, potete ringraziarla.

Se non vi piace… bè, prendetevela con lei! ;-)

Scherzi a parte, mi auguro davvero di aver “trattato bene” un momento così delicato come questo, bene almeno la metà di quanto sono sicura avrebbe fatto lei.

 

 

 

Il missing moment trattato si potrebbe benissimo collocare prima del primo capitolo di Horgwarts Express (per chi l’avesse letta), oppure prima del secondo capitolo di questa raccolta.

Per intenderci, parliamo della vigilia della partenza di Hermione per Hogwarts.

 

 

Lipstick

 

 

Lo scricchiolio delle travi sul pavimento del primo piano della Tana non era mai stato così dannatamente percepibile. C’erano sempre voci, risate, talvolta grida a coprirlo. Ma ben presto, le voci si erano affievolite, lasciando man mano il posto al gracchiante rumore di due pezzi di legno che battono.

Era stato un po’ più udibile quando Charlie si era trasferito in Romania.

Ancora di più quando Percy era andato via di casa.

Quando Bill si era sposato ed era andato a vivere a Villa Conchiglia.

Si era udito ancora e ancora di più quando Fred li aveva lasciati.

Ma era solo da quella mattina, che lo scricchiolo aveva avuto un incontestabile dominio nell’aurea silenziosa che circondava la Tana.

Altre due voci le erano state sottratte…

 

Quando Ron mise il piede sulla trave traballante e quel rumore strisciato raggiunse le sue orecchie, sospirò. Si passò una mano sulla fronte, stupendosi di quell’innaturale silenzio.

Non c’era nessuno in casa.

George era al negozio.

Harry era andato a prendere delle scatole a Grimmauld Place.

I suoi si erano fermati a Diagon Alley a fare la spesa.

C’era solo lui.

Si guardò intorno. Si potevano  contare sulle dita di una mano le volte in cui lui era stato davvero solo.

Tante volte lo aveva desiderato; tante volte avrebbe voluto ricavarsi uno spazio per lui e lui soltanto, un momento di distacco dalla caoticità della sua famiglia, dal peso che tutti loro, nel bene e nel male, esercitavano sulla sua vita.

Adesso, la cosa che maggiormente avrebbe desiderato, che avrebbe fatto di tutto pur di avere, era qualcosa che colmasse il vuoto che quel silenzio creava in lui.

Perché Ron aveva superato, aveva accettato e sopportato che i suoi fratelli, a poco a poco, andassero via, che prendessero strade diverse.

Ma ora, si rese conto di non riuscire a gestire la sua lontananza, di non poterla né accettare, né sopportare.

Era spaesato.

Confuso.

Quasi non riusciva a razionalizzare il fatto che ora lei - lei che era diventata un punto fermo nella sua vita, lei che aveva condiviso con lui gli ultimi anni, lei che era sempre stata una parte fondamentale della sua vita - non fosse più lì, insieme a lui.

A riprova di questo, quasi come se il destino, il fatto o chiunque sia volesse infierire ulteriormente, Ron portò lo sguardo sulla porta alla sua destra.

Una porta chiusa, una stanza vuota.

Senza pensarci davvero, lasciò che le sue gambe lo guidassero. Si soffermò qualche secondo con la mano sul pomello freddo, prima di decidersi finalmente a girare…

 

- Miseriaccia! - fu la prima cosa che disse Ron, una volta che il bagliore di luce che lo aveva travolto quando aveva aperto la porta si era dissolto, dandogli la possibilità di avere una visuale completa di quella che, fino a poche ore prima, era la stanza di sua sorella e in cui ora dominava indisturbato il caos più assoluto.

- Non ti ci mettere anche tu, ora! - sbottò Hermione, in piedi vicino al letto, con il baule aperto accanto, prima che lui avesse il tempo di stuzzicarla con un commento sarcastico - Ho tutto sotto controllo - disse, passandosi una mano trai capelli che le rimasero scompigliati in ciuffi indisciplinati, con il tono di una persona che vuole convincere il suo interlocutore riguardo un punto su cui non crede neanche lei stessa.

- Lo vedo - rispose Ron, chiudendosi dietro la porta facendosi spazio tra le montagne di libri accatastati a terra.

Ringraziando mentalmente il suo equilibrio, schivando le torrette di libri che minacciose ostacolavano il suo cammino, raggiunse la scrivania - o meglio ciò che rimaneva di essa, da sotto una montagna di pergamene nuove e intoccate - e si sedette a cavalcioni sulla sedia, appoggiando il mento sullo schienale.

- Ti serve una mano? - chiese Ron, guardandola.

- Ho tutto sotto controllo - ribadì lei, gettando un’occhiata al caos che la circondava, strofinandosi la bacchetta sulla fronte con l’aria stressata di una persona che non sa dove mettere le mani.

 

Entrando, fu avvolto dalla penombra. Le persiane erano state accostate ed era poca la luce che traspariva attraverso le tendine gialle.

Senza intoppi, raggiunse la scrivania e tirò fuori la sedia, senza preoccuparsi di farla strisciare sul pavimento.

Si sedette, osservando confuso, il devastante ordine di quella stanza.

Non c’erano più le pergamene.

Né vestiti sparsi ovunque.

Non c’erano libri.

Non c’era la gabbia di Grattastinchi.

Non c’era lei.

 

- Credi che sia essenziale tutto… ehm… questo? - chiese Ron.

Lei parve riscuotersi dal  suo piano-organizzativo- mentale e lo guardò, come se si fosse appena accorta della sua presenza nella stanza - Certo - disse, appellando una piccola pila di libri che, ordinatamente, svolazzò fino al baule.

Ron attese qualche secondo prima di rendersi effettivamente conto di non riuscire a trattenersi - Ma tutti questi libri, Hermione? Sei sicura che ti servano tutti?

- Assolutamente - confermò lei, mentre girava attorno al letto per andare a scegliere un’altra pila di libri da mettere nel baule - E’ l’anno dei Mago, Ron… ci sono più materie.

- Sì, ma… Il manuale degli incantesimi, volume uno? - disse Ron, sarcastico, allungando il collo per leggere il titolo di un libro che gli era fin troppo familiare.

Lei mascherò un sorrisetto, colta in fallo - Quello mi serve per ripassare - disse, sulla difensiva.

- Tralasciando il fatto che tu, tutti gli Incantesimi di quel libro li sai a memoria da quando avevi undici anni… - disse, guardandola -  Se dovesse servirti, puoi prenderlo in biblioteca.

Lei schioccò la lingua e incrociò le labbra - Non sarebbe la stessa cosa, Ronald. Su quello della biblioteca non ci sono le mie annotazioni.

Ron scosse la testa - Tu a volte mi preoccupi.

 

Ron lisciò con un dito la coperta arancione, lasciandosi avvolgere dalla statica tranquillità di quella stanza.

Chiuse un momento gli occhi, inspirò.

Sorrise, quando riuscì finalmente a captare qualche delicata nota del suo profumo.

Era ancora lì, in quella stanza.

D’istinto, guardò nuovamente le finestre, per assicurarsi che fossero chiuse.  In quel momento decise che quelle persiane sarebbero dovute rimanere chiuse finchè lei non fosse tornata.

La stanza doveva rimanere intrisa del profumo di lei, lo avrebbe dovuto consolare quando la distanza tra loro sarebbe stata insopportabile, fargli compagnia quando si sarebbe sentito solo, dargli una prova che adesso c’era davvero lei nella sua vita…

 

- Secondo me la maggior parte di questa roba è superflua - sentenziò Ron, dalla sua posizione.

- Se devo stare via un anno, mi sembra il minimo indispensabile - fu la risposta pragmatica di Hermione, impegnata a ripiegare delle maglie sul letto.

Ron si alzò dalla sedia e la raggiunse. Si sdraiò sul letto, a pancia sotto, facendo ben attenzione a non schiacciare maglie e camicie che Hermione aveva già meticolosamente ripiegato.

- Sono nove mesi e quindici giorni circa - puntualizzò Ron, sorreggendosi il viso con una mano - Non è un anno.

Hermione alzò leggermente il volto semicoperto dai capelli per guardarlo. Gli fece un sorriso - Hai ragione.

Ron sospirò, accarezzando il copriletto giallo. Distrattamente, buttò uno sguardo sui vestiti che Hermione stava preparando.

- Cosa devi farci con tutti questi vestiti? - chiese con finta indifferenza, afferrando con due dita una camicetta blu che non gli sembrava di aver visto mai.

Lei ridacchiò - Sono vestiti, Ron. Cosa pensi che debba farci?

Ron continuò ad esaminare quei gruppetti di stoffa - Bè ma ad Hogwarts si porta la divisa - disse, serio.

Hermione si voltò per guardarlo; interruppe per qualche secondo ciò che stava facendo ed incrociò le braccia, mentre un vago sospetto si insinuava lentamente nei suoi pensieri.

- Forse non ti ricordi, Ron, ma nel tempo libero possiamo indossare anche vestiti normali - disse pazientemente. Lui continuava a non sembrare convinto.

Schioccò la lingua e investendo parte di indumenti già attentamente ripiegati, sotto lo sguardo orripilato di Hermione, si sporse per afferrare con una mano una gonna poggiata sul bordo del letto - E con questa dove ci devi andare? - le disse, rigirandola fra le mani, mentre il suo viso assumeva una calda sfumatura porpora - Non ti pare troppo corta?

Hermione sospirò. Prese la gonna e la sfilò delicatamente dalle mani di Ron, per lasciarla cadere a fianco a sé, in un punto non identificato del letto - Questa gonne l’ho messa altre volte, Ron. E’ lunga quanto quella della divisa - disse, ponendo fine alla discussione.

O almeno così credeva.

- A me sembra molto più corta - insistette lui, appoggiando il viso sulle sue mani intrecciate, completamente sdraiato sul letto a pancia in giù.

Hermione sospirò, aggiungendo la gonna alla pila delle cose da portare.

- E questo?

Hermione si morse le labbra e lasciò passare qualche secondo prima di voltarsi verso di lui, trattenendo il desiderio di cacciarlo via dalla stanza. Quella situazione la rendeva già abbastanza isterica, senza che ci si mettesse anche lui.

Ma d’altra parte, lei non lo avrebbe mai cacciato.

La testardaggine, l’insistenza, la caparbietà erano parte di lui.

E lui era parte di lei.

- Cosa? - disse lei, vagamente spazientita, alzando lo sguardo dal baule.

Ron teneva in mano un tubetto rosa, con delle scritte rosse e viola. Glielo stava mostrando, tenendolo fra le dita, con un’espressione corrucciata e leggermente sospetta.

Hermione guardò il tubetto, che le era ben familiare, poi tornò con lo sguardo su di lui.

- E allora? - incalzò Hermione.

Ron strabuzzò gli occhi, in un’espressione che voleva testimoniare l’ovvietà della situazione.

- A cosa ti serve un rossetto ad Hogwarts? - disse lui, continuando a guardare il tubetto come se fosse la prova principale di un grave crimine.

- E’ un balsamo per le labbra, Ronald - fece Hemione, sorridendo - Non un rossetto.

Ron lo stappò, avvicinandoselo al naso - Ah, sì? E perché è rosa?

Hermione alzò gli occhi al cielo - E’ un colore come un altro! Dai, Ron, smettila. E’ un banale burro cacao! Dammelo.

Ron arrossì, chiudendo il rossetto nel pugno, guardandola con tono di sfida. Lei, incurante, gli tese una mano aperta.

- Se è un banale coso- per- le- labbra come dici tu, allora non ne hai bisogno, no?

- Certo che ne ho bisogno! - rispose lei, al limite tra il divertito e l’esasperato.

- E per chi dovresti ammorbidirti le labbra? Sentiamo - fece lui, ingoiando, mentre il rossore delle guance si spostava fino al collo.

Hermione battè un paio di volte le palpebre, stizzita da quella velata e ingiusta accusa.

- Ci devo convivere io con  la mia bocca, Ron - disse, corrugando la fronte e tendendo di nuovo la mano, pretendendo la restituzione dell’oggetto incriminato.

Ma Ron non fu meno determinato - E chi me lo dice che non lo userai anche per altro?

- Lo dico io - fece Hermione, seria.

Non era arrabbiata, Ron l’aveva capito subito. Era proprio questo ad alimentare la sua insistenza.

Ma era tipico di Ron tirare la corda fino a farla spezzare.

Non si sarebbe fermato fino a che l’ultima fibra di quello spago avesse retto.

- E, allora, dimostramelo - disse lui semplicemente. Aprì la mano, tenderla verso di lei. Il piccolo tubetto ondeggiava su e giù sul suo palmo - Se è come dici tu, lascialo qui.

Lei si morse le labbra.

Era una prova quella che le stava proponendo.

Ron la stava davvero mettendo alla prova: sapeva che dietro quell’aria noncurante c’era davvero un timore.

Timore che la distanza avrebbe indebolito il loro rapporto.

Timore che le cose, che tanto avevano cercando di aggiustare, sarebbero andate all’aria.

Timore che qualcuno si mettesse fra loro due.

Era proprio questo che lui le stava chiedendo. Una conferma che il suo timore fosse soltanto la controindicazione di un amore più forte di ogni altra cosa.

 

- No - disse lei, d’improvviso - Non ho intenzione di cedere a questi giochini, Ronald.

Con sicurezza, afferrò il tubetto dalle mani di lui e lo gettò nel suo beauty case, chiudendo la chiusura, mentre sul volto di Ron si abbassava un’ombra di delusione.

Non disse nulla, si limitò ad incrociare di nuovo le mani, appoggiando il viso sulla coperta chiara.

Hermione si passò una mano tra i capelli.

Sapeva che quel momento sarebbe arrivato.

Sapeva che sarebbe stato il più difficile.

Salì sul letto in ginocchio, muovendosi verso di lui. Quando ebbe raggiunto la sua stessa altezza, si sdraiò al suo fianco, in modo che le loro facce fossero l’una di fronte l’altra.

A separarli c’erano pochi centimetri, ma loro due non si toccavano minimamente; né uno sfioramento, né uno strusciare distratto di vestiti, nulla.

Hermione aspettò che lui voltasse il viso per guardarla; soltando quando incontrò i suoi occhi azzurri, parlò:

- Non hai bisogno che io lo lasci, Ron - disse, semplicemente - Non hai bisogno di prove.

Lui continuò a guardarla serio, intristito. Nessuno dei due mosse un muscolo per avvicinarli all’altro - Scusami - disse.

Hermione abbozzò un mezzo sorriso poco convinto, ma non disse altro.

- Non so se voglio andare - bisbigliò, ad un certo punto.

Ron rimase impassibile, in un primo momento. Quelle parole avevano acceso un fuoco dentro di lui.

Da quando avevano preso quella decisione, da quando lei aveva deciso di andare e lui di restare… da quel m omento aveva avuto paura di quelle parole.

Ci aveva pensato migliaia di volte, e ogni volta sperava, pregava che lei non le pronunciasse.

Era terrorizzato da quelle parole; da quello che significavano… lo spaventavano a morte, perché non sapeva se lui avrebbe avuto la forza di assecondarla ancora, se mai quelle parole fossero uscite dalla bocca di Hermione.

 

“Allora non andare. Resta con me, Hermione. Non andare via, resta con me. Resta con me”.

 

Ogni volta che si era immaginato la scena, questa era l’unica risposta che gli veniva in mente.

Una preghiera, un’implorazione… così sarebbe suonata. Come una supplica.

Un’imperdonabile e vergognosa forma di egoismo.

Perché a quel punto lei avrebbe rimesso in discussione tutto.

La sua decisione di tornare ad Hogwarts, la sua carriera, i suoi progetti.

E Ron, questo non glielo avrebbe lasciato fare, per nulla al mondo.

Anche se ciò significava combattere contro sé stesso.

- Sì, che vuoi andare - le disse lui, cercando di sorriderle in modo convincente.

Ma lei rimase seria, persa in quei pochi centimetri che li separavano.

- Non so se voglio andarci senza di te.

Sospirò, mentre lentamente muoveva una gamba, per incrociarla con quella di Ron, che senza indugi, l’accolse fra le sue, più lunghe e muscolose.

- Ne abbiamo parlato - disse Ron, continuando a guardarla - Sono solo nove mesi.

- E quindici giorni - puntualizzò lei, senza sorridere.

 

Ron sospirò - E’ questa la cosa giusta, Hermione, lo sai. Credi che non preferirei che tu rimessi qui? - disse, volgendo altrove lo sguardo - Non pensi che odierò Hogwarts, probabilmente per la prima volta nella mia vita, per… - sentì il nervoso e l’ansia aumentare. Non riusciva a tollerare quelle pensiero, non poteva concepirlo neanche con la mente.

- Non mi hai chiesto di restare - disse lei, tranquilla, il volto schiacciato contro il copriletto e gli occhi attentamente puntati su di lui.

- Tu non mi hai chiesto di venire - ribattè lui, incontrando di nuovo il suo sguardo.

Hermione prese un lungo respiro, quando sentì che Ron aumentava la stretta attorno alla sua gamba.

Strusciando un braccio sulla coperta, arrivò fino al viso di lui e lentamente avvicinò una mano per toccarlo in viso, tracciandogli il contorno della mandibola con l’indice.

- Saresti venuto, se te lo avessi chiesto - disse, a voce bassa, quasi sussurrando, ma erano talmente vicini che non vi fu alcun problema di comprensione - Ecco perché non l’ho fatto. So che non vuoi venire.

Ron si lasciò accarezzare, beandosi di quel tocco che sapeva, gli sarebbe mancato da morire - E tu saresti rimasta, se lo avessi fatto io. Per questo non te l’ho chiesto.

Si sporse verso di lei… dapprima lasciò che i loro nasi si sfiorassero, poi si fece ancora più vicino.

- Vedi? - le bisbigliò sulle labbra - Andiamo d’accordissimo quando non parliamo.

Hermione ridacchiò, lasciando che le loro bocche si sfiorassero e allontanassero ripetutamente.

- Dobbiamo adottare la tecnica del “non parlare”, più spesso allora.

- Perspicace, Granger.

Lei sorrise di nuovo. Ma ben presto, Ron sentì quel sorriso spegnersi, contro le sue labbra.

- E se ti stancassi del silenzio, Ron?

Fu in quella frase che Ron ritrovò parte del timore che angosciava anche lui.

Fu in quella frase che ebbe la conferma che quel timore era assolutamente infondato.

- Sono anni che non c’è più “silenzio” nella mia testa, Hermione - allungò un braccio per cingerle un fianco e avvicinarla di più a sé - C’è solo la tua voce. Ci sono i tuoi occhi e i tuoi gesti. C’è il tuo profumo. E tutto questo fa più rumore di quanto tu possa… immaginare.

Le posò le labbra sulla fronte, quasi sollevato del fatto che, in quella posizione, lei non potesse guardarlo arrossire.

Hermione non  disse nulla. Si rannicchiò contro il suo petto, non riuscendo a spiegare come la malinconia di poco prima potesse essere stata spazzata via con tale facilità, lasciando il posto ad una felicità che le toglieva il respiro, che le faceva venire voglia di gridare, di abbracciarlo, di accarezzarlo, di…

- Ron?

- Mhm?

- Voglio baciarti.

Quando lui le sorrise, ad Hermione venne quasi voglia di piangere, tanta era la serenità che provava in quel momento - Niente di più facile.

Un guizzò nello sguardo sollevato di Ron fu l’ultima cosa che vide prima che i suoi sensi perdessero per un attimo la connessione con la realtà. La baciò delicatamente, lentamente, almeno fin quando lei non gli strattonò con forza il collo della camicia, per avvicinarlo maggiormente a sé.

Ron interpretò quel gesto come un invito ad abbandonare quei modi delicati con qualcosa che gli era più consona, più adatta… più loro.

Soltanto quando la sentì annaspare, decise di darle una tregua.

Fu tentato di chiederle come mai “solo” dopo quattro o cinque minuti di apnea lei avesse “già” bisogno di respirare, ma un qualcosa, un pensiero improvviso, gli disse che era meglio rimandare con le chiacchiere.

Non si preoccupò di riprendere aria - il profumo di lei che gli pervadeva le narici era il miglior ossigeno che avesse mai respirato - , troppo impegnato nell’intento di assecondare la richiesta che poco prima, lei gli aveva fatto.

Le baciò la mandibola, fino al collo, immergendosi nei suoi capelli, sentendo il lobo di lei premergli contro la fronte. Le baciò anche quello.

Hermione ridacchiò  - Pizzichi.

Ron si discostò quel tanto che bastava per poterla guardare - Vedrò di farmi trovare ben rasato, la prossima volta - le disse, sorridendole, mentre le scansava un ciuffo dalla fronte.

Lei allungò un dito per sfiorargli la guancia ispida e scosse la testa - No. Non voglio che cambi.

Ron chiuse gli occhi, baciandole il polpastrello.

Il sole fuori stava per tramontare: la stanza era circondata da una calda luce giallastra, che combaciava alla perfezione con le decorazioni della stanza.

- Ci avresti mai immaginati così, Ron ? - chiese all’improvviso Hermione, sorridendo.

Anche Ron le sorrise a sua volta, stringendola ancora di più mentre la guardava - Diciamo che ci ho sperato per… molto, molto tempo… - disse, arrossendo - E tu?

Lei scosse le spalle - Non lo so.

- Non lo sai? - la prese in giro lui - Miss- so- tutto- io mi cade su una domanda del genere?

Hermione ridacchiò, stringendosi contro il suo petto - A volte era troppo difficile sperare.

Lui sospirò, appoggiando il mento sulla sua testa - Io non ho mai smesso, invece.

- E’ stata solo questione di tempismo! - sentenziò lei, sicura, alzandosi sui gomiti, illuminata in viso, come se avesse trovato la soluzione ad un grave problema - E’ così! D’altra parte, le possibilità che…

- Secondo me è stata solo colpa di Krum - la interruppe lui, pensoso.

- Lascia perdere Victor - fece lei, indignata e divertita - Sai che non c’entra niente!

Lui strinse gli occhi con una smorfia - Ti prego, non chiamarlo “Victor”…

- E’ il suo nome!

- Se lui non ti avesse invitato al Ballo del Ceppo, lo avrei fatto io. Ti avrei baciato io e ci saremmo risparmiati un sacco di anni, che invece abbiamo perso!

Lei aprì la bocca due o tre volte - Avresti potuto invitarmi subito! Invece, hai preferito invitare Flebo!

- Ah, adesso è tornata ad essere Flebo? - le chiese lui, con un ghigno.

- Non… - Hermione si morse le labbra - Non è questo il punto!

- E qual è, allora? - la stuzzicò lui, trattenendo una risata.

- Se non lo capisci da solo, non ho alcuna intenzione di spiegartelo io! - brontolò, tornando ad accucciarsi tra le sue braccia, stizzita.

Ron sorrise.

Non sarebbe finito mai.

I loro battibecchi, il loro continuo punzecchiarsi, le loro frecciatine.

Il loro perdersi nella devozione che provavano l’uno verso l’altra, per poi, d’improvviso, naufragare nelle controversie dei loro battibecchi.

Non sarebbe finito mai.

E Ron in quel momento, mentre la abbracciava, sentiva di non poter desiderare di meglio.

- Hermione?

- Che c’è?

- Voglio baciarti.

Quando lei gli sorrise, ne ebbe la conferma.

Non sarebbe finito mai…

 

 

Ron sospirò, alzandosi.

Lisciò la coperta con la mano e rimise la sedia a posto.

Fu solo in quel momento che i suoi occhi catturarono quell’immagine.

Ancora non del tutto sicuro che si trattasse di ciò che pensava lui, si avvicinò al comodino.

Sorrise.

Un tubetto rosa era posato in bilico sulla superficie scura di legno.

Lo afferrò, stringendolo fra le mani.

Si sentiva sciocco, sì. Si sentiva sciocco e felice. Si sentiva vivo.

Con poche falcate, raggiunse la finestra e, dopo un attimo di esitazione, spalancò le ante.

Un’ondata di aria fresca e pulita invase la stanza, che sembrò riprendere colore.

Chiuse gli occhi, mentre inspirava. Si concentrò e… lo sentì.

Il suo odore, il suo profumo.

Era ancora lì, nella sua testa, nel suo naso…

Poteva sentirlo ancora… la sentiva.

E lo avrebbe fatto, finchè lei non fosse tornata.

Si avviò verso la porta e gettò un’ultima occhiata alla stanza, ora pienamente illuminata, prima di richiudersela alle spalle, stringendo ancora fra le mani il rossetto di Hermione.

D’altra parte mancavano solo nove mesi.

E quindici giorni.

 

 

 

 

 

- Hermione, dove hai messo il tuo balsamo per le labbra? - chiese Ginny, cercando nel borsello dell’amica- Io ho finito il mio.

- Mi dispiace, Ginny. Non ce l’ho.

- Oh, l’hai perso?

Hermione distolse lo sguardo dal libro che stava sfogliando e guardò fuori dalla finestra, verso il parco di Hogwarts, sorridendo - No. E’ esattamente al suo posto…

 

 

 

 

 

Dunque… scrivere questo capitolo non è stata esattamente una passeggiata.

L’idea di base c’era, scriverla è stata, però, un tantino più complesso.

Tuttavia, non posso dire di non essere soddisfatta, insomma! Spero di essere riuscita a comunicarvi quelli che per me erano i sentimenti controversi che travagliavano Ron in quel momento.

 

Come sempre, sarebbe per me un onore sapere cosa ne pensate! J

Detto ciò… vi aspetto al prossimo missing moment!

 

PS: Ho notato che siete delle piccole menti diaboliche! Nello scorso capitolo, molti di voi si aspettavano una reazione negativa da parte di Ron; parecchi sono rimasti stupiti dalla reazione pacifica che invece gli ho fatto avere io.

Volete davvero un Ron arrabbiato? ;p

 

   
 
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