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Autore: suzako    22/01/2006    5 recensioni
"...E anche noi, come questo sole che sanguina, morire e risorgeremo, come l'immortale fenice. Per sempre" [STORIA CONCLUSA]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cho Chang, Ron Weasley | Coppie: Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hermione continuò a urlare, come accecata.
Non vedeva più nulla, non sentiva più nulla, non aveva più nulla.
Aveva cercato, aveva sofferto e amato, e adesso aveva perso tutto.
Aveva perso tutto.
Con Harry, aveva perso sé stessa.
Si accasciò al suolo, tremando violentemente, senza più un barlume di ragione, senza volerlo avere, crogiolandosi nella follia, perché sapeva che la sua razionalità l’avrebbe ferita ulteriormente.
Aveva calcolato tutto, aveva prestato attenzione ad ogni segnale, aveva cercato…. Aveva tanto cercato, pensò continuando a singhiozzare, eppure, eppure non era servito a niente.
Lei stessa era stata la causa di tutto ciò.
Un lampo di ulteriore follia.
Aveva bisogno della bacchetta. La sua bacchetta.

Arrancò nel buio, avanzando a tentoni, con gli occhi fuori dalle orbite, le lacrime che uscivano quasi a volergli sfondare le palpebre, con ogni fibra del suo essere che sembrava essere sotto la maledizione cruciatus.
Non voleva vedere oltre.
Non voleva affrontare altre prove.
Non volevo combattere, non voleva gridare.
Non voleva vivere.
Con gli occhi ancora puntati sul corpo di Harry che giaceva a pochi passi da lei, continuò a strascicare le mani, graffiandosi ogni tanto il volto, mormorando frasi sconnesse.
Lui aveva occhi chiusi, le braccia lungo i fianchi, la bocca socchiusa con un rivolo di sangue…
Hermione si lasciò andare completamente al proprio dolore.
Erano lontane le risate, gli anni ad Hogwarts e le mattine di sole e l’odore della neve fresca gli occhi gialli di Edvige l’odore di pergameno il salotto di casa l’odore del tè che pervade la cucina e i sorrisi e… e…
Come se non li avesse mai vissuti.
Non ricordava le parole
<< Noi tre possiamo farcela… >>
Non erano più loro tre. Non erano più nulla.
<< Si può trovare la luce anche negli attimi più bui >>
Non voglio vedere la luce. Non voglio vedere più niente.
<< Ricordate… ricordate un ragazzo che è sempre stato gentile e buono, nei momenti più infelici, quando dovrete decidere tra ciò che è facile e ciò che è giusto… ciò che è giusto.. giusto… >>
Non lo sapeva. Cos’era facile, cos’era sbagliato. Gli echi di giornate lontani si offuscarono, le voci si placarono.
La bacchetta.
Gli serviva una bacchetta.
Solo pochi secondi, e tutto sarebbe finito.
Aveva forza magica necessaria.
Pochi secondi.
Una bacchetta.
Nient’altro, poi sarebbero stati di nuovo insieme forse.
O più semplicemente, avrebbe dimenticato tutti, si sarebbe cullata nell’oblìo.
O nel terrore più oscuro.
Tutto sembrava migliore, piuttosto che la realtà.
Inaspettatamente, la sua mano toccò qualcosa. Qualcosa di liscio e levigato sotto la pelle, qualcosa che era una bacchetta. Una bacchetta di legno scuro, quasi nero. A tenerla fra le mani sembrava quasi scottasse.
Quella non era la sua bacchetta, non era quella di Harry, avrebbe dovuto capirlo, avrebbe dovuto…
Hermione la razionale, la lucida, Hermione la ragazza-risposta-pronta, l’avrebbe notato.
Ma lei no.
Aveva una bacchette, era tutto ciò che le serviva. Guardò a lungo il ragazzo disteso di fianco a lei, non poté resistere alla tentazione di sfiorargli con le dite la fronte, le palpebre chiuse, i capelli scomposti. Il suo corpo ghiacciato.
Ma aveva già deciso.


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Le grida iniziali di Hermione avevano raggiunto le orecchie di Ron, facendolo sobbalzare e risvegliandolo da quella trance che lo aveva preso alla vista di Cho.
Si staccò subito da lei, guardandosi intorno allarmato. Si era completamente dimenticato di Hermione. Era rimasti lì, come un idiota, senza preoccuparsi di lei, era così sconvolta, l’aveva vista, come tremava…
Stava urlando, sicuramente era lei. Sentiva il suo dolore. Sentiva che c’era qualcosa di sbagliato, lì.
Un’improvvisa sensazione di angoscia si impossessò di lui.
La stanza era buia, completamente buia. Vedeva solo il proprio corpo, come illuminato da un debole chiarore dall’interno. Poi c’era Cho Chang, ancora inginocchiata per terra, ma che lo fissava, senza più lacrime, completamente inespressiva, con gli occhi grigi spalancati e la pelle surrealmente bianca. La trovò inquietante, e arretrò di qualche passo, rischiando di cadere.
Improvvisamente, un lampo gli attraversò la mente. Le strappò la bacchetta di mano, bruscamente.

<< Prior Incantato! >>, gridò. Un sottile fumo argentato rivelò i suoi sospetti veri.

Uno schiantesimo. Lo sapeva.

Lei intanto non mostrò paura, non mostrò sorpresa. Stava lì, inerme, fissandolo con insistenza. Anche Ron ricambiò lo sguardo, solo pochi attimi, solo un’eternità.
E infine lei parlò.

<< Vai da lei, ora. Non è troppo tardi, forse. Io non resisterò a lungo… Tu… vai… E digli… -
La sua voce inizialmente ferma, tradì un singhiozzo - … digli di perdonarmi, se può. >>.

Cho sorrise un’ultima volta, un sorriso pallido e sfocato, che svanì completamente insieme a lei, mentre veniva inglobata dall’oscurità. Ron era sicura di aver visto una lacrima scivolarle lungo il viso. Una lacrima sincera, questa volta.

<< NO! Cho! Cosa succede?? CHO! >>, gridò con tutto il fiato che aveva in corpo.

Si guardò intorno, disperato. Era scomparsa. Non c’era più nessuno di fianco a lui, e la cosa più spaventosa, pensò Ron, era che era come se non ci fosse mai stata. Lui stesso incominciò a temere che fosse stata tutta un’illusione.
Era… era la fidanzata di Harry. No, sua moglie. L’aveva ferito, li aveva ingannati, e negli anni a Hogwarts Cho non le era mai piaciuta, niente affatto, in fondo che gli importava se era sparita? Che gli importava se piangeva?
Harry non l’avrebbe perdonata, lui non l’avrebbe perdonata.
Ma perché sentiva qual peso sul cuore, allora…?

Recuperando la calma, estrasse la bacchetta e fece un po’ di chiarore. Ma era come se la stanza fosse completamente nera, come se non ci fosse nulla, oltre quel buio. Come se la vita non fosse mai esistita, come se la luce fosse solo un sogno.
Era tutta un illusione.
Intorno a lui c’era solo buio, non c’era speranza, non c’era niente per la quale lottare.
Si sedette a terra, gli occhi vacui, la bacchetta gli stava scivolando di mano…
In fondo, cosa gli costava…
Lascia andare…

Lascia andare, diceva una voce.

Lascia andare, lascia che sia…

Sentì la sua testa svuotata da ogni pensiero, ogni ricordo doloroso. La voce che gli sussurrava quelle parole era così gentile, gli ricordava quella di Cho… si, avrebbe lasciato andare…

Stava per socchiudere le palpebre, quando si accorse che il buio si era fatto più intenso. Uno scricchiolio sinistro gli fece spalancare gli occhi.
La luce era ulteriormente diminuita, il suo corpo stava perdendo quel lieve bagliore…
Sentiva freddo.

Lascia, non preoccuparti… Lascia andare, lasciati… fallo, ora…

Continuava la voce suadente, ma con una nota di impazienza sull’ultima sillaba.
Ma perché avrebbe dovuto farlo?
Non voleva.
Non voleva.
Aveva lottato per arrivare fin lì… Per lui, Harry ed Hermione…
Loro tre potevano farcela.
Hermione aveva bisogno di aiuto.
Doveva trovarla.
Si rese contò di fare fatica a muoversi. Strinse convulsamente la bacchetta, come a voler cercare un appoggio, un conforto.

Lascia, andare, ora. Lascia stare, non pensare a nulla, a nulla.

<< No, no… >>, riuscì a mormorare Ron

<< Non… no… NON LO FARO’! >>, la bacchetta ormai era diventata incandescente.
Scattò in piedi.

<< Protego! >>, urlò a pieni polmoni, senza sapere a chi.

Aveva capito, finalmente.

<< Vieni fuori! Vieni fuori, subito! >>

Si guardò furiosamente intorno per qualche altro momento, sobbalzando ad ogni minimo cigolìo, la bacchetta ancora alzata, i nervi pronti a scattare al primo segnale.
Il respiro si calmò, lentamente.
Restò in piedi, fermo, qualche secondo, prima di abbassare la bacchetta.
Senza pensarci due volte, e rammaricandosi per il tempo perduto, corse via a cercare Hermione.
Ma sapeva che comunque lì c’era qualcuno.
Quell’oscurità non era normale. Tutto quel che stava succedendo, non era normale.
Qualcuno aveva fatto un incantesimo alla stanza, aveva usato l’imperius per comandare a Cho di schiantare Harry, l’aveva usata anche su di lui per convincerlo a non agire…
Qualcuno che era sempre là, anche in quel momento, qualcuno che forse c’era sempre stato, qualcuno che avevano dimenticato.
Qualcuno che voleva vendetta…

Ma in quel momento doveva trovare Hermione, ed Harry. Chiunque fosse là fuori, avrebbe potuto aspettare.

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<< Allora, come vedi ci sono cascati… assolutamente penosi, non trovi..? Già, peccato tu non possa rispondere… chissà quante cose interessanti avresti da dire. Ma non importa, non importa. >>, parlò frettolosamente, mangiandosi le parole. Non aveva tempo.
Aveva aspettato abbastanza.

Il ragazzo fece una pausa, strascicando in tono mellifluo l’ultima frase.
Volse gli occhi di ghiaccio, accesi da una luce folle, verso il ragazzo che si contorceva a terra.

<< Hai paura, vero? Vero? Oh sì, assolutamente… Ma forse non per te, giusto? Tu temi per loro… ma non preoccuparti, qualunque fine faranno li seguirai subito dopo. Sono ancora indeciso se trasfigurarti e farti schiacciare da qualcun altro, o torturarti con le mie mani… Ovviamente, nessun dubbio potrà più corrodermi di quanto abbia fatto Azkaban, lo sai? >>, e spalancò gli occhi, avvicinandosi al suo viso.

<< Non puoi immaginare cosa vuol dire, e mi spiace non poterlo fare io… I dissennatori sarebbero molto felici di vederti, ora… >>, sibilò vicino al suo orecchio. Gli sputò in faccia.
Si alzò in fretta, rabbrividendo.
<< Feccia. >>, sibilò. << Morirete tutti. Anche quella stupida donna. >>
Sembrava concentrato a fissare un punto lontano, il suo sguardo era assente. Dopo quel che parve un eternità si volse verso di lui, disgustato, poi quasi impaurito.
Distolse gli occhi.

<< Azkaban… ti cambia. >>, mormorò con lo sguardo spento, vitreo, perso nel vuoto, tra i fantasmi del passato.
All’improvviso un espressione terrorizzata gli attraversò il volto, segno di un ricordo particolarmente sgradevole.
Un attimo dopo era già sparita, lasciando il posto a quella che avrebbe dovuto essere un’espressione di trionfo, ma che risultava più di un profondo disgusto.

Un ghigno gli attraversò il volto sfigurato, scoprendo una serie di denti ingialliti.
Tutti in lui esprimeva la decadenza, fisica e morale.
Il fisico, un tempo sano, era diventato fragile ed emaciato, i muscoli atrofizzati, la pelle avvizzita, piena di piaghe e profonde cicatrice, alcune delle quali andavano a coprire un marchio, un marchio che giorno dopo andava sbiadendosi, pur restando ancorata nell’animo.
Il volto era segnato. Ma segnato non solo dalle nottate insonni, non dagli incubi, non dalle ferite, non dalle maledizioni e dalla pazzia, ma da quello che c’era dietro.
Vendetta.
Questo lo aveva mantenuto in vita tutti quegli anni.
I suoi occhi dardeggiarono.
Sapeva cosa fare.

<< Ci divertiremo…Vendetta! >>

  
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