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Autore: Medea Astra    03/04/2011    11 recensioni
Adesso che i loro corpi giacciono sul freddo pavimento, privi del respiro, della loro forza vitale, forse sarebbe opportuno rivivere con loro le ultime ore di una vita breve ma intensa e forte quanto la morte che improvvisamente li ha coinvolti nella loro ultima danza e con quel bacio fatale gli ha tolto la possibilità di vedere sorgere il sole per un’altra volta…
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
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Nicola
 
Sono seduto su di una panchina nel giardino di una casa che non è la mia. Non riconosco nelle sue mura alcun segno della mia infanzia, della mia vita, i miei figli non sono caduti su queste scale, mia moglie non ha dato alla luce i frutti del nostro amore in queste camere.
 Sono nato il 6 maggio del 1868, giorno nefasto dissero i contadini del popolo, sono solo sciocche superstizioni rispose la madre fiera. La mia infanzia trascorse serena fino a quando compii nove anni, allora la mia vita cambiò per sempre, mostrandomi nitidamente quanto fosse fragile la vita umana.
 Stavo giocando in giardino quando sentii il boato sordo e improvviso di un’esplosione, nell’arco di pochi minuti vidi mio padre correre disperato correre verso l’ingresso del palazzo seguito dalle guardie apprensive e dalla nonna che con aria assente camminava fiera e impettita nel suo abito, quasi sapesse cosa l’attendeva al di là delle mura.
 Nonno, il mio amatissimo anpapa era stato vittima di un attentato da parte di alcuni anarchici che avevano posizionato una bomba sotto la sua carrozza. Il suo corpo un tempo possente e forte, ora giaceva inerme e dilaniato su di una portantina che veloce si dirigeva verso le sue camere.
 I medici arrivarono subito ma altrettanto velocemente fu loro chiaro che per lo zar non c’era più nulla da fare, l’intera parte inferiore del suo corpo era stata dilaniata dall’esplosione ed aveva perso troppo sangue. L’agitazione e l’angoscia avevano chiaramente preso piede nella stanza-studio di nonno dove ormai era riunita tutta la famiglia con uno stuolo impressionante di medici e servitori. In questo clima spettrale tutti erano concordi su di una sola cosa, non rimaneva altro che aspettare la fine dell’autocrate di tutte le Russie.
 L’ agonia di anpapa durò quasi un’ora, tempo in cui papà non versò nemmeno una lacrime e nonna rimase fieramente accanto al marito tenendogli la mano e cercando di alleviare le sue sofferenze.
 Quell’episodio segnò profondamente la mia crescita, avevo sempre visto il nonno come un uomo invincibile e mai mi sarei aspettato che anche lui potesse morire, nel mio immaginario lui era eterno e vederlo agonizzante sul divano, ricoperto di sangue che invocava la morte come fine delle sue sofferenze mi sconvolse.
 Quella sera dopo che andai a letto consapevole di essere lo zarevic, colui che dopo mio padre avrebbe ereditato il potere, sognai di morire anche io come anpapa e terrorizzato strinsi forte il cuscino finchè il sonno non prese nuovamente il sopravvento sulle mie giovani membra stanche.
 Quando compii sedici anni, già ero un giovane uomo, incontrai Alix che mi fece subito innamorare di lei. Era bellissima e quell’aria perennemente malinconica che era dipinta sul suo volto, fece crescere in me l’affetto per lei e il desiderio di proteggerla dal resto del mondo.
 Dopo numerose vicissitudine causate dalle rispettive famiglie, io e Alix siamo convolati a nozze nel 1894 ma la nostra non è stata una cerimonia felice, infatti mio padre come mio nonno ci ha lasciati improvvisamente colpito da un male terribile che non gli ha dato scampo.
 Già da tempo mi ero reso conto di non essere in grado di succedere a mio padre, la differenza tra noi non era solo di statura fisica, lui oltre il metro e novanta e io appena uno e settanta, ma anche caratteriale e morale, non sarei mai stato forte e deciso come lui.
 Questa convinzione sembrava avercela anche lui dato che sul letto di morte i suoi occhi si posarono su di me con una tristezza infinita, consapevoli che con me i problemi della grande madre Russia non sarebbero cessati ma si sarebbero acuiti.
 Mia madre da sempre non ha avuto fiducia in me e la sua influenza si è sempre sentita sia nell’amministrazione del governo che nel mio rapporto con Alix, sembrava quasi gelosa di mia moglie che timidamente si affacciava al suo nuovo ruolo. L’ha sempre criticata e i suoi appunti sono diventati più pungenti quando ha iniziato a partorire figlie femmine. Il suo disappunto era a dir poco evidente, si rifiutava perfino di prendere in braccio le bambine e diceva che Alix non era nemmeno in grado di darmi un erede e che sarebbe stato meglio se io avessi sposato l’erede francese.
 Dopo la nascita di quattro meravigliose bambine: Olga, Maria, Tatiana e Anastasia, è finalmente venuto alla luce l’erede tanto atteso, il nostro piccolo raggio di sole Aleksej è nato nell’agosto del 1904 ma alla gioia si è affiancata subito la disperazione. Baby infatti è affetto da una grave forma di emofilia che non gli da tregua, è sempre vittima di emorragie che lo costringono per lunghi periodi a letto. La sua indole vivace inoltre non lo protegge da possibili urti fatali.
Dalla nascita del mio bambino, la mia attenzione per lo stato si è molto affievolita e il popolo purtroppo ne ha pagato le conseguenze. So di essere il padre della Russia e di avere il dovere di proteggerlo, ma prima ancora di essere lo zar sono il padre di quel ragazzo che adesso è seduto a fianco a me e che come un gurriero ha superato ogni nostra aspettativa arrivando quasi ai quattordici anni. Somiglia molto al mio amato anapapa, nei suoi grandi occhi azzurri vi leggo la stessa determinazione ma, quando la sua malattia lo costringe  a letto io sono e sarò sempre al suo fianco. Amo tutti i miei figli ma lui è speciale, è fragile e forte allo stesso tempo e in lui mi rivedo e sto cercando di assicurargli un futuro quanto più roseo possibile.
 Per questo motivo ho abdicato, per garantire alle mie figlie una vita serena e per permettere a mio figlio di divenire uomo e di poter invecchiare serenamente.
 Per le mie figlie altro non desidero che un amore come quello tra me e la loro madre, sono tutte molto belle e ben educate, sono certo che saranno delle ottime mogli e delle buone madri.
 Per mio figlio desidero solo che viva e che realizzi i suoi sogni.
Io e mia moglie dopo questo esilio ci potremmo comprare una piccola casa in campagna e coltivare molte cose insieme al nostro amore.
 
Poche ore dopo…
Lo zar è il primo ad essere colpito, il suo sguardo prima di morire si posa benevolo sulla famiglia che tanto aveva voluto proteggere, quasi a voler chiedere loro scusa di non essere riuscito nel proprio intento.
   
 
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