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Autore: Avly    10/04/2011    12 recensioni
L'inizio di tutto...o la fine. Un nuovo campionato, una nuova avventura, vecchi e nuovi amici, e non solo...tra demoni e guardiani una nuova sfida attende i nostri blaider...ma questa volta a scendere in campo non saranno solo i bey. Scsate questa è la mia prima fic e spero che vi piaccia...premetto che dal prologo non si capisce molto, ma dopotutto è un prologo no?! Sono graditissimi i commenti, anche se negativi poichè possono aiutarmi con la narrazione. Così la storia sarà un po' di tutti. Anche se leggendo il prologo vi sembrerà di trovarvi una storia di rating superiore, non preoccupatevi! Buona lettura! PS Ho aumentato il rating da verde a giallo poichè non sono molto sicura che situazioni che si verranno a presentare siano adatte ad un rating verde...Comunque magari mi sbaglio, se lo riterrò esagerato lo abbasserò^^
Genere: Romantico, Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hilary, Kei Hiwatari, Max Mizuhara, Rei Kon, Takao Kinomiya
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Epilogo

 

 

“Volere è poco, occorre volere con ardore per raggiungere lo scopo”.

 

Uno scroscio incessante, una muraglia invalicabile per qualsiasi voce, odori o percezioni che non erano quelle della sua mente; ascoltava in religioso raccoglimento le pareti di roccia che sussurravano sotto l’influsso dell’acqua gelida versi incomprensibili, ma che avevano note rilassanti ed armoniose, capaci di condurre la mente attraverso i meandri dell’interiorità e della concentrazione.

Ascoltava, captava ciò che la sua memoria gli faceva arrivare e nonostante fosse ben cosciente del posto in cui si trovava, non riuscì ad evitare che un brivido gli corresse lungo la spina dorsale, al solo rievocare quelle immagini e quelle sensazioni, percezioni mai dimenticate e che neanche l’acqua della cascata avrebbe potuto lavare via…

 

Cercò di mantenere la posizione fino a che una violenta scossa non percosse la terra e una folata d’aria a seguito dell’esplosione non lo fecero sbalzare di parecchi metri insieme a tutti gli altri. Per qualche secondo Rei osservò il proprio corpo proiettarsi in velocità lontano dal promontorio e gettando un’occhiata preoccupata verso i propri compagni, poté intravvedere Daichi infrangersi sulla sabbia impregnata d’acqua appena sotto di lui. Il cinese cercò gli altri, ma complice la pioggia ed il vento non riuscì a vedere chiaramente nessuno; i suoi occhi vagarono solo per qualche breve attimo verso il centro della stella, dove la luce abbandonava il corpo di Hilary e la ragazza si lasciava cadere senza un sostegno sul terreno, sprofondando con il viso nella terra.

Quell’immagine turbò moltissimo l’animo di Rei che per un momento si perse nell’osservare quel cielo coperto di nubi nere da cui pochi raggi di luce tentavano di far breccia, disperdendosi come se stessero abbandonando il campo…Forse era stato davvero tutto perduto, non ci sarebbe stata un’altra possibilità, quella distruzione, quel dolore, quell’inevitabilità era davanti ai suoi occhi e non c’era alcun modo di vincerla. Forse avrebbe semplicemente dovuto chiudere gli occhi e non vedere più, non assistere con i sensi alla loro Fine, ma invece attendere che la morte calasse anche sui suoi occhi, assorbendo la loro luce e divorandola con la stessa rapidità con la quale si era avvicinata a loro. Strinse il pugno mentre il vento che gli tagliava il viso si faceva più affilato e la terra si preparava ad accogliere il suo corpo. Rei chiuse gli occhi dopodiché avvertì il gelo assorbirlo e la sensazione di essere privato dell’aria intrisa di pioggia. Forse sarebbe morto in un modo dopotutto poco doloroso, si ritrovò a pensare mentre l’acqua dell’oceano lo sommergeva portandolo verso il fondo…

Si lasciò cadere per la prima volta in vita sua senza il desiderio di combattere, senza la grinta che lo aveva sempre spinto a graffiare con le unghie il suo ostacolo per lacerarlo, senza quella forza d’animo che lo avevano reso degno di essere il protettore della Tigre Bianca…

“Un uomo giusto può essere degno di Lei”

Le parole del nonno di Lai gli tornarono alla mente insieme a tutti i ricordi legati alla sua fedele compagna di tante avventure. Avevano girato il mondo assieme, avevano combattuto contro gli avversari più vari e temibili, avevano provato la sofferenza della lontananza e l’ebbrezza della vittoria…Avevano – e questo Rei non lo poteva dimenticare – condiviso la tristezza legata alla rottura dell’amicizia con Mao e avevano riavuto vita quando la cinese lo aveva guardato intensamente per augurargli buona fortuna. Immagini rapide di quello che era stato gli passarono davanti come un film, rivide gli scontri a beyblade, la prima volta che si scontrò contro Takao, la formazione dei BBA, la nascita della loro amicizia che si andò consolidando attraverso il mondo e le varie tornate; davanti agli occhi vide Kai che voltava loro le spalle, lo rivide tornare sui suoi passi, rivide il suo sguardo fermo mentre gli prometteva che avrebbe salvato Driger dagli Scudi Sacri, e poi eccola Mao, il suo sorriso, la sua emotività connotata da quel viso sinonimo di dolcezza e forza allo stesso tempo…Tutto quello che aveva provato riaffiorò dalle acque dell’Oblio, scuotendo la tigre e facendola ruggire con forza e vigore.

Che idiota che era stato, mai arrendersi, mai cedere, mai pensare che sia finita, non fino a quando hai ancora così tanto per cui lottare. Rei strinse i pugni e con una spinta si raddrizzò muovendo le braccia e le gambe per spingersi verso la superficie. L’acqua fredda scivolava come un velo di seta sulla pelle, questa volta non lo feriva, non lo terrorizzava non poteva lenirlo e più si portava verso la luce più continuava a volerlo, a gridare nella sua testa quel desiderio di non arrendersi che ora riconosceva come il richiamo della Tigre Bianca.

 

- Rei! –

Aprì appena gli occhi ambrati intravvedendo oltre la muraglia causata dall’impatto dell’acqua della cascata sul suolo roccioso, il profilo morbido e sinuoso di Mao che non si avvicinava all’acqua, ma saltellava per attirare la sua attenzione. Il cinese si riscosse dai suoi pensieri preferendo lasciarli all’interno della conca rocciosa in cui si era rintanato per meditare, deciso e consapevole che li avrebbe ripresi alla prima occasione in cui l’acqua gli avrebbe sfiorato la pelle.

Il blaider uscì con i capelli bagnati che gli avevano in parte fatto scivolare la lunga coda, rendendo così ancor più stretta e compatta la criniera corvina. Si avvicinò alla ragazza che con un sorriso gli porse un asciugamano bianco tenendo qualcosa dietro la schiena. Rei le rivolse un sorriso indagatore accorgendosi sempre come gli piacesse vederla accanto a sé. Il suo viso, baciato dal sole sapeva di fresco e di aria pulita, anche se ancora nei suoi occhi di tanto in tanto scorgeva tratti d’amarezza e tristezza per quello che aveva aiutato a fare, e che di certo non avrebbe mai dimenticato.

- Ehi Mao, ma allora è un vizio! Quante volte te lo dobbiamo dire di non disturbare i nostri allenamenti! – sbraitò Lai che evidentemente si era lasciato distrarre dalla voce della ragazza e aveva perso la concentrazione nell’incontro che stava disputando contro Kiki, che gioì per la vittoria inaspettata.

- Tanto avresti comunque trovato il modo per distrarti – lo riprese la cinese con un ghigno misto ad un sorriso. Rei li osservò beccarsi come due bambini sorvolando con lo sguardo appena dietro di loro, dove la vita del loro villaggio continuava come se niente fosse successo, qualche albero caduto e spezzato a parte. Tutto era tornato alla normalità e poteva dire che lo era proprio tutto, soprattutto vedendo Mao e Lai. Intanto la ragazza ancora teneva una mano dietro la schiena e non accennava a scansarla.

- Mao, si può sapere che hai lì dietro? – chiese Kiki dopo che l’ebbe notata.

La ragazza sembrò ricordarsene di colpo perché mise a tacere il fratello voltandosi immediatamente verso Rei con un’espressione leggermente meno forte di quella di prima. Rei le si avvicinò circospetto e vedendo che la giovane non osava neanche alzare lo sguardo verso di lui, ma lo teneva saldamente ancorato al terreno. – Mao? –

- E’ arrivata una lettera…Della BBA – disse lei in un sussurro tendendo la busta bianca al capitano dei Bahiutzu che la prese con insolita tranquillità. Accarezzò la carta leggermente stropicciata e per qualche minuto rimase in contemplazione del simbolo della BBA, come sotto l’influsso di un deja-vu…Dove l’aveva già vista quella scena? Sorrise gettando la busta verso Lai che stranito per il gesto improvviso e inspiegabile non la prese neanche al volo. – Ma Rei? E’ la convocazione per il prossimo torneo…Non sei felice? – chiese Kiki, incredulo anche lui che Rei non l’avesse aperta e letta con la solita scrupolosa attenzione.

Il cinese rilassò le spalle gettando un’occhiata complice a Mao che lo osservava con muto stupore. L’altra volta se ci rifletteva era iniziato tutto da lì, da una lettera che gli aveva fatto perdere il contatto con le cose davvero importanti e non sarebbe successo ancora.

– Oh lo so benissimo…Lai fammi un favore, pensa tu a rispondere a Daitenji e a stilare il programma di allenamento – disse sereno il capitano beandosi dell’espressione incantata di Mao. La prese per mano incrociando i loro sguardi con una meravigliosa sincronia e posandole sul palmo il suo bey rosa appena recuperato dal tascapane. – Mi aiuti a fare la lezione di bey ai piccoli? –

Mao sgranò gli occhi annuendo di slancio e precipitandosi verso la piazza centrale insieme a Rei mentre Lai ancora teneva la busta incredulo. – Rei che non parte in quarta con l’allenamento? – domandò all’Aria.

- Beh mi pare ovvio – obiettò Kiki

- Capisco il suo dovere verso il villaggio, ma insomma si tratta di un allenamento! E va bene ci penserò io! – disse orgoglioso Lai battendosi una mano sul petto e dirigendosi come un perfetto soldato verso la piccola casa in legno dove avrebbe preparato la risposta da inviare a Daitenji. Il piccolo Kiki si schiaffò una mano in fronte sconsolato…Possibile che Lai non avesse ancora capito che Rei e Mao stavano insieme?

 

- Non sei felice di rivederli? –

- Certo che lo sono, ma non voglio che pensi ancora a quello che è successo…Non sarà come l’altra volta te lo prometto – le sussurrò Rei stringendola per la vita e appoggiando il mento sulla sua nuca e carezzandole delicatamente i capelli rosa, che lisci e morbidi gli scivolavano fra le dita. – E’ che ancora non riesco a crederci…Di notte ho ancora l’immagine di quel giorno e degli Obsc.. – Rei le posò un dito sulle labbra prima che quel nome uscisse dalla sua bella bocca macchiandola. – Non torneranno…E se lo faranno li ricacceremo indietro – la osservò da vicino mentre i suoi occhi si coloravano delle sfumature degli iridi di lei, e mentre si avvicinava sempre di più alle sue labbra prima di adagiarsi leggero su di esse e stringerle in un tenero bacio sotto gli occhi del sole caldo di giugno. Mao gli cinse il collo con le braccia stringendosi a lui e ricambiando il contatto causando a Rei una meravigliosa sensazione all’altezza del cuore che sembrò quasi ricevere una scossa. Come aveva anche solo potuto pensare di perdere tutto quello? Come aveva potuto anche solo per un istante pensare di abbandonare tutto e di lasciarsi morire? No, aveva voluto arrivare lì, aveva combattuto per quello che ora lo circondava e per quello che l’avrebbe circondato e aveva raggiunto la sua cima…Ma non l’aveva semplicemente desiderato, l’aveva voluto con ardore e determinazione, ed era per questo che probabilmente la Tigre lo aveva scelto…

 

Let me go home
I’m just too far
From where you are
I wanna come home”

Lasciò la busta bianca sulla sua scrivania precipitandosi fuori dall’elegante stanza all’ultimo piano dell’Istituto PPB con ancora stampati nella mente i caratteri di quelle parole che aveva letto poco prima ed il cuore che batteva all’impazzata per l’informazione, attesa da mesi, cercata incessantemente da quando si era risvegliato poco dopo l’esplosione.

Max corse fino alla terrazza dell’Istituto che, dolcemente accarezzata dal vento estivo di giugno, lasciava disperdere lo sguardo per gli elevati e slanciati grattacieli con ampie vetrate, e la strada sotto di lui,  un immenso mosaico con le auto che formavano delle minuscole tessere immerse nel caotico quadro newyorkese. Max si concesse qualche minuto in compagnia del suono della città, lasciando che le cuffie gli scivolassero giù dalla maglietta per ciondolare accompagnate dal vento; osservava incantato la calma e rassicurante frenesia di New York, quel rumore di clacson che si levava per l’aria tiepida e dava quella sensazione di familiarità e quotidianità che alle volte temeva di non ritrovare più una volta andato a dormire.

Perché il ricordo lo sommergeva con i suoi violenti flutti e davanti agli occhi aveva sempre il cieco timore di stare vivendo un sogno, di essere immerso in una bella e colorata bolla d’acqua che sarebbe potuta scoppiare da un momento all’altro. Scosse il capo come a voler togliere l’acqua dai capelli e si appoggiò al parapetto del terrazzo osservando con quelli che sembravano gli specchi esatti di scaglie di cielo.

Ad un tratto dei passi pesanti, anticipati da un ben noto mormorio rock si diffusero insieme ai clacson per l’aria, facendo spuntare un sereno sorriso sul viso di Max. “E’ tutto proprio come prima”

- Ehi Maxino che ne pensi di scrostarti dalla tua aria di poeta sognatore e venire giù prima che Emily parta senza di noi? –

Max si volse verso l’amico che dai capelli platinati e dall’imponente corporatura con l’aria di chi non ha ben capito cosa avrebbe dovuto fare e soprattutto perché.

- Non guardarmi così, lo sai che quell’isterica di Emily ci mette due secondi contati a preparare la trasferta. Secondo me se l’aspettava ed aveva già preparato tutto e… -

- Aspetta Rick non ho capito niente! Di che trasferta parli? – domandò Max.

Rick lo fissò con un cipiglio inarcato – Scusa ma non hai saputo la novità? Il campionato…L’hanno indetto in una conferenza stampa e sono arrivate già le lettere di comunicazione…Ma scusa quella che hai ricevuto non lo diceva? – domandò Rick leggendo lo stupore sul viso dell’amico, che improvvisamente dirottò il capo da tutt’altra parte cercando di non guardarlo in faccia. – Ehi Maxi che c’è? – chiese il colosso americano avvicinandosi con un sorrisino ironico stampato in faccia.

- Non mi dire che… -

- E’ arrivata Rick! Non riesco a crederci! – Max si volse verso l’amico con un sorrisone a trentadue denti ed allargando le braccia come se volesse abbracciarlo simbolicamente, o come se volesse prendere il volo, almeno secondo il modesto parere di Rick.

- Eh dove sarebbe? –

- Non c’è scritto, ho solo il nome del volo e l’ora – Max chinò il capo calando appena il tono della voce come se forse avrebbe preferito che l’ultima parte non venisse neppure udita. Tanto non avrebbe portato a nulla.

- Questa faccia afflitta che significa? – domandò Rick

- Che mi hai appena fatto crollare la terra sotto i piedi…Abbiamo il campionato del mondo da preparare – ammise Max con voce sottile. Strinse i pugni mentre avvertiva un fiume ribollente scorrergli nelle vene al posto del sangue; ad un passo dalla sua vittoria…Aveva passato un periodo anonimo e triste dopo il suo risveglio in ospedale, aveva sopportato il lento scorrere del tempo senza poter fare nulla, né per muovere la sua barca più velocemente, né per poter cambiare direzione, era semplicemente rimasto in balia della placida e monotona avaria del tempo…Fino a quando…

 

Aprì gli occhi e li richiuse non notando immediatamente una netta differenza, ma pian piano i suoi occhi azzurri riuscirono a distinguere delle forme scure attorno a lui e dei minuscoli puntini rossi e verdi che lampeggiavano. Lentamente avvertì l’oscurità diradarsi ed assumere sfumature sempre più nette, fino a che un debole raggio di luna non si andò a posare sul suo braccio e su quel qualcosa di bianco e morbido che lo sorreggeva; un ticchettio elettronico intermittente ed un tubicino collegato al suo braccio destro gli fecero capire di essere in un ospedale.

Max attese che i suoi occhi si fossero abituati al buio quando un rumore appena accennato lo sorprese insieme alla sensazione di una presenza accanto a sé. Si voltò quasi spaventato quando sgranando gli occhi si rese conto di conoscere quella testa blu china sul bordo dell’alto materasso e la mano lunga e sottile che teneva stretto il suo polso. Il ragazzo sorrise di cuore mentre continuava ad accarezzare con gli occhi la figura di Mariam seduta sulla sedia accanto al suo letto, profondamente addormentata e…Viva. Avrebbe voluto svegliarla, vedere i suoi splendidi occhi verdi, abbracciarla, ma non lo fece, sia per via del suo braccio che gli impediva qualsiasi movimento, sia perché senza neanche accorgersene seguì la ragazza in un mondo cosparso di sogni finalmente sereni.

Quando aprì gli occhi la luce del sole lo colpì in pieno e lo costrinse a girarsi di lato, ma una fitta alla spalla lo fece desistere.

- Ehi Max non girarti così bruscamente  - Max sentì il cuore mancargli un battito e non ebbe quasi la forza di girarsi verso il suo interlocutore.

- Rei? – C’erano anche Emily e Rick. – Ohi come stai moccioso…Dovevi proprio far preoccupare –

- Soprattutto lo scimmione qui presente…Non starlo a sentire Max, era preoccupato tanto quanto noi – lo smascherò Emily con una sola frase.

- Ma figuriamoci –

Max sorrise davanti a quella scena, ma inavvertitamente, dirottò lo sguardo verso la sedia vuota alla sua destra. – Se ne sono andati questa mattina presto – disse semplicemente Rei come se avesse compreso. Max chinò il capo sconsolato, avvicinando il braccio munito di flebo al suo gemello e sfiorandosi la porzione di pelle su cui la notte prima la mano ed i capelli di Mariam si erano posati. – Oh sì, la tua ragazza non si è mossa da lì per quattro giorni. Ti vegliava in silenzio senza muoversi – spiegò sbrigativamente Rick sempre con il suo tono superficiale ed ironico.

- E poi questa mattina all’alba, quando i medici hanno visto dai test d’impulso che ti saresti risvegliato presto, beh lei…Se ne è andata – finì Emily quasi sussurrando l’ultima frase.

Ma annuì sentendo le loro parole quasi ovattarsi, lasciarlo solo in balia di quel gorgo nero e profondo che si era nuovamente aperto sotto e sopra di lui…Se ne era andata…Di nuovo.

 

Ci aveva messo più tempo del previsto a rimettersi in forze, la sua spalla aveva riportato qualche frattura, ma alla fine era tornato a New York, se possibile più demotivato e abbattuto di prima; il ritorno alla quotidianità era stato piacevole, essere vivi, consapevoli di essere sfuggiti ad una Catastrofe lo rendeva orgoglioso di sé…Sapere di aver perso Mariam per l’ennesima volta lo faceva sentire un idiota e lo incupiva come una nuvola carica di pioggia. Rick gli aveva consigliato di lasciar perdere, Emily di buttarsi sul beyblade, Rei di cercarla…Peccato che quella ricerca si fosse dimostrata quantomeno disperata. Voleva trovarla, lo voleva con ogni fibra del suo essere, ma sembrava non essere mai sufficiente…

 

- Max, c’è qualcuno che vuole parlarti – la voce di Emily risuonò per qualche istante da dietro la porta della sua stanza. Non voleva neanche alzarsi, era troppo concentrato ad osservare e consultare atlanti e internet alla ricerca di una qualsiasi informazione ancora non verificata circa la collocazione di quello stramaledetto villaggio.

- Max, è importante – il ragazzo sbuffò coprendo tutto il materiale e andando ad aprire quasi trascinandosi.

- Dimmi Emi… - sgranò gli occhi quando dei piccoli occhi verdi e severi gli si pararono davanti.

- Ciao Max –

- Dunga?! Che cosa? Come…? –

- Come ti ho trovato? Beh non è un mistero sapere dove vivi Cavaliere e sul cosa sono venuto a fare? Beh penso che tu sia abbastanza intelligente…Amico puoi aspettare che ti cadano tutti i capelli prima che tu riesca a cavarci qualcosa sul nostro villaggio a furia di consultare inutili pezzi di carta – Dunga lo squadrò ironico bellamente accomodato sulla sua sedia, mentre l’americano non si era minimamente scrostato dalla parete.

- Vi ho cercati d’ovunque! Si può sapere dove diavolo vi rintanate? – sputò Max con il viso che iniziava a tingersi di rosso per aver alzato troppo la voce.

- Se fossimo così facilmente reperibili che villaggio segreto sarebbe? – rispose Dunga senza scomporsi – Cavaliere…Dobbiamo parlare –

Max rimase in piedi con una strana sensazione all’altezza del petto – E’ successo qualcosa a Mariam? –

- E’ una testarda, lei non sa che sono venuto qui e mi ammazzerebbe se lo sapesse, ma a dispetto di quanto sembra da fuori, io le voglio bene, è come una sorella per me e voglio che sia felice –

Max ricambiò lo sguardo serio e concentrato del colosso biondo deciso a fargli capire che lui non aspettava altro, che avrebbe trovato Mariam anche in capo al mondo; già una volta l’aveva persa per colpa di un Demone ed ora Max era fermamente intenzionato a chiederle scusa. – Avrai presto mie notizie Max –

 

E le aveva avute; una lettera, un misero pezzo di carta sbiadita, poche parole scritte, il numero di un volo con data e orario che però non avrebbe potuto rispettare…Strinse il pugno attorno a Draciel sotto gli occhi seri di Rick.

- Non capisco dove sia il problema – disse d’un tratto.

Max chinò il capo afflitto. Aveva ragione lui.

- Beh Max mentre tu rimugini e fai l’idiota io vado che ho una valigia da preparare –

- Dove dobbiamo andare? Che posto hanno scelto? – domandò Max giusto per tirar fuori qualche parola.

- Noi andiamo in Kansas…Ah Max portami qualcosa chiaro?! –

Max alzò gli occhi verso l’imponente statura dell’amico che lo guardò con sguardo fisso e per una volta serio – Ascoltami moccioso…Certe opportunità non tornano. Quando giochiamo spesso in tutta una partita abbiamo un solo momento per sferrare il nostro attacco vincente, quello che può salvare le sorti di tutto, come si è trovata a dover fare Hilary. Se non sfrutti ora quest’opportunità potresti rimpiangerla a lungo – sembrava lo stesse quasi rimproverando, ma c’era dell’altro dietro le sue parole, quello strano ed inusuale modo che aveva Rick di manifestare la propria amicizia. – E l’allenamento? –

- E chi ti ha visto? – Max sorrise ricambiando l’espressione di Rick precipitandosi verso la rampa di scale che lo avrebbero portato verso la sua stanza. - Grazie Rick! – urlò quando fu oramai inghiottito dalle scale.

- Di nulla – sussurrò il colosso americano con un sincero sorriso sul viso mentre le note di “Home” si disperdevano nell’aria.

 

“Sto arrivando Mariam”

 

 

The future's open wide beyond believing
To know why hope dies
And losing what was found, a world so hollow
Suspended in a compromise
But the silence of this sound is soon to follow
Somehow sundown”

 

Fece ancora un giro su se stessa, lasciando che i veli colorati che le rivestivano il corpo, disegnassero in aria luminosi e colorati arabeschi, mentre Thunder Pegasus vorticava a ritmo della musica seguendola come un’immagine riflessa. Julia da dietro i veli colorati del suo costume osservava con occhi lucenti i volti estasiati ed incantati dei bambini che la guardavano a bocca aperta. Era una bella sensazione, beveva dai loro sorrisi, dalle loro espressioni ridenti e felici, sentendo Thunder Pegasus vorticare ancor più velocemente spinto dalle sue percezioni. Era tutta carica, emozione, sentimento a guidare i passi di danzatrice e beyblade, e quella meravigliosa sensazione irrompeva nelle sue vene e nei suoi muscoli facendole compiere un altro giro, e poi un altro ancora, sempre più energica senza fermarsi mai, lei che mai e poi ma si era fermata e mai si sarebbe fermata.

Con un salto all’indietro fece volare il nastro arancione ed il bastone per poi riafferrarli con una presa rapida e salda incrociando nuovamente le acclamazioni del suo piccolo pubblico che esultava per lei ma insieme a loro la sfiorarono il calore di due perle color ghiaccio che per una volta non entrarono in contrasto con il suo fuoco.

Con un rapido e sinuoso movimento si accinse a concludere la sua coreografia sempre seguita dal suo fedele bey e compiendo numerosi giri accerchiata dal nastro come se fosse stata una trottola, per poi fermarsi nel medesimo istante di Thunder Pegasus, che tornò fedele nella sua mano.

La ragazza ansimò appena volgendo un vistoso inchino verso i piccoli spettatori che la applaudirono con vigore. Li osservò beandosi delle loro voci, quando una ventata di aria gelida, che fino a poco prima non l’aveva sfiorata le fece ricordare che forse era meglio mettersi qualcosa addosso.

Fece un nuovo inchino mentre una piccola bambina bionda con i codini le porse una giacca per coprirsi che Julia accettò con un sorriso. Un altro bambino biondo le portò un mazzo di fiori intrecciati con un nastro arancione e dicendole qualcosa che lei non capì ma che immaginò fosse un complimento o qualcosa del genere.

- Ti ha chiesto se puoi rifare il numero –

Si girò verso il suo interlocutore squadrando la figura alta e slanciata che la osservava con le braccia incrociate, le sopracciglia leggermente inarcate, due sottili ciocche vermiglie che gli delimitavano i bordi regolari e decisi del viso e due occhi azzurri come il ghiaccio…Un ghiaccio meravigliosamente caldo.

- Si può fare…Ma solo per i piccoli, i grandi non sono invitati – rispose la spagnola scompigliando la testa della bambina che teneramente sfiorava i ciondoli colorati dei bracciali che portava ai polsi, che le erano serviti per la coreografia.

La figura davanti a lei la osservò a con velata attenzione prima che i piccoli si disperdessero richiamati dalla voce perentoria di Sergay e li lasciassero soli, in un pezzo di mondo, di cielo e terra che era loro, loro e dei loro ricordi. Le tese la mano attirandola rapidamente fra le braccia ed avvolgendola da dietro mentre davanti a loro il sole si buttava oltre i ghiacci delle alte montagne russe colorando d’oro le rigide spigolature delle montagne, rendendole lastre evanescenti con scaglie d’oro rosso e tingendo le loro menti con quella scena dannatamente già vissuta e meravigliosamente ricordata…

 

L’energia che fluiva via dal suo corpo portandosi via pezzi della sua forza vitale e rendendogli sempre più difficile mantenere il contatto con il braccio del suo Cavaliere. Doveva resistere, non poteva cedere, non lui, non il grande Ivanov, non ora che poteva porre fine a tutto quel dolore e mandare all’Inferno la Causa che aveva portato la morte di sua sorella.

Cercò di mantenere il contatto oltre le sue possibilità, fino a che non avvertì il corpo incredibilmente leggero accasciarsi verso il basso come un fantoccio di carta; perse Takao ma probabilmente non si rese neanche conto di aver sbattuto il viso contro il suolo fangoso, perse conoscenza dopodiché fu buio.

- Si è ripreso con una velocità impressionante rispetto ai suoi compagni – storse le labbra a quelle parole, come se le trovasse acide, amare, pesanti sullo stomaco, ma intanto il continuo ed inesorabile passare dei giorni non facevano altro che lasciare dentro di lui un sempre più gravoso peso, ed una sensazione di orrore crescente. Si era ripreso, l’unico fino a quel momento, avrebbe dovuto essere felice, o quantomeno soddisfatto…Eppure si faceva schifo, non sopportava il suo riflesso e passava le ore a camminare per i corridoi inamidati dell’ospedale come il fantasma di se stesso, osservando i suoi compagni apparentemente addormentati, prede in realtà di quello stadio d’ombra dal quale non era certo che si sarebbero risvegliati. E lui li osservava, in silenzio, quasi senza un controllo diretto dei suoi gesti, si muoveva semplicemente andando da una camera all’altra sperando di intravvedere un viso muoversi, e rendendosi sempre più conto della realtà nuda e cruda: era preoccupato per loro, talmente preoccupato che non trovava neanche lo spazio per essere felice della sua guarigione, anzi tutto ciò non faceva altro che farlo imbestialire ancora di più; qualcuno là in alto doveva veramente avercela a morte con lui per lasciarlo in quella situazione…Un vivo che era più morto dei morti.

E ora si sentiva solo; la cosa non lo aveva mai veramente impensierito, la solitudine non era mai stata una compagna spiacevole, anzi lui si era sempre murato dietro la soddisfazione di essere immune alla necessità di aver bisogno di qualcuno. Lui era orgoglioso della propria resistenza, del proprio essere e mai l’aveva minimamente sfiorato l’idea che avrebbe potuto soffrire per solitudine…Eppure ora si sentiva ingannato, tradito da quella luce che aveva intravisto per un breve istante e che gli era stata portata via.

Luce che lo osservava deridendolo ogni volta che posava gli occhi sul viso di Julia, a cui più di ogni altro aveva rivolto le sue attenzioni e quasi le sue preghiere. Lui che non pregava mai.

 

Non era mai sceso nell’obitorio dopo la guerra e solo una settimana dopo ebbe il coraggio di farlo. L’aria era fredda già in prossimità della rampa di scale, e mentre metteva un piede innanzi all’altro Yuri si rendeva conto che forse non avrebbe avuto la forza di scendere oltre, ma poi stendeva la gamba ancora una volta.

Il silenzio urlava dentro ed attorno a lui, infastidendolo e rendendogli sempre più ostica la discesa, ma sarebbe arrivato fino in fondo, almeno questo lo doveva.

Arrivò in fondo alla scalinata con il fiato sospeso e senza aggrapparsi alla sbarra laterale, quasi temesse di sfiorare con la pelle quel gelido metallo su cui respirava l’aria di Morte.

Doveva affrontare quella sua paura, doveva vincerla, doveva superare quel senso di disprezzo non tanto verso la morte, quanto più verso se stesso; era quella l’ineluttabile verità: si odiava, aveva permesso che sua sorella gli morisse davanti agli occhi e non l’aveva impedito, aveva visto Crystal allontanarsi da loro ed intraprendere un cammino tortuoso e infido e non l’aveva fermata…Era ora lei era oltre quella porta mentre lui era vivo e perfettamente in piedi.

Strinse le labbra fino a farle sanguinare abbassando la gelida maniglia e varcando la soglia di quella stanza fronteggiando inutilmente le ombre ed il gelo della sua colpa che lo assalirono con un muto attacco, un unico fendente sferrato da una creatura dal volto bianco, quasi tendente al violetto con ciocche di capelli vermigli sparsi ad aura su un lettino metallico, gelido e trasparente come le lacrime che caddero sulle sue labbra secche non più baciate dal respiro.

 

- A che pensi Yuri? –

Lui si scostò appena dall’immagine di quel tramonto cremisi rivolgendosi a Julia che ancora poggiava la schiena sul suo petto godendosi il tepore di quell’abbraccio insieme alla vista di quel meraviglioso tramonto.

Yuri la strinse più energicamente a sé, come ad accertarsi che fosse veramente lì accanto a lui, continuando ad osservare come rapito quel sole che si tuffava oltre le montagne dorate della sua terra, ripercorrendo quel film da dove l’aveva interrotto…

 

Corse fino a che non arrivò in prossimità della porta, senza pensare di essere in un ospedale, senza preoccuparsi delle occhiate di rimprovero dei medici e degli infermieri, semplicemente corse, colpendo inavvertitamente nella foga Kate che camminava nella direzione opposta alla sua brandendo un paio di cuffie per le orecchie un filo che andava a nascondersi nella tasca di quei pantaloni troppo grandi per lei.

La superò senza degnarsi di rivolgerle un cenno, arrestandosi di colpo quando la vide muoversi sulla porta sorretta da Rei e Raul.

Per un millesimo di secondo si disse che giusto per quell’occasione avrebbe preferito che gli altri avessero continuato a dormire.

- Ciao Yuri, direi che sei in forma smagliante – disse Rei alludendo alla sua corsa frenetica.

Raul gli rivolse uno sguardo infastidito stringendo la presa sul fianco della sorella che gli scoccò un’occhiataccia. – Non perforarmi il fianco, grazie –

Yuri si sentì come se qualcuno gli avesse preso quel masso che aveva portato fino a quel momento e l’avesse scaraventato via con forza, lasciandolo libero di respirare normalmente.

Lei si volse verso di lui con un sorriso appena accennato, mostrando un’espressione che però tradiva una felicità incredibile, ed una voglia di esplodere in tutta la sua irradiante energia. Pallida, con qualche graffio, ma con due occhi ridenti e svegli come quelli che aveva scoperto di adorare, di amare probabilmente, in ogni caso, occhi che gli faceva bene avere su di sé.

E lei lo continuava a sondare, quasi lo studiasse, quasi cercasse di leggergli nella mente come già tante volte era riuscita a fare, quasi si aspettasse di essere in grado di prevedere le sue mosse…Dimenticando per un solo fatale istante chi avesse davanti.

Un abile giocatore sa quando è il momento di attaccare, sa che l’importante per assicurarsi la vittoria è essere imprevedibile, mai valutabile o analizzabile all’avversario, e lui su questo era il migliore.

Si avvicinò a loro senza staccare gli occhi dalla ragazza e senza preoccuparsi dell’espressione vagamente intimorita di Raul che lo scrutava con sospetto. – Non disturbatevi – con un rapido movimento prese il busto della spagnola circondandolo con il braccio e sorreggendola non appena cedette per la mancanza di sostegno. Julia sgranò gli occhi sorpresa e lasciando librare un meraviglioso sorriso sul volto che poi si tramutò una risata, limpida e cristallina come la luce che per la prima volta inondò gli occhi vitrei del russo.

 

Ricordava ancora come si era appesa al suo collo e di come si era trascinata a fatica insieme a lui all’ultimo piano dell’ospedale per osservare un tramonto molto simile a quello che ora stavano guardando insieme. Da allora era passato un anno, un periodo di tempo in cui non avevano smesso di rincorrersi, di affrontarsi, di scoprirsi pagina per pagina, consapevoli di non aver letto rispettivamente ancora l’ultima pagina.

Un colpetto al petto seguito da un bacio alla base del collo lo risvegliò dalle sue riflessioni, facendogli volgere l’attenzione su un altro film, di gran lunga più vivido e presente. La baciò chinandosi su di lei ed intrappolando le sue labbra in una morsa pericolosa, tentatrice, famelica come l’indole del lupo della Steppa, irruente come quella del Cavallo del tuono, ricercando senza fiato il suo respiro, rendendolo proprio e soffocando una lieve risata sulla sua bocca..Mentre dietro di loro gli ultimi raggi dell’aura si lanciavano dietro le montagne, lasciando la pagina alla Notte, affinché potesse continuare a seguire lei la loro storia…Perché il passato era passato, non lo si poteva cancellare, ma lo si poteva superare, voltando pagina e ricominciando a scrivere…

 

                                                                              “For so long, I’ve tried to shield you from the world
You couldn’t face the freedom on your own
Here I am
Left in silence

I’ve been so lost since you’ve gone
Why not me before you?
Why did fate deceive me?”


- Ci sono prima io! –

- Non penso proprio! –

- Ehi guarda che tocca prima a me! –

No, questo era troppo anche per lui.

- Boris dare una mano ti costerebbe tanta fatica? – lo squadrò Ivan di sbieco mentre il ragazzo continuava imperterrito a fare i suoi esercizi. Calma, doveva mantenere la calma o per lui non ci sarebbe stato un ultimo campionato mondiale. – Sto per fare una strage di mocciosi – sibilò quando l’ennesimo urlo lanciato dai piccoli animati blaider gli fece perdere il controllo con Falborg che fece un bel volo nell’acqua ai lati del suo campo da gioco.

Sbuffò adirato piegandosi per l’ennesima volta a raccogliere il suo bey fradicio e preparandosi a rilanciare…Tanto l’avrebbero distratto sicuramente.

Normale amministrazione la definiva Ivan, piacevole routine secondo Sergay, una nuova pagina secondo Yuri…Un Inferno per lui. Non perché avesse qualcosa contro la nuova gestione del monastero Vorkof, oramai di esclusiva amministrazione della Neoborg e di proprietà della famiglia Hiwatari, solo che non era mai stato tagliato per avere un diretto contatto con i bambini, per quanto tutti lì dentro lo trovassero un mito e cercassero di imitarlo.

Boris si preparò a lanciare gettando prima uno sguardo ai suoi piccoli pargoli che ancora stavano accanitamente discutendo per decidere chi dovesse combattere per primo con i nuovi modelli di bey approntati dai loro esperti. “Che danno…La prossima volta a loro diamo trottole di legno” pensò accingendosi a tirare, seguendo con attenzione il timer che gli indicava i tempi.

- Tre – perché il nuovo campionato sarebbe iniziato a breve e doveva essere in forma.

- Due – perché dovevano soffiare il titolo ai BBA G-Revolution

I passi si moltiplicavano, si facevano più vicini, ma lui li ignorava, c’erano lui ed il suo obiettivo.

- Uno – perché ora aveva veramente tutto, il campionato sarebbe stato il suo palcoscenico…

- Boris aspetta vogliamo vedere anche noi! –

Una spinta alla sua gamba lo fece sbilanciare ed il lancio deviò completamente la sua traiettoria andando a cozzare violentemente contro la parete infrangibile a qualche metro di distanza.

Boris sbatté il gomito contro il pilastro più vicino non sapendo se mettersi a ridere o appendere i mostri al soffitto secondo la vecchia usanza di Vorkof.

- Boris…Ed erano solo dei bambini; non vorrei vedere che cosa faresti se avessi una diversa distrazione – la voce che lo derise sopraggiunse dal corridoio davanti a loro, venendo illuminata a fasce dalla luce artificiale della palestra e dagli argentati raggi lunari che s’intrecciavano fra loro disegnando eleganti riflessi sul corpo meravigliosamente formato della donna in avvicinamento. Boris sorrise con un ghigno lanciandole uno sguardo d’intesa che lei colse al volo.

- Su ragazzi, di là è pronto, andate a mangiare – ordinò la donna con fare autoritario ma con una sottile nota di dolcezza che usava solo per rivolgersi a qui pidocchi.

- Grazie Crystal! – se Boris avesse saputo prima cosa li avrebbe allontanati dalla palestra avrebbe ordinato cibo giapponese per tutti.

- Tu non mangi? – chiese il russo una volta che la palestra si fu svuotata e dopo che Boris ebbe annuito in direzione di Sergay che aveva accuratamente accostato le porte, lasciandoli soli.

Lei si strinse nelle spalle rimanendo ancorata al suo posto, illuminata dai raggi della luna e specchiandosi sul lucido pavimento della stanza, che rivelava una ragazza dai rigidi lineamenti e capelli rossi vagamente mossi. Nessuno sapeva cosa fosse successo a Crystal, se ricordasse qualcosa dei momenti immediatamente precedenti al suo risveglio, ma lei in ogni caso pareva non volerli menzionare, diceva di non ricordare, ma nonostante fosse sempre stata una brava mentitrice, Boris non ci aveva mai creduto, ma non l’avrebbe  forzata a dirgli qualcosa per cui non era pronta.

Ciò che sapeva era che ora Crystal era lì, viva, bella e soprattutto felice. Ancora quando l’osservava temeva che potesse svanirgli davanti agli occhi come una nuvola di vapore in una giornata d’inverno e quando si addormentava gli apparivano davanti al viso gli occhi spenti della ragazza che amava, i suoi capelli bruciacchiati e spezzati, il labbro tumefatto ed il volto ridotto ad una maschera di sangue e dolore che chiedeva solo di non lasciarla andare…Si svegliava di soprassalto e correva fino alla camera di Crystal controllando che fosse lì e che respirasse, poi tornava indietro cercando di sfuggire ai ricordi di quel dolore che non accennava a scomparire, nonostante fosse stato abbondantemente ricoperto da nuovi ed emozionanti ricordi…

 

Accarezzò il suo viso ancora una volta, immergendo le dita in quei crini sottili, desiderando che gli rimanessero sempre fra le mani, e scrutando con dolore quelle palpebre d’avorio fragili come argilla. Non riusciva a staccarsi, sapeva che non doveva rimanere lì, il freddo di quella stanza era incredibile e nelle sue condizioni avrebbe dovuto stare a riposo, ma non ce la faceva…Non poteva allontanarsi da quel letto.

Prese una mano gelida fra le dita e la chiuse tra le sue in modo da scaldarla fino a quando non avvertì il freddo contatto diramarsi in lui scorrendogli lungo la spina dorsale e raggelandogli tutto il corpo.

Era ingiusto, se lo ripeteva senza sosta, senza smettere di guardarla consapevole quanto fosse inutile, ma che venisse pure qualcuno a dirgli che era un idiota a fissare un cadavere…L’avrebbe preso a pugni riducendolo in uno stato ben peggiore di Crystal. Perché nessuno poteva giudicare il suo dolore, nessuno poteva permettersi di dire una parola su tutto quello che le era successo…Nessuno, perché se erano lì lo dovevano solo a lei.

Yuri si rialzava a fatica cercando di trovare in Julia un punto di forza, Rei, Max, Takao e tutti gli altri si erano ripresi e presto avrebbero ricominciato…Mentre loro no. Lui non sapeva se ci sarebbe riuscito, e francamente non gli interessava, voleva fare le cose a modo suo, nessuno doveva dirgli cosa fare, nessuno poteva capire cosa stava provando in quel momento…Nessuno.

Le mancava, si detestava per averle permesso di fare di testa sua…L’aveva consegnata lui ai Demoni su un piatto d’argento; avrebbe dovuto proibirle di andarsene quella sera…Avrebbe dovuto fare tante cose che non aveva fatto e dire tante cose che non aveva detto.

- Maledetta testarda – ma lei aveva voluto rischiare, aveva messo il suo senso dell’onore, il suo amor proprio davanti a tutto…Ed era morta per salvare loro. Ironia della sorte, come lui fosse stato salvato proprio dalla ragazza che in realtà avrebbe protetto a costo della sua vita…C’era una sorta di gioco sadico dietro e Boris non poteva che vedere come quell’orrenda pianta si fosse aperta sotto i suoi occhi, lasciando che tutti i pedoni cadessero uno dietro l’altro portandosi dietro anche la sua regina.

- Sei una stupida…Non avrei dovuto farti fare di testa tua –

- Ti avrebbe odiato se glielo avessi impedito –

Si voltò con un moto di rabbia improvviso incrociando lo sguardo raggelante ed apatico della figura appoggiata alla parete che lo osservava senza una minima inclinazione nell’espressione.

- Da quanto sei qui? – chiese tagliente facendo ben presente che la sua presenza non era gradita.

- Abbastanza per vedere quanto può essere facile demolire le difese di una persona –

- Bene, ora che hai constatato questo te ne puoi anche andare – sibilò lui.

La figura non parve scomporsi, tanto che non si allontanò, anzi si portò davanti a Boris squadrandolo con i suoi occhi azzurri dannatamente familiari.

- Che ci fai ancora qui Hiwatari? – oramai non era più un mistero e non riusciva quasi a credere che avrebbe  potuto dare quel cognome ad una donna. Aveva tutto della famiglia di Kai, stessa espressione, stesso sguardo, ma anche la stessa sfacciataggine… - Nel caso non avessi ancora acquisito la percezione emotiva te lo ripeto…Vattene o..- lei lo prese per le spalle avvicinando il viso ad una distanza millimetrica dal suo e perforandolo con quei dannati stiletti azzurri. – Piangi, disperati, ucciditi se ti farà sentire meglio…Se lei fosse qui pensi che sarebbe fiera di te? –

- Frasi fatte tesoro, comprane una nuova –

- Non sono frasi fatte, sono fatti veri. Sono sensazioni devastanti, ti corrodono da dentro, non riesci a respirare, non riesci a capire come mai l’aria invece di darti la vita te la tolga –

- Non accetto morali da una che non vive da neanche una settimana! – non riuscì a controllare la rabbia, la furia cieca ed il dolore che gridava una vana vendetta verso ignoti; si scagliò sulla ragazza tentando di scrollarsela ma lei con un’abile mossa lo ancorò alla parete sferrandogli un pugno in pieno viso e prendendosi a sua volta un colpo sul collo. – Non provarci Huzenstov…Non credere di essere il solo ad aver visto la sofferenza…Piangerti addosso, scagliarti come una belva non ti ridarà nulla…Ma tu a differenza di altri hai una possibilità impagabile. Hai Hilary che può riportarla indietro…- chinò il capo come se facesse fatica a parlare e Boris rimase quasi colpito da quella reazione.

- Devi fidarti di lei –

- Tu ti fidi? Non ci conosci neanche –

Lei alzò lo sguardo verso il suo scontrandosi con un dolore che evidentemente doveva trovare molto simile al suo, tanto che Boris per un piccolo istante riuscì quasi ad avvertire una sorta di somiglianza fra loro.

- Se mi fermo a piangermi addosso non lo saprò mai -

 

Per una volta dalla bocca di un Hiwatari era uscita una frase sensata.

Quando l’aveva vista sulla soglia del Monastero, con i vestiti logori, il viso sporco e bagnato dalla pioggia invernale di gennaio, aveva creduto di vedere un fantasma, ma rischiando quasi un infarto l’aveva guardata come se si aspettasse che svanisse da un momento all’altro. Tuttavia quando lei gli sfiorò il braccio quasi con le lacrime agli occhi, solo allora si risvegliò dall’iniziale incredulità e l’abbracciò con forza, stringendola a sé come per riassorbire il suo profumo, come per tornare ad avere familiarità con la sua pelle fredda e liscia color avorio e quando l’avvertì ricambiare seppur timidamente il contatto si sentì scoppiare dalla felicità e dall’euforia. I suoi occhi si erano riempiti di lacrime sorridenti, di un’emozione che in un lampo cancellò tutto il dolore e la morte che per mesi aveva covato nel cuore e gli permisero nuovamente di tornare a spalancare le ali e volare in alto, questa volta non da solo.

- Pensi troppo Boris –

Alzò lo sguardo accorgendosi di aver divagato troppo solo quando la vide a pochi centimetri da lui con ancora Seraphion tra le dita. Si volse verso di lei ancora ringraziando il cielo per averla lì.

- Sai che non mi piace essere osservata – gli fece notare lei.

- Esci dal mio campo visivo allora – lui si fece più vicino.

- Questa è originale te lo concedo – scherzò lei alzando i palmi sui suoi occhi e chiudendogli le palpebre oscurandogli la vista, ma irradiandogli le membra quando due fredde labbra si poggiarono sulle sue con un’iniziale dolcezza, che crebbe rapidamente in una lotta per assorbire uno il respiro dell’altra; la strinse a sé con una naturalezza che oramai era loro, che aveva faticato per trovare e che non avrebbe perso per nulla al mondo…Erano andati oltre il passato, oltre la gelosia, oltre il dovere e la morte, sorvolando difficoltà e lacrime con ali sempre più forti, sempre più motivate e decise ad arrivare fino in fondo…Non l’avevano raggiunto ancora, non l’avrebbero mai raggiunto, ma avrebbero continuato a volare: un Falco sotto un Cielo di Stelle.

 

“And at the end of the day remember the days
When we were close to the end
And wonder how we made it through the night
At the end of the day
Remember the way
We stayed so close to the end
We'll remember it was me and you”


- Povero piccolo, sorpreso di rivedermi? –

Serrò violentemente i pugni conficcandosi le unghie nei palmi ed ignorando il dolore mentre un’ansia crescente prendeva possesso del suo corpo e gli faceva contorcere i muscoli dal terrore e ricoprire la pelle di un viscido sudore gelido.

- Tu dovresti… -

- Povero piccolo Takao, guardati temi la mia ombra come i bambini temono l’uomo nero. Sei patetico –

Ancora la sua voce, ancora i suoi occhi rossi come il sangue, ancora quel dolore…Ancora Lei.

- Tu sei…-

- Morta? Già come se bastasse questo a pulirti dalle tue colpe amore mio…Guardati attorno. Ti hanno lasciato tutti. Tu hai tradito loro e ora ti hanno abbandonato. Tutta quella grande amicizia che credevi vi legasse in realtà non è altro che un tuo castello di carte –

- Non è…Menti – tremava ed il freddo gli bloccava il respiro impedendogli di respirare. Doveva fare qualcosa, ma non riusciva a sottrarsi anche questa volta a quegli occhi.

- Vattene via… -

- Cosa fai piangi Takao? –

La odiava, non la voleva più stare a sentire, ma non riusciva ad uscire da quel tunnel, scappava e lei era sempre davanti, dietro, dentro di lui e lo tallonava senza lasciargli tregua solo con occhi e voce.

- Vattene! –

- Takao –

- Lasciami stare! – agitò le braccia davanti al viso per allontanare quel volto da sé, per colpirla, per liberarsi dalla sua presa, per sottrarsi a quella forza che ora l’aveva immobilizzato.

- Cavaliere…Takao! – si sentì sollevare verso l’alto e scuotere con energia ed improvvisamente la voce cessò, gli occhi cremisi di Samantha svanirono, lasciando solo una scia di paura e sudore, mentre davanti a lui apparvero i visi di Daichi e Kate, il primo preoccupato e spaventato, la seconda seria e concentrata.

Takao sbatté le palpebre rendendosi conto di aver appena avuto un incubo, l’ennesimo.

- Sto bene, scusate – si scusò imbarazzato massaggiandosi la nuca con la mano che Kate gli aveva appena lasciato libera, mentre non la smetteva di analizzarlo, come a voler ricercare dentro di lui la risposta alle domande che le imperversavano nella mente.

- Sto bene davvero Daichi – aggiunse notando l’espressione dubbiosa dell’amico, che seppur titubante annuì e tornò ad immergersi nel suo futon riaddormentandosi di getto.

Takao si prese la testa fra le mani cercando di isolare i suoi estranei dalla mente, ma non appena chiuse gli occhi, la paura di tornare nuovamente a fare i conti con il suo passato lo terrorizzò profondamente.

Alzò lo sguardo verso la russa quando si accorse della sua presenza ancora fissa su di lui.

- Kate, sto meglio…Torna a dormire – la rassicurò lui stendendosi e cercando di riaddormentarsi dandole le spalle, come a proteggersi dal suo studio. – Non puoi dimenticare il passato, ma puoi liberarti dalle sue catene portando con te la loro chiave –

La sentì alzarsi e tornare al suo posto senza più aggiungere altro, lasciando a lui l’onere di trovare quella chiave e con essa l’arma per sconfiggere le sue Ombre.

 

Il giorno successivo alla vista della convocazione personale di Daitenji nel suo studio Takao avvertì come un brivido lungo la schiena, ma essendoci anche Daichi non volle apparire troppo inquieto. Imbracciarono le biciclette e in pochi minuti arrivarono nello studio restaurato di recente delle BBA, e salirono all’ultimo piano, nella stanza del presidente che li fece entrare immediatamente.

- Oh cari ragazzi, finalmente siete arrivati – li salutò cordialmente il vecchio, mentre nella poltroncina accanto alle due lasciate libere, una Kate indifferente li osservava senza mostrare né disappunto né felicità.

- Ciao Kate, come mai qui? – domandò Takao-

Lei si strinse nelle spalle senza rispondere.

- E’ qui per la convalida dei suoi documenti. Kai da Mosca è stato bravo, ha risolto tutti i problemi legati al suo riconoscimento. Sono finalmente lieto di presentarvi non più Kate Sumeragi, la cugina lontana di Daichi, ma Kate Hiwatari – la presentazione enfatica e carica di solennità del presidente lasciò interdetti i due ragazzi, che comunque si voltarono verso la bruna che pareva ancora inconsapevole dell’importanza della novità.

- Non sei contenta? – domandò Daichi

- Non ne vedo il motivo –

- Beh…Ora hai il tuo vero cognome! – esultò il ragazzino cercando di farle capire cosa significasse.

- Emozionante…Oltre che per un aspetto prettamente giuridico, a cosa serve? – chiese Kate rigida. Takao sbuffò vagamente divertito; gli risultava ancora difficile credere che Kate dovesse ricominciare tutto da capo, dal crearsi un’identità, al capire il mondo, al comprendere le persone e le loro emozioni. Sembrava veramente una creatura apatica, scolpita nel ghiaccio in una caverna, ma non perché fosse ottusa o granitica, ma semplicemente perché le mancava il contatto umano con il mondo e tutto ciò che possedeva era dato dai pochi ricordi dei suoi primi mesi di vita e quelli legati all’Oblio nel Limbo.

Ora da quasi otto mesi la ragazza si era trasferita a Tokyo dove alloggiava in uno degli appartamenti messi a disposizione dalla BBA per i suoi blaider in trasferta, anche se capitava spesso che Nonno Jay la costringesse a rimanere da loro insieme agli altri.

Era maledettamente un Hiwatari e di questo Takao se ne rese conto fin dal primo momento in cui decise di non seguire il fratello a Mosca mesi addietro; disse che aveva bisogno di conoscere, di assaporare la vita, prima di tornare in Russia, lì dove tutto era iniziato e dove certamente avrebbe corso il rischio di doversi trovare faccia a faccia con Hito, il quale l’aveva venduta per un Bit-Power…Inoltre Takao pensava che lo facesse un po’ anche per Hilary…Il suo ricordo bruciava come un marchio ardente sui cuori di tutti…Il suo in modo particolare.

Non era stato facile per lei iniziare a vivere, rapportarsi con la gente, persino accettare il ringraziamento di una vecchietta quando la si aiutava a portare il cestino della spesa era qualcosa di insolito per lei, e Takao si era reso conto di quanto tentasse di adattarsi a quel mondo così nuovo per lei e di come ci provasse nonostante le difficoltà, a vivere libera dal suo passato.

Un po’ come lui.

Già peccato che lei aveva visto il vero Inferno e si stava rialzando, lui invece non riusciva a dimenticare qualcosa di molto più piccolo ed insignificante se messo in paragone…

 

Lanciò la pietra perfettamente levigata e piatta sull’acqua facendole compiere lunghi salti sul pelo dell’acqua tinto d’arancione e seminato con piccole scaglie d’oro che ne facevano risaltare le sfavillanti increspature. Il rumore di un treno sulla rotaia sopra di lei coprì appena il suono delle note che partivano dal suo lettore musicale custodito nella tasca. Le piaceva la musica, le piaceva camminare osservando tutto ciò che le si presentava davanti, ed al contempo guardare in un mondo a parte, nascosto fra le pieghe sottili delle note, mimetizzato tra gli intrecci delle parole con il ritmo, ora lento, ora movimentato.

Inoltre sembrava quasi che per uno strano gioco del Caso, le musiche seguissero il filo dei suoi pensieri, sembravano quasi modellarsi per dare forma ai suoi stati d’animo, cantando insieme a lei il tormento, la paura, l’inadeguatezza ma anche la gioia, la sorpresa ed il coraggio.

Trasse un respiro profondo prendendo Dike dalla tasca e rigirandoselo attentamente fra le dita. – Ce l’abbiamo fatta…Siamo fuori. Non so se riuscirò mai ad abituarmi a tutto questo…Non riesco sempre a comprendere come funzionino le persone –

Si erano mostrati tutti gentili con lei, le avevano mostrato rispetto e non aveva avuto particolari fastidi, il signor Kinomiya sembrava quasi trattarla come una di “famiglia” e persino il presidente Daitenji le aveva offerto senza alcuna pretesa un alloggio…Perché dovevano tutti essere così?

Sentiva come se dovesse anche lei dimostrare loro qualcosa, ma non riusciva a capire cosa, non sapeva esternare ciò che provava e per questo si sentiva in difetto, confusa in un universo forse troppo in avanti per lei.

- Sono rimasta troppo indietro Dike? – Aveva promesso a Jean che si sarebbe liberata del loro ricordo, ma era difficile…Maledettamente difficile.

- Forse direi giusto un po’ –

Si volse di scatto indispettita per il semplice fatto che qualcuno l’avesse spiata e fortemente irritata quando riconobbe l’intruso. – Kinomiya – sibilò

- Ah ma è una mania, Hiwatari. Tale fratello tale sorella! – sbottò Takao scherzando sedendosi sul prato accanto a lei.

Lei lo scrutò di sottecchi nascosta appositamente dai lunghi capelli castani che le scendevano ribelli ai lati del viso e per una ciocca anche sull’occhio destro.

Era incredibile quel ragazzo. Solo la sera prima l’aveva visto contorcersi in preda agli incubi, legati probabilmente al suo recente trascorso, e ora invece sembrava in vena di scherzare. Eppure Kate sapeva che cercava in tutti i modi di celare la sua preoccupazione e quella paura che lo teneva ancorato al ricordo di Samantha e Hilary…Ma allora perché cercare di dissimulare il disagio? Questo Kate non lo capiva.

- Allora è qui che vieni…Potrei quasi chiederti la tassa sai? –

Kate lo osservò dubbiosa e lui si tolse il berretto appoggiandolo sul prato e osservando il sole che si specchiava nelle acque del fiume. – Questo posto è molto importante per me…Per tutti noi a dir la verità. Sai, sei seduta proprio sul punto in cui per la prima volta vidi Kai, e se non sbaglio era proprio in un’ora simile a questa. Ricordo che c’era un tramonto rosso e la sciarpa di Kai sembrava una mano nera in avvicinamento –

Kate lo ascoltò attentamente, sforzandosi di mostrare un viso interessato anche se le riuscì male, tuttavia Takao non se ne curò, continuando a parlare come se le parole gli stessero per sfondare le labbra per la voglia di uscire. – Quante ne abbiamo passate! Questo era il posto in cui ci allenavamo, in cui abbiamo incontrato gli Scudi Sacri, in cui Hilary vide il suo primo Bit-Power, in cui ho atteso il ritorno di tuo fratello prima della Justice Five…Insomma qui trovi tutti i nostri ricordi –

Kate avvertì come una scossa partire dalla terra a quelle parole. La terra, l’erba, le singole pietre le apparivano come impregnate di tutte le parole di Takao, riusciva a captare il legame tra il ragazzo e quel luogo e per un momento ebbe il desiderio di scappare via, di allontanarsi da quel posto così “ricco”, ma una parte di lei si sentì quasi fiera dell’aver scelto di sedersi su quel prato. Kate sgranò gli occhi: da quando lei si sentiva “combattuta”?

- Ecco perché dovrei chiederti il pedaggio, sei in una “proprietà privata” – scherzò il giapponese.

Lei inarcò un sopracciglio incrociando le braccia al petto con un’espressione che fece scoppiare a ridere l’altro, cosa che succedeva di rado – Oddio ma sei proprio la sorella di Kai che diamine! –

- Come fai ad essere così allegro? – tagliente, precisa, diretta. Non aveva molto tatto doveva riconoscerlo.

Fu Takao però a sorprenderla – Forse è il posto…Samantha non è mai venuta qui, questo posto non l’ha conosciuta, qui lei non esiste e mi piace ricordarlo come l’ha lasciato Hilary –

- Ma la notte… -

- E’ il mio incubo. Mentre per te lo è di giorno – finalmente il ragazzo si volse verso di lei scrutandola a sua volta.

Kate si sentì presa in contropiede – Tu di notte sei tranquilla, mentre il giorno… -

- E’ il mio incubo – finì Kate distogliendo lo sguardo da lui e tornando a puntarlo sul sole che oramai stava lasciando il posto alla sua dama vestita d’argento.

- Beh allora direi che abbiamo due chiavi da trovare – fece lui ricordandosi di quello che gli era stato detto la notte prima. Kate strinse il pugno contraendo la mascella. Avevano quindi un obiettivo comune.

Quando la mano di Takao le si presentò davanti agli occhi la osservò sconcertata per qualche istante – Non ci dobbiamo presentare – disse lei

- Questo gesto significa anche “patto” – le rispose lui in piedi davanti a lei.

Lei lo osservò ancora un attimo concentrandosi sui suoi occhi che finalmente sembravano più “vivi” e quando anche lei ricambiò la stretta avvertì di aver fatto la cosa giusta.

- Allora che ne dici di vedere se sei pronta per queste eliminatorie? Guarda che ci sono molti blaider in gamba e tutti aspirano al posto da titolare al fianco del sottoscritto –

- Chi ti dice che sarai nuovamente titolare? – lo rimbeccò lei di getto sorprendendosi di averlo fatto.

- Ma perché io sono il campione del mondo! –

- Solo perché io non ne facevo ancora parte –

Takao sorrise a quella frase preparando Dragoon – Ma che brava Hiwatari ora facciamo anche battute di spirito, impari in fretta –

Kate lo guardò con quello che poteva definirsi il suo primo sorriso – Taci Kinomiya e combatti –

- Tre – avrebbero sconfitto i loro demoni

- Due – avrebbero trovato le due chiavi che li tenevano ancora ancorati ai loro ricordi

- Uno – avrebbero volato sui cieli dell’inquietudine e della colpa sempre più veloci

- Pronti…Lancio! – e forse avrebbero scoperto che il peso del Passato è più leggero se lo si porta in due…

 

*

 

- Ti amo, tanto – un sussurro appena udibile con le orecchie, ma dolcemente adagiato sulle sue labbra come una piuma. Rimase qualche istante ad osservarlo dormire illuminato dai raggi della luna, che sottili e delicati depositavano polvere d’argento sulla sua pelle chiara e sui triangoli blu tatuati sul viso. Cercò di imprimersi nella mente quei lineamenti rigidi e perfetti, quel profilo austero e all’apparenza severo, per non dimenticarlo mai.

Si alzò delicatamente dal letto su cui erano stati abbracciati tutta la notte, lei con ancora il maglione che le aveva mandato Mao quando aveva saputo che avrebbe trascorso Natale e Capodanno in Russia dal suo ragazzo. In realtà lei aveva progettato tutto fin dall’inizio, Kai non era stato d’accordo, poi aveva ceduto ma con la condizione che ci avessero provato insieme, ma lei sapeva che non era una cosa che avrebbero potuto fare insieme…No, solo lei poteva farlo, solo lei…La Custode dei Portali.

Si infilò una giacca pesante e cercando di fare meno rumore possibile s’incamminò attraverso i lunghi corridoi del Monastero Neoborg dove la vita era tornata quasi totalmente alla normalità; lungo le pareti e sulle porte s’intravvedevano delle ghirlande e dei fiocchi rossi, ma tutte quelle modeste decorazioni sembravano capitate lì per caso, come se in realtà non avessero alcuna voglia di trovarsi lì, o come se chi le aveva appese avesse trasferito la sua tristezza in loro.

Hilary avvertì il cuore stringersi quando passò davanti all’unica camera su cui non vi era neanche un fiocco o un festone, ma da cui proveniva un gemito di dolore simile ad un pianto silenzioso. La ragazza s’accostò alla porta intravvedendo la figura longilinea di Yuri, ora piegata in due sul letto vuoto di Crystal.

La giapponese strinse le mani sul tessuto della giacca tenendo a freno le lacrime e cercando di non farsi vedere o sentire dal russo. Solo per Julia aveva visto Yuri in quello stato, le faceva male vederlo soffrire in quel modo, lui che aveva fatto tanto per loro e che ci aveva rimesso per tutti. Strinse i pugni allontanandosi da quella stanza e scendendo lentamente le scale, decisa a compiere il suo dovere, consapevole del rischio, conscia del fatto che probabilmente non sarebbe tornata indietro; Kai l’aveva salvata donandole parte della sua energia vitale durante lo scontro con Algor, quel raggio più intenso degli altri era stato un ponte fra loro, e attraverso di esso il Cavaliere era riuscito a darle parte della sua energia, salvandola di fatto da morte certa…Ma ora era il suo turno e nessuno l’avrebbe potuta aiutare; sua era la forza e suo era il Potere.

Non poteva lasciare che Crystal pagasse per tutti.

Non poteva permettere che Yuri e Boris perdessero una sorella e un amore senza che lei avesse tentato.

Non poteva continuare a vivere sapendo che qualcuno era morto per darle la possibilità di vincere, anche se la persona in questione li aveva traditi. Crystal era stata forse quella che più di tutti aveva seguito il cuore, se stessa, che aveva ascoltato l’istinto, nel bene e nel male…

Uscì dalla porta sul retro e percepì immediatamente i fiocchi di neve scivolare delicati sulla sua testa ed insinuarsi fra i suoi capelli scuri per poi scendere freschi e lisci sul collo e lungo la schiena. Una nuvola di vapore si levò dalle labbra della ragazza dissolvendosi sul suo viso arrossato per il freddo. Hilary fece qualche passo avanti fermandosi a qualche metro dall’edificio dove tutto attorno a lei era bianco e tutto danzava come a volerla invitare a fare altrettanto, a scivolare in quell’Oblio di candore e perdizione in cui gli uomini precipitano senza rendersene conto quando perdono coscienza di sé…

“Nike…E’ ora”

 

SI svegliò di soprassalto, una sensazione di freddo, di elettricità, di fuoco, vento…Pericolo.

Un sesto senso, come quelli che si attivano quando si avverte un pericolo, un male, un…

“Hilary” pensò tastando il letto accanto a sé e trovandolo vuoto. Il panico lo prese alla gola e allo stomaco, il cuore gli si contorse in una morsa d’acciaio e per qualche istante non respirò. Secondi di panico, di terrore di paura…Non seppe perché, probabilmente era dovuto al fatto che la conosceva fin troppo bene, ma Kai capì immediatamente dove fosse la sua ragazza e cosa stesse per fare. Scattò in piedi e come un fulmine e rapido gettò un’occhiata alla finestra che dava sul cortile interno e gli si raggelò il sangue quando una luce prese forma da dentro il corpo della giovane al centro del giardino immacolato.

Sgranò gli occhi paralizzato dopodiché prese a correre verso le scale senza preoccuparsi di chi avrebbe potuto svegliare a quell’ora, con la testa che gli urlava di correre, di affrettarsi, di essere più veloce, di spingersi sempre più a fondo, di non respirare se fosse stato necessario, ma di arrivare in tempo.

Il sangue premeva sulle tempie, il cuore pompava violentemente il sangue ed il respiro di Kai si faceva sempre più pesante, ma non si fermava…”Hilary no!”

 

“Kai non la prenderà bene”

“Ne abbiamo già parlato Nike, mi pare”

“Sì, ma almeno avresti potuto sentirlo…Ti sei chiesta cosa farà quando lo saprà?”

Hilary congiunse le braccia verso l’alto e quando la luce le uscì dai polpastrelli scrisse in aria, come se avesse avuto un foglio immenso come il cielo il nome della persona che sarebbe tornata indietro.

“Lo so Nike, ma nessuno può aiutarmi e questo lo sappiamo entrambe. Kai capirà…Sono certa che capirà”

 

Aprì la porta sul retro con un calcio e si precipitò fuori finendo per poco lungo disteso sulla neve fredda. – Hilary! Fermati! – era lontana, distante da lui qualche metro e non si riusciva quasi più a vedere nulla per via dell’intensa luce che la avvolgeva in ogni centimetro di pelle. Kai sentì il dolore stilettargli il petto ed il sangue impregnare l’aria – Hilary no! – si lanciò in avanti sperando di arrivare in tempo.

 

“Kai” si volse verso la voce distante del ragazzo e per un momento fu tentata di rinunciare a tutto e di tornare fra le sue braccia, ma il pensiero di Boris e Yuri tristi chini sul cadavere di Crystal le diedero forza e convinzione. Non li metteva prima di Kai, questo mai, ma si sentiva portatrice di un dovere nei loro confronti e sapeva di avere il potere di salvare quella ragazza. Non poteva farlo con nessun altro, non avrebbe mai avuto la possibilità di ridare la vita a nessun altro e sull’unica carta che aveva c’era stato appena scritto il suo nome: Crystal Ivanova.

Sperava solo che Kai la potesse perdonare.

 

- Hilary no! – tese la mano nel disperato tentativo di prendere la sua, ma quando le sue dita toccarono la luce quella scomparve, proiettandosi verso l’alto e dissolvendosi in mille coriandoli luminosi lasciando come unica reliquia a terra un misero giaccone di pelle marrone senza neanche un corpo avvolto al suo interno.

Tutto attorno a Kai si bloccò, tutto perse voce, suono, colore, gusto, sensibilità…Non c’era più niente.

Crollò al suolo davanti alla giacca e con il viso umido di quella che avrebbe potuto essere l’acqua dei fiocchi di neve, ma non lo era neanche per metà…E non aveva alcuna intenzione a nasconderle.

- Ehi che cos’è successo?! C’è stato un lampo e così…Kai? – era Boris, o forse Yuri, non ebbe neanche la forza per voltarsi e controllare. Si sentiva annientato, privo di un sostegno, della voce, del respiro…Come un uomo in mezzo ad una tempesta che non capisce più se ciò che lo sovrasta sia il cielo in tumulto o i flutti dell’oceano.

 

- Partiremo fra qualche giorno…Alessandria d’Egitto ha un beyblade Stadium di recente costruzione ed il nostro alloggio sarà piuttosto vicino alla struttura – finì di riepilogare Crystal con voce neutrale dopo che ebbe mostrato al proiettore tutto quello che riguardava il torneo, le squadre partecipanti e ovviamente i nuovi componenti dei beyblade della NeoBorg.

- Sulla partecipazione di Kate avete avuto novità? – chiese Boris

Kai che non li stava neppure ascoltando, al nome della sorella si strinse nelle spalle. – Non ha fatto domanda qui, presumo che parteciperà con i giapponesi –

L’aveva sentita giusto qualche ora prima, e sebbene la ragazza si fosse tenuta sul vago era certo che avrebbe partecipato al campionato con i colori nipponici; non si sentiva né tradito né tantomeno lasciato in secondo piano, ammirava anzi il comportamento della sorella: lei si era data da fare, aveva scelto di ricominciare una vita lontano dai suoi fantasmi e dai suoi demoni incorrendo in quelle piccole sciocchezze quotidiane che per quanto infime in realtà rendono la vita un’eterna corsa…Era lui che si era fermato.

Certo non tutti i sensi, a modo suo anche lui aveva cercato di reagire alla scomparsa di Hilary, allenandosi, facendo ristrutturare la villa distrutta che ora sapeva essere appartenuta ai suoi genitori e quindi a lui e Kate, aveva preso in mano le redini del Monastero rivoluzionandolo completamente anche grazie all’aiuto di Crystal e tutti gli altri ragazzi. Aveva fatto di tutto e di nulla per tenersi occupato, per non pensare, ma alla fine il ricordo, a distanza di sei mesi tornava sempre a lei. L’aveva vista svanire davanti a lui, aveva visto la sua ragazza andarsene e portarsi via non solo la sua vita, ma anche la vita di chi aveva scoperto d’amarla. Proprio ora che avevano sconfitto i Demoni, proprio ora che aveva compreso di essere innamorato di lei, proprio ora che aveva messo a tacere il suo orgoglio…

- Kai mi ascolti? –

Il russo sbatté le palpebre tornando al presente e venendo subito scrutato dallo sguardo rigido di Crystal – Dicevo…Per te non ci sono problemi se ripetiamo la stessa formazione dello scorso torneo? –

- No – con quella risposta si alzò dirigendosi verso l’uscita dello studio, deciso a prendere un po’ d’aria e ad allontanarsi dai loro sguardi…Occhi che non provavano pietà per lui, ma che di certo sapevano di aver ottenuto qualcosa a suo discapito.

 

Calciò ancora lo stesso sasso con cui aveva percorso diversi metri, prima di spararlo direttamente contro il tronco di un albero e lasciarlo lì riprendendo il suo cammino solitario. Forse doveva semplicemente riprendere da dove si era interrotto, da chi era prima di conoscere Hilary Tachibana e ricominciare ad essere il “vecchio Kai”, quello arcigno, quello egoista, quello sicuro di sé…Eppure questo non era cambiato.

Hilary non aveva modificato il suo modo di essere, ma l’aveva semplicemente legato a sé amando ogni sfumatura della sua incostante personalità e facendolo sentire bene nonché amato.

Non sarebbe mai potuto tornare nulla di quanto già non fosse, e dimenticare Hilary sarebbe stato impossibile, perché oramai lei era stata scolpita dentro di lui e mai niente l’avrebbe potuta rimuovere o sommergere.

L’aveva ammirata, il suo coraggio, la sua lealtà avevano dato prova alla sua validità in quanto Custode e lui era fiero di lei…E lo sarebbe stato per sempre.

- Però se fossi qui ti direi che ti ho odiato per quello che hai fatto – avvertì Dranzer scalpitare nella sua tasca come a volerlo rimproverare per quell’affermazione così lo prese fra le dita osservandolo attentamente. – La verità è che non ho avuto neanche il tempo di dirle quello che avrei voluto –

Lo squillo del suo cellulare lo distrasse da tutti quei pensieri e quasi per noia lesse il messaggio. “Yuri”

“Muoviti a tornare”

Come se fosse una novità.

Kai sospirò sommessamente riponendo Dranzer e voltandosi per tornare indietro quando in un flash di secondi i suoi sensi di blaider si attivarono percependo un rumore a lui fin troppo noto. Oramai capitava fin troppo spesso che dei blaider russi esclusi dalle eliminatorie tentassero di sfidare in incontri non ufficiali i titolari per soffiare loro il posto, e Kai non si sarebbe fatto trovare impreparato da un pivellino di quart’ordine.

Si diresse qualche metro più avanti quando il ronzio della trottola si fece sempre più forte fino a che un forte fascio di luce non si diresse verso di lui, che in un lampo di secondi estrasse Dranzer dal caricatore e lanciò con tutta la sua forza.

“Fatti sotto moccioso”

- Fatti vedere! Non sopporto i codardi! –

Dranzer si librò nell’aria ondeggiando aggressivo in attesa di un bersaglio da puntare, ma tutto attorno a Kai per privo di forme di vita umane; solo il bey, ancora illuminato e pertanto non visibile chiaramente era l’unica cosa “anomala”.

- Dove diavolo sei? – urlò Kai al Vuoto.

Improvvisamente vide Dranzer indietreggiare davanti al bey e questo lo impensierì. “Che ti prende Dranzer!”

- Vai Dranzer, Tempesta di fuoco! – ma la trottola blu non si mosse.

Kai sgranò gli occhi e li concentrò sul bey avversario. Possibile che quella luce avesse messo fuori uso tutti i suoi attacchi? No, nessuno poteva fare una cosa simile, una cosa era la tecnologia o l’energia dei Bit-Power, ma questa poteva quasi difinirsi…Magia.

- Beh almeno non sono totalmente arrugginita! E fa un piacere immenso vedere che sono stata riconosciuta da una trottola di metallo e non dal mio ragazzo! La prossima volta mi metto insieme con un pezzo di metallo! – una risata cristallina come la rugiada di montagna, calda come il sole di quel giugno appena iniziato, limpida come le acque di un ruscello di montagna, colorita come gli immensi e sconfinati prati illuminati dal sole.

“Non è possibile”

- Dove…Non è possibile –

- Dietro di te – si volse di scatto con il cuore in gola trovandosi a pochi metri da due occhi color cioccolato che lo osservavano ridenti e con la chiara espressione di chi sa di essere riuscito a sorprendere.

Hilary era lì, e non era un’allucinazione, era viva in piedi davanti a lui vestita con abiti che non le aveva mai visto addosso e che sembravano quelli degli…

- Scudi Sacri? – domandò riconoscendo la tunica.

- Non chiediamoci il perché…Mi sono risvegliata pochi giorni fa al loro villaggio. A quanto mi ha detto Mariam sembra che la prima Custode sia stata originaria di quel villaggio e che quindi tutte le Custodi siano legate a quel luogo…Io per qualche motivo sono stata portata lì. Mariam sostiene che non ero morta e che quindi la mia magia mi abbia portato nel mio luogo “d’origine”…Alla mia fonte – si calò il cappuccio di cuoio rivelando il suo sorriso luminoso e quel viso che tante volte Kai aveva sognato davanti a lui.

Non poteva crederci, era incredibile, impossibile alla mente, naturale invece per il cuore che finalmente sciolse la parete di ghiaccio che per mesi di era formata attorno a lui lasciandolo nuovamente capace di avvertire la felicità inondargli a sprazzi il corpo e l’anima.

Le si avvicinò senza smettere di guardarla temendo che svanisse come una nuvola di fumo e solo quando l’avvertì posare le mani fredde sulle sue guance e osservarlo con quegli occhi che solo lei poteva possedere si sentì davvero rinascere…Avvertì le sue ali ramate riemergere dalle ceneri e spiccare il volo, inondando quel cielo coperto di nubi di una luce calda e divampante…Come il suo Fuoco.

La baciò senza pensarci, riprendendo contatto e confidenza con quelle labbra che erano sue, che sapevano della donna che amava e che non gli sarebbe stata portata via da niente e da nessuno…La strinse a sé con possesso quasi respirando la sua aria e avvertendo una meravigliosa scossa quando lei gli avvolse le braccia attorno al collo insinuando le dita fra i suoi capelli e premendosi sempre più verso di lui.

- Ti amo…Tanto – sussurrò lei

“Anche io” non glielo disse ma la strinse con maggior forza come a farle capire con dei gesti quello che avrebbe avuto tutto il tempo per dirle a parole…

 

 

“Ho trovato una ragione per me,
Per cambiare tutto quello che ero solito essere.
Una ragione per ricominciare di nuovo,
La ragione sei tu”

 

 

Bene, dopo mesi finalmente possiamo dirlo: E’ finita.

Spero di non cadere nel retorico, ma ciò che penso e scrivo è tutto vero e sentito…Con queste ultime parole non si è chiusa una semplice storia, ma la storia con la quale tutto è iniziato…Nata da quel semplice prologo che avevo scritto ovunque…E’ una creazione alla quale ho lavorato con un amore assoluto, passavo le ore ad immaginare le scene, sempre indiscutibilmente accompagnata dalla musica e dalle sensazioni che mi evocavano ritmi, melodie e parole…Beh così è nata e sviluppata “I Cavalieri dei Sette Regni”.

Sono contenta, soddisfatta e felice per questa storia, la mia prima fic in assoluto e alla quale sarò eternamente legata; grazie a lei ho potuto conoscere EFP e questo fantastico mondo popolato da persone eccezionali che con i loro commenti e rapporti sono sempre state vicino a me. Grazie infinite^^

Questa storia vi deve molto e vi ringrazio per esserci state.

Grazie per chi ha inserito la storia fra i preferiti:

Akidu                     Hiromi91                Linn Chan               SMDO                   Sweetstar92

Anima                    HollyShort91            Lirin Lawliet            The Raindrop

Benny92                 Junkochan               Littlefairy                 Violinist

Bubii                      Kamy                     Mik92                    Scarlettheart

Chelsea_                  Layly_Lily               Rakuen                   Lilla5 

Daffyna                  Lenn Chan              Red_Eagle               Heiapple                          

E grazie ai seguiti!:

Abusiva                  Alelely                    Ametista                  Benny92                 Bixx91

BlueHinata              BLUe_DrEaM          Cherry_88                Clithia                    Helens

Death_Princess          Elena_Chan             Inuyasha_Fede          Iryael                     Juls18 

Julia Fernandez         Kiki3ciento              Kuchi                     Lenn Chan              Littlefairy

MaRmOteLla           Miharu81                 Padme86                 Pilatigirls                 Red_Eagle

Ria                        Romualdo               Seleliu                    Violinist                  Sweetstar92

E ovviamente ai da ricordare^^:

Cartacciabianca         Pich Shrooms           Pilatigirls                 Sixy_Chan

E non meno importanti le carissime persone che mi hanno seguita durante questo percorso e che mi hanno dato tantissimo. Vi ringrazierò in separata sede xD

 

Bene, ora qualche minuscola delucidazione sul capitolo:

I vari spezzoni si svolgono tutti ad un anno dall’inizio del passato torneo, i flash back mostrano più o meno ciò che ne è stato dei blaider nei mesi appena trascorsi…Ma vero che si era capito? xD

Per quanto riguarda i pezzi all’inizio di ciascuna parte…

Per Rei ho usato un passo tratto dall’Ascesa al Monte Ventoso di Petrarca (Familiari IV,1)

Per Max mi sono affidata alle parole di “Home” di Michael Bublè

Per Yuri siamo su “Shattered” dei Trading Yesterday

Per Boris andiamo sulle note dei Within Temptation con “Forgiven”

Per Takao e Kate abbiamo “High” dei Lifehouse Family

Mentre per finire per Kai e Hilary abbiamo “The Reason” degli Hoobastank

 

Bene, direi che è tutto…Posso solo sperare che questa storia sia stata di vostro gradimento, che vi abbia donato qualcosa magari di bello…Sarebbe la più grande soddisfazione!

Non credete che Avly chiuderà i battenti in ogni caso^^Come ho scritto…Si finisce una pagina e se ne riapre un’altra, anche se ovviamente non si sa quando!

Spero di ricevere le vostre ultime opinioni su questa storia e vi ringrazio di cuore!

 

Only for you, my Friends

Avly

  
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