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Autore: Martin Eden    10/04/2011    3 recensioni
Ciao a tutti!! Sono nuova in questo sito ma ormai scrivo da anni e ho sempre avuto la curiosità di sapere che ne avrebbero pensato dei lettori esterni. Questa è la prima di una lunga serie... :))
Da sempre appassionata di Signore degli anelli e simili, vi regalo una storia che parla di tante cose: di guerra...di avventura....e di amore! Ovviamente con i nostri beniamini...che si ritroveranno loro malgrado a combattere fianco a fianco con un singolare personaggio, di cui nemmeno sapevano l'esistenza.Leggete e divertitevi!! Commenti, messaggi e recensioni sono ben accetti. Grazie!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Compagni di Sventura'
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1 – L’agguato

Era da quando avevano lasciato Gran Burrone che Legolas si sentiva costantemente osservato.
Anche durante il Consiglio segreto, durante l'accesa discussione sull'Anello, prima di partire, l'elfo aveva sempre avuto la sensazione che Merry e Pipino non fossero stati gli unici ad ascoltare di nascosto.
Un'altra presenza vagava sicuramente fra i cespugli della Reggia, si nascondeva dal sole, ascolta-va ogni singola parola con attenzione: si muoveva fra le piante sotto al terrazzo, dietro il trono del Re...
Un essere, una presenza che non si dimentica facilmente: forse più grande di un hobbit, più pic-cola di un mago come Gandalf, più agile di un elfo, meno tozza di un nano, occhi appuntiti...sì.. doveva essere così.
Un essere con gli occhi che pungevano e scrutavano come punte di spillo.
La vista acutissima di Legolas non poteva certo fare miracoli: se chi li aveva spiati al Consiglio, se chi ora li stava seguendo confondendosi tra le fronde degli alberi avesse deciso di attaccarli avrebbe avuto buone speranze di riuscita.
A tratti, all'elfo pareva di sentire pure il respiro irregolare dell'essere, vedere i suoi occhi apparire ora qua ora là tra le foglie delle piante che costeggiavano la strada.
Un Nàzgul? Era forse un Nàzgul? No...i Nàzgul non avrebbero lasciato quel sottile odore di orco...
- Amico, va tutto bene?- Aragorn riportò l'elfo alla realtà.
Legolas si era fermato istintivamente davanti a un'enorme quercia che si protendeva in avanti: qualcosa si stava muovendo tra le sue fittissime fronde.
- E' soltanto un picchio...- borbottò il nano Gimli mentre li superava. Invece no.. non c'era sol-tanto un picchio: qualcos'altro si nascondeva, pronto a scagliare un attacco nel momento propi-zio. E stava guardando l'elfo, sospettoso:
- Legolas!!- ora era Gandalf che stava notevolmente innervosendosi.
L'interpellato ricominciò a seguire la Compagnia, pensando: chissà, forse era solo la sua immagi-nazione..
- Che cosa c'è? Senti qualcuno?- gli domandò Pipino tirandolo per la manica.
- No, no, non ho visto nè sentito niente...- rispose Legolas, ma era chiaro che mentiva.
La fastidiosa sensazione di essere osservato non era diminuita, anzi era aumentata man mano che si allontanavano da Gran Burrone.
La strana presenza stava torturando la mente dell'elfo, sembrava fosse capace di percepirne i pensieri, e si divertiva a confonderli: era troppo, troppo...troppo inquietante.
Ma perchè non usciva allo scoperto? Che aspettava?
- Che hai figliolo?- chiese Gandalf a Legolas quando gli si avvicinò.
- Non lo so..non lo so proprio. E' da quando abbiamo lasciato Imladris che...-
- Non ti senti tranquillo?-
- Ecco...sì.-
Il mago non fece in tempo a dire altro: in lontananza erano rieccheggiati sonori nitriti di cavalli. Ora anche gli altri erano all'erta, soprattutto Frodo: stringeva l'Anello al suo petto, aveva intuito che qualcosa non andava.
Aragorn aveva sguainato la spada, il nano Gimli l'ascia; i piccoli hobbit si erano rifugiati dietro le loro gambe.
Anche Legolas sfoderò l'arco, pronto a scoccare le frecce: il nemico si avvicinava. Sempre più... sempre di più..ancora più vicino...più vicino...
D'un tratto l'elfo lanciò una freccia nei cespugli vicini: un Nàzgul cadde a terra, rialzandosi poco dopo e sguainando la sua spada affilata.
Aragorn partì all'attacco contro il cavallo di un altro Nàzgul, apparso dietro la sua schiena; altri sette spettri li avevano circondati.
Eppure non era quello che preoccupava Legolas: la fastidiosa sensazione che i suoi movimenti fossero spiati non era scomparsa.
La presenza c'era ancora. Fissava la scena sorpresa. Non osava buttarsi nella mischia.
Gandalf e i quattro hobbit stavano tentando di allontanarsi deviando tra gli alberi ai lati del sen-tiero; ma con i Nàzgul non sarebbero andati lontano.
L'elfo scoccò altre frecce contro un nemico vicino, rallentando la sua corsa verso Frodo: non lo poteva uccidere, ma almeno si era reso utile in un qualche modo.
Legolas si girò con uno scatto verso un altro spettro: tese l'arco, si preparò a nuovo tiro da non sbagliare...solo che...:
- Ma che diamine...?- qualcosa lo colpì sulla testa. Un rametto forse, lasciato cadere da una mano distratta, che comunque lo distrasse il tempo sufficiente per permettere a un Nàzgul di tentare quello che pochi minuti prima sarebbe stato impossibile fare.
Giungendo a cavallo rapido come una scintilla davanti all'elfo, proprio mentre quest'ultimo guardava in alto, una della nove figure incappucciate lasciò vibrare la spada nell'aria: e fu una fortuna che questa colpisse solamente la spalla sinistra di Legolas, e non il suo cuore.
Il Nàzgul fu subito allontanato mentre il corpo dell'elfo si afflosciava lentamente a terra: dilaniate dalla lama della spada, le membra perdevano velocemente vigore.
- LEGOLAS!!- Aragorn raggiunse l'amico in tempo per afferrarlo prima che cadesse del tutto a terra- Legolas..cosa..?-
L'elfo socchiuse gli occhi, la vista si annebbiava progressivamente, le energie scivolavano via co-me l'acqua.
Come avrebbe potuto tendere ancora una volta l'arco, scoccare le frecce contro i nemici, aiutare la Compagnia a riuscire nel suo intento?
Un altro Nàzgul si avvicinò ad Aragorn per infliggergli la stessa sorte del suo amico, senonchè... d'un tratto si fermò, con la spada a mezz'aria: era rieccheggiato uno strano suono, simile all'urlo di rabbia di un orco, ma più potente, il più pauroso rumore di guerra che tutti i presenti avessero mai udito.
Il Nàzgul si allontanò da Aragorn e Legolas, indietreggiando, guardandosi attorno, coprendosi le orecchie con le mani: ripose la spada, saltò in groppa al suo cavallo e se la svignò in gran fretta, seguito dagli altri suoi compagni.
In men che non si dica sul sentiero rimasero solo i membri della Compagnia, ancora troppo spa-ventati per parlare.
Ora l'avevano anche loro il presentimento di Legolas: c'era qualcosa tra gli alberi, qualcosa che era persino riuscito a mettere in fuga gli scagnozzi di Sauron.
Aragorn scosse il corpo dell'amico che teneva fra le braccia:
- Legolas, mi senti?-
Ma l'elfo aveva chiuso gli occhi.
- Oh no, non starà per morire?!- esclamò Merry mentre lui e gli altri hobbit si avvicinavano; an-che Gandalf prese a muoversi verso Aragorn.
Proprio in quel momento, tuttavia, la presenza che tanto si era tenuta in disparte, mostrò il suo vero volto: l'ignoto essere, anzi, gli ignoti esseri saltarono giù dagli alberi ai lati della strada, ar-chi tesi, spade corte pronte a colpire.
La Compagnia si ritrovò di nuovo circondata, ma ora che veniva a mancare Legolas e gli attac-canti erano come minimo una trentina, le speranze di riprendere il cammino erano decisamente poche.
- Perbacco, sono elfi!- esclamò Gimli appena ebbe modo di vedere più chiaramente i nuovi arri-vati.

In effetti non aveva tutti i torti: gli esseri che ora li circondavano minacciando di ucciderli al mi-nimo passo falso assomigliavano terribilmente a degli elfi.
Avevano le stesse orecchie a punta di Legolas, impugnavano l'arco come veri professionisti, i loro occhi sembravano di penetrare pure nei pensieri più segreti della gente.
Ma non erano veri elfi, no, non lo erano affatto: in loro era presente una parte malvagia, oscura ed indomita.
Confabulavano all'inizio, emettendo suoni ora gutturali ora in una lingua simile all'elfico antico: non rivolgevano ancora parola ai loro prigionieri.
E questo accresceva ulteriormente il clima di tensione.
Qualcuno si staccò dal cerchio camminando lentamente verso la Compagnia: era una donna, una ragazza dagli sfavillanti capelli bruni e i profondi occhi azzurri. Sembravano ghiaccio. E il loro sguardo gelido incuteva davvero terrore.
Pose una domanda in elfico antico, mentre teneva a portata di mano una lunga asta.
- Ha chiesto che ci facciamo nelle loro terre...- comunicò Gandalf agli altri compagni.
- Dille che dobbiamo andare a est, e se ci possono aiutare: Legolas non resisterà ancora per mol-to...- rispose Aragorn mentre l'elfo fra le sue braccia emetteva un lungo, faticoso sospiro.
Il mago provvide a spiegare alla ragazza quello che gli aveva detto l'uomo; fu incredibilmente sorpreso quando lei gli si rivolse parlando nella lingua corrente:
- Non potete passare di qui: abbiamo già abbastanza guai, non ne vogliamo altri. Andatevene voi e quell'Anello maledetto!!-
Sapeva dunque dell'Anello? Frodo strinse l'oggetto in questione fra le mani, preso da un improv-viso e incontrollabile terrore.
- Non potete almeno aiutare il nostro amico?- domandò Aragorn- E' stato colpito dalla spada di un Nazgùl, non resisterà a lungo!-
- Noi non aiutiamo gli Elfi Puri....-
- CHE COSA? Che significa??-
- Calmati Aragorn..hanno ragione: sarebbe contro i loro princìpi..- Gandalf posò una mano sulla spalla del compagno.
Ora aveva capito chi erano esattamente gli esseri davanti a lui: elfi sì, ma elfi mezzani. Si ricordò di averne sentito parlare, o di avere letto qualcosa sulla storia della loro stranissima stirpe: erano nati dall'unione di Elfi e Orchi, perciò possedevano molti poteri, sia oscuri che non.
Alcuni assomigliavano molto alle creature malvagie agli ordini di Sauron, altri erano più simili agli elfi; ma avevano da tempo rinnegato le loro origini, e le leggende dicevano che si nascon-devano tra i boschi, pronti a scagliare attacchi a sorpresa contro i re elfici che li avevano segre-gati e discriminati.
Da tampo continuavano imperterriti a saccheggiare, distruggere per la sete di vendetta; e non volevano avere contatti con nessuno.
- Non avete visto i segnali poco distanti da qui? Segnano il confine della nostra Contea. Andatevene immediatamente..- sibilò ancora una volta la ragazza, af-ferrando l'arco splendente e ricurvo.
- Non c'erano segnali, e dobbiamo passare di qui, è la via più breve per Mordor..- tentò di dire Gimli, ma una freccia ornata da piume brune si conficcò ai suoi pie-di, mancando di poco il bersaglio.
- Allora non mi sono spiegata bene...vorrà dire che se siete così decisi a passare attraverso la nostra Contea, conoscerete per un po' le prigioni. Vediamo se vi si chiariscono le idee..-
Comandò a un arciere che pareva un orco qualcosa in elfico antico: il mezzano li bendò, e gli altri iniziarono a spingere con le punte delle frecce i membri della Compagnia verso gli alberi ai lati del sentiero.
La ragazza con gli occhi azzurri, in testa alla fila, balzava da un ramo all'altro come se si trat-tasse di un gioco: forse per lei lo era, ma per Gandalf, che in un qualche modo era riuscito a in-travedere attraverso il fazzoletto che gli bendava gli occhi, fu solo un'altra meraviglia.
Un elfo non sarebbe stato capace di fare tutte quelle acrobazie.



  
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