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Autore: arwen_eli    15/04/2011    10 recensioni
La vita nel Mondo Magico inizia a risvegliarsi dopo la vittoria contro Voldemort. Hogwarts rinasce e con lei ogni suo studente, dopo il trauma della morte, riscoprirà ogni sfumatura della Vita.
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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A Valdemort: tanti auguri di buon compleanno, zoccolona mia.



Hermione era tornata verso la scuola qualche minuto dopo.
Aveva guardato Malfoy dirigersi furente verso il Memoriale, macinando con passi decisi lo stretto sentiero sterrato. Aveva stretto i pugni fino a sentire le unghie conficcarsi nei palmi, guardando la sua nuca allontanarsi. Insopportabile, borioso, arrogante Purosangue.
Riusciva a ragionare soltanto in un verso, quello della sua spocchia, quello del suo egoistico bisogno di protagonismo.
Aveva sempre fatto di tutto per denigrarla, per farla sentire inferiore, per apparire migliore agli occhi degli altri a discapito suo, di Harry o di chiunque incrociasse la sua strada.
Non era altro che un ragazzino con un patologico bisogno di attenzioni.
Era sempre stato così, pronto a sputare veleno addosso a chiunque non appartenesse alla sua esclusiva cerchia di privilegiati. Mai uno sguardo o un'attenzione per qualcuno che non portasse una cravatta verde e argento, mai un gesto cortese. A pensarci bene non l'aveva mai nemmeno visto sorridere.
Probabilmente sorrideva anche lui, come tutte le altre persone, non aveva certo la presunzione di etichettarlo come una persona tanto malvagia da non trovare mai un motivo di gioia, ma lei non l'aveva mai visto sorridere, nemmeno da lontano, quand'era in mezzo ai suoi compagni di Casa.
Eppure era un ragazzo anche lui, specialmente prima che la guerra cambiasse le cose. Avrà avuto degli amici, una vita normale. Loro due erano persone che vivevano su due mondi diversi, ma Hermione era certa che la vita, nella Sala Comune di Slytherin, non fosse così diversa da quella di chiunque altro. Avrebbe scommesso che tutte le idee di cui Ron e Harry parevano tanto convinti, riguardo la perfidia di Malfoy, la sua dedizione al male, fossero semplicemente delle sciocchezze.
Non poteva immaginare che qualcuno avesse scelto di stare dalla parte di Voldemort semplicemente perchè malvagio, se si escludevano lo stesso Oscuro Signore e magari anche Bellatrix Lestrange e qualche altro Mangiamorte. Non credeva nel bianco e nel nero, Hermione. Lei riusciva a vedere le sfumature che stavano dietro le scelte delle persone, non soltanto gli effetti che quelle scelte avevano determinato.
Forse, allora, dietro tutta quella rabbia che lui le aveva riversato addosso, si nascondeva dell'affetto per Tiger, una sincera preoccupazione per lui. Ragionando a mente fredda, continuava a non riuscire a giustificare quello scoppio, ma forse iniziava a comprendere che cosa l'avesse portato a reagire in quel modo. Aveva visto la sua espressione cedere, per qualche secondo e in quel piccolo squarcio del velo, aveva intravisto un ragazzo addolorato, colmo di nostalgia per un amico perduto.
Forse quello era il suo modo di manifestare il dolore, forse non aveva mai provato a sfogarsi altrimenti.

Stai giustificando Malfoy?

Anche se fosse non ci sarebbe stato niente di male. A differenza sua, lei non si curava delle apparenze o delle stupidaggini riguardo il sangue: sapeva che l'atteggiamento di Malfoy non aveva nulla a che fare col suo essere Purosangue, quanto piuttosto con il modo in cui era cresciuto.
Stava trasformando mentalmente Malfoy in un povero ragazzino disadattato.

Hermione finiscila.

Non lo era. Non era una vittima del sistema, non era un povero succube poco amato. Malfoy era un adolescente cresciuto in fretta, come lo erano loro, per via della guerra, ma niente di più. Restava sempre l'arrogante e viziato Purosangue che era sempre stato. Probabilmente aveva degli amici, probabilmente voleva loro bene come lei ne voleva a Harry o a Ginny, ma questo non lo rendeva certo una persona migliore, lo rendeva soltanto una persona.
Un ragazzo come lei, come tutti gli altri.

Era un Mangiamorte.

Le parole che Sirius aveva detto ad Harry tre anni prima le tornarono alla mente:


Il mondo non è diviso in persone buone e Mangiamorte. Tutti abbiamo sia luce che oscurità dentro di noi. Ciò che conta è da che parte scegliamo di agire.”


Draco Malfoy due anni fa aveva scelto .
Aveva quasi ucciso Silente. Era salito in cima alla Torre di Astronomia, aveva disarmato il Preside e aveva puntato la sua bacchetta contro di lui, un Avada Kedavra in bilico tra le labbra.
Ma l'anno dopo aveva mentito, fingendo di non riconoscere Harry al Manor, permettendogli, in un certo modo, di fuggire e di portare a termine la sua ricerca.
Durante la battaglia di Hogwarts non aveva combattuto per Voldemort, non se l'era ritrovato contro, a bacchetta spianata, come questo pomeriggio. 


Cosa contava?

Forse niente, forse non faceva differenza. Forse quello che contava davvero era il Marchio Nero che probabilmente si stagliava sul suo braccio pallido. O magari non era così, magari Sirius aveva ragione: ciò per cui ognuno doveva rendere conto erano le azioni compiute, alla fine, e non le intenzioni, buone o cattive che fossero, con cui si era partiti.
Stava rimuginando troppo su quella faccenda.
Era solo un'altra lite con Malfoy, l'ennesima scaramuccia che si ripeteva, anno dopo anni, perchè tutte queste domande?



*****



Se n'era andato verso il Memoriale a grandi passi, calpestando il terreno con la stessa violenza che avrebbe usato se sotto i piedi avesse avuto le vertebre della Sanguesporco. A ogni ogni passo immaginava un piccolo scricchiolio e schegge di ossa che volavano nel prato.
Era un'assurdità, ma che lo faceva sogghignare compiaciuto come quando la prendeva in giro nei corridoi da ragazzino. Aveva sempre provato un divertimento esaltante nel prendersela con lei, fin dal primo anno di scuola, quando la vedeva incassare le sue battute senza ribattere.
Nel tempo la ragazzina aveva poi imparato a rispondergli ed attaccarla si era fatto quasi più divertente. Ci aveva rimediato uno schiaffo, al terzo anno, ma riuscire ad innescare la sua rabbia era una soddisfazione che valeva anche quel prezzo.
Aveva raggiunto la tomba di Vince in pochi minuti ed aveva preso la piccola candela rossa tra le mani. Rossa, poi. Il massimo della beffa. Un bel ricamino dorato sul contorno non sarebbe stato bene sulla tomba di uno Slytherin?
Maledetta ragazzina. Come riusciva a fargli sempre perdere le staffe?
Lui era sempre stato il calcolatore, quello che non agiva per istinto, ma per piani.
Lui non era il tipo da obbedire ad un impulso fino al punto da fare scenate, fino a perdere ogni controllo; lui era quello che prendeva in giro con ironia sottile, con insulti sibilati.
Lei era quella che si infuriava, che perdeva il controllo davanti ai suoi insulti.
Draco era sempre riuscito a mantenere una maschera di fredda indifferenza davanti a tutto, o quasi, il massimo che si era concesso erano sorrisetti di scherno.
Ma non con lei.
Lei riusciva a destabilizzare i suoi punti fermi, l'aveva sempre fatto. Lo irritava a morte, con quella sua aria perfetta, con quella mano sempre alzata, con il mento alto e il portamento orgoglioso di chi è sempre nel giusto.
La odiava dal primo giorno, quando era salita sul treno con quei suoi capelli scompigliati e i dentoni sporgenti. La detestava fin quando l'aveva vista, sempre saccente, rispondere prima di lui a tutte le domande a cui anche lui avrebbe saputo rispondere, ma non ne aveva avuto l'opportunità perchè non era stato abbastanza veloce ad alzare la mano. Si era infine radicato al secondo anno, quando aveva insinuato che lui non meritasse il posto di Cercatore in squadra.
La odiava per il suo sangue, certo, ma prima di tutto la odiava perchè lei era la Granger. Non per il cognome, non per le origini. Perchè sembrava che volesse a tutti i costi essere migliore di tutti. Migliore di lui.
Si rigirava la candela tra le dita, facendola passare da una mano all'altra ed osservandola. Mandava piccoli riflessi perlacei, alla luce del tramonto e sembrava un oggettino incredibilmente innocuo.
Una piccola cosa, che poteva spezzare tra le dita, era riuscita a fargli provare tante emozioni tanto sconvolgenti. Non era colpa della candela, quella era solo una cosa, un niente.
Era lei, il suo problema.
Aveva scagliato la piccola cera giù dalla collinetta e l'aveva guardata atterrare in lontananza, tra la capanna di Hagrid e la Foresta Proibita.

Erano sempre state così vicine?
Non si era mai soffermato a riflettere su quanto quell'idiota del Custode abitasse vicino alla Foresta eppure gli sembrava di ricordare che non fosse così tanto prossimo al limitare degli alberi.
Avevano fatto lezione innumerevoli volte lì dietro e si ricordava un paesaggio un poco diverso. Non si trattava di una differenza abissale, ma qualcosa era cambiato.

Tutto era vicino, troppo.
C'era qualcosa di strano negli alberi della foresta. Li aveva guardati distrattamente tutti i giorni, dall'inizio della scuola e c'era qualcosa di anomalo rispetto ai primi di settembre. Sembravano più folti, più grandi. Sembravano anche di più, per quanto possibile.

Non dire scemenze, gli alberi non si moltiplicano.

Eppure era quello che sembrava.
Aveva spostato lo sguardo verso il campo di Quidditch e ora che guardava, gli alberi sembravano troppo vicini anche lì e quella zona l'aveva vista moltissime volte negli anni, sorvolandola con la scopa alla ricerca del Boccino.
Qualcosa non andava in quegli alberi.



*****



Hermione aveva raggiunto la Sala Grande quasi di corsa, cercando di porre fine ai continui dubbi e all'inquietudine che la lite con Malfoy le avevano lasciato addosso.
Si era lasciata cadere accanto a Ginny senza nemmeno guardare dove fossero gli altri, il fiato corto, i capelli scompigliati per la corsa. L'amica l'aveva salutata con la mano, mentre con l'altra si copriva la bocca piena e le faceva cenno con la testa verso qualcosa dietro le sue spalle. 

- Che ti prende, Gin? -

L'aveva scrutata perplessa e l'amica aveva strabuzzato gli occhi per poi riportare lo sguardo sul piatto, scuotendo la testa, probabilmente per maledire la sua scarsa ricettività.
Una mano sulla spalla. Una sensazione familiare e un odore inconfondibile.


- 'Mione. -


Ron
.
Ecco cosa stava cercando di dirle Ginny con quelle facce incomprensibili.

- Ronald. -

Un brivido le aveva attraversato tutta la spina dorsale ed aveva stretto i denti fino a sentire dolore all'articolazione della mandibola. Aveva raddrizzato le spalle e le sembrava che la mano di Ron pesasse quanto un macigno. Con un piccolo passo in avanti ed un movimento fluido l'aveva scrollata via.


- Sono giorni che non ti vedo, 'Mione. Riesco solo a coglierti mentre scappi via dopo ogni lezione, dopo ogni cena. -
- Sono molto indaffarata, Ronald, ho lo studio, i corsi per i ragazzi dei GUFO da preparare, sai com'è, non ho tempo di stare a chiacchierare... -

Un'alzata di spalle e lo sguardo puntato al di sopra della sua spalla.

Sei una pessima bugiarda.

- Mi stai evitando? -

Eccoci qui.

Non riusciva a mentire nemmeno a Ron, che fino a qualche settimana prima avrebbe creduto anche che un Vermicolo gigante stesse invadendo Hogwarts, se lei l'avesse affermato con un minimo di convinzione.

- No, non ti sto evitando. Sono molto occupata, te l'ho detto. A proposito, Gin, devo andare, vado in Sala Comune a stendere i programmi per i corsi. -
- Ma se non hai neanche mangiato! -

Ecco Harry Potter, colui che ha salvato il Mondo magico con un Expelliarmus, trasformatosi repentinamente in colui che non riesce nemmeno a mangiare facendosi i fatti propri.

Ginny si era voltata con uno scatto che avrebbe fatto invidia ad un ghepardo, fulminandolo con uno sguardo gelido e pieno di sottintesi.

- Che ho fatto? -

Hermione aveva semplicemente scosso la testa, abbassando gli occhi sulla tavola imbandita.

Lo schiocco di uno scappellotto le era rimbombato nelle orecchie mentre scandagliava mentalmente le varie possibilità che le erano state messe davanti per cenare.
Salmone, aringhe, ali di pollo, del prosciutto, budino. Niente di trasportabile.
O perlomeno niente di trasportabile senza trasformarsi in un uomo delle caverne che cammina mordicchiando ossa.
Aveva afferrato due fette di pane tostato, per poi voltarsi verso Harry, che si stava ancora massaggiando la nuca, guardando Ginevra con aria contrita, con un sorriso forzato.

- Ora ho mangiato, Harry, sei più sereno? A più tardi, ragazzi, ci vediamo di sopra. -

L'espressione dell'amico le aveva fatto quasi tenerezza. Era pur sempre un maschio, non si potevano pretendere grandi cose.

Più tardi, quando fossero saliti anche loro, gli avrebbe chiesto scusa per come si era comportata con lui in questi giorni, era un momentaccio per lei, questo era vero, ma di certo non poteva sfogare tutto sugli altri.
Si era voltata e, dopo aver scansato Ron, che era ancora in piedi dietro di lei, aveva provato ad allontanarsi dal tavolo.

- 'Mione, vengo con te, vorrei parlarti. -

La voce di Ron l'aveva raggiunta, qualche passo più in là.


- Ron, per Merlino, mangia. Parleremo in un altro momento, io non scappo e tu non sei capace di stare senza mangiare. -
- Ma... -

Aveva zittito le sue tiepide rimostranze con un cenno della mano, ad indicargli la tavola.


- Mangia, Ron. Non c'è nulla di così urgente, non credi? -

Il ragazzo l'aveva guardata affranto, spostando poi lo sguardo verso il piatto. Si era voltato verso di lei ancora una volta, poi, brandendo un'ala di pollo, mentre si stava sedendo sulla panca, l'aveva indicata.


- Parleremo più tardi però, stavolta non mi eviterai! -.

Hermione aveva annuito, quasi più a se stessa che a Ron, mentre usciva dalla Sala Grande, per dirigersi alla Torre. Avrebbero parlato, forse era meglio così.

Prima o poi doveva affrontarlo, non poteva continuare a sgattaiolare via alla fine delle lezioni, a sbocconcellare qualcosa in biblioteca con la scusa dello studio per non vederlo in Sala Grande. Non poteva restare sempre china sui libri, senza alzare mai gli occhi, per non incontrare il suo sguardo nemmeno per un attimo, nel timore che cercasse di parlarle.
Era un comportamento assai poco Grifondoro, l'aveva dovuto ammettere più volte a se stessa, ma non era stata capace di fare di meglio, in quelle settimane. Il dolore per aver perso Ron, la sua amicizia, ma soprattutto per non riuscire più a vedere in lui nemmeno l'ombra del ragazzo con cui era cresciuta era stato troppo intenso per lasciare spazio al coraggio.
Coraggio che stava raccogliendo a piccoli passi, gradino dopo gradino, mentre saliva le scale che portavano alla Torre di Gryffindor.
Lei e Harry erano sempre stati i suoi migliori amici, fin dal primo anno, da quando avevano affrontato il Troll nel bagno delle ragazze, da quando lei era una insopportabile So-Tutto-Io e Ron un bimbetto maldestro sempre alle spalle del Bambino sopravvissuto. Le cose si sarebbero sistemate.

- Tinea solium.

La Signora Grassa le aveva rivolto un'espressione sdegnata, per averla interrotta dalla sua conversazione con Sir. Cadogan, che aveva tutta l'aria di essere importante. Il cavaliere la attendeva al margine del dipinto accanto, una mano coperta dal guanto dell'armatura, protesa verso di lei fino a sbucare nella cornice della donna.

- Non poteva scegliere momento meno adatto, Signorina Granger, ma sia. -
- Lady, avrebbe dovuto cambiare la parola d'ordine, l'avrebbe messa in difficoltà, perlomeno. -

Aveva sussurrato il cavaliere, mentre prendeva con grazia tra le sue la mano grassoccia della donna.


- Ma in questo modo non ci avrebbe lasciati soli. -

La Signora Grassa era avvicinata alla mano del cavaliere con una guancia, mentre lasciava libero il passaggio per l'ingresso in Sala Comune. Hermione aveva oltrepassato il varco ridacchiando per il siparietto e si era ritrovata, in pochi passi, davanti a Neville, spaparanzato comodamente su una poltrona.

Ai suoi piedi era seduta una ragazzina mora, che a Hermione sembrava tanto una di quelle che di lì a pochi giorni avrebbe frequentato il suo corso per i GUFO.

- Ciao Neville! -

Il ragazzo aveva alzato la testa verso di lei, per rivolgerle un sorriso luminoso.

Iniziava a capire, in qualche modo, dove stesse il fascino con cui pareva stendere tutte le ragazze più giovani. Da piccolo era sempre stato goffo, maldestro e timido, ma non si poteva dire che fosse brutto; in realtà per anni non aveva mai permesso a nessuno di guardarlo davvero, con il viso sempre rivolto a terra, tentando di nascondersi e di non dare nell'occhio.
Ma negli ultimi anni, iniziando con l'ES e finendo con l'uccisione di Nagini, Neville era cresciuto, aveva conquistato fiducia in se stesso, aveva capito di valere qualcosa, nonostante le disavventure dei primi anni e nonostante le cattiverie cui Malfoy con la sua cricca Slytherin l'aveva sottoposto.
L'aveva salutata con entusiasmo ed aveva accarezzato con una mano, quasi distrattamente, i lunghi capelli scuri della ragazza seduta.

- Senti Neville, avrei bisogno di parlare con te di una questione un po' delicata. Mi dici quando possiamo fare un giro? -

Il ragazzo si era raddrizzato sulla poltrona, l'aveva guardata perplesso, ma non aveva dato alcun segno di fastidio, quando le aveva risposto.


- Herm, figurati, possiamo parlare anche ora. Meredith, vado a fare una passeggiata con Hermione, ti dispiace se ci rivediamo più tardi? -

Aveva ricevuto in risposta uno sguardo quasi adorante, accompagnato da un “Si”, appena accennato con un filo di voce, dopodichè la ragazza si era alzata in piedi ed Hermione l'aveva vista scomparire su per le scale del dormitorio femminile, lasciando dietro di sé solo il rumore dei suoi passi affrettati.


- Cosa fai tu alle ragazze, Nev? -

Neville era scoppiato in una risata, mentre uscivano dal buco del ritratto, dirigendosi giù per le scale, verso il pianerottolo del piano sottostante.


- Non faccio proprio nulla alle ragazze, Herm, pensa un po'. -

Aveva abbassato gli occhi, arrossendo un po', lasciando intravedere una parte del ragazzino che Hermione aveva conosciuto il primo giorno di scuola, mentre andava alla ricerca di Oscar, il suo rospo.


- Se non fai niente per piacere a tutte allora è ancora più stupefacente, perchè pare che impazziscano tutte per te. -
- Sono solo sciocchezze, figurati. -

La ragazza gli aveva poggiato una mano sulle spalle e lui le aveva di nuovo sorriso.


- Nev, vuoi davvero passeggiare o va bene anche se chiacchieriamo seduti qui? Non mi va di scendere di sotto, in realtà. -
Neville aveva sollevato un sopracciglio, voltandosi a guardarla.

- E' perchè non vuoi vedere Ron, vero? -

Era stato il turno di Hermione per arrossire.


- In realtà ho deciso che parlerò con lui, ma non mi andrebbe di incontrarlo adesso, in effetti. Vorrei essere pronta e non vorrei che mi trovasse qui con te. Sai quanto è suscettibile in questo periodo. -

Il ragazzo aveva annuito, mentre si sedeva sul primo gradino della scala, facendo segno ad Hermione di accomodarsi accanto a lui.


- Di cosa volevi parlarmi? -

Si era schiarita la voce. Improvvisamente si stava domandando se fosse davvero una buona idea mettersi a fare la predica a Neville su come gestiva le sue relazioni con le ragazze.

Nel giro di pochi secondi aveva però risposto a sé stessa che lei non era lì per fare la predica, ma semplicemente per raccontare ad un amico un fatto che poteva potenzialmente riguardarlo.

- Non so da che parte cominciare, Neville, ma penso che forse dirtelo e basta possa essere una buona scelta. Ho conosciuto Quinn Davies, qualche settimana fa, nel parco, in una circostanza piuttosto particolare. Stava piangendo sotto un albero. -
- Hermione... -

Lei l'aveva fermato con un gesto della mano, facendogli capire che non aveva finito di raccontare.

Non voglio rimproverarti nulla, Nev. Ma devo raccontarti tutta questa faccenda.
Il ragazzo aveva lasciato andare un sospiro, facendole cenno di continuare.

- Dunque, lei piangeva e io mi sono fermata per vedere cosa non andava. Lei, dopo un pochino di insistenza, mi ha detto che piangeva per colpa tua, perchè ti aveva visto con un'altra ragazza. Ora, deduco che quella ragazza sia la Meredith di poco fa, giusto? -
- Credo di si. -

Aveva distolto lo sguardo da quello di Hermione, nel fallimentare tentativo di nascondere la scarsa certezza che aveva sul fatto che si trattasse di Meredith.

Evidentemente Neville aveva molte più ragazze di quante Hermione avesse sospettato e il fatto che non ricordasse con chi fosse stato non gli faceva certo onore. A quel punto la ragazza aveva fatto un sorrisetto, per dissimulare malamente una smorfia di disapprovazione ed aveva continuato.

- Beh, lei ha detto che eri sul lago con una Gryffindor e che ti ha riconosciuto. Ma non è per farti la ramanzina su quante ragazze stai vedendo che ti ho chiesto di parlare. Quella Quinn non mi piace, Neville. Ha detto delle cose che mi hanno inquietata, quando la sua amica Liz l'ha raggiunta. Ho come la sensazione che stia per tirarti qualche brutto scherzo, quindi stai attento. -
- Cosa intendi, Herm? Quinn è una ragazzina, cosa vuoi che possa combinare? -
- Temo che pensi di rifilarti qualche filtro d'amore o qualche strano intruglio di quel genere, magari fabbricato sotto il suo letto. -

Neville non riusciva a credere a quelle parole. Quinn era una ragazzina tanto dolce con lui, all'inizio del discorso di Hermione avrebbe scommesso che lei fosse lì per intimargli di smetterla di fare il farfallone e di darsi una regolata, mentre adesso si trovava a doversi guardare le spalle.

Sembrava impossibile che potesse davvero essere in grado di fargli una cosa del genere. Pareva così innamorata, quando stavano insieme.

- La credi davvero capace di una cosa del genere, Herm? -

Hermione aveva allargato le braccia, in un gesto che esprimeva tutti i suoi dubbi.


- Non ne ho idea Nev, io non la conosco. Ma tu sì. -
- Mi sembra molto strano, ma ti prometto che terrò gli occhi aperti, non vorrei trovarmi con un bezoar giù per la gola come il povero Ron. Sai, una cosa tira l'altra... -

Per un breve istante lo sguardo di Hermione si era indurito, al suono del nome di Ron, ma dopo pochi istanti gli aveva sorriso.


- Comunque sarebbe il caso che avessi un po' più di rispetto per queste ragazze, Nev. -

Gliel'aveva detto mentre si stava già alzando dal gradino.


- Non sono giocattoli, hanno dei sentimenti, anche se magari questi le portano a mettere in cantiere delle gran sciocchezze, come sta facendo Quinn. -

Neville si era alzato subito dopo di lei e aveva ridacchiato mentre si spazzolava via la polvere dai calzoni.


- Sapevo che prima o poi saresti riuscita a sgridarmi, durante questa conversazione. -

Le aveva avvolto un braccio intorno alle spalle e posato un bacio sui capelli.
Hermione si era appoggiata al fianco di Neville quasi con sollievo. Erano settimane che non riceveva un abbraccio da un amico e quella vicinanza la rincuorava.
Erano risaliti in silenzio per le scale e al rientro avevano trovato la Sala Comune piena di persone.

Hermione si era guardata intorno e in fondo alla stanza, sotto la finestra aveva visto Ron.
Stava per avvicinarsi, credendolo solo, per chiarire una volta per tutte, ma una mano bianca, con le unghie smaltate di rosso, era sbucata da dietro la tenda e si era posata in una mossa apparentemente distratta sul suo avambraccio. Una cascata di boccoli biondi nascondevano il viso della proprietaria dell'arto in questione, ma Hermione non aveva alcun dubbio sulla sua identità.
Ron, divertito da qualcosa che lei aveva detto, aveva riso, illuminandosi di una gioia quasi fanciullesca.

Lavanda Brown.
L'avrebbe riconosciuta ovunque.



*****



Occhi azzurri puntati su un calderone che bolle nella penombra, una ciocca di capelli biondi che copre il profilo del viso di una ragazzina di 15 anni, impegnata a scrutare la riuscita del suo esperimento.


- E' quasi pronta. -

Un'altra voce, un'altra persona lì presente.
Un grosso mestolo mescolava la pozione con lentezza esasperante e le ragazze osservavano i riflessi verdi e gialli sulla superficie del liquido.

- Domani. -

Volute di fumo si sollevavano dal calderone, a formare arabeschi nell'aria che nessun altro avrebbe visto.



*****



Malfoy si stava dirigendo verso la biblioteca, ancora incredulo all'idea di essersi messo in piedi prima delle dieci di sabato mattina. Il motivo per cui l'aveva fatto poi, lo rendeva ancora meno convinto della sensatezza di quella decisione. Sarebbe potuto tornare tranquillamente nel suo letto caldo, sarebbe potuto andare a volare al campo da Quidditch, sarebbe anche potuto stare a fissare il muro tutta la mattinata. Qualunque cosa, in quel momento, gli sarebbe sembrata più intelligente e stimolante di ciò che stava per fare.

La sera precedente era seduto sul letto a parlare con Blaise, quando un piccolo gufo grigio aveva picchiettato con il becco contro il vetro della finestra. Draco gli aveva aperto sbuffando e la bestiola gli aveva lasciato cadere tra le mani una piccola pergamena ripiegata.
Su un angolo, vergato in una scrittura piccola e precisa, c'era il suo nome. Aveva dispiegato il foglio senza riflettere e si era trovato davanti un messaggio che mai avrebbe immaginato di ricevere. 

Lunedì pomeriggio inizieranno le lezioni per i GUFO.

Siccome non abbiamo alcuna alternativa e lavoreremo insieme, ti scrivo per chiederti se saresti disponibile ad incontrarmi, più che altro per concordare il programma delle lezioni e per farci un'idea di come gestire le ore che ci sono state concesse.

Domattina sarò in biblioteca dalle otto; se non ci sono problemi, raggiungimi lì.


H. G.”


Dapprima Draco era rimasto pietrificato davanti al biglietto, tanto che Blaise gli aveva passato una mano davanti agli occhi un paio di volte, per accertarsi se fosse ancora presente, dietro lo sguardo scioccato, poi gli aveva sfilato il biglietto dalle mani.
Draco aveva cercato di recuperarlo, ma Blaise era stato troppo veloce e pochi secondi dopo se la rideva beato, sdraiato sul letto.
Malfoy, allora, si era avvicinato stizzito e glielo aveva strappato di mano con un gesto brusco. Si era seduto alla scrivania, per rispondere alla Mezzosangue e rimandarle indietro il biglietto con il suo stesso gufo.
Le aveva scritto soltanto “D'accordo”, senza aggiungere altro che le sue iniziali.

Ecco che ora si ritrovava a salire le scale dei sotterranei per andare in Biblioteca, all'alba di sabato. Doveva essere impazzito, senza alcun dubbio.
Ma se lui non fosse andato, quella Sanguesporco saccente avrebbe potuto riferire a chiunque che lui le aveva lasciato fare tutto il lavoro da sola, avrebbe detto ai professori che Draco Malfoy non si era impegnato nel suo ruolo di Caposcuola e questo non avrebbe potuto permetterlo.
Se l'era ripetuto ad ogni passo che lo separava dall'ingresso della biblioteca, che si apriva sui banchi allineati e sugli scaffali traboccanti di libri; lo faceva per non perdere la faccia, di certo non perchè gliel'avesse chiesto lei.
In realtà nemmeno gliel'aveva chiesto, ad essere precisi: gli aveva scritto “Raggiungimi lì” come se lui non avesse niente di meglio da fare che stare lì a programmare in ogni piccolo particolare delle lezioni di recupero per ragazzini. Presuntuosa come pochi, la Granger, a supporre che lui fosse così disponibile a presentarsi con così poco preavviso.

Beh, in fondo ci stai andando.

Certo che ci andava, non poteva esimersi dal fare il suo dovere in modo così plateale; gli sarebbe piaciuto non poco poterle risponderle male, dirle che non era a sua disposizione, ma la situazione non glielo permetteva. Questo non significava che le avrebbe di certo reso la vita facile quella mattina. Avrebbe contestato ogni sua idea, avrebbe demolito ogni suo progetto. Sarebbe uscita da quella Biblioteca distrutta, come meritava.



*****



Hermione stava studiando su un tavolo accanto alla finestra, la luce che la raggiungeva attraverso i vetri. Aveva costruito una specie di muraglia, con i libri di Incantesimi, Trasfigurazione e Pozioni, i più grandi di tutti, per proteggere le sue letture e gli occhi dal sole e non doverli strizzare per vederci qualcosa. Era china sul libro di Antiche Rune, una spalla più sollevata dell'altra, i capelli che le coprivano buona parte del volto, a cercare di coprirsi in ogni modo dal riverbero del sole.
Aveva buttato uno sguardo all'orologio distrattamente più volte, tra un esercizio e l'altro ed ora che aveva finito di scrivere la prima pagina dei suoi appunti aveva controllato l'ora per l'ennesima volta. Erano le nove passate e Malfoy ancora non si vedeva.
Eppure le aveva risposto che sarebbe venuto. Una replica piuttosto sgarbata e sbrigativa, ma era pur sempre qualcosa e da Malfoy non è che potesse aspettarsi chissà quali moine e gentilezze. Almeno le aveva risposto. Solo che era già da un'ora in Biblioteca e pensava l'avrebbe raggiunta presto, per poter lavorare fin da subito e sbrigarsela in fretta.
All'ennesima occhiata verso la porta d'ingresso l'aveva visto comparire da dietro il battente: una mano in tasca, l'altra a stropicciarsi gli occhi con pollice e indice, i capelli che gli ricadevano scomposti sulla fronte. Aveva la camicia, ma non la cravatta.

Da quando noti tutti questi particolari di Malfoy?


Beh, non è che stesse notando poi questi grandi particolari. Lo stava aspettando e l'aveva osservato mentre entrava. Non c'era nulla di strano.


- Merlino, Mezzosangue, sembri un troll seduta così storta. -

Il tempo di perdersi in quei pensieri stupidi e lui aveva raggiunto il tavolo e sputato la sua prima cattiveria. L'aspettava una mattinata meravigliosa, in compagnia di un troglodita.


- Buongiorno Malfoy, vedo che ci siamo svegliati con il piede giusto. -
- Come potevo svegliarmi con il piede giusto? Sono dovuto saltare giù dal letto all'alba per arrivare qui a programmare questa roba. Con te. -

Aveva accompagnato la frase con un cenno della mano verso i libri di Hermione, poi verso di lei, scocciato.


- Malfoy sono le nove e un quarto. L'alba è ben lontana. -
- Granger, sono le nove e dieci. Di sabato. E' ancora notte fonda, per la gente normale. -

La ragazza aveva percorso con lo sguardo l'intera Biblioteca: era vuota, ad eccezione di loro e di Madama Pince, che puliva i suoi occhiali sospesi a mezz'aria davanti al suo naso, a colpi di bacchetta, con una piccola pezzuola azzurra.

Hermione aveva alzato distrattamente le spalle, per bofonchiare qualcosa che somigliava a “Abbiamo molto da fare” e si era girata a prendere una pergamena dalla sua cartella poggiata sul pavimento.

- Dunque, io avevo ipotizzato un programma di questo tipo. Ho già stilato la maggior parte degli argomenti principali da trattare, consultando i programmi di tutti i corsi che prevedono l'esame per i GUFO... -

Malfoy le aveva sottratto la pergamena dalle mani, mentre stava ancora parlando e adesso la stava scrutando attento, un sopracciglio alzato, un mezzo ghigno sul viso.


- Mi stai dicendo che hai già fatto tutto questo lavoro e che mi hai comunque fatto svegliare presto per venire qui a dirti che sei stata brava? Scordatelo, Mezzosangue. -

Stava tirando fuori la bacchetta dai pantaloni, probabilmente per far evanescere la pergamena, ma Hermione si era girata di scatto e l'aveva afferrata.


- Non mi interessa proprio nulla di sentirmi fare i complimenti da te, maledetto sbruffone. Potessi lavorare senza la tua fastidiosa presenza lo farei più che volentieri, ma dobbiamo collaborare, quindi cerchiamo di farlo senza scannarci come due ragazzini. -

Hermione lo fronteggiava, entrambe le mani sui fianchi, in una delle quali era ancora stretta la pergamena. Madama Pince, nel frattempo, aveva alzato lo sguardo dal suo lavoro di pulizia degli occhiali e la stava osservando con evidente disapprovazione.


- Mi hai fatto anche alzare la voce in Biblioteca. -

Aveva fatto un silenzioso cenno di scuse alla bibliotecaria, poi si era di nuovo rivolta al ragazzo, che la guardava di sottecchi, come per studiare quale sarebbe stata la prossima mossa.

L'avrebbe strangolato, per quella capacità che aveva di farle perdere le staffe, ma non doveva dargli la possibilità di continuare con quell'atteggiamento. Dovevano portare a termine un compito e l'avrebbero fatto.

- Avanti Malfoy, prima ci mettiamo al lavoro, prima finirà questo strazio per entrambi. -

L'aveva preceduto alla scrivania dove c'erano tutti i suoi libri e si era seduta accanto alla finestra, poi aveva spinto con una mano la lista degli argomenti davanti alla sedia accanto alla sua e l'aveva guardato da sotto in su, come ad invitarlo a sedersi.

Malfoy si era lasciato cadere accanto a lei con un sospiro estenuato.

- E sia, per Salazar. Facciamo questa cosa. -


*****



Avevano lavorato bene. Sembrava assolutamente incredibile, ma dopo le prime scaramucce infantili Malfoy si era seduto accanto a lei ed aveva collaborato in modo eccellente.
Nemmeno per un secondo aveva lasciato cadere la sua espressione spocchiosa ed irritante, ma aveva proposto, si era impegnato ed avevano tirato fuori una scaletta per le lezioni di tutto rispetto.
Inizialmente l'idea era quella di occuparsi ognuno degli studenti della propria casa, condividendo soltanto il programma, per dare l'apparenza di una collaborazione alla McGranitt, dato che l'aveva richiesta. Ma alla fine di quella mattinata di lavoro avevano raggiunto un accordo diverso.
Avrebbero insegnato ai ragazzi insieme, prendendo ognuno le redini delle materie che gli erano più congeniali, ma sottoponendo sempre all'altro qualunque decisione riguardo l'esclusione o l'aggiunta di argomenti. Era surreale.
Ad Hermione nemmeno sembrava possibile di essere riuscita ad ottenere non solo il suo programma per la gestione di quei pomeriggi, ma di averne ottenuto uno buono e per giunta di esserci riuscita grazie all'aiuto di Malfoy.
Non aveva mai dubitato della sua intelligenza, questo no. Per essere bravo com'era in Pozioni, specie quando c'era Piton ad insegnare, doveva avere un gran talento, ma era stata soprattutto la sua abilità in Occlumanzia, che era arrivata alle orecchie di Harry, una volta a convincerla delle sue capacità. Per essere bravi occlumanti bisogna essere degli ottimi maghi ed evidentemente Malfoy lo stava diventando.
Quello che non immaginava era che lui le avrebbe permesso di lavorare con lui in quel modo. Si aspettava che la ostacolasse, che bocciasse ogni sua idea. Non poteva dire che all'inizio lui non fosse stato scontroso e assolutamente intrattabile, ma man mano che scorrevano quella lista, mettendo mano ai libri degli anni precedenti, si era rilassato ed aveva iniziato ad essere davvero utile.

L'aveva osservato lavorare, mentre cercava questo o quell'incantesimo sui libri e lei scriveva sulla pergamena l'elenco degli argomenti da discutere. Si era ritrovata più di una volta a guardarlo chino sulla pagina, con una ciocca di capelli che gli ricadeva davanti all'occhio destro e che lui spostava costantemente indietro con la mano, lo sguardo concentrato e gli occhi grigi che saettavano da una riga all'altra del testo, veloci come piccole schegge d'acciaio.

Quando gli aveva proposto di non dividere i ragazzi nelle due case, ma di insegnare a tutti insieme, entrambi, si era aspettata un netto rifiuto, uno sguardo schifato e magari una cattiveria delle sue, invece lui l'aveva stupita. Aveva scrollato le spalle e le aveva detto che, dato che la McGranitt voleva collaborazione, avrebbero collaborato, fino in fondo. Non si sarebbe tirato indietro.
Era stata stranamente felice di quella risposta, quasi entusiasta.
Le era davvero piaciuto lavorare con lui, in quel clima. Era un compagno di studi intelligente e brillante, un ragazzo molto sveglio e perspicace. Non aveva mai trovato nessuno di così stimolante, sotto quel punto di vista. Era quello il motivo per cui si sentiva così raggiante all'idea di lavorare ancora con lui, non certo perchè lei fosse contenta di dividere le sue giornate con quel borioso di Malfoy.

Si erano dati appuntamento in biblioteca per il lunedì pomeriggio, mezz'ora prima dell'inizio delle lezioni con gli studenti del quinto anno, per preparare gli appunti per loro e cominciare a mettere a punto la lezione prima che arrivassero.
Era colma di aspettative per quel compito: era certa che le sarebbe piaciuto moltissimo aiutare a studiare i ragazzi più giovani. Non vedeva l'ora di cominciare.



*****



Adorava la domenica. 

Poteva svegliarsi tardi, scendere a fare colazione quando la Sala Grande era quasi deserta, mangiare toast praticamente imbevuti nello sciroppo d'acero senza che nessuno lo guardasse come se fosse impazzito ed andare ad allenarsi al campo di Quidditch. 

Adorava la domenica.

Quella mattina, quando aveva aperto gli occhi si era ritrovato davanti la camera illuminata dal sole già alto, il verde brillante del suo baldacchino che gli dava fastidio agli occhi appena aperti e aveva sentito la voce di Blaise che chiacchierava con una ragazza, arrivare dalla Sala Comune.
Si era guardato intorno, per capire se era solo in camera, come sperava, ed aveva trovato soltanto letti sfatti, camicie e calzoni sparsi ovunque.

Adorava la domenica, l'aveva già detto?

Si era alzato con tutta calma, infilato un paio di pantaloni comodi e una felpa verde scuro, capo che aveva imparato ad indossare da quando, con sua madre, aveva preso l'abitudine di passeggiare tra i babbani. Non erano esteticamente un granchè quelle “cose”, ma erano davvero comode ed aveva scoperto che non c'era di meglio per fare un bel volo sulla scopa, non volendo indossare sempre la divisa da Quidditch.
Mentre si allacciava le scarpe, Blaise era entrato in camera, assestandogli una pacca sulla schiena.

- Buongiorno Malf. Mattiniero eh? Che ci fai già in piedi alle dieci e mezza? -

Lo prendeva sempre in giro per l'abitudine che aveva di dormire più a lungo di lui e in particolare, quel giorno, lo stava sfottendo perchè la mattina precedente aveva assistito alla sequela di improperi che Draco aveva proferito al risveglio, prima di andare in Biblioteca dalla Granger.

- Vado a fare un paio di voli allo stadio, mi alleno un po'. Sai, io sono nella squadra, devo mantenere il mio posto. -


Il ghigno che gli era comparso sul viso aveva colpito nel segno.
Blaise desiderava giocare a Quidditch dal primo anno, ma non aveva mai avuto uno straccio di talento ed era sempre rimasto sugli spalti a guardare.

-Devo forse provare a farti una qualche fattura mentre dormi, così mi prendo il tuo posto di Cercatore? -


Il ragazzo gli aveva puntato contro la bacchetta, che teneva con due dita, con un'eleganza quasi sfagata, come se stesse giocando con un innocuo bastoncino e l'aveva diretta verso la mano di Draco.

- Se anche io finissi stecchito giù dalla scopa non prenderesti mai il mio posto Blaise. Prima di provare anche solo a pensare di prendere te, avrebbero già messo sulla scopa un troll con l'artrite. -


Blaise gli aveva risposto con un gesto noncurante della mano, come se quello che Draco pensasse riguardo il Quidditch non fosse niente di importante.

- Non ci capisci nulla di queste cose, tu. -


Per l'appunto.


- Infatti Blaise, gioco solo da sei anni, in fondo. -

Ma l'amico non lo stava più ascoltando. Si era rintanato in bagno, chiudendosi dietro la porta dopo una vigorosa scrollata di spalle. Draco aveva scosso la testa, ridendo ed era uscito dai sotterranei, Firebolt alla mano.

Stava volando ormai da più di un'ora e mezza, in picchiate e rapide risalite, all'inseguimento di un boccino immaginario o soltanto per il piacere di sentire l'aria sul viso e di assaporare quel senso di libertà e spensieratezza che ormai sentiva soltanto quando aveva la sua scopa tra le mani.
Era riuscito in un paio di schivate ad alcuni uccelli per cui si era complimentato con se stesso ed ora stava volando piano sopra lo stadio, quasi stesse facendo una passeggiata.

Il giorno precedente aveva passato una strana mattinata.
Era andato dalla Granger agguerrito più che mai, deciso a farle sputare sangue per ottenere la metà di ciò che immaginava si fosse prefissata. Era partito con l'idea di farle passare ogni voglia di lavorare con lui, se mai ne avesse avuta e di renderle la vita impossibile, ma non era riuscito a fare niente di meglio di qualche battuta acida.

Perchè non l'aveva trattata male come avrebbe voluto?

Probabilmente era perchè gli era piaciuto quel lavoro. Si era concentrato sulle cose da fare, si era smarrito nell'enorme quantità di argomenti di cui discutere, nella programmazione di ogni piccolo dettaglio ed aveva perso di vista l'obiettivo principale: umiliare la Mezzosangue.
Era partito bene, quando l'aveva vista in fondo alla stanza, piegata scompostamente su un grosso libro. L'aveva attaccata subito con una battuta maligna, ma poi lei gli aveva risposto, gli aveva messo davanti tutto il lavoro da fare e lui si era distratto.
Lei l'aveva distolto dai suoi programmi, con la sagacia con cui rispondeva ad ogni sua critica, con l'intelligenza con cui gli aveva tenuto testa su ogni materia di cui avessero discusso. Era sveglia, per essere una Nata Babbana, era fuor di dubbio, ma restava sempre una Sanguesporco.
Era anche troppo arguta, tanto da essere riuscita a tenergli occupata la mente con tante cose da fare, fino a fargli perdere lo stimolo di schiacciarla, fino a fargli scordare che lei non era nemmeno degna di parlargli, figurarsi di mettersi a lavorare con lui.
E quando, mentre lui stava raccogliendo le sue piume e i libri che avevano preso dagli scaffali, per riporli al loro posto, lei gli aveva proposto di lavorare insieme anche durante le lezioni, quando gli aveva detto di non dividere le due case, lui aveva accettato senza pensare.

L'hai fatto per non essere da meno, per dimostrare alla McGranitt che puoi fare qualunque cosa, anche lavorare con lei.

Certo, era una mossa tattica.
Se la vegliarda avesse visto quanto erano bravi a collaborare e quanto poco lui fosse stato ostile, l'avrebbe avuta dalla sua parte, anche più avanti. Forse, chissà, avrebbe potuto sperare anche in una parola buona al Ministero, se non per evitargli il processo, almeno per guadagnare uno sconto sull'eventuale pena.
L'aveva vista illuminarsi, quando lui le aveva dato risposta affermativa e si era sentito stranamente compiaciuto, davanti a quell'espressione. A lei piaceva, lavorare con lui.
Forse avrebbe potuto sfruttare in qualche modo questa piccola scoperta, forse poteva approfittare di questa debolezza.

Mentre si perdeva in queste riflessioni, cercando di trovare un modo di colpire la Granger, Draco aveva sorvolato l'intero campo da Quidditch ed ora si era ritrovato al di sopra della capanna di Hagrid, al limitare della Foresta.
Gli alberi erano ancora lì, sempre stranamente vicini all'orto del Custode, di nuovo così inusuali, anche da quel punto di vista sopraelevato.

Draco era sceso lentamente di quota, sfiorando con i piedi le chiome degli alberi più vicini al limitare della boscaglia, fino ad arrivare a terra, poggiando i piedi sull'erba umida.
Da lì, guardandoli da più vicino rispetto all'ultima volta, la Foresta sembrava sempre più strana. Gli alberi sembravano più affollati del solito, ma in qualche modo ordinati, quasi come se fossero stati posati lì intenzionalmente, secondo un progetto, non seguendo la natura.
Draco si era avvicinato alla corteccia di uno dei tronchi e aveva sfiorato le venature del legno con le dita. Era freddo, umido, quasi viscido, come se avesse smesso di piovere da poco, ma non pioveva da due giorni.
Si era guardato intorno smarrito, pensando quasi di stare impazzendo, a dare corda a quell'idea così strana riguardo agli alberi che cambiavano. Gli serviva una prova: doveva dimostrare, anche soltanto a se stesso, che non stava vaneggiando. La Foresta stava in qualche modo mutando e lui voleva capirne di più.
Aveva estratto la bacchetta dalla tasca dei pantaloni ed aveva mormorato un incantesimo.

- Flagramus! -

Una X rossa e fiammeggiante si era impressa sulla corteccia del primo albero ed in pochi secondi aveva lasciato soltanto una cicatrice brunita e tiepida.
Uno dopo l'altro aveva contrassegnato segnato gran parte gli alberi dietro la capanna del Custode, per quattro file verso l'interno della foresta. Li avrebbe tenuti d'occhio periodicamente, per capire se effettivamente qualcosa stava accadendo o se, come iniziava a sospettare, stesse davvero diventando un pazzoide paranoico.




Note:


  1. Quando Hermione pensa alla malvagità e ai discorsi di Harry e Ron, si riferisce prevalentemente al discorso che avevano fatto al sesto anno, quando Potter si diceva convito che Malfoy fosse stato marchiato durante una cerimonia di iniziazione da Magie Sinister.

  2. Le parole di Sirius sono pronunciate durante una conversazione con Harry a Grimmauld Place ne “L'Ordine della Fenice”.

  3. Gli avvenimenti che riguardano Draco sono raccontati ne “Il Principe Mezzosangue” e in “Deathly Hallows”.

  4. Lo schiaffo in “Il Prigioniero di Azkaban” è un momento epico, specialmente per noi innamorate L&L, non azzardatevi a dimenticarlo, mentre l'episodio in cui Hermione accusa Draco di essere comprato l'ammissione è ne “La Camera dei Segreti”.

  5. Hermione accusa se stessa di essere una pessima bugiarda. Questa frase riprende, in un certo qual modo, alcuni scambi di battute ne “La Bellezza del Demonio” di Poison Spring. Non sia mai che si dica che cito senza creditare gli autori. XD

  6. La battutaccia sull'Expelliarmus è ormai un'evergreen delle storie nonché delle nottate su msn con le mie amate vacche, la troverete un po' ovunque nelle storie di tutte e quattro, se le leggete, quindi tant'è. Tutto sta nel fatto che troviamo ridicolo che la Rowling abbia deciso di dare l'estremo saluto al mago più potente di tutti i tempi con un incantesimo che si impara al secondo anno di scuola di Magia, ma che a Potter piace tanto. Diciamo che avremmo sperato in qualcosa di più impegnativo, ma il re delle fortune, Pottah può tutto, anche questo.

  7. La parola d'ordine è una citazione criptica di HBP capitolo 23, in cui viene usata la parola verme solitario. La Tinea Solium è, per l'appunto il nome scientifico dell'elminta che viene chiamato volgarmente “Verme solitario”.

  8. Meredith è un personaggio originale, di mia completa invenzione. Non le ho ancora trovato un cognome, dato che al momento non mi serve, ma lo farò quanto prima, promesso.

  9. Lasciatemi gioire per il primo attimo Rovanda (Ron-Lavanda) della storia, per favore.
    Io amo loro due insieme. I loro due neuroni sono veramente meravigliosi quando si uniscono... <3

  10. La bravura di Draco in Occlumazia è farina del sacco della Rowling, non sono io che gli attribuisco pregi che non ha, per gli amanti del canon, è stato dichiarato in un'intervista dall'autrice in persona. u_u

  11. Bene, bene, bene. Si inizia con le interazioni tra i due, ma non mi sbilancio a dire nulla.
    Piuttosto, ditemi voi che ne pensate dei loro discorsi, delle loro reazioni. Stavolta io mi astengo dal commentare. :)

  12. Gli alberi. Draco è paranoico come Pottah o qualcosa sta succedendo veramente?

    L'incantesimo usato da Draco sugli alberi è stato utilizzato da Hermione ne “L'Ordine della Fenice” per segnare le porte dell'ufficio misteri durante la spedizione con Harry, Ron e gli altri membri dell'ES.


Eccoci qui, dopo un'interminabile attesa.
Non mi metto nemmeno a fare le solite scene, perchè è passato talmente tanto tempo che se siete ancora qui vi meritate una statua. Punto.
Il prossimo capitolo è già tutto progettato nella mia mente e se il Salazar mi assisterà potrebbe anche arrivare in breve (relativamente in breve).

Colgo l'occasione per comunicarvi che ho fatto un po' di “pulizia” nell'account FB, eliminando le persone con cui non avevo mai avuto alcun contatto né scambio. Da ora in avanti, per alcune questioni personali, non accetterò più richieste di amicizia se non accompagnate da un paio di parole in cui mi si dica chi siete su EFP.
Ho però aperto una Pagina Autore, su cui convergeranno tutti gli spoiler, le notizie riguardo alla scrittura (e anche qualche minchiata delle mie, quelle non mancheranno mai) e le mie storie.
Mi farebbe davvero piacere trovarvi da quelle parti. La pagina la trovate QUI.

Grazie di tutto cuore a tutti: a chi recensisce, chi preferisce, ricorda e segue. Anche a chi legge e basta. Mi trasformate sempre in una gelatina rosa ed imbarazzante.
Un grazie speciale a Miki, che ha segnalato la storia per le scelte, permettendole di essere inserita con una velocità lampo. Gemellina, non ho parole. *-*



   
 
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