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Autore: _Shantel    16/04/2011    11 recensioni
Liceo scientifico L.
Prendete Alice, liceale di diciotto anni che vive in un mondo fantastico; aggiungete Davide, il bello-e-dannato della scuola che è il suo sogno proibito: sommate anche Federico, il migliore amico di Alice, di cui lei si invaghisce; infine moltiplicate per Edoardo, il fidanzato immaginario della ragazza che assume le fattezze dell'affascinante "Blaine", uno gigolò. Risultato?! Un gran pasticcio per la povera Alice da lei stessa creato, senza immaginarsi quello che poteva succedere. Ma in questo caos riuscirà anche a scoprire l'amore per la prima volta. Già perchè, come dice lei stessa...
Mi chiamo Alice Livraghi e non ho mai baciato un ragazzo
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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C a p i t o l o 4

L'ultima spiaggia


Speravo che quello che era accaduto il giorno prima fosse stato solo un brutto incubo, ma, purtroppo per me, dovetti piegarmi, a malincuore, alla dura realtà. E da quel giorno la mia vita sarebbe stata sempre più in discesa, fino ad arrivare al limite e precipitare definitivamente in chissà quanto tempo. Avevo perso l'unico ragazzo di cui mi ero veramente invaghita.
Avevo sempre pensato che fingere mi risultava facile, ma come avrei fatto a continuare a mentire? A far finta di nulla mentre la mia migliore amica conquistava il ragazzo dei miei sogni, mentre lui cascava tra le sue braccia, mentre loro due sarebbero diventati i coniugi Abbate e a far da madrina ai loro cinque figli?!
Scossi violentemente la testa per scacciare via quei pensieri che mi avevano rabbuiato. Percorsi a passi piccoli il corridoio raggiungendo la macchinetta. Alla seconda ora di lezione non c'era quasi nessuno fuori dalle aule, tranne alcuni che erano sgattaiolati via con la scusa del bagno, come avevo fatto io. In realtà volevo solo bere un cappuccino da sola. Selezionai la bevanda e attesi che fosse pronta, accompagnata dal fruscio della macchinetta.

Se qualcosa può andare male, lo farà

Murphy e la sua legge avevano ragione. Non solo avevo perso il ragazzo che mi piaceva e non avevo la benchè minima idea di come chiarire con lui, ma si era aggiunta a questa catastrofe anche la stupida festa di San Valentino a cui dovevo partecipare anche se non sapevo con chi. Cosa avrei fatto, mi sarei presentata lì dicendo che Edoardo aveva avuto un attacco di dissenteria acuta pochi minuti prima dell'inizio della festa?
Sorrisi. Inutile piangere e disperarsi, ormai la frittata era stata fatta, sia con Federico che con Edoardo. Avrei dovuto dare ascolto a mia madre e al mio parroco, Mai mentire. Primo, le bugie hanno le gambe corte e fanno poca strada, e soprattutto si ritorcono contro di te, come stava accadendo.
Un fischio acuto mi avvisò che il mio cappuccino era pronto. Alzai lo sportello per prenderlo ma il bicchiere di plastica trasparente era colmo, tanto che la schiuma mi ustionò i polpastrelli. Cercai di salvare il salvabile, girandomi di scatto per poterlo appoggiare da qualche parte, ma, ovviamente, ci doveva essere qualcosa che andava storto.

Se qualcosa può andare male, lo farà.

Il bruciore sulle dita era troppo intenso e ne rovesciai più della metà. Per terra?! No, addosso a qualcuno. E quel qualcuno non era, sfortunatamente Cristina o Francesca, ma bensì Davide Saronno. Giornata spettacolare!
«Oh mio Dio scusa!» trillai subito, portandomi la mano libera sulla bocca.
Il mio cuore aveva preso a galoppare e il rossore si era espanso anche alle orecchie. Pensavo che ora questo effetto collaterale lo procurasse solo Abbate, che ormai avevo superato la fase Saronno perchè entrata in quella Federico. Invece, Davide continuava ad affascinarmi, forse per il fatto che era il ragazzo irraggiungibile, il protagonista delle mie favole d'amore che mai si sarebbero realizzate.
Il mio sogno proibito.
Lui si guardò la felpa verde indignato e mi fulminò con i suoi occhi azzurri.
«Scusa, non l'ho fatto a posta, non ti avevo visto e il cappuccino bruciava, volevo solo appoggiarlo...» presi a parlare e non riuscivo a smettere di dire parole una dopo l'altra che se riascoltate lentamente, non formavano di certo una frase di senso compiuto.
«Ok, ok, ok!» m'interruppe Davide, socchiudendo gli occhi quasi per ricacciare indietro il nervoso. O per non vedermi e farsi prendere dalla voglia di pestarmi «Taci un attimo» disse brusco.
Mi ammutolii e mi irrigidii, assumendo un aspetto da spaventapasseri.
«Dimmi la verità» riprese subito dopo, guardandomi con sguardo sensuale e un sorriso di sbieco che mi fece perdere il respiro «Stai cercando di attirare la mia attenzione?»
Farfugliai qualcosa, qualcosa che avrebbe dovuto descrivere la mia perplessità.
«Non fare la finta tonta, RovesciaCappuccini» si avvicinò di qualche passo a me «Cadi dalle scale mentre ti passo accanto, mi vieni addosso sull'autobus, mi macchi. È chiaro che tu stia cercando di attirare la mia attenzione»
Abbassai prontamente gli occhi, torturando una ciocca di capelli. In quel momento decisi che non avrei mai più bevuto un cappuccino, ma solo caffè espresso. Un altro passo verso di me. Alzai di poco lo sguardo, qual tanto che bastava per vedere che si stava togliendo la felpa, rimanendo in una succinta e attillata maglietta bianca che mostrava il suo fisico sportivo e che fece piroettare, oltre alla mia testa, anche gli ormoni.
«Le ragazze goffe hanno sempre uno strano fascino» disse «E anche quelle timide. Sono tutte da scoprire e sono sempre loro ad essere le più maliziose» si leccò un labbro.
Ok, quello era davvero troppo per le mie coronarie. Scivolai via dal suo sguardo e a passo svelto mi avviai verso la mia classe.
«Perchè scappi così, guarda che non mangio!» esclamò, costringendomi a voltarmi e a tuffarmi nuovamente nelle sue iridi cristalline.
Tanto ero presa a guardare quel gran bel pezzo di ragazzo che era Saronno, che non mi accorsi della colonna che si schiantò contro la mia guancia. Il sorriso che fino a poco prima mi aveva rivolto Davide si trasformò in una risata. Quella era sicuramente l'unica scuola al mondo dotata di pilastri nel bel mezzo di un corridoio. Distolsi lo sguardo rapidamente e ripresi a camminare, nell'imbarazzo più totale, con la guancia dolorante.


Non sapevo se quello che stavo facendo era la cosa giusta. Rimasi davanti alla porta qualche minuto, stringendomi le mani e soffiandoci sopra per riscaldarle. Dovevo fare finta di nulla, giusto? Entrai in biblioteca e raggiunsi l'ultimo piano, trovandolo lì, piegato sul quaderno con la lingua di fuori mentre cercava di disegnare un grafico. I suoi occhi guizzarono verso di me, poi sul quaderno e nuovamente su di me accorgendosi solo in quel momento che si trattava della sottoscritta.
«Ciao» disse flebilmente.
Feci due passi lunghi avvicinandomi alla sedia che stava di fronte a lui.
«Posso?» domandai indicandomela. Lui annuì, tornando alle sue funzioni.
«Come va?» mi chiese scrutando a fondo l'iperbole appena conclusa, con tono poco interessato.
«Bene» risposi con la stessa tonalità «Te?»
La tensione tra noi due era palpabile, eravamo come due semplici conoscenti che dovevano parlarsi perchè erano le circostanze ad obbligarli.
«Bene» disse, prestando più attenzione all'aritmetica che a me.
Sospirai, affranta e ormai priva di qualsiasi speranza di poter ricucire un rapporto con lui. Estrassi dallo zaino il libro di storia, anche se la voglia di studiarla era pari a zero. Sottolineai praticamente tutto il paragrafo, non leggendo veramente quello che c'era scritto, più interessata a Federico. Qualche volte alzavo lo sguardo per vedere che cosa stesse facendo, ma i suoi occhi erano sempre puntati sui fogli quadrettati.
Dovevo farmene una ragione e basta e prestare più attenzione alla scuola se non volevo essere bocciata. Mi imposi di apprendere qualche nozione storica e ci stavo mettendo tutto l'impegno possibile, quando Federico interruppe quel momento di studio.
«Mi spieghi perchè mi hai mentito?» domandò, guardandomi con sguardo severo.
«Riguardo a cosa?» feci finta di non capire.
«Mi avevi detto di non avere il ragazzo»
Rotei gli occhi, tamburellando con la matita. Mi sentivo percorsa da piccole scosse che dalla spina dorsale raggiungevano ogni minima parte del mio corpo.
«Non ti ho mentito» dissi in un soffio.
Lui si aprì in un sorriso incredulo e mi lanciò uno sguardo che mi raggelò.
«A che gioco stai giocando, Alice?»
«Un, due, tre stella?!» sorrisi, sperando che anche lui facesse lo stesso.
Già le mie battute erano orribili e nessuno rideva mai, in più mi uscivano dalla bocca nei momenti meno opportuni, come quello.
«Non è il momento di scherzare» mi guardò in un misto tra irritazione e delusione.
«Non sto giocando a nulla» risposi, stando sulla difensiva. Mi sentivo come un piccolo pesce nella vasca di uno squalo pronto a mangiarselo.
«Perchè allora non mi hai detto la verità!» piagnucolò guardandomi con i suoi meravigliosi occhi da cucciolo.
«Non ti ho mentito» risposi, secca, decisa per la prima volta e questa mia sicurezza traspariva anche dal mio sguardo.
«E allora chi è Edoardo?»
«Lasciamo stare» lo pregai.
«Perchè non mi vuoi dire chi è!» mi supplicò con qualsiasi parte del suo corpo.
«Senti, non ho voglia di parlarne e sarebbe complicato da spiegare, quindi che ne diresti di cambiare argomento?» sorrisi falsamente.
Lui mi guardò per qualche secondo, poi annuì con rassegnazione, tornando a fare i compiti di matematica. Rimasi a fissarlo mentre muoveva la penna su e giù sul foglio, senza però scrivere nulla. Una giornata da eliminare dal mio calendario della vita.
«Sai che Benedetta ti viene dietro?» sussurrai.
Federico, piegato sul quaderno, si limitò a scrollare le spalle.
«Lo immaginavo» rispose monotono.
«È carina» continuai.
Ogni sciocchezza che dicevo mi affondava sempre di più verso il baratro dell'idiozia. Ero cotta di lui, eppure cercavo di convincerlo della bellezza di Germa. Avrei dovuto ricevere il premio Nobel per la scemenza, nessuno mi batteva in questo campo.
«Abbastanza» piegò gli angoli della bocca.
«Fareste una bella coppia» azzardai, ma mi morsi la lingua subito dopo.
Stupida, stupida, stupida!
In un secondo annegai nello sguardo stizzito di Federico che si era finalmente alzato da quel quaderno di matematica nei confronti del quale stava nascendo un'insensata gelosia. Sorrise sghembo, scuotendo lievemente la testa. Chiuse quaderno e libro con un tonfo infilandoli nella cartella.
«Non ti capisco Alice. E non credo nemmeno di volermi impegnarmi troppo in un'impresa che so già che non porterò a termine» mi disse con rammarico, alzandosi e raccattando il suo zaino «Ciao Alice» mi salutò di sfuggita, prima di lasciarmi da sola, seduta a quel tavolo, incredula e delusa.


Perfetto!
Avevo perso per la seconda volta Federico, che si era incaponito e non rispondeva ai miei SMS. In più non avevo la minima idea di come affrontare il problema Edoardo e festa-di-San-Valentino. Dovevo trovare qualcuno che si fingesse lui, ma chi? Io non conoscevo nessuno! Escludendo Federico a priori, avrei potuto puntare su mio fratello, ma non glielo avrei chiesto nemmeno con una pistola puntata alla tempia, primo perchè era un cesso assurdo, secondo perchè Benedetta lo aveva conosciuto e quindi sapeva che volto – brutto – avesse Raffaele. Quindi, sì era prorpio un brutto periodo per me.
«Alice sei tra noi?!» domandò Claudia, sventolandomi una mano davanti agli occhi mentre camminavamo verso l'uscita della scuola.
«Sì, più o meno» mi affrettai a rispondere.
«Dicevo» riprese l'amica dai capelli rossi «che tu sei la più fortunata perchè sei l'unica che ha un ragazzo che l'accompagna alla festa!» sbuffò sonoramente stringendo le spalline dell'Eastpack.
Assottigliai lo sguardo, ammosciando le spalle sconsolata. Avrei volentieri ceduto il mio fidanzato immaginario a loro due, così se la sarebbero sbrigate loro con Edoardo, che con la sua inesistenza stava creando troppi guai per i miei gusti.
«Molto fortunata» commentai poco convinta.
«E fa anche la scocciata!» si lamentò Benedetta spingendomi di lato e facendomi sbattere contro la spalla di Claudia.
«Scusa, ma tu puoi chiedere a Federico» le ricordai a malincuore.
«Non mi caga! Mi considera solo come un'amica» ribattè.
«Bè almeno tu hai qualcuno a cui chiedere, io nemmeno quello!» si lamentò Claudia.
Sembrava una gara a chi fosse più sfigata de entrambe continuavano ad aggiungere motivi per risultare la vincitrice. Anche se quel premio, contrariamente alle loro aspettative, toccava a me di diritto.
«Credo che non verrò» continuò la rossa, stringendosi nelle spalle appena messo piede fuori.
«No tu devi venire!» esclamò Benedetta, afferrandole le mani.
«Ok, vengo, magari Charlie Brown accetta di accompagnarmi» ribattè sarcastica Claudia «Come posso venire?»
Germa incurvò le spalle, affranta. Poi si fermò di colpo con aria soddisfatta, battendo il pugno sul palmo della mano.
«Il fratello di Alice!»
«Non ti conviene!» mi affrettai a dire «Se lo conosci ti verrà voglia di farti suora»
Claudia sembrò non aver ascoltato le mie risposte e meditava sulla soluzione suggerita da Germa.
«Non è una cattiva idea!» disse con una mano sul mento.
«No, credimi, è pessima» l'avvisai io.
«Non potrà essere mica così orribile!» esclamò la rossa «E tanto poi è solo una festa. Lo uso solo come lasciapassare» sorrise sorniona.
Alzai le braccia e le feci ricadere sonoramente lungo i fianchi. Io avevo cercato di avvertirla, ma lei aveva preferito non ascoltarmi. Cavoli suoi!
Benedetta sbuffò non appena guardò il parcheggio vuoto dove solitamente lasciava il suo motorino. Da due giorni a quella parte avrebbe dovuto prendere l'autobus come noi comuni mortali perchè il suo adorato mezzo a due ruote aveva problemi ai freni. Durante tutto il tragitto verso il cancello, nessuno di noi parlò, troppo traumatizzate da quella inutile festa di San Valentino.
Mi fermai all'improvviso, lasciando che qualche ragazzo mi sbattesse contro. Ma non mi importava, era molto più importante quello che c'era davanti al cancello. Anzi, chi c'era. Accennai un sorriso e mi portai una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Timidamente alzai una mano per salutarlo e Federico, appoggiato alla sua 125, mi rispose con un gesto della testa. Si staccò subito dopo, con il casco tra il braccio e l'avambraccio, avvicinandosi a me. Sapevo che non sarebbe riuscito a stare arrabbiato con me, me lo sentivo fin dentro le ossa. Ero pronta ad accogliere il suo abbraccio, intimidita, imbambolata con le braccia aperte e gli occhi socchiusi. Quando, però, non sentii le sue mani sulla schiena, mi voltai per assistere ad una scena da fil horror. Federico stava abbracciando una sorpresa Benedetta, che per un primo momento era rimasta con le braccia penzoloni, per poi ricambiare quella stretta.
«Cosa ci fai qui?» domandò al settimo cielo.
«Oggi hanno fatto occupazione da noi e quindi niente lezioni. Ho pensato che venirti a prendere fosse un gesto carino» le sorrise, come già aveva fatto con me.
Io li guardavo, congelata, immobile, percorsa da una gelosia profonda che si era ormai mischiata al mio sangue.
«Grazie» rispose imbarazzata Benedetta, dondolando da un piede all'altro.
Federico le strinse la spalla, spingendola verso la sua moto. Ad ogni passo le schioccava un bacio tra i capelli. Mi passarono accanto e la mia amica mi guardò entusiasta, con gli occhi lucenti. Le sorrisi, anche se in realtà avrei voluto urlare fino a farmi perdere la voce. Seguii ogni loro passo verso la moto con sguardo assassino e furioso.
Chi un giorno mi aveva detto che non illudeva le persone? Ah, si. Un certo Federico Abbate, lo stesso ragazzo che non aveva voglia di capirmi. Nemmeno io volevo comprendere chi fosse, ormai non mi interessava più. Potevo benissimo capire che lui c'era rimasto male per il mio fidanzamento con Edoardo, ma dimenticarsi di me nel giro di nemmeno 48 h era assurdo.
Mia madre aveva assolutamente ragione: gli uomini erano stronzi. Fino a quel momento non capivo perchè li offendesse in quella maniera, ma ora che Abbate aveva appallottolato il mio cuore e ci stava giocando a calcio, compresi il suo astio nei confronti dell'altro sesso.
Appena arrivata a casa mi fiondai nella mia stanza sotto lo sguardo perplesso di mia madre. Mi gettai sul letto, nascondendo il viso nel cuscino e piansi. Quella era la prima volta che piangevo per un ragazzo, solitamente lo facevo solo per i film romantici. Ma ora, non ero più la spettatrice, ma bensì la protagonista.
Sentii il letto affossarsi verso destra, poi una mano che mi accarezzava i capelli.
«Cosa succede tesoro?» mi domandò dolcemente mia madre.
«Avevi ragione» risposi con la voce ovattata.
«Su cosa?»
«Gli uomini sono stronzi»


Ormai mi ero arresa all'idea che ben presto Benedetta e Federico avrebbero fatto coppia fissa. Ogni secondo avevo paura che il mio telefonino squillasse ed emettesse la voce gioiosa di Germa che mi avvisava del suo nuovo boyfriend. Oltre al fatto che la mia migliore amica ben presto si sarebbe messa con il ragazzo che mi piaceva, la cosa peggiore era che io avrei dovuto far finta di niente, anzi, apparire felice davanti ai miei due migliori amici. Non so se sarei riuscita in quell'impresa.
Per non parlare poi del problema Edoardo. Mancavano meno di 11 giorni a quella festa ed io non avevo uno straccio di ragazzo. E se avessi chiesto aiuto a Raffaele?
Ero accoccolata sul divano a guardare un film insieme a mio fratello e continuavo a guardarlo in cerca del coraggio per chiedergli un consiglio, anche se lui non era esattamente la persona adatta.
«Perchè mi fissi?» domandò brusco.
Tentennai qualche attimo, passandomi le mani tra i capelli.
«Allora» cominciai intimidita «È una domanda un po' sciocca, solo una curiosità» avevo la voce tremante.
«Muoviti, che sto perdendo tutto il film» mi incalzò svogliato.
«Ma tu, se per caso dovessi fingere di essere fidanzato, ma in realtà non hai la ragazza, come faresti?»
Lui mi guardò dubbioso e io gli sorrisi, cercando di apparire il più tranquilla possibile.
«Che razza di domanda è?!» sbottò d'un tratto.
«Si fa per parlare!» risposi inacidita.
«Ci sono tanti argomenti di cui parlare»
«Rispondi e basta!» gridai.
Lui alzò le spalle, assumendo un'espressione di rassegnazione. Per fortuna che non era per nulla sveglio e non gli sarebbe minimamente passato per la testa di pensare che io avessi bisogno di un fidanzato.
«Pagherei qualcuno» rispose.
«In che senso?» chiesi curiosa e dubbiosa allo stesso tempo.
«Un'accompagnatrice» spiegò con le virgolette.
Rimasi un attimo sconcertata, quasi imbarazzata da quella proposta. Non volevo chiamare un accompagnatore per fingere che fosse il mio fidanzato, ma avevo un'idea migliore? No, purtroppo e quella sembrava essere l'ultima spiaggia.
Mi alzai di scatto dal divano, nascondendomi nella mia stanza. La percorsi tutta un centinaio di volte, riflettendo, in cerca di qualche altra soluzione per la mia situazione incasinata. Ma più mi sforzavo e più quella dell'accompagnatore mi sembrava l'idea migliore. No, non potevo farlo! Era una cosa troppo imbarazzante! Anche se, se non avessi trovato Edoardo, potevo ufficialmente dire addio alla mia reputazione.
Mi sedetti alla scrivania e tremante digitai sulla tastiera: accompagnatore. Deglutii varie volte prima di decidermi a premere invio. Il mio dito si muoveva a rallentatore, fino a che non lo schiacciò. Chiusi gli occhi, in panico, per paura di chissà cosa potesse apparire.

Accompagnatori per signore.

Entrai in quel sito con il cuore in gola, ma fortuna per me, non c'era nulla di scabroso, se non foto di facce e fisici scolpiti. Oddio, lo stavo facendo davvero? Ero arrivata perfino a pagare qualcuno per una stupida bugia? Forse avrei fatto meglio a dire la verità e al diavolo la mia reputazione. Scossi la testa, dovevo farlo, assolutamente, non volevo apparire come la sfigata.
Entrai nel profilo, se così si può definire, di tale Blaine e sfogliai la sua galleria fotografica, nella quale non si vedeva mai il suo viso per intero, ma solo squarci di occhi castani e profondi e profili sfuggenti in cui non si poteva apprezzare granchè. Le immagini del suo fisico, invece, si sprecavano. Mi sentivo accaldata a vedere quel corpo magro e leggermente disegnato dai muscoli. I miei ormoni, fino a quel momento assopiti, si erano svegliati e si facevano sentire eccome. Sicuramente stavano festeggiando con limbo e champagne dentro di me. Mi incantai nel guardarlo e mi sentivo tremendamente scema.
«Ciao tesoro!» mia madre comparì sulla porta, con un sorriso enorme.
Scattai in piedi, facendo cadere la sedia per terra e parandomi davanti al pc. Lei aveva il brutto vizio di non bussare mai prima di entrare ed era in grado di beccarti nei momenti meno opportuni, tipo quello.
«Cosa stavi facendo?» domandò sporgendosi in avanti curiosa di sapere che cosa nascondesse il desktop.
«Nulla, perchè?» risposi facendo finta di nulla, sembrando il più naturale possibile, anche se o miei movimenti macchinosi erano ben altro che naturali.
Mia madre socchiuse gli occhi, dubbiosa e sapevo che la curiosità la stava mangiando da dentro. Ma, con il tempo, aveva imparato a non intromettersi nella privacy altrui, anche se le costava parecchio, ficcanaso com'era.
«Volevo solo dirti che sono rientrata» mi sorrise e io feci lo stesso, salutandola poi con la mano, dicendole implicitamente di andarsene.
Raccolsi la sedia e mi ci lascia andare sopra non appena mia madre fu fuori. Per un momento avevo creduto di morirle davanti per un attacco cardiaco. Sospirai passandomi una mano tra i capelli. Torniamo a noi, pensai. Afferrai il cellulare e, esitante, digitai il numero di cellulare di Blaine. Lo osservai a lungo, non sapevo se realmente volevo chiamarlo. Mi sembrava una cosa così impura e sporca. Ma, prima che potessi decidere realmente cosa volessi fare, il mio dito aveva schiacciato il tasto verde di chiamata.
«Buonasera, qui parla Blaine» la sua voce calda mi avvolse all'istante, anche se la presentazione sembrava più di un operatore di una compagnia telefonica.
Farfugliai, cercando di raccattare più aria che potevo e sventolandomi con una mano per il caldo che sentivo.
«Con chi ho il piacere di parlare?» domandò.
Le parole facevano fatica a uscirmi dalla bocca. Ero ancora in tempo per mettere giù quella telefonata e tornare indietro, trovare una soluzione migliore o venire allo scoperto.

Non ero riuscita a chiudere quella telefonata e ora ero tesa e nervosa seduta al tavolo della cucina che lo aspettavo per l'appuntamento che mi aveva fissato. La cosa era complicata da spiegare al telefono, perciò avevamo deciso di incontrarci. E la cosa mi rendeva ansiosa, soprattutto perchè Raffaele, di sabato pomeriggio, era in casa. Tamburellavo l'indice sul tavolo scandendo il tempo che lento scivolava via.
«Ma quando arriva» sbuffai elettrica, alzandomi e vagando come un'anima in pena per tutta la casa.
Prima arrivava, prima gli spiegavo la situazione, prima sarebbe arrivata la festa e prima mi sarei liberata di lui.
Suonarono al citofono e mi precipitai a rispondere. Non chiesi chi fosse, ma gli indicai solo il piano. Mi sistemai i vestiti, i capelli e sfoggiai un sorriso dolce. Mi posizionai davanti alla porta aperta nell'attesa di vederlo arrivare. Quando lo vidi sbucare dalle scale, il mio sorriso si spense. Era una presa in giro, forse? Ok che dalle foto non si vedeva molto, ma non me lo aspettavo così orrido. Aveva due piccoli occhi castani circondati da fini occhiali in stile Harry Potter, i capelli radi e di uno strano arancione spento e un fisico secco nascosto da strati di vestiti invernali.
«Oh mio Dio» mormorai.
Mi scansai per farlo entrare e chiusi subito dopo la porta rumorosamente. Sospirai, chiudendo gli occhi e autoconvincendomi che lui sarebbe stato il mio fidanzato. A questo punto sarebbe stato meglio dire la verità.
«Ciao» gli dissi cercando di essere cordiale.
«Ciao» rispose insicuro lui.
«Grazie per essere venuto»
Lui mi guardò confuso, grattandosi la testa.
«Allora, la cosa è complicata» esordii prendendolo per un braccio e trascinandolo sul divano «Tu sarai Edoardo» gli dissi, vedendo che la sua espressione di faceva sempre più perplessa.
«Sei sicura di star bene?» mi domandò con la sua voce pecorina.
Ci guardammo ed entrambi eravamo dubbiosi. Suonarono nuovamente al citofono e, seccata, andai a rispondere.
«Sono Blaine» mi disse.
«Quarto piano» mormorai, aprendo il portoncino.
Mi volti lentamente, rimettendo a posto la cornetta del citofono. Guardai il ragazzo seduto sul mio divano, incurvato, che si stringeva le ginocchia.
«Tu chi sei?» gli domandai.
«Alberto, piacere» rispose alzando una mano «Stavo cercando Raffaele, dobbiamo studiare insieme»
Sospirai per il sollievo di aver scoperto che quell'essere non fosse il mio accompagnatore e gli indicai la camera di mio fratello che raggiunse poco dopo. Mi voltai di nuovo verso la porta, adottando la stessa procedura di prima: sistemata ai capelli, ai vestiti e sorriso. Aprii la porta ritrovandomelo davanti in tutta la sua mediterranea bellezza: occhi scuri e profondi in cui annegare, capelli tendenti al nero tenuti corti e una fine barba a decorargli le guance. Lo guardai con la bocca aperta, quasi non avessi mai visto un bel ragazzo. Sentivo le gambe molli ed ero sicura che presto mi avrebbero abbandonata ed io sarei collassata come un sacco svuotato dalle patate.
Mi sorrise sensualmente e io feci lo stesso, anche se il mio era estremamente idiota.
Ero stupita. Lui era Edoardo, esattamente come me lo ero immaginata.

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Ciao a tutti!
Come andiamo?!
Mi scuso per il ritardo, ma ho avuto da studiare. Ho deciso che posterò una volta a settimana (se ci riesco, ovvio xD) e come giorno ho scelto o il sabato o la domeinca, dipende quando riuscirò a fare la revisione finale del capitolo.
Finalmente il sesto capitolo, molto denso e ricco di avvenimenti. Primo tra tutti, un avvicinamento tra Alice e Davide, Federico e Benedetta e l'arrivo di Blaine. Il prossimo capitolo, ovviamente, sarà quasi interamente dedicato a lui *____*
Spero che vi piaccia, a me non entusiasma molto, credo che sia motlo sotto le mie capacità. Ma questo è il meglio che sono riuscita a scrivere.
Poi, volevo fare delle precisazioni sulla storia. È ambientata nel mio paese, in provincia di Milano, di cui però non dirò mai il nome, così come del liceo che è quello che ho frequentato io. La linea 30 è l'autobus che prendevo io solitamente, anche se in realtà ha un altro nome. Infine, la cioccolateria esiste davvero.
Passiamo ai ringraziamenti.
Grazie alle persone che hanno recensito lo scorso capitolo, le 6 persone che hanno innserito la storia tra le preferite, all'unica che l'hai inserita nelle ricordate e alle 27 che l'hanno inserita nelle seguite e a tutte quelle che leggono e basta.
Ricordo, come sempre, il mio profilo facebook dove potrete trovare foto e anticipazioni.
Un bacio a tutti, Manu ♥

   
 
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