Natale (POV Simo)
Quel giorno di Natale fu
pieno di novità.
Scoprimmo che mio papà e la
mamma della Ila si conoscevano, era stato lui ad assisterla durante il suo
divorzio.
Non potevo crederci a quanto
fosse piccolo il mondo.
Forse avrei potuto conoscere
prima la Ila, invece di quel lontano giorno in cui la vidi per la prima volta
in discoteca.
Il pranzo era cominciato da
un po’ ed io ero vicino al mio amore.
Vicino a lei c’era Davide che
la faceva ridere e scherzare.
Non sapevo come mai, ma mi
sentivo geloso di lui. Geloso del fatto
che la facesse ridere, geloso del fatto che volesse stare del tempo con
lei, geloso del fatto che lei lo lasciasse fare.
Non riuscivo a capire come mi
stava succedendo. Non sapevo perché ero gelosa di lui, di Davide, del mio fratello
acquisito. Come potevo essere geloso di lui? Non ero mai stato geloso di lui,
neanche quando ci provava con le ragazze che interessavano a me, anzi ero
felice che ci provasse con loro, era come avere il suo consenso, come se lui
fosse d’accordo con la mia scelta.
Ma quella volta non fu così.
Ero tremendamente geloso di lui, geloso di tutto, pur sapendo che fosse sposato
e che sua moglie stesse aspettando un figlio.
Mi sentivo geloso, ma non
volevo darglielo vedere, almeno a lei. Non volevo essere ossessivo e starle
addosso. Non volevo che pensasse che non mi fidassi di lei, quando mi fidavo di
lei, ma si sa che la gelosa è più forte di qualsiasi altra cosa, non si può
trattenere.
Quando Davide prese la sedia
ed andò a sedersi vicino a sua moglie, mi sentii sollevato ed ero felice di poter
passare del tempo con lei, dato che c’era una pausa tra una portata e l’altra.
Improvvisamente lei si alzò.
-Vado un attimo a fare un
giro. – mi sorrise, ma vedevo che c’era qualcosa la turbava. Ormai la capivo
con un solo sguardo e sapevo che aveva qualcosa.
Mi stavo per alzare quando mi
fermò.
-Vado da sola se non ti
dispiace.- mi sussurrò all’orecchio provocandomi un brivido e lasciandomi un
bacio. Non riuscivo a capire come potesse avere quella voce sensuale, anche
quando non eravamo in atteggiamenti intimi.
Rimasi seduto a parlare con
gli altri, ma continuavo a pensare alla sua espressione prima di salutarmi.
Avevo capito che voleva
rimanere da sola, ma ero preoccupato di sapere che cosa le succedesse, che avesse
qualche problema e avrei voluto che me ne parlasse. Quindi decisi di andarla a
cercare.
Girai per il parcheggio e
pensai che forse fosse andata nel giardino del ristorante.
Finché non la vidi. Seduta su
una panchina assorta nei suoi pensieri.
La osservai nella sua
bellezza. Osservai il suo profilo, il suo viso, i suoi occhi, la sua figura
seduta sulla panchina.
Mi persi a guardarla e mi
resi conto che l’amavo più di qualsiasi cosa, che l’avevo sempre amata.
Ed immancabilmente i ricordi
della prima volta che la vidi, mi tornarono in mente.
La vidi in mezzo alla folla,
mi colpì per la sua semplicità, ma anche per la sua sicurezza. Sembrava essere
nata per stare in mezzo alle persone, non sembrava per niente in imbarazzo.
Mi colpì con un solo sguardo,
ma cercai di non pensare a lei.
Senza volerlo, mi trovai a
cercarla tra la folla, a cercare i suoi capelli ricci, la sua figura, la sua
linea morbida.
Quando incontrai il suo
sguardo, mi sembrò che il mondo si fermasse, che esistessimo solo io e lei. Quando
distolse lo sguardo, mi ritrovai a fissare la sua schiena che se ne andava.
Poi, quando la vidi uscire
fuori nervosa, mi trovai a capirla, a capire il suo stato d’animo e a capire
che fosse successo qualcosa.
Avevo bisogno di
raggiungerla, di sapere cosa fosse successo, di consolarla, sentivo il bisogno
di vederla felice e ridere.
Passai del tempo con lei, ma
mi sentivo in imbarazzo, impacciato e avevo paura di fare qualcosa di sbagliato
con lei, di sbagliare qualcosa e di perderla, di non rivederla mai più. Non
volevo che accadesse, non poteva succedere e non doveva succedere.
Provando emozioni totalmente
nuove dal solito, mi ritrovai scombussolato e non sapevo cosa fare. Io, Simone,
che non sapevo cosa fare? Era strano. Io sapevo sempre cosa fare. Sapevo sempre
come comportarmi con una ragazza, ma con lei non lo sapevo.
Mi ritrovai a comportarmi
come con tutte le altre, anche se sapevo benissimo che con lei non avrebbe
funzionato.
Mi presi un suo rifiuto, ma
fu il rifiuto più bello che avessi mai ricevuto. Avrei dovuto prenderla male
essendo il mio primo rifiuto, ma fu quello l’incentivo per cercarla.
Tornando nel locale e vedendo
che lei se ne andava con la sua amica, non potei trattenere un sorriso.
Parlando con Edo, mi diede
informazioni importanti su di lei: come si chiamasse e che scuola frequentasse.
Da quella sera, non feci che
pensare a lei: ai suoi occhi, al suo sguardo, alle sue labbra che avrei voluto
tanto sentire sulle mie.
Poco giorni dopo, quando
scoprii che Edo sapeva che classe facesse e che aveva un piano per rivederla,
mi illuminai.
Erano passati solo 4 giorni,
da quando l’avevo vista, ma io non facevo altro che pensare a lei. Era il mio
pensiero fisso e non mi era mai successo. Non ero più andato a letto neanche
con una ragazza perché non volevo una ragazza qualsiasi, io volevo solo lei, a
qualunque costo.
Andando alla sua scuola, mi
trovai agitato. Avevo voglia di rivederla, ma sapevo che lei non sarebbe stata
molto felice, nonostante lo sperassi con tutto me stesso.
Arrivando nel cortile della
scuola, la vidi con la sua sigaretta in mano che rideva spensierata e felice ed
istintivamente sorrisi della sua felicità, ma allo stesso tempo ero infastidito
perché fumasse.
Era la prima volta che mi
infastidiva che qualcuno fumasse, non mi era mai importato e poi non era un mio
problema, ma con lei era come se lo fosse.
Togliendole la sigaretta e
provocandola, mi ritrovai ad essere provocato. Dalle sue morbide labbra sul mio
collo, dal suo respiro dolce e leggere, dalla sua lingua che leccava
leggermente. Mi ritrovai a non avere più un briciolo di controllo di me stesso.
Per quei semplici baci, mi ero ritrovato a non capire più niente, ad avere il
cervello scollegato dal mio corpo. Nessuna ragazza mi aveva mai fatto
quell’effetto. Lei era la prima. Era la prima che mi provocava quelle
sensazioni, che mi faceva provare quelle emozioni e che mi faceva perdere il
controllo di me stesso.
Cercai di darmi un contegno e
le resistetti, prendendomi così una bella ginocchiata nei gioiellini di
famiglia. Il dolore era insopportabile e me l’ero cercata. Avrei preferito
perdere il controllo di me stesso e lasciargliela vinta subito, ma era una cosa
più forte di me.
Passando i giorni, io mi
accorsi che lei era diversa, che lei era la ragazza dei miei sogni: che sapeva
tenermi testa, che sapeva provocarmi, ma che allo stesso tempo era dolce e
sensibile.
Era il giusto mix per avere
la mia ragazza ideale.
Poi quella tragica sera andai
a letto con quella ragazza.
Non so cosa mi passasse per
la testa, come feci a prendere quella decisione o come mi trovai a letto con
quella ragazza, so solo che mi lasciai andare al mio puro piacere.
Quando mi svegliai a casa di
quella ragazza, mi resi conto dell’enorme errore che avevo fatto. L’errore più
grande della mia vita.
Decisi di fare finta di
niente e di non parlarne con nessuno a parte Edo. Mi godetti il pomeriggio con
lei, abbracciandola e godendomi le sensazioni che mi provoca la sua vicinanza.
Poi la vidi, la ragazza della
sera prima che mi fissava come un’ebete. Avrei voluto morire, sotterrarmi pur
di non farmi vedere da lei, ma mi vide e mi riconobbe soprattutto, facendo
scoppiare il fini mondo.
Lei se ne andò forse
piangendo. La segui, non curandomi della reazione dell’altra ragazza. Volevo
solo pensare alla Ila, alla mia Ila, perché la definivo tale. Sapevo che lei
sarebbe stata mia e che, soprattutto, doveva essere mia.
La trovai sotto la pioggia,
seduta per terra che piangeva. Mi si strinse lo stomaco a vederla e sapere che
fossi stato io a ridurla in quello stato mi fece sentire ancora più male.
Cercai di spiegarmi, ma non mi lasciò fare, mi fermava e poi la vidi andarsene,
lasciarmi sotto la pioggia.
La notte non riuscii a
dormire, stavo perdendo la cosa più importante che potessi avere in tutta la
mia vita, la stavo perdendo e tutto per colpa del mio piacere, tutto per colpa
di una mia stupida cazzata.
Provai a cercarla, a parlare
con lei, ma fu tutto inutile.
La cercai anche a casa,
trovandomi davanti la scena di Mattia in boxer a casa sua.
Lui era a casa sua ed io
avrei voluto ucciderlo, picchiarlo. Avrei voluto fare di tutto. Era a casa
della MIA Ila, era a casa della MIA unica ragione di vita.
Provai ad avere spiegazioni,
ma poi ricevetti la notizia più brutta di tutta la mia vita: lei era insieme a
lui, a quel coso che mi aveva aperto la porta in boxer.
Non potevo fare altro che
andarmene e farle vivere la sua vita. Dovevo farle vivere la sua vita. Aveva
scelto lui e io dovevo andarmene, prima che fosse troppo tardi. Passai il resto
dei due mesi in casa a disperarmi.
Capii che quella ragazza
fosse per me molto di più di una semplice ragazza, era diventata la cosa più
importante della mia vita, mi aveva rubato, corpo, anima, cuore e cosa ancora
più importante, per lei ero cambiato senza rendermene conto.
Lei aveva cambiato lo
stronzo, in un bravo ragazzo.
Aveva portato il ragazzo che
andava a letto con tutte, ad amarne solo una.
Si, perché mi resi conto di
amarla. Di amare tutto di lei, ma non potevo farci niente, lei aveva deciso.
Poi feci quell’incidente e
giuro che lo rifarei mille volte quell’incidente se sapessi che mi porterebbe
ad averla.
Passai dei giorni fantastici
con lei mentre ero in ospedale ed il nostro rapporto cambiò. Tutto di noi
cambiò, infatti eravamo una coppia che discuteva, si stuzzicava e rideva
insieme.
Mi ritrovai a fare cose che
non avevo mai fatto, stavo facendo tutto per la prima volta con lei. Avrei
fatto tutto con lei per la prima volta.
Non avevo mai avuto una
ragazza fissa per cui fare regali, coccolarla, baciarla.
Era tutto nuovo e bellissimo
che non mi sarei mai abituato a quella sensazione.
Quando la sera prima del
matrimonio di Davide, mi spinsi leggermente oltre, speravo di non essere
bloccato, che anche lei mi desiderasse come io desiderassi lei, ma mi bloccò.
La sua mano finì sulla mia
che stava sbottonando la maglietta del pigiama ed alzai lo sguardo.
Nei suoi occhi vidi
eccitazione si, ma anche paura, dubbio.
Non riuscivo a capire che
cosa le fosse passato per la testa e non me lo spiegò mai, non me ne parlò ed
io non chiesi mai per paura di farla soffrire in qualche modo.
I mesi passavano ed io avevo
sempre più voglia di farla mia, di possederla, di sentirla ansimare a causa
mia, ma sapevo che dovevo aspettarla, volevo aspettare che lei fosse pronta e
lo volesse davvero.
Ma lei non migliorava la mia
situazione, non faceva altro che provocarmi ed io ovviamente provocavo lei, ma
era difficile mantenere il controllo di me stesso.
Finché quella domenica non mi
svegliò baciandomi e da un suo solo bacio, capii che era pronta.
Feci tutto con calma e
gentilezza, cercando di trasmetterle tutto l’amore che avevo per lei. Io andavo
piano cercando di prepararla al meglio, ma lei sembrava che non riuscisse ad
aspettare più il momento.
Per la prima volta nella mia
vita, feci l’amore e lo feci senza preservativo. Sapevo che lei aveva avuto il
ciclo pochi giorni prima e non mi preoccupai. Volevo sentirla a pieno, fino in
fondo. Volevo sentirla in ogni modo e con il preservativo non era certo
possibile.
Quando entrai in lei fui
percorso da mille sensazioni diverse.
Era bellissimo, la sentivo
calda, bollente, bagnata. Tutto solo per me. La sentii ansimare, gemere e
sussurrare il mio nome e quello fu il piacere massimo per me.
Per la prima volta pensavo al
suo piacere, prima che al mio ed era la sensazione più bella che potessi avere.
Il nostro rapporto poi fu in
salita in tutti i sensi.
Non potevo desiderare di
avere un rapporto migliore.
Venni riscosso dai miei
pensieri vedendo una lacrima che solcava il suo viso e mi preoccupai. Volevo
sapere cosa facesse piangere il mio amore.
-Stai bene?- gli chiesi
istintivamente preoccupato.
Lei alzò il viso e incontrai
i suoi occhi azzurri.
Mi sorrise continuando a
piangere.
-Sto benissimo.- mi disse
sorridendo sincera, ma continuando a piangere.
-Perché piangi?- mi avvicinai
e mi sedetti sulla panchina vicino a lei.
-Perché sono felice.- mi
disse sorridendo e alcune lacrime ricominciarono a solcarle il viso.
-Per me dovrebbero
rinchiuderti, lo sai?- le dissi divertito asciugandole una lacrima con il
pollice. La feci ridere.
-L’ho sempre detto che
dovevano farlo, ma ancora nessuno l’ha fatto.- mi guardò intensamente negli
occhi, facendomi perdere la concezione del tempo.
-Questo vorrà dire che ti
farò rinchiudere io, ma con me però.- le dissi poco prima di baciarla.
Volevo passare tutta la mia
vita con lei, a baciarla, toccarla, accarezzarla, amarla. In quel momento non volevo fare altro che passare tutto il
tempo della mia vita con lei.
Il bacio fu salato e dolce allo
stesso tempo, per colpa delle lacrime e del nostro amore.
Dischiudemmo le labbra per
assaporarci maggiormente.
Quando ci staccammo, lei
appoggiò la fronte sulla mia.
-Lo sai che ti amo, vero?- mi
chiese chiudendo gli occhi.
-Come io amo te.- le accarezzai
la guancia osservando il suo viso rilassato.
Restammo ancora qualche
minuto a baciarci e a coccolarci e cercai in tutti i modi di tranquillizzarla.
Tornammo nel ristorante e lei
decise di andare in bagno a risciacquarsi ed a mettersi a posto.
Io decisi di andare a
sedermi, ma poco prima di arrivare nel salone, tornai indietro ed entrai nel
bagno delle donne.
Non era propriamente giusto
farlo, ma lo feci lo stesso.
Quando aprii la porta, la
vidi girarsi verso di me e sorridermi, non appena mi vide.
Si sciacquò il viso, si
asciugò e si guardò allo specchio.
Mi appoggiai allo stipite
della porta a contemplarla.
Adoravo vederla prepararsi.
Vedere come si mettesse a posto i capelli, come se li asciugasse, come si
lavasse il viso e si mettesse la matita agli occhi. Come si vestiva.
Mi sarei perso ore ed ore a
vederla prepararsi.
Mi piaceva molto guardarla
farsi la doccia quando era a casa mia.
Mi sedevo sul bordo della
vasca idromassaggio e la guardavo lavarsi.
A volte parlavamo, a volte
rimanevo a guardarla in silenzio.
Non c’era malizia in quello
che facevo, non la guardavo perché volevo eccitarmi o cose simili, volevo solo
ammirarla in ogni sua forma, in ogni momento della giornata, per capirla meglio
e per studiarla.
Da quanto la osservavo avrei
potuto fare un ritratto perfetto di lei, se solo avessi saputo disegnare.
Anche in quel momento la
osservai e come al solito le sue guance erano imporporate di un lieve rossore.
Era leggermente in imbarazzo
quando la osservavo, ma non diceva mai niente, segno che non le dava poi così
tanto fastidio, ma era solo perché odiava essere al centro dell’attenzione.
Forse essere al centro della
mia attenzione le faceva piacere.
Vedendola girarsi e guardarmi
capii che quello era stato l’anno più bello della mia vita e che non avrei mai
voluto cambiarlo con nessun altro.
Avevo trovato la ragazza più
straordinaria della mia vita, che mi aveva fatto cambiare e mi aveva reso un
uomo migliore.
Si, perché finalmente potevo
definirmi un uomo, un uomo che amava una donna straordinaria.
La MIA donna.
Buon poreggio! Scusate il leggero
ritardo, ma questo week-end sono stata da mio papà ed ero senza connessione,
quindi non ho potuto aggiornare il capitolo ieri, ma l’importante è che sia
qui, no?
Bene, capitolo 58, -2 al capitolo
finale e questa storia sarà finita.
Ho notato un leggero calo, ma
non mi preoccupo, quando la storia sarà finita magari recupererete quello che
non avete letto =)
Allora, in questo capitolo
parla Simo (*_*) io lo adoro questo ragazzo, non so cosa farci. Be, si capisce
che è innamorato pazzamente di Ila e che probabilmente non riuscirà mai a
separarsi da lei. Tenero *_*
Cos’altro posso aggiungere?
Penso niente.
Vedrò se riesco a postare il
capitolo in settimana, magari se vedo i numeri di sempre potrei postare prima,
altrimenti, ci vedremo martedì 26 dato che domenica è Pasqua non mi sembra il
caso di postare. xD
Quindi, ne approfitto per
farvi gli AUGIRI DI BUONA PASQUA!
Ringrazio come sempre le
persone che leggono e continuano ad aggiungere la storia alle liste, voi siete
pazze! Ma per questo vi adoro *_*
Alla prossima girls! ^_^