Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: Aurelia major    20/04/2011    0 recensioni
In una qualsiasi città dormitorio, simile a tante altre che compongono la periferia delle metropoli moderne, c'è un caseggiato un po' fatiscente abitato da una colorita umanità. All'interno dello stabile s'intrecciano le loro storie, le manie degli inquilini, i litigi condominiali e i paradossi che inevitabilmente si generano laddove un gruppo raccogliticcio di persone senza capo né coda è costretto a convivere.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

 

E che santella!

Smadonna scendendo le scale, bestemmiando colorito nel suo idioma d’origine, a causa del grecale che senza misericordia gli ha sparso mutande e canottiere nella corte della portinaia.

Incrocia sul pianerottolo alcune persone, ma non si cura affatto d’interrompere il borbottio di contumelie che sgrana come un rosario. Poiché non può fare a meno di pensare alla malasorte che lo perseguita dacché è stato messo al mondo più di sessant’anni prima.

Eh sì, borbotta Eduardo Scannapieco, di professione arrotino ambulante, ma attualmente disoccupato, una locuzione questa che abbraccia ormai un arco temporale che si compone di almeno un lustro, perché per me la iella ha sempre avuto un occhio di riguardo!

E in effetti non esagera il poveruomo, sebbene abbia la classica propensione tutta partenopea di enfatizzare alquanto le cose. Ma vocazione all’iperbole o no, questa è la sacrosanta verità, confermata a maggior ragione dalla sua figura sparuta e malmessa, che praticamente parla da sola. E’ magro Eduardo Scannapieco ed ha il volto pieno di rughe come se fosse molto più vecchio. Troppe preoccupazioni, altrettante le amarezze, ma soprattutto a segnarlo è la perenne barba di tre giorni, sale e pepe, che gli picchietta le guance e il riporto spalmato col quale inutilmente cerca di coprire la crapa pelata. L’abbigliamento raffazzonato poi fa il resto, ché la mise con cui si presenta suggerirebbe ad uno spettatore smaliziato l’idea che la mattina donn’Eduardo si lanci nell’armadio e metta esclusivamente ciò che gli rimane attaccato addosso. Il che non è affatto vero, giacché in genere se ne va in giro sempre con le solite quattro pezze.
Salvo, quand’è a casa, aggiungere ai pantaloni pieni di frittelle d’unto e al maglioncino frusto, una giacca da camera che ha visto decisamente tempi migliori.

E semmai qualcuno si prendesse la briga di chiedergli come mai si mostri così di male arnese, volentieri gli racconterebbe che la colpa è tutta di quella sgaglia e fella di pastiera di sua moglie, donna fedifraga e bugiarda, che dopo averlo riempito di corna per anni, l’ha lasciato, portandosi appresso pure i suoi pochi averi per pignorarli al banco dei pegni.  Purtroppo però persino questo piccolo sfogo gli è negato, la sua è storia risaputa, vecchia a tal punto che ormai nessuno si ci inzuppa il pane. Neanche per lo sfizio di stuzzicarlo.

E’ solo Eduardo Scannapieco, da troppo a tu per tu con l’abbandono, che l’ha abbruttito di pari passo con il suo lasciarsi andare. Figli non ne ha, parenti a portata di mano meno che mai, essendo emigrato al nord in gioventù e mai più ritornato al paese. Eppure quel viaggio pieno di speranze che l’ha visto protagonista imberbe in tanti anni non ha affatto mutato la sua condizione. Morto di fame era e tale è rimasto pure in mezzo alla nebbia. Non ha conosciuto nessuna evoluzione e anzi, ancor’oggi, quando gira per i quartieri residenziali nella speranza che qualche casalinga abbia da arrotare le forbici e coltelli oppure abbia necessità dell’ombrellaio, le portinaie sono solite appellarlo di malo modo brontolando Africa, esattamente come negli anni 50.

E vaglielo a spiegare a quelle infamone che la sua rovina sono state l’Ikea e i centri commerciali! Prima la gente conservava, le lame venivano sfruttate finché era possibile e anche oltre, gli ombrelli poi si tramandavano di padre in figlio. E invece è tutto cambiato nel giro di una generazione e lui, che ci si è trovato a cavallo, senza un titolo di studio, privo di un pezzo di carta qualsiasi che potesse affrancarlo, è rimasto al palo. Certo finché ne ha avuta la forza ha lavorato come imbianchino e muratore, sempre rigorosamente a nero, ma ora che il peso di quarant’anni di nazionali senza filtro gli ha tolto il fiato, i capomastri si rifiutano di prenderlo in cantiere. E’ vecchio e inutile e si è ridotto a vivacchiare alla giornata, trascinandosi stancamente.

In ogni caso oggi aveva deciso di prendersela di festa, ma come al solito la sfortuna si ci è messa di mezzo e il vento ha fatto il resto. E non è tanto il fastidio di doversi scomodare dalla poltrona sfondata, quanto piuttosto la scocciatura di dover aver a che fare con quella grassona pettegola della portiera. La stessa che urla come una fruttivendola ogniqualvolta parcheggia vicino al suo giardino la motoretta con cui gira in cerca di lavoro.

Come se poi le marmitte potessero cacciare Chanel n°5 e lei tenesse un eden invece di quelle quattro piante rachitiche. Pensa acido. Marò, quant’è vero iddio è sicuro che  tengono il complesso dei sette nani! Ne conclude gettando un’occhiata tutt’intorno e salvando da quella miseria silvana solo l’olivo, il quale, essendo stato piantato molto tempo addietro, addirittura quando la zona era ancora una distesa di aperta campagna, svetta come un gigante tra i pigmei.

Ha voglia ad innaffiare e passare il tempo a zappare, rumina donn’Eduardo sempre in cerca della donna, che pare scomparsa. Certamente non per consegnare la posta che s’accumula nella guardiola, lamenta  ripensando alla raccomandata urgente che gli ha consegnato in ritardo. E d’accordo che la cambiale scaduta era già al terzo avviso, però è colpa anche di quella lardosa se è finito ancora una volta in protesto!

Fa il giro del caseggiato e bussa all’odiata porta ma nessuno risponde, quindi non gli resta che ritornare sui suoi passi e avventurarsi senza permesso tra i cespugli.

Chi se ne fotte, pensa impermalito, neanche ci fossero da rubare le gigas del Madagascar! Tuttalpiù, gli sovviene con un lampo di genio, lo stesso genio levantino della sua gente, potrebbe fregarsi un po’ di basilico per insaporire il sugo in scatola che mangerà più tardi. Ma ancora una volta la iella lo colpisce perché  di fiori inservibili ce n’è a iosa, mentre le piante da frutto sono spoglie e non c’è nient’altro di utile ad uno scopo vagamente commestibile. In compenso a terra c’è un tappeto di arance marce.

E certo, considera incattivito, saranno quelle che stanno troppo in alto per arrivarci senza scala e figuriamoci se quel peso massimo può arrischiarsi in bilico verso gli ultimi rami. Come niente cadrebbe, provocando pure una scossa di terremoto.  

Infine eccola là la sua roba e, ovviamente, dove vuoi che sia finita la biancheria, faticosamente lavata a mano, se non su quella frutta fetente? Prende un paio di slip con due dita e malinconicamente appura che gialle erano prima e gialle sono tornate ad essere le sue mutande dall’elastico moscio.

E vabbé, sapete che ci sta di nuovo?Stanno bene così! Sbotta lasciandosi andare al livore. Tanto se ai tempi di Pappagone si faceva il bucato con la cenere e le foglie d’alloro, per quanto lo riguarda, lui può fare lo stesso e tenersele tranquillamente con l’afrore delle scorze d’arancia!

Ma che state facendo nel mio giardino?

Lo apostrofa malamente la portiera con le sporte della spesa ancora in mano, ché lo conosce bene quel relitto, e morto di fame, del piano nobile. E non si sorprenderebbe affatto se tra il lusco e il brusco avesse razziato parte dell’orticello.

Eh sì, l’invasione di villa reale, ma fatemi la cortesia signò!

Risponde sdegnato ultimando di raccogliere gl’indumenti macchiati, senza darsi pena di chiedere scusa per l’intrusione. Al che inaspettatamente la donna di fa un sorriso, raccoglie un paio di ranuncoli e glieli porge insieme ad una busta che cava da una tasca.

E mannaggia à morta! Pensa Eduardo Scannapieco prendendosi l’ennesimo colpo in faccia senza reagire.

Ha tra le mani un intimo di sfratto e non sa davvero cosa farà domani.

 

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Aurelia major