“La
tua reazione è stata
sbagliata.”
“Lo so”
“Avresti
potuto informare un
professore o uno dei dipendenti.”
“Lo so”
“Ti
rendi conto della gravità
del tuo gesto?”
“Si…
mi dispiace.”
La
preside Tsunade la
guardava negli occhi. Era seduta sulla sua poltrona.
L’ufficio era normalissimo
e sulla scrivania vi erano un sacco di foto della preside da ragazzina.
In
quasi tutte le foto c’era un ragazzo con lei. A Karin diede
un po’ fastidio
ammetterlo, ma la preside era davvero una donna bellissima. E anche
brillante.
Come lei non si era guadagnata l’ingresso nella scuola, che
poi avrebbe
condotto, grazie alla sua famiglia, ma grazie al suo talento.
Nonostante la
trovasse un po’ vecchiotta e rompiballe, ammise anche di
ammirarla.
Il suo sguardo adesso era severo. Karin arrossì. Si sentiva
davvero in colpa.
“Sai, Izumi. Noi ci aspettiamo veramente molto da te. Sei una
studentessa brillante
e devi continuare a frequentare questa scuola. Ti verrà data
una possibilità ma
speriamo che in futuro non avvengano più episodi di questo
genere.”
“Si
signora, grazie signora”
“Signorina.”
“Scusi.”
La
preside sospirò.
“Anche se l’altra alunna ha avuto torto, agire con
violenza non è stato un
gesto maturo. Anzi, ti ha portato sul suo stesso livello.”
Karin abbassò lo sguardo. Era vero. E si vergognava. Per una
cosa che si
sarebbe potuta risolvere benissimo in un altro modo, rischiava di
compromettere
la sua carriera scolastica e gli sforzi che lei e Tay avevano fatto con
tantissimi sacrifici.
“E
adesso esci fuori di qui
prima che cambi idea!”
“Si, signora”
“SIGNORA
A CHI?”
“Si,
signorina!!”
La porta si chiuse alle spalle di Karin. Dopo aver tirato un lungo
sospiro,
decise di raggiungere nuovamente l’aula delle lezioni di
scultura, anche se la
lezione sarebbe terminata da li a poco.
Dopo il sollievo iniziale riprese la malinconia. Tay in lacrime, la
casa, la
sua amata cinepresa, adesso pure l’ultimatum a scuola, il
progetto in ritardo…
Decise di non entrare. E continuò a vagare per i corridoi
come un fantasma.
Cercò di non piangere davanti all’annuncio che
aveva affisso poco prima.
Dovette fare sforzi incredibili per trattenersi.
In quel momento avrebbe voluto solo distruggere tutto, gridare, urlare.
Si
chiedeva perché doveva subire tutto questo. Avrebbe voluto
smettere di
preoccuparsi dei soldi, di poter buttare i pasticcini della mensa
quando non le
andavano invece di conservarli. Di preparare le frittelle la domenica
senza
sensi di colpa per il costo della colazione. Odiava la sua vita. Odiava
i
genitori. Odiava il proprietario della casa e quella casa schifosa.
Arrivò al
primo piano senza accorgersene. Camminava veloce stringendo i pugni.
Nel corridoio, accanto alla macchinetta delle merendine si trovava
Hinata.
“Karin…”
La rossa si fermò. Finse che quel momento di malinconia non
fosse mai arrivato.
Iniziò a pensare nel modo più positivo possibile
e accennò persino un sorriso,
anche se un po’ forzato.
“E’
andata bene, quella
vecchiaccia mi ha fatto la solita strigliata, ma è
andat…”
“…Grazie.”
Hinata
arrossì.
“F-figurati, cioè, quella puttana di Kin meritava
che qualcuno le desse una
lezione.”
“Grazie. Io, io non reagisco mai. Io lascio sempre perdere,
scappo, piango, mi
nascondo in camera mia e mi sento uno schifo.”
Karin rimase in silenzio.
“E’ tutta la vita che mi sento una completa
deficiente, ho sempre una paura.
Resto sola, non riesco nemmeno a parlare con il ragazzo che mi piace.
Anzi,
nemmeno a guardarlo negli occhi. E’ patetico non trovi? Non ho
personalità, la gente mi giudica una ragazza
banale e non fa che trattarmi con superficialità, senza che
io possa reagire. E
tu invece sei forte, non ti importa di niente e di nessuno, sei entrata
in
questa scuola perché sei l’unica che lo merita
veramente, hai talento, sei
brillante e anche molto simpatica. E senza di te, Kin
mi…”
“Hinata…”
In quel momento Karin si accorse di essere stata una di quelle persone
che la
giudicavano banale e la trattavano con superficialità. Fino
ad adesso si era
sentita diversa, alternativa ma una tipa piuttosto giusta. Sentiva di
distinguersi dalla massa, da quelli che credeva ragazzini viziati che
credevano
di giudicare una persona in base ai vestiti che indossavano o in base
alla
popolarità.
Aveva sempre trattato Hinata male, come se fosse una delle tante
principesse
viziate. Invece si era accorta con il tempo che era molto di
più.
Karin non aveva mai avuto amiche. Amici si. Fino a quando
arrivò l’età della
“separazione” tra maschi e femmine, aveva passato
il tempo dopo la scuola a
giocare a pallone o a basket nei campi dietro i palazzi. Quelli erano
asfaltati, se cadevi, i ginocchi si spaccavano e i pantaloni si
strappavano.
Non erano ammesse le femminuccie, ma Karin era la tosta e faceva
eccezione. Da
quegli anni le venne in mente l’idea
ricorrente che le ragazze erano tutte dei surrogati di Barbie o della
nuova
baby-star di Disney Channel. Tutte tranne Tay ovviamente.
Iniziò ad essere
sempre meno femminile. In effetti era davvero diversa rispetto alle sue
compagne. Fingeva di stare bene così, senza parlare del
ragazzo che le piaceva,
senza dimostrare un minimo di eccitazione per il concerto che sarebbe
arrivato
di li a poco. Si nascondeva, fingendosi fiera del suo essere
alternativa, del
rispondere in tono scontroso, del fregarsene di tutto e di tutti per
sentirsi
più forte, quando invece faceva soffrire persone come
Hinata. E in realtà, lei
l’aveva sempre sognata un’amica. Un amica con cui
prestarsi i vestiti, mangiare
schifezze fino a tarda notte, parlando di ragazzi e ascoltando musica a
palla.
Un amica che c’era quando si sentiva sola, che la consolava
quando le cose
andavano male.
Un’amica come Hinata.
Anche
se aveva già cambiato
idea, capì che aveva davvero valutato male
l’amica. Hinny era come, diciamo… un
cucciolo. Si
sentì in dovere di
aiutarla, quindi, per dimenticare lo sfratto e tutti i casini vari si
impose un
obbiettivo: se le piaceva tanto Naruto Uzumaki, si sarebbe messa con
lui prima
del concerto!
“Si..?”
“Ti aiuto io. Ti va?”
La
mora fece uno scatto e
abbracciò forte l’amica.
“Ti voglio bene Kairi”
Senza dirle nulla la prese per un braccio e si diresse verso uno dei
compagni
che cazzeggiava in corridoio senza fare nulla di particolare.
“Hey Inuzuka.”
Kiba si girò, intimorito.
“I-Izumi?
Oh ciao Hyuga…”
Karin
lo prese per la giacca,
guardandolo fisso negli occhi. Il ragazzo impallidì.
“Ho bisogno di un favore!”
“Ehm, si… cosa posso fare per te?”
Karin prima di rispondere analizzò la situazione. Se
l’avesse detto, ci sarebbe
stata una fuga immediata di Hinata, ma se Hinata fosse fuggita, il suo
piano
sarebbe in parte andato a puttane. E pensò anche che ci
sarebbero potuti essere
stati problemi idioti tipo pettegolezzi. Sbagliati ovviamente. Ma chi
se ne
fotte, pensò, oramai non mi posso tirare indietro.
Così prese per un braccio Hinata e lo afferrò con
tutta la forza che aveva.
Hinata iniziò ad agitarsi, ma la rossa non aveva tempo per
accorgersene. Doveva
farlo, anche se effettivamente era tutto davvero molto poco fico. Fece
un gran
respiro. Poi…
“MI
SERVE IL NUMERO DI
CELLULARE DI NARUTO UZUMAKI!”
O
Cristo. L’aveva fatto. Beh,
a dire il vero non le fregava nulla, perché a lei
l’Uzumaki non piaceva
affatto. Anzi, le scocciava parecchio che una ragazza a posto come
Hinata
frequentasse un tale idiota. Che oltretutto, anche se indirettamente
era causa
del licenziamento di Tayuya e della sua rovina. Insomma non
è che adorava
Naruto. Ma era per
Hinny, era solo per
Hinny.
Però non aveva mai fatto richieste del genere. In effetti
era proprio imbarazzata.
In quel momento avrebbe desiderato trovare l’interruttore
della sua mente per
smettere di pensare. Dio com’era infantile. Stava solo
richiedendo il numero di
un compagno di classe, per una sua amica oltretutto. Però
era la prima volta,
insomma. E aveva paura dei pettegolezzi idioti. Si vergognò
tremendamente di se
stessa, questi ragionamenti non si facevano neanche all’asilo.
Hinata
emise un gridolino
strozzato e diventò prima rossa poi bianca come uno
straccio. Kiba riprese il
suo colorito e iniziò a respirare.
“Ehm…
si… certo!”
“Hinata prendi nota!” disse Karin autoritaria per
sottolineare – NON SONO IO
QUELLA A CUI
INTERESSA UZUMAKI METTITELO
BENE IN TESTA –
Quando
capì che Kiba aveva
afferrato il concetto, smise di guardarlo male.
Hinata annotò il numero sulla sua agendina rosa. Le tremava
la mano e non
riusciva a respirare. E in effetti il numero di Naruto era
caratterizzato da
una calligrafia diversa da quella perfetta e ordinatissima degli altri
numeri.
Hinny doveva essere davvero su di giri!
Le ragazze ringraziarono Inuzuka e al suonare della campanella
tornarono in
classe.
Suigetsu
fissava il banco di
Izumi. Vuoto.
- Ma tu guarda quella pazza… - pensò.
Ricominciare a parlare con Sasuke non era
stato affatto semplice. Ne avrebbe volentieri fatto a meno, ma ormai la
compagnia era quella e con alcune persone del gruppo era davvero
affiatato. Le
cose inizialmente non erano andate bene e i due si parlavano a
malapena. La
tensione si poteva percepire a km di distanza.
Sospirò
e poggiò la testa fra
le mani. Cercando di pensare ad altro… la festa. Adesso non
gli andava nemmeno
di organizzarla, ma aveva ingaggiato tutto lo staff e anche il regista.
Non poteva tirarsi indietro, mancava davvero pochissimo e mezza scuola
era
stata invitata.
Chissà se la pazza avrebbe accettato di venire? Ecco
un’altra cosa a cui non
doveva pensare.
Ultimamente era ossessionato da lei. Senza motivo oltretutto. Che
motivo c’era
di rimanere ossessionato da una occhialuta grassona?
Da
una parte di sentiva un
cretino: fare a botte con il suo migliore amico per una pazza furiosa.
Da
una parte, era una vita
che desiderava prendere a pugni in faccia quel grandissimo figlio di
puttana. Perché
lui poteva avere sempre tutto quello che cazzo voleva e che Suigetsu
non poteva
avere. Perché viveva con una leggerezza che sfiorava il
disprezzo verso le
persone che lo circondavano. Perché diciamocela tutta, anche
se conosceva
Sasuke da una vita. C’erano diverse cose che non sopportava
del suo carattere.
Il fatto che tutti lo venerassero nemmeno fosse un Dio sceso in terra.
Il fatto
che ogni ragazza gli andasse dietro e che accettasse tranquillamente
che lui ci
andasse a letto anche solo per una notte, per il solo gusto di passare
il
tempo. Il fatto che avesse tutte le fortune del mondo e che fosse un
tale pezzo
di merda.
D’altra parte non era il solo a pensarlo. Sakura era tornata
subito in classe
dopo il colloquio con la preside, molto più breve di quello
di Karin…
MA RIUSCIRA’ MAI LA
NOSTRA PROMISE AD ESSERE PUNTUALE?
(angolo autrice)
Mi
stufo di scusarmi, perché sono
un disastro come autrice. Mi vergogno come una scema.
Ma oggi mi sono detta. Un altro capitolo, dai! E l’ho fatto.
Ancora
grazie per tutte le
recensioni. Davvero grazie per il sostegno, anche se non lo merito,
dato che
sono un’autrice irresponsabile e stupida.
Scusate
per il capitolo più
corto degli altri. Notte!