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Autore: Promise     20/04/2011    2 recensioni
"Credo che ti ucciderò, scorfano" disse seria Karin
"Io invece ti darei volentieri un bacio, strega" rispose Suigetsu
Fanfiction SuiKa. Sono adorabilissimi. <3
Genere: Romantico, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Karin, Suigetsu
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“La tua reazione è stata sbagliata.”
“Lo so”

“Avresti potuto informare un professore o uno dei dipendenti.”
“Lo so”

“Ti rendi conto della gravità del tuo gesto?”

“Si… mi dispiace.”

La preside Tsunade la guardava negli occhi. Era seduta sulla sua poltrona. L’ufficio era normalissimo e sulla scrivania vi erano un sacco di foto della preside da ragazzina. In quasi tutte le foto c’era un ragazzo con lei. A Karin diede un po’ fastidio ammetterlo, ma la preside era davvero una donna bellissima. E anche brillante. Come lei non si era guadagnata l’ingresso nella scuola, che poi avrebbe condotto, grazie alla sua famiglia, ma grazie al suo talento. Nonostante la trovasse un po’ vecchiotta e rompiballe, ammise anche di ammirarla.
Il suo sguardo adesso era severo. Karin arrossì. Si sentiva davvero in colpa.
“Sai, Izumi. Noi ci aspettiamo veramente molto da te. Sei una studentessa brillante e devi continuare a frequentare questa scuola. Ti verrà data una possibilità ma speriamo che in futuro non avvengano più episodi di questo genere.”

“Si signora, grazie signora”

“Signorina.”

“Scusi.”

La preside sospirò.
“Anche se l’altra alunna ha avuto torto, agire con violenza non è stato un gesto maturo. Anzi, ti ha portato sul suo stesso livello.”
Karin abbassò lo sguardo. Era vero. E si vergognava. Per una cosa che si sarebbe potuta risolvere benissimo in un altro modo, rischiava di compromettere la sua carriera scolastica e gli sforzi che lei e Tay avevano fatto con tantissimi sacrifici.

“E adesso esci fuori di qui prima che cambi idea!”
“Si, signora”

“SIGNORA A CHI?”

“Si, signorina!!”
La porta si chiuse alle spalle di Karin. Dopo aver tirato un lungo sospiro, decise di raggiungere nuovamente l’aula delle lezioni di scultura, anche se la lezione sarebbe terminata da li a poco.
Dopo il sollievo iniziale riprese la malinconia. Tay in lacrime, la casa, la sua amata cinepresa, adesso pure l’ultimatum a scuola, il progetto in ritardo… Decise di non entrare. E continuò a vagare per i corridoi come un fantasma. Cercò di non piangere davanti all’annuncio che aveva affisso poco prima. Dovette fare sforzi incredibili per trattenersi.
In quel momento avrebbe voluto solo distruggere tutto, gridare, urlare. Si chiedeva perché doveva subire tutto questo. Avrebbe voluto smettere di preoccuparsi dei soldi, di poter buttare i pasticcini della mensa quando non le andavano invece di conservarli. Di preparare le frittelle la domenica senza sensi di colpa per il costo della colazione. Odiava la sua vita. Odiava i genitori. Odiava il proprietario della casa e quella casa schifosa. Arrivò al primo piano senza accorgersene. Camminava veloce stringendo i pugni.
Nel corridoio, accanto alla macchinetta delle merendine si trovava Hinata.
“Karin…”
La rossa si fermò. Finse che quel momento di malinconia non fosse mai arrivato. Iniziò a pensare nel modo più positivo possibile e accennò persino un sorriso, anche se un po’ forzato.

“E’ andata bene, quella vecchiaccia mi ha fatto la solita strigliata, ma è andat…”
“…Grazie.”

Hinata arrossì.
“F-figurati, cioè, quella puttana di Kin meritava che qualcuno le desse una lezione.”
“Grazie. Io, io non reagisco mai. Io lascio sempre perdere, scappo, piango, mi nascondo in camera mia e mi sento uno schifo.”
Karin rimase in silenzio.
“E’ tutta la vita che mi sento una completa deficiente, ho sempre una paura. Resto sola, non riesco nemmeno a parlare con il ragazzo che mi piace. Anzi, nemmeno a guardarlo negli occhi. E’ patetico non trovi?  Non ho personalità, la gente mi giudica una ragazza banale e non fa che trattarmi con superficialità, senza che io possa reagire. E tu invece sei forte, non ti importa di niente e di nessuno, sei entrata in questa scuola perché sei l’unica che lo merita veramente, hai talento, sei brillante e anche molto simpatica. E senza di te, Kin mi…”
“Hinata…”
In quel momento Karin si accorse di essere stata una di quelle persone che la giudicavano banale e la trattavano con superficialità. Fino ad adesso si era sentita diversa, alternativa ma una tipa piuttosto giusta. Sentiva di distinguersi dalla massa, da quelli che credeva ragazzini viziati che credevano di giudicare una persona in base ai vestiti che indossavano o in base alla popolarità.
Aveva sempre trattato Hinata male, come se fosse una delle tante principesse viziate. Invece si era accorta con il tempo che era molto di più.
Karin non aveva mai avuto amiche. Amici si. Fino a quando arrivò l’età della “separazione” tra maschi e femmine, aveva passato il tempo dopo la scuola a giocare a pallone o a basket nei campi dietro i palazzi. Quelli erano asfaltati, se cadevi, i ginocchi si spaccavano e i pantaloni si strappavano. Non erano ammesse le femminuccie, ma Karin era la tosta e faceva eccezione.  Da quegli anni le venne in mente l’idea ricorrente che le ragazze erano tutte dei surrogati di Barbie o della nuova baby-star di Disney Channel. Tutte tranne Tay ovviamente. Iniziò ad essere sempre meno femminile. In effetti era davvero diversa rispetto alle sue compagne. Fingeva di stare bene così, senza parlare del ragazzo che le piaceva, senza dimostrare un minimo di eccitazione per il concerto che sarebbe arrivato di li a poco. Si nascondeva, fingendosi fiera del suo essere alternativa, del rispondere in tono scontroso, del fregarsene di tutto e di tutti per sentirsi più forte, quando invece faceva soffrire persone come Hinata. E in realtà, lei l’aveva sempre sognata un’amica. Un amica con cui prestarsi i vestiti, mangiare schifezze fino a tarda notte, parlando di ragazzi e ascoltando musica a palla. Un amica che c’era quando si sentiva sola, che la consolava quando le cose andavano male.
Un’amica come Hinata.

Anche se aveva già cambiato idea, capì che aveva davvero valutato male l’amica. Hinny era come, diciamo… un cucciolo.  Si sentì in dovere di aiutarla, quindi, per dimenticare lo sfratto e tutti i casini vari si impose un obbiettivo: se le piaceva tanto Naruto Uzumaki, si sarebbe messa con lui prima del concerto!

“Si..?”
“Ti aiuto io. Ti va?”

La mora fece uno scatto e abbracciò forte l’amica.
“Ti voglio bene Kairi”
Senza dirle nulla la prese per un braccio e si diresse verso uno dei compagni che cazzeggiava in corridoio senza fare nulla di particolare.
“Hey Inuzuka.”
Kiba si girò, intimorito.

“I-Izumi? Oh ciao Hyuga…”

Karin lo prese per la giacca, guardandolo fisso negli occhi. Il ragazzo impallidì.
“Ho bisogno di un favore!”
“Ehm, si… cosa posso fare per te?”
Karin prima di rispondere analizzò la situazione. Se l’avesse detto, ci sarebbe stata una fuga immediata di Hinata, ma se Hinata fosse fuggita, il suo piano sarebbe in parte andato a puttane. E pensò anche che ci sarebbero potuti essere stati problemi idioti tipo pettegolezzi. Sbagliati ovviamente. Ma chi se ne fotte, pensò, oramai non mi posso tirare indietro.
Così prese per un braccio Hinata e lo afferrò con tutta la forza che aveva. Hinata iniziò ad agitarsi, ma la rossa non aveva tempo per accorgersene. Doveva farlo, anche se effettivamente era tutto davvero molto poco fico. Fece un gran respiro. Poi…

“MI SERVE IL NUMERO DI CELLULARE DI NARUTO UZUMAKI!”

O Cristo. L’aveva fatto. Beh, a dire il vero non le fregava nulla, perché a lei l’Uzumaki non piaceva affatto. Anzi, le scocciava parecchio che una ragazza a posto come Hinata frequentasse un tale idiota. Che oltretutto, anche se indirettamente era causa del licenziamento di Tayuya e della sua rovina. Insomma non è che adorava Naruto.  Ma era per Hinny, era solo per Hinny.
Però non aveva mai fatto richieste del genere. In effetti era proprio imbarazzata. In quel momento avrebbe desiderato trovare l’interruttore della sua mente per smettere di pensare. Dio com’era infantile. Stava solo richiedendo il numero di un compagno di classe, per una sua amica oltretutto. Però era la prima volta, insomma. E aveva paura dei pettegolezzi idioti. Si vergognò tremendamente di se stessa, questi ragionamenti non si facevano neanche all’asilo.

Hinata emise un gridolino strozzato e diventò prima rossa poi bianca come uno straccio. Kiba riprese il suo colorito e iniziò a respirare.

“Ehm… si… certo!”
“Hinata prendi nota!” disse Karin autoritaria per sottolineare – NON SONO IO QUELLA  A CUI INTERESSA UZUMAKI METTITELO BENE IN TESTA –

Quando capì che Kiba aveva afferrato il concetto, smise di guardarlo male.
Hinata annotò il numero sulla sua agendina rosa. Le tremava la mano e non riusciva a respirare. E in effetti il numero di Naruto era caratterizzato da una calligrafia diversa da quella perfetta e ordinatissima degli altri numeri. Hinny doveva essere davvero su di giri!
Le ragazze ringraziarono Inuzuka e al suonare della campanella tornarono in classe.

 

Suigetsu fissava il banco di Izumi. Vuoto.
- Ma tu guarda quella pazza… - pensò. Ricominciare a parlare con Sasuke non era stato affatto semplice. Ne avrebbe volentieri fatto a meno, ma ormai la compagnia era quella e con alcune persone del gruppo era davvero affiatato. Le cose inizialmente non erano andate bene e i due si parlavano a malapena. La tensione si poteva percepire a km di distanza.

Sospirò e poggiò la testa fra le mani. Cercando di pensare ad altro… la festa. Adesso non gli andava nemmeno di organizzarla, ma aveva ingaggiato tutto lo staff e anche il regista.
Non poteva tirarsi indietro, mancava davvero pochissimo e mezza scuola era stata invitata.
Chissà se la pazza avrebbe accettato di venire? Ecco un’altra cosa a cui non doveva pensare.
Ultimamente era ossessionato da lei. Senza motivo oltretutto. Che motivo c’era di rimanere ossessionato da una occhialuta grassona?

Da una parte di sentiva un cretino: fare a botte con il suo migliore amico per una pazza furiosa.

Da una parte, era una vita che desiderava prendere a pugni in faccia quel grandissimo figlio di puttana. Perché lui poteva avere sempre tutto quello che cazzo voleva e che Suigetsu non poteva avere. Perché viveva con una leggerezza che sfiorava il disprezzo verso le persone che lo circondavano. Perché diciamocela tutta, anche se conosceva Sasuke da una vita. C’erano diverse cose che non sopportava del suo carattere. Il fatto che tutti lo venerassero nemmeno fosse un Dio sceso in terra. Il fatto che ogni ragazza gli andasse dietro e che accettasse tranquillamente che lui ci andasse a letto anche solo per una notte, per il solo gusto di passare il tempo. Il fatto che avesse tutte le fortune del mondo e che fosse un tale pezzo di merda.



D’altra parte non era il solo a pensarlo. Sakura era tornata subito in classe dopo il colloquio con la preside, molto più breve di quello di Karin…

 

MA RIUSCIRA’ MAI LA NOSTRA PROMISE AD ESSERE PUNTUALE? (angolo autrice)

Mi stufo di scusarmi, perché sono un disastro come autrice. Mi vergogno come una scema.
Ma oggi mi sono detta. Un altro capitolo, dai! E l’ho fatto.

Ancora grazie per tutte le recensioni. Davvero grazie per il sostegno, anche se non lo merito, dato che sono un’autrice irresponsabile e stupida.

Scusate per il capitolo più corto degli altri. Notte!

   
 
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