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Autore: Nyappy    23/04/2011    2 recensioni
[Storia temporaneamente sospesa]
Il mondo è precipitato nel caos. Dopo la sua quasi distruzione avvenuta anni fa, quasi tutti gli scienziati si sono rinchiusi nelle loro roccaforti tecnologiche, vivendo in gran segreto.
Sulla terraferma si è regrediti, e la gente è tornata ad abitare in villaggi, sfuggendo le grandi città inquinate e oppresse da una cappa di nubi scure.
Il mare è terra di nessuno: puntellato da isolotti formati da spazzatura e solcato da loro, le cavie fuggite.
Merisol è la piratessa a capo della Daffodil: scostumata e maleducata, odia i vecchi, è una feticista degli ombelichi ed ha gli occhi selvaggi della Belle Dame.
E quando incontra Kim... beh, sono scintille, anche se lei ancora non lo sa.
Perchè Merisol e la sua ciurma non si oppongono al mondo, devono semplicemente sopravvivere.
[Tentativo di new weird / linguaggio volgare / tentacoli ed altre amenità / cowboy pacchiani]
Genere: Avventura, Fantasy, Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Registro di bordo I, voce n. 000001

-Camellia, la mia Camellia non ce l'ha fatta. Meri... è viva. Vermillion e Billie sono qui, anche Cumb, ma è strano.
Nicolson è riuscito a salvare il suo piccolo, Marty e i tre nuovi.
Siamo vivi. Siamo usciti da lì.
Siamo vivi.
*
-Ci metterà davvero un'ora?-, Kim si era seduto sul pontile vicino alla nave, poco distante da un Cumb impegnato a fissare il mare.
Aspettare per lui era diventata una continua fonte di sorprese, ultimamente. Sorprese spiegate solo in parte, per il resto.
-Anche meno.-, rispose placido l'altro sistemandosi le mani sotto il sedere. Già, quelle assi di legno non erano particolarmente comode... Kim osservò le onde del mare infrangersi sulla sabbia, le capanne di legno -con lunghe antenne costellate di parabole- e la folta foresta con alberi che non aveva mai visto.
Il suo deserto ed i suoi cactus non gli mancavano per niente.
-Cumb, chi è veramente il capitano?-, una domanda pronunciata con tono formale, ma dopotutto per la ciurma era ancora uno sconosciuto. E quello non era il suo territorio.
Non che gli interessassero vita, morte e miracoli di quella donna, ma dato che era diventata il suo capo -e la cosa lo impensieriva vagamente- voleva almeno capirla un pochino. Ma giusto un po'.
L'interessato si voltò verso di lui, con gli occhi quasi chiusi persi ancora nella contemplazione del mare. Sembrava quasi un monaco.
-Vuoi che ti racconti la nostra storia?-, propose sistemandosi meglio, e quando Kim annuì, sperando che non fosse una cosa eccessivamente lunga, Cumb infranse tutte le sue aspettative: -Questo è solo l'inizio.-
E iniziò a narrare con la sua voce bassa e tranquilla.
*
Ero sulla Daffodil da un po' di anni ormai, quando accadde. Esattamente come te, un secondo prima stavamo discutendo sul ponte di rhum, poi...
Cumb!, mi svegliai di soprassalto, sentendo la voce del capitano. Allora la nave era comandata dal padre di Merisol, l'eccezionale e famoso Coal O'Lynn. Non esisteva pirata più gentile di lui, aveva sempre una parola gentile per tutti, e sua moglie Camellia era una donna straordinaria.
Fu lei a svegliarsi per prima, sai? Era fuggita anni prima dalle Grandi Menti, figlia di una famiglia piuttosto povera, e come tutte le Grandi Menti aveva un chip impiantato sottopelle.
Certo, l'aveva danneggiato per non farsi ritrovare, ferendo la sua stessa mano con la spada, ed era stato il suo coraggio a far innamorare il capitano Coal di lei, oltre a quei lunghi capelli neri e gli occhi come stelle.
Ma torniamo a noi. Camellia ci aveva messo un secondo a realizzare dove fosse finita, dato che il chip l'aveva protetta parzialmente dallo stordimento, aveva trovato suo marito e insieme si erano messi a cercare il resto della ciurma.
Fui uno dei primi ad essere trovato, e mi svegliarono semplicemente chiamandomi, non è strano? Tu non hai visto quelle stanze, ti sei risparmiato l'orrore.
Artificiali, finte, ecco come sono. Ampie e bianche, illuminate da luci fredde che feriscono gli occhi, non appena li apri... mi ritrovai legato.
I macchinari che mi circondavano erano pieni d'ingranaggi e lame, ma i tavoli sparsi per la stanza erano duri e semplici, di legno, con cinghie di cuoio spesso.
Mi facevano male i polsi, e le gambe, sembrava che fossi un animale. Per le Grandi Menti tutti sono animali.
E i corridoi... non appena raggiungemmo un bivio iniziai a sentirmi bollente, come se i miei organi si stessero cuocendo a fuoco alto, ma il capitano si fiondò senza esitazioni su una grata, aveva riconosciuto la mano di Nicolson -il padre di Jacques- a terra, e ci disse di proseguire.
Io seguii Camellia, sembrava conoscere bene quel posto e ogni tanto leggeva i cartelli incomprensibili che riempivano le pareti piastrellate di quel corridoio freddo e troppo bianco.
Era così lungo, così lungo, e mi sentivo sciogliere, ma continuavo a seguirla, finché lei non svoltò all'improvviso e si fermò davanti ad una porta di metallo bianca, illuminata da una luce rossa.
Cercai di vedere cosa ci fosse di tanto speciale, così mi avvicinai, e i suo viso... oh, faceva paura. I suoi bei tratti erano sconvolti dal terrore, e non capii.
Poi mi fece cenno d'arretrare, fece un respiro profondo e con mani tremanti aprì la porta di scatto, senza farla sbattere.
Terribile, ecco cos'era. Dentro, due Grandi Menti stavano chinati su un tavolo, tutti coperti da camici, cuffie e maschere, non sembravano quasi umani. Avevano in mano sottili coltelli insanguinati, e sul tavolo era legata il capitano Merisol.
Quanto tempo fa è stato? Avrà avuto undici, dodici anni al massimo.
Camellia non rimase immobile a vedere quegli uomini pasticciare con sua figlia, no. Era strano, lei portava ancora armi, era stata portata in un altro magazzino, forse si erano accorti del chip.
Tirò fuori la pistola e sparò un colpo sul muro, solo dopo che si fu assicurata che avessero la mani in vista e che non potessero ferire la figlia.
Ricucite subito mia figlia o vi ammazzo, questo disse puntando la pistola contro di loro, e c'era così tanta calma e fermezza nella sua voce che non sembrava nemmeno che le mani le tremassero.
Ma quando riuscii a vedere cosa le stavano facendo e udire la loro strana lingua, cessai di essere in me. Avevo la testa in fiamme, gli occhi offuscati, non so come seguii Camellia, barcollando, e lei portava in braccio la figlia tutta da sola, dopo aver rinchiuso quei due. Ci riunimmo con il capitano Coal dopo molto tempo, e lui aveva liberato tutta la ciurma. Ma era troppo bella, quella situazione.
Seguivamo Camellia, un gruppo malridotto di uomini spaventati, per lunghi e lunghi corridoi tutti uguali, senza anima viva.
Eravamo già entrati in contatto con i mostri, ma vedere Kranj esplodere e ricoprirsi di occhi, cadere senza poter far rumore e rotolare, con l'intero corpo che piangeva, con centinaia di pupille che stillavano sangue... lui fu il primo.
Camellia ci guidava, noi ci fidavamo di lei. Caddero in molti, lei stesa dovette più volte girarsi e sparare. Ucciderli, o alcuni ci avrebbero attaccati.
Non sono i nostri compagni!, ci gridava stringendo la figlia al petto, per non farla scivolare, Sono già morti!
Gli occhi mi facevano male, sudavo, ero febbricitante, arrancavo a fatica. Ma uscimmo, raggiungemmo l'aria fresca.
Correte!, ci incitava di continuo, ansimando, e finalmente ci trovammo tutti in un cortiletto spoglio, circondato da edifici altissimi.
Ti sembrerà strano, ma le Grandi Menti non avevano difese interne. Non pensavano che qualcuno sarebbe riuscito a scappare, Camellia era stata una delle poche, data per morta.
Poi... lo sentii. Il mostro, farsi spazio dentro di me. Tutto si faceva più rarefatto, doloroso: crescevo in altezza,  intravedevo con difficoltà il capitano circondato da mostri, sua moglie in un angolo, che trafficava disperata con un dispositivo.
L'ultima cosa che vidi fu il mio riflesso in una finestra.
*
Cumb si fermò, chiudendo gli occhi. Kim era rimasto attento per tutto il racconto, senza fare domande, anche se in effetti ne aveva parecchie.
L'altro aveva saltato parecchie parti, ovviamente, e gli sembrava tutto così... strano. Non incredibile -cosa era più incredibile dopo aver combattuto contro un cane gigante che rifletteva proiettili luminosi?- ma strano.
Quello era Cumb, eppure stava parlando di un sé molto diverso, di una ciurma diversa, di persone eccezionali. E molto fortunate.
Quando Cumb incrociò la gambe rimaste a penzoloni dal pontile Kim realizzò una cosa. Capì.
-Quindi tu... l'hai visto.-, era certo l'avesse fatto. Dopotutto, chi si trasformava moriva, no?
-Visto cosa?-, Cumb aprì gli occhi, con un sorriso consapevole.
-Cosa c'è di là.-
E lui annuì piano, tornando a fissare l'orizzonte.
-Com'era?-, poteva mettere in dubbio molte cose, anche quella. Forse era tutta un balla, eppure...
-Terribile.-
Terribile? Era per quello che era così calmo, perché sapeva già cosa lo aspettava? Le mani gli scivolarono inconsciamente sul rosario che portava al collo, sulle perle scure. Che discorso surreale.
Prima di riuscire a formulare altre domande, Cumb riprese il racconto.
*
Tornai. Non so come, ma tornai. Ero a terra, ma il capitano Coal mi aiutò a rialzarmi. I vivi erano pochi, non so se li avessi uccisi io o le Grandi Menti. Riprese in braccio Marty e il capitano Merisol, e mi gridò di correre, e lo feci.
Dieci eravamo, disarmati, e ci aiutavamo a vicenda, sostenendo il capitano e Nicolson, che portava in spalle il figlio e Bells.
Camellia era rimasta dentro a fermare le Grandi Menti, per salvarci.
*
Ma non gli disse come avevano raggiunto la nave, come avessero fatto a sopravvivere. In effetti aveva più domande di prima.
-Pirati eravamo, pirati siamo, e continuiamo a navigare per la terra di nessuno. Ma non è finita.-, così concluse Cumb, e uno strano rumore sopra le loro teste come di ali -che si rivelò essere Pepper- li interruppe.
-Caccia grossa oggi!-, poggiò i piedi sul corrimano della nave, rialzandosi gli occhialoni e sfilandosi lo zaino.
-Dov'è il capitano?-, gli chiese Cumb rialzandosi, e Kim lo imitò, le gambe indolenzite e il sedere praticamente quadrato.
-E' andata a recuperare Nuage e vendere i pavoni che abbiamo preso, è di ottimo umore!-, riferì Pepper prima di nascondersi nella sua capsula e sfrecciare sull'estremità dell'albero.

Kim guardava in controluce la tessera plastificata tra le sue dita, il passaporto fresco di magnetizzazione. Aveva appena consegnato le foto e le impronte digitali e questo era già pronto.
-Cosa sono queste scritte?-, chiese notando quelle che avevano tutta l'aria di essere delle traduzioni dei campi prestampati.
-Beh, quelli si Sehnsucht sono sempre stati conservatori. Tradizioni qui, tradizioni là...-, Merisol non si fece problemi a scivolare sulla sedia allargando le gambe, anche se erano seduti al tavolino di un bar dall'altro lato della costa di Princesa, -Se ne sbattono dell'unificazione linguistica e parlano ancora quello che vogliono, anche se i giovani sono meno rigidi, tutti biondi, pure carini.-
-Quindi andiamo a Or?-
-No, non ne ho più voglia. Diretti a Sehnsucht, il mio povero ponte è scorticato come il petto di un culturista troppo abbronzato.-, e afferrò il suo succo d'ananas.
Cos'era un culturista?

La parte in prima persona di Cumb ha avuto diverse riscritture: ho cercato di fondere assieme dialoghi, esperienze e descrizioni -non ridete xD come fa mia nonna, che ama raccontarmi di quando era giovane. Mi immaginavo la sua voce che aggiungeva commenti o lodava la datrice di lavoro di allora, e ho cercato di trasmetterlo a Cumb.
Sinceramente, sono insicura su questo pezzo: uso molto di più la narrazione in seconda persona che quella in prima, quindi! x°
E' molto soggettiva e a tratti dispersiva -proprio come un vero racconto nostalgico. O almeno, spero sia così! Anche la nebulosità è voluta. La continuazione... ci sarà. Più avanti, promesso!
Nel prossimo capitolo il punto di vista principale sarà quello di Merisol, ovviamente :) Ringrazio aki_penn e Hellister, spero che anche questo capitolo vi piaccia! E anche tu, lettore in incognito, fa' sentire la tua voce :D
Nyappy
   
 
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