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Autore: Bakacchi    25/04/2011    1 recensioni
« Per quelle che mi parvero delle interminabili ore non riuscii a far altro se non osservare quella figura in ogni suo minimo dettaglio, dal pallore della pelle alle ciocche di capelli corvini che gli incorniciavano il viso. Ma quando trovai la forza di arrivare ai suoi occhi, di tornare a guardare quelle iridi che tanto avevo amato...fu come se tutte le emozioni che avevo perduto, che lui mi aveva strappato andandosene quella sera, fossero tornate bruscamente, come un elastico portato alla massima tensione e poi rilasciato improvvisamente. E il colpo che ricevetti fu esattamente così: secco, improvviso ed insopportabile. »
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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Capitolo 6 - by Venusy

 

Da quali ignote leggi è governato questo mondo?Dove risiede quella giustizia tanto bramata dall'uomo?Perchè io sono vivo?


Le domande esistenziali che continuavo a pormi senza trovarvi risposta continuavano a rimbalzarmi in testa, mi impedivano persino di dormire o di tentare di pensare ad altro, giusto per distrarmi un po'. No, non mi lasciavano respirare nemmeno un secondo, mi perseguitavano come insetti bramosi che continuavano a pungermi senza pietà.

Non era importante che io fossi vivo. Anzi, ero l'unico che si sarebbe potuto permettere il lusso di morire. Ma sembrava che le ingiustizie non dovessero avere fine, e che alle nostre, o meglio alle loro vite non fosse concessa la felicità.

Non dovevo essere io ad aprire gli occhi. L'unica persona che amava incondizionatamente quei dannati occhi giaceva inerme su uno stramaledetto letto d'ospedale, attaccata ad un groviglio di fili e circondata da rumorose apparecchiature mediche. Perchè?

 

Bip...bip...bip...

 

Un suono che ormai conoscevo così bene da averci fatto l'abitudine, nonostante fosse costantemente pronto a ricordarmi che lei era ancora lì, sospesa a metà tra la vita e l'eterno. Era il suono del suo cuore, lento, stanco, già provato da sofferenze immeritate. E che ora rischiava di non reggere.

Lei, priva di sensi, costretta a vivere attorniata da medici, macchine, farmaci; lei che meno di tutti avrebbe dovuto ritrovarsi chiusa in quella stanza in stato comatoso. Lei che aveva sacrificato sé stessa per salvare me, lo schifo umano, il traditore, quello che torna all'improvviso e ancora spera in una calda accoglienza. Io, sfacciatamente fortunato ad essere amato da lei, e disgraziatamente bastardo a non esserle mai stato accanto come lei desiderava.

E ora che finalmente avevo la possibilità di riempire il vuoto che avevo creato in lei, di viverla appieno e di amarla, l'unico modo in cui potevo starle accanto era percorrere dolorosamente i pochi centimetri che separavano i nostri letti in quella dannata stanza d'ospedale, sedere sulla scomoda sedia accanto a lei e guardarla soffrire in silenzio, perché niente potevo fare, se non aspettare.

Svegliati, svegliati, svegliati...

Ripetevo meccanicamente questa tiritera, come un automa programmato per la supplica. Come un bambino viziato speravo che, continuando a desiderare ardentemente qualcosa, alla fine l'avrei ottenuto e Sakura sarebbe tornata da me con il suo sorriso determinato e mi avrebbe preso in giro per essere diventato un pappamolle.
Ma lei non si svegliava. Restava immobile, fredda e pallida, così simile all'immagine della morte da farmi rabbrividire al solo pensiero. La sua mano, stretta tra le mie e priva di energia, non poteva ricambiare la presa e rimaneva debolmente adagiata sulla mia, tanto gelida da sembrare di marmo.

Ma come lei, da brava folle qual'era, aveva sempre creduto in me, io non potevo smettere di credere in lei e nel suo calore, anche se ogni giorno che passava su quel letto accresceva il terrore di poterla perdere. D'altronde io non ero mai stato determinato come lei, se non nei miei propositi di vendetta. 

Mentre fissavo il suo viso pallido, privo di espressione, le chiedevo di svegliarsi, la pregavo di farlo, di vivere insieme a me e di essere il mio unico motivo di vita perchè io, dopotutto, cos'ero senza di lei?Non erano forse state le sue parole a riportarmi a casa?Era grazie a lei, solo grazie a lei, se ora non mi trovavo chissà dove con le mani sporche del sangue di mio fratello. Ed era straziante, ora, vivere quei giorni senza Sakura, che diventava sempre più essenziale, era sempre presente per ricordarmi qual'era la giusta via e sapeva annientare pian piano le tenebre che ancora mi portavo dietro.

E a rendere il tutto ancora più frustrante c'era il parziale vuoto che regnava nei miei ricordi. Non ricordavo con esattezza il susseguirsi degli eventi, solo immagini spezzate e confuse. L'unica che spiccava vivida come se continuasse ad avvenire senza sosta davanti ai miei occhi era l'immagine di Sakura, in piedi davanti a me con le braccia davanti al viso, rassegnata a ricevere un colpo inevitabile, e oltre la sua figura, soltanto l'ombra di un amico. Nient'altro. Non sapevo nemmeno come c'era finita su quel letto.

La porta scorrevole della camera si aprì scivolando di lato, lasciando intravedere la figura esile dell'infermiera. Entrò nella stanza con un cordiale sorriso sulle labbra, avvicinandosi subito agli aggeggi infernali che circondavano anche il mio letto e controllando ciò che avevano da dire sulle mie condizioni. Come se a qualcuno potesse importare, compreso il sottoscritto.

- Sasuke, dovresti restare a letto, lo sai – disse poi in un rimprovero smorzato, indicando il mio letto vuoto – Ti riprenderai presto, ma dovresti evitare di alzarti così spesso e di sottoporre il corpo a continui sforzi, altrimenti potres... -

- Come sta Sakura? -

Non mi importava niente se il mio corpo non si era ancora ristabilito del tutto o se potevo avere una ricaduta, mi interessava solo sapere se Sakura si sarebbe ripresa. Perché non lo volevano capire?

L'infermiera smise di armeggiare con le macchine, lanciò una rapida occhiata a Sakura e abbassò colpevolmente la testa. Le chiedevo la stessa cosa ogni giorno, e lei era costretta a darmi sempre la stessa risposta, che arrivava sempre come una pugnalata allo stomaco.

- Le sue condizioni sono ancora molto gravi. Il Rasengan di Naruto l'ha colpita all'altezza dello sterno, il che, fortunatamente non ha provocato una ferita molto grave, ma l'ha fatta cadere violentemente. Ha sbattuto la testa e ha perso molto sangue – disse in un sussurro dispiaciuto, cercando di rendere la cosa meno dolorosa per me, come si sforzava di fare ogni giorno.

- Ma si rimetterà – dissi ostinatamente, rendendomi conto che il tono della mia voce risuonava quasi come una minaccia. Lei DOVEVA rimettersi. Da una settimana a questa parte quella scena era diventata una routine quotidiana: ogni giorno speravo in un miglioramento, ma ricevevo sempre le solite notizie. Ancora mi stupivo della pazienza dell'infermiera, che sopportava la mia testardaggine, il nervosismo e la durezza con cui mi rivolgevo a lei, neanche fosse stata lei a ridurre Sakura in quello stato. E lei reagiva proprio come se la colpa fosse sua, addossandosi ogni giorno il peso dei miei tormenti. 

Distolse nuovamente lo sguardo intimorita, raccolse la sua cartelletta e si avviò verso la porta. Si voltò solo un momento, mentre la apriva.

 

- Ancora non lo sappiamo, mi dispiace. Ma è ciò che speriamo tutti – mi rivolse un'occhiata sofferente e uscì, richiudendosi la porta alle spalle.

Mi resi conto che c'era qualcosa che non mi tornava nella spiegazione dell'infermiera. C'era un dettaglio che era riuscita a nascondere fino a quel giorni, ma che ora le era sfuggito senza che quasi se ne accorgesse. Ma non era sguggito a me: aveva parlato del...Rasengan di Naruto?Doveva essersi di certo sbagliata, Naruto non colpirebbe mai Sakura, nemmeno per errore. Eppure...Tornai a fissare Sakura. Non potevo credere alle parole dell'infermiera: la cosa era già assurdamente ingiusta così com'era. Ma se era stato un Rasengan a colpirla di certo sarebbero rimasti i segni, così scostai appena il colletto del camice di Sakura, scoprendo la pelle candida: esattamente sotto il collo, contro il rosa pallido, si stagliava un'ampia bruciatura di forma circolare nella quale pareva essere stata scarabocchiata una serie infinita di spirali e cerchi irregolari.

Fissai la ferita senza riuscire nemmeno a realizzare la crudele realtà che mi si presentava sadicamente davanti agli occhi. No, no, no. Non poteva essere stato lui. Dannazione, perchè non riuscivo a ricordare?

La porta si aprì nuovamente, facendomi alzare di scatto la testa. Dovevo avere un'espressione talmente sconvolta da sembrare persino inquietante, perché quando Hinata entrò silenziosamente nella stanza la vidi sobbalzare mentre i nostri sguardi si incontravano.
Abbassò rapidamente gli occhi, cerchiati da pesanti occhiaie violacee e svuotati di ogni energia. A passo lento ed insicuro si avvicinò e sedette sulla sedia accanto alla mia. Per qualche istante restammo entrambi in tormentato silenzio, con gli occhi incollati sulla ferita che Sakura portava come l'inconfondibile firma di colui che l'aveva colpita. Ma poco dopo Hinata prese la parola.

- Speravo non te accorgessi mai – sussurrò senza distogliere lo sguardo da quei cerchi concentrici, quasi stesse cercando il filo conduttore di una matassa aggrovigliata. - Non ricordi niente, vero? -chiese poi.

Scossi meccanicamente la testa.

- No – 

Hinata percepì la domanda inespressa che mi vibrava in gola ma che non osava uscire e prese a raccontarmi i fatti di quel maledetto giorno.

- Stavo andando dall'Hokage. Per questioni pratiche riguardanti la missione che era stata affidata alla mia squadra. Ma c'era Naruto, correva come un folle verso la foresta. Era fuori di sé, anzi, non era già più sé stesso. Aveva le sembianze della Volpe, si vedeva già la seconda coda. Urlava qualcosa che ti riguardava. Mi sono spaventata nel vederlo, temevo potesse ferire involontariamente qualcuno, ma soprattutto, temevo potesse far del male a sé stesso...così l'ho seguito. Nella foresta c'eri tu, credo avessi appena terminato un allenamento, ma te ne stavi andando quando lui è arrivato – 
Si fermò un momento, sforzandosi di ricordare quella scena che avrebbe voluto scordare al più presto ma che si sentiva in dovere di raccontare.

- Ti ha attaccato. All'improvviso. E tu non hai reagito, l'hai lasciato fare credendo si trattasse solo di uno sfogo. Un giusto sfogo che intendevi subire. Ma la Volpe intendeva andare ben oltre la semplice lite. Ti ha ferito gravemente lì, come sai – proseguì indicando un punto all'altezza del mio stomaco – In preda al panico sono corsa dall'unica persona che mi è venuta in mente in quel momento, l'unica che ritenevo in grado di fermare quel mostro. Ma una volta tornate insieme alla radura, Sakura si accorta che stavi perdendo troppo sangue e si è precipitata da te, ce l'ha messa tutta per tentare di risanare la ferita. Ma Naruto aveva già preparato l'ultimo colpo...io...ho cercato di trattenerlo... -

Il racconto di Hinata venne interrotto dalle lacrime disperate che le solcavano il viso emaciato. Attesi in silenzio che si calmasse: non ero nemmeno sicuro di riuscire ad ascoltare il resto.
Quando la voce smise di tremarle, la ragazza riprese, asciugandosi frettolosamente le lacrime con le maniche della felpa.

- Appena Sakura si è resa conto di cosa Naruto stava per fare è scattata in piedi e ti si è parata davanti, facendoti da scudo con il suo stesso corpo -

Questo lo ricordavo. Fin troppo nitidamente. Avevo riaperto momentaneamente gli occhi nel momento esatto in cui si era spostata di fronte a me. E ad ogni parola del racconto di Hinata rivivevo ogni dettaglio della scena.

- Il Rasengan l'ha colpita lì – disse Hinata, indicando la bruciatura sotto il collo di Sakura – E' caduta e ha sbattuto la testa. Non appena Naruto l'ha vista per terra lo spirito della Volpe è scomparso e lui è tornato in sé. Era sconvolto e non ricordava cos'era successo, voleva solo correre da voi, ma è svenuto dopo il primo passo. Era stremato -

Un'altra pausa carica di tensione riempì l'aria.

- Ho chiamato i soccorsi e siete stati subito trasportati in ospedale d'urgenza, tutti e tre. Naruto è rimasto in sala operatoria per tutta la notte: mi è stato detto che la Volpe aveva approfittato del suo momento di debolezza per venire fuori e che il sigillo era stato parzialmente spezzato. Tsunade aveva lavorato tutta la notte per ristabilirlo, ma lui si è risvegliato solo due giorni dopo. Ma non voleva...non voleva farvi del male...non voleva! -

Le lacrime ripresero il sopravvento sulla ragazza, debole e stremata, che scoppiò in un disperato pianto liberatorio.

Io ero semplicemente sconvolto. Riuscivo solo a spostare lo sguardo da Hinata a Sakura, privo di espressione. Avrei voluto dire qualcosa, ma le parole restavano incastrate in gola.

- Come sta lui? - fu l'unica domanda che si liberò e riuscì a formularsi.

Hinata bloccò forzatamente il suo pianto, puntando gli occhi gonfi e leggermente sorpresi nei miei.

- E' sveglio, le ferite guariscono in fretta. Ma i medici hanno deciso di non raccontargli la verità perchè probabilmente si autodistruggerebbe se sapesse di aver ferito Sakura. E anche te, Sasuke. E' sempre stato in competizione con te, è invidioso della tua ennesima vittoria...ma ti vuole un gran bene ed è felice che tu sia tornato. Non puoi nemmeno immaginare quanto. Gli mancava il suo migliore amico...perciò ti prego, non essere arrabbiato con lui – mi pregò con voce spezzata.

- Non lo sono – la rassicurai. Era la verità: sapevo che Naruto non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere di sua spontanea volontà, ma mi rendevo conto di quanto profondo dovesse essere il suo dolore se non era stato in grado di respingere la volontà della volpe. Alla fine ero ancora una volta io quello che continuava a ferire spietatamente le persone.

- Cosa gli hanno raccontato i dottori? - le chiesi poi.

- Gli è stato detto che tutti e tre siete stati ricoverati in seguito ad un'imboscata. Secondo la loro versione, tu e Sakura siete in buone condizioni... -

Tornai istintivamente a guardare Sakura. Per quanto tempo Naruto avrebbe creduto a quelle idiozie?
Hinata si alzò e si diresse in silenzio verso la porta.

- Grazie – le dissi.

Mi guardò un'ultima volta, fece apparire un leggero sorriso tra le lacrime, poi si voltò e scomparve dietro la porta. Abbandonai stancamente la testa all'indietro e chiusi gli occhi. Il racconto di Hinata aveva parzialmente risvegliato i miei ricordi, che ora mi vorticavano freneticamente nella mente. Ma mentre mi stavo per perdere nell'orrore di quel pomeriggio, un impercettibile movimento mi riportò alla realtà. Scattai in avanti, gli occhi sbarrati.

- Sakura? -

Aveva mosso la mano, ne ero certo. Strinsi più forte la mia, l'altra circondava quegli assurdi capelli rosa adorabilmente fastidiosi. Appoggiai la fronte alla sua, nero e rosa uniti a formare un singolare contrasto, esattamente come facevano i nostri caratteri, che nonostante tutto erano riusciti a legarsi indissolubilmente. O forse lo erano sempre stati, perché lei ci aveva creduto.

- Torna da me, Sakura, torna... - sibilai tra i denti. Un tormento che conoscevo fin troppo bene mi divorava lentamente, un'agonia che credevo fosse destinata a seguirmi per il resto dei miei giorni. Ma poi lei si mosse ancora. Un profondo sospiro.

Sollevai la testa.

Sakura aprì lentamente gli occhi e sbatté le palpebre confusa, mentre la sua mente si sforzava inutilmente di dare un senso alla scena che le si presentava improvvisamente davanti agli occhi.
Il verde smeraldino pareva spento e lo sguardo vagava a vuoto. Poi, finalmente, si posò inespressivo su di me.

- Sakura!!! -

Era sveglia.
Era tornata! Le sfiorai istintivamente la fronte con le labbra, ma lei pareva non capire. Ma forse era la prassi, dopotutto si era appena risvegliata, era normale che si sentisse smarrita.

Chiamai rapidamente i medici che presero subito il suo letto e la portarono in qualche sala lontana per chissà quali controlli.

Mi lasciarono di nuovo solo per ore ed ore, proprio ora che più che mai desideravo restarle accanto. Attesi sveglio il suo ritorno: era notte fonda quando l'infermiera ed un dottore rientrarono nella stanza con Sakura. Entrambi avevano i volti contratti e preoccupati, controllavano precipitosamente i macchinari.

- Cosa sta succedendo? - chiesi irritato. Avevo i nervi talmente tesi che temevo si sarebbero potuti spezzare da un momento all'altro. Cosa diavolo aspettavano a dirmi cosa stava accadendo?

Entrambi si voltarono verso di me, mi fissarono con aria sconcertata, un misto tra il disagio e la rassegnazione. Poi il medico si fece avanti.

- Prova a parlarle tu, Sasuke -

Tenni lo sguardo perplesso fisso su di lui mentre mi avvicinavo nuovamente al letto di Sakura. Poi tornai a guardare lei, ma ad aspettarmi trovai ancora lo sguardo vitreo di poco prima. 

- Come ti senti, Sakura? - le chiesi preoccupato. Quegli occhi mi spaventavano. Non erano quelli che avevo imparato a conoscere, non esprimevano la miriade di emozioni che Sakura riusciva a provare in un solo istante, non mi sorridevano gioiosi. Erano vuoti.

Lei mi fissò a lungo mentre sul suo volto si dipingeva l'espressione da bambina intimidita che era solita sfoggiare qualche anno prima, quando piena d'imbarazzo osava a malapena rivolgermi la parola per paura di infastidirmi. Dov'era la Sakura determinata e piena di vita degli ultimi giorni?Dov'era la mia Sakura?

Dopo un lungo silenzio carico d'ansia, solo due flebili parole uscirono dalle sue labbra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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