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Autore: alister_    26/04/2011    1 recensioni
I vampiri hanno le loro abitudini, le loro esigenze, le loro regole. Mentre la vacanza in Romania del giovane Marcus si trasforma nel peggiore degli incubi, il vampiro centenario John si ritrova faccia a faccia con il suo creatore, che non pare essere molto tollerante nei confronti della sua condotta. Una semplice mattinata di due vampiri a Bucarest, con tutti gli spargimenti di sangue del caso.
[Seconda classificata al "Vampires ain't gentle" contest della Writers Arena]
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Aima

 

3

 

 

Fu un movimento del tutto casuale. Mentre l'ennesimo studente si sedeva sul lettino pronto a sottoporsi al prelievo, alzò lo sguardo. E li vide: due pezzi di vetro che lo fissavano senza dargli possibilità di scampo. Dentro quelle iridi fredde era racchiuso tutto ciò da cui era fuggito e continuava a fuggire. Il desiderio di uccidere, la soddisfazione di infliggere sofferenza, l'istinto di cacciare e braccare la preda: la natura del vampiro.

Si sentì gelare, come se gli occhi di ghiaccio che lo scrutavano senza pietà si fossero frantumati in mille schegge e l'avessero colpito e trapassato in ogni fibra del suo essere. Per la prima volta dopo molti anni, John Harris provò paura.

Impossibile che fosse lì per caso. Per tutti quegli anni si era illuso di essergli sfuggito, ma adesso capiva: era stata solo per sua gentile concessione che era sopravvissuto fino a quel momento. Gli aveva concesso l'immortalità ed ora era venuto a riprendersela.

Lo vide increspare le labbra in un sorriso crudele, e gli aghi di vetro ghiacciato che lo paralizzavano penetrarono più a fondo. Si concentrò per ascoltare le parole che gli vedeva articolare oltre la finestra.

Pare che il nostro beneamato scienziato abbia notato la nostra presenza”.

Era stato avventato. Si era creduto al sicuro e aveva abbassato la guardia. Era arrivato addirittura al punto di compiacersi per l'ingegnosità e meticolosità con la quale riusciva a procurarsi sangue fresco e umano senza dover fare del male a nessuno. Pensava d'aver vinto grazie alla sua intelligenza. Si sbagliava.

 


 

Era così soddisfacente vedere le persone tremare per causa propria. Un lampo di terrore saettava negli occhi di chi si scopriva vittima e si propagava velocemente per tutto il corpo, come un morbo contro il quale non esiste rimedio. La paura dilagava nel panico più assoluto quando capivano- povere prede- di non avere alcun scampo. Quando si rendevano conto che quella morte che avevano sempre considerata lontana era invece a pochi passi da loro, e li avrebbe raggiunti nel giro di pochi minuti. Il tentativo di fuga era tanto scontato quanto inutile: e quando si trovavano inchiodati al muro, iniziavano a piangere, e a chiedere pietà. Pur di evitare la morte, anche il più orgoglioso svendeva ogni brandello di dignità. E allora ucciderli era ancora più divertente.

Lysander si voltò sorridendo verso la sua compagna. Uno sguardo accigliato era già comparso sul suo viso di bambola, non appena aveva notato un calo della sua attenzione. Era orgogliosa, Ivory, e non digeriva il fatto di passare in secondo piano rispetto ad un insulso pseudo-vampiro di serie Z. Come darle torto.

-Perdonami. Stavi dicendo?-

Con un sospiro, Ivory si ravviò in capelli con una mano, e alzò le spalle magre con movimento quasi impercettibile. Ma il suo tentativo di mostrarsi risentita fu presto sconfitto dal desiderio di appagare il suo ego, e riprese subito a parlare:

-Stavo dicendo che, per quanto inutile, per questa sorta di riunione generale casca a fagiolo per farmi prendere un po' di respiro da quel bastardo di Damien. Credo che la mia antipatia sia reciproca, perchè è stato lui a propormi questo viaggetto in veste di rappresentante della nostra famiglia-, spuntando fuori quella parola, non poté evitarsi una smorfia eloquente. Non aveva bisogno di ribadirgli ancora una volta quanto si sentisse estranea a quell'ambiente ora che suo fratello era stato eliminato all'interno di quelle stesse mura.

-Perchè inutile?-, le chiese Lysander, mentre i suoi occhi tornavano a scrutare sornioni la sua preda oltre la sottile finestra. I segni della paura si stavano manifestando più velocemente di quanto si aspettasse: incurvò le labbra in un sorriso compiaciuto quando vide la mano di Harris tremare e mancare la vena della ragazza seduta sul lettino.

-Oh, andiamo- disse Ivory con sufficienza. -Credi davvero che sia necessaria tutta questa mobilitazione straordinaria solo perchè una decina di umani con manie di grandezza e tendenze suicide hanno fondato una sorta di comitato anti-vampiri? Pensano davvero che sia una minaccia? E poi, tutta questa sceneggiata di celebrare le tradizioni! Non ho nulla contro la Romania, ma che senso ha vedersi nella residenza estiva di Dracula?-

Era esilarante vedere la fronte di un vampiro imperlata di piccole goccioline di sudore. L'espressione sudare freddo era quanto mai azzeccata in quel momento.

-Non svilire così il castello di Bran, liebe. E' elegante, suggestivo e immerso nel verde. Avresti preferito ci riunissimo in quel rudere dimenticato da Dio della fortezza di Poenari?-

La vena sul suo collo iniziava a pulsare. Il desiderio di sangue stava diventando incontrollabile. Anzi, era più di un desiderio: era un bisogno. Se voleva illudersi di sopravvivere anche solo un secondo, doveva nutrirsi. Questo lo sapeva anche un inetto come lui.

-Per carità, no! Non sto contestando il posto, lo so anch'io che Bran è un signor castello, ma tutto questo finto attaccamento a Dracula. Parliamoci chiaro, Vlad era un'idiota. Gran parte dei nostri problemi deriva dal fatto che era un deficiente che non sapeva controllarsi. Lui e tutte le sue stragi e le sue abitudini di farsi vedere troppo negli stessi posti. Certo, gli riconosco il merito di aver messo in giro tutte quelle false credenze sulle bare e la luce del sole che Stoker ha spacciato come oro colato, ma per colpa sua sono trapelate anche informazioni riservate come il fatto che i paletti di legno in effetti fanno male. Solo perchè era uno dei vampiri più vecchi e potenti dobbiamo onorarlo? In fondo è morto, e ciò avvalora la mia tesi sulla sua idiozia-.

Fremeva per porre fine alla messinscena che aveva organizzato, e allo stesso tempo prendeva tempo, cercando di trovare una scappatoia. Peccato non ce ne fosse alcuna.

-Non è detto che sia morto, Ivory. Nessuno ne ha notizia certa-.

Ogni suo gesto era diventato tremulo per il nervosismo accumulato. Osservarlo era un vero spasso.

-Dai, Lysander, lo sai anche tu che un tizio tanto esibizionista non sparisce nel nulla per più di cento cinquant'anni. Probabilmente i suoi cari familiari hanno trovato il modo di farlo fuori per prendere il suo posto. Dovresti saperlo che le lotte dentro le mura di casa sono frequenti, anche se proibite-.

Il desiderio di porre fine in fretta alla tortura aveva preso il sopravvento. A volte l'attesa è tanto snervante da far correre incontro alla morte.

-Sta congedando i suoi ospiti-, annunciò Lysander con l'espressione di chi già pregusta la vittoria. Vide attraverso il riflesso nel vetro il viso di Ivory farsi di nuovo corrucciato. Doveva dosare attentamente le parole, con un simile concentrato di protagonismo.

-Comunque secondo me non è così sciocco vedersi per discutere di questa nascente organizzazione-, tentò di rimediare, mostrandole che aveva tenuto il filo del discorso. -Con tutte queste nuove tecnologie alcuni stupidi umani possono rivelarsi delle rogne impreviste. E poi con internet le informazioni girano in fretta. Ti stupiresti di quanti siti riportano, non so se per finta o per davvero, istruzioni dettagliatissime su come combattere un vampiro. Il vecchio Abraham è superato-.

Gli studenti iniziarono a muoversi come un'unica entità viva e pulsante. Alcuni raccoglievano lo zaino, altri già s'incamminavano fuori dalla sala lanciando un saluto distratto a questo o quel compagno. Torcendosi le dita fin quasi a staccarle, John Harris seguiva nervosamente la folla, e nei suoi occhi una scintilla scarlatta manifestava chiaramente di rimanere solo per poter finalmente usufruire del nutrimento che aveva raccolto così pateticamente. Il chiacchierio energico di quel gruppo di adolescenti accompagnava i suoi ultimi pensieri- chissà cosa stava pensando una creatura tanto miserabile a un passo dalla fine- e rimbombando contro l'alto soffitto risuonava come un requiem portatore di morte.

-Stai per caso vagamente alludendo alla quella specie di cacciatrice di vampiri da cui sei ossessionato da un po' di tempo?-

Mentre i primi ragazzi varcavano il portone della scuola con la mente già proiettata al pomeriggio, chi con la tranquillità di una giornata finita, chi con la preoccupazione del compito in classe del giorno dopo, Lysander si voltò di scatto verso Ivory.

-No-, disse, secco. -Lei è diversa. Lei è speciale-.

L'immagine di ciò che desiderava possedere e piegare da anni lo investì con la potenza di una vampa di fuoco subitanea e distruttiva, e l'uccisione che aveva pregustato fino a quel momento e che stava finalmente per compiersi gli sembrò al confronto un gesto scialbo e privo di ogni attrattiva. Cos'era quell'invertebrato se paragonato all'unica donna che gli fosse mai sopravvissuta e che gli avesse mai tenuto testa?

-Speciale, eh?- gli fece eco Ivory con un sorrisino divertito. -E che le farai quando riuscirai a prenderla? La ucciderai? Ti nutrirai di lei? La violenterai?-

Il patetico reietto, non appena la sala si era svuotata la sala, era sparito nel bagno attiguo portando con sé qualche sacca di sangue. Nel frattempo, gli ultimi professori lasciavano l'edificio scambiandosi lamentele sulle proprie classi.

-Tutte e tre le cose, nell'ordine inverso. E' tempo di agire, Ivory. Vuoi l'onore di ammaliare il personale scolastico e convincerlo a levarsi dai piedi prima di diventare testimone di un feroce scontro tra vampiri?- chiese Lysander, e sfoderò un sorriso galante. Il suo orecchio percepiva la foga con cui Harris stava cercando di saziarsi, nella vana speranza di riuscire a tenergli testa, e questo riaccese la sua eccitazione.

Ivory scosse le spalle, e dal suo sguardo annoiato era chiaro che non vedeva l'ora che quel regolamento di conti tra uomini finisse per poter andare a fare compere.

-Perchè no?-, sospirò. -Almeno farò qualcosa anch'io-.

 



Ancora.

Il sangue scivola giù nella sua gola come un fiume in piena. Sacca dopo sacca, beveva senza mai dissetarsi, senza mai saziarsi.

Era la paura che lo rendeva quantomai vorace. Combattuto tra la consapevolezza che quello era il suo ultimo pasto e la speranza di assumere abbastanza sangue da riuscire a tener testa al suo carnefice, non riusciva a far altro che continuare a bere.

Strappò con un gesto frenetico un'altra sacca e se la portò alle labbra. La sua mano tremò e una macchia scarlatta si allargò a vista d'occhio sulla camicia inamidata. L'ansia aumentò: sentiva i suoi passi nel corridoio. Pochi secondi e avrebbe raggiunto l'aula conferenza. Quella stessa stanza in cui aveva messo in scena il suo spettacolo sarebbe diventata il palcoscenico della sua uccisione.

Leccò avidamente le gocce color cremisi rimaste sul fondo della busta, mentre sentiva il sangue appena assunto pompare nel suo organismo e infondergli nuova forza.

Il suono secco della tapparella che si chiudeva lo avvertì dell'arrivo di Lysander. Scattò in piedi. Il cuore batteva a velocità sovrumane, in un misto di terrore ed euforia.

A passi lenti, uscì dal bagno, gli angoli della bocca che ancora recavano le tracce del suo spuntino.

Lysander lo attendeva in piedi al centro della sala, accanto alla terza fila di sedie: le sue dita ancora giocavano con il cordino delle veneziane e, nella penombra della sala, la sua pelle chiara e i suoi capelli color grano risaltavano di uno splendore inquietante. In fondo all'aula, a poca distanza dalla porta, la sua accompagnatrice lo fissava con aria annoiata.

Il volto del suo creatore si aprì in un ghigno.

-John-, sibilò voltandosi verso di lui. -Da quanto tempo non ci vediamo-.

Quella voce, che non sentiva da quasi sessant'anni ma che non aveva mai smesso di tormentarlo nei suoi incubi, gli provocò una nuova ondata di brividi lungo la spina dorsale.

-Immagino tu sappia perchè sono qui-.

Dritto al punto. Non aveva voglia di giocare. Aveva già aspettato troppo per perdere altro tempo con i convenevoli: non riusciva a pensare ad altro che a come ucciderlo, John glielo leggeva negli occhi.

-Non puoi uccidere un vampiro, Lysander-. Si stupì lui stesso della fermezza con cui pronunciò quelle parole: la forza della disperazione, si disse, e si aggrappò con tutte le sue forze a quell'ultimo e ridicolo tentativo di salvarsi la vita. L'astuzia era l'unica arma che potesse utilizzare contro la crudeltà del suo nemico. -Va contro le regole-.

Era vero. Anche i vampiri avevano le loro leggi non scritte, la più importante delle quali vietava di uccidersi a vicenda: anche se erano più forti e pericolosi degli umani, numericamente erano molto inferiori. Per questo era necessario alla loro sopravvivenza che fossero discreti e non si ammazzassero a vicenda. Per questo, per i loro giochi di potere a palazzo, i vampiri più antichi e potenti si ammazzavano nel modo più discreto possibile.

In fondo alla sala, il viso di Ivory si incupì. La vera regola che vigeva tra di loro era ignorare le piccole infrazioni che si commettevano di tanto in tanto: era meglio lasciar correre un solo ed insignificante omicidio, piuttosto che puntare i piedi e provocare conseguenze ben più gravi. Nessuno, a parte lei, osava imputare a Damien l'omicidio di suo fratello, per quanto palese fosse. L'intera comunità di Nobili d'Europa era d'accordo nel riconoscere in Damien il legittimo successore di Andrè, morto per cause naturali, e Ivory aveva dovuto mettere da parte le sue accuse per salvarsi la vita e la faccia. Non poteva far altro che sopportare la tortura di trovarsi davanti ogni giorno l'assassino di suo fratello e di dover sottostare al suo volere, e aspettare il momento giusto per usare contro di lui la sua stessa arma. Prima o poi avrebbe trovato il modo di ucciderlo e di farlo passare inosservato: aveva l'eternità dalla sua parte.

In ogni caso Lysander se ne fregava delle regole, e non si premurava neppure di dissimularlo. Questo era un altro dei motivi per cui i Nobili lo guardavano da sempre con un certo sospetto: era troppo eccentrico per i loro gusti.

Una luce di sadica follia aveva ormai preso possesso dei suoi occhi cristallini. Il suo sguardo riusciva a sedurre e ad ammaliare come quello di un incantatore e, un momento dopo, a far ghiacciare il sangue nelle vene come quello del peggiore psicopatico.

-Ma tu non sei un vampiro-, disse, e la sua voce melliflua strisciò nell'ampia stanza come una serpe velenosa. -Tu sei...-

Era il momento.

Un secondo prima, Lysander era ancora accanto alla finestra, al centro della sala, a metà tra John- che fissava negli occhi- ed Ivory, a cui dava mostrava la schiena. Un istante dopo, era alle spalle della sua preda. Il suo sibilo gli accarezzò l'orecchio, paralizzandolo.

-...Un verme-.

John non si voltò. Non ne ebbe il tempo. La sua colonna vertebrale si spezzò con un suono sordo che si mescolò al suo urlo di dolore, e lui finì in ginocchio, la vista appannata, il respiro rotto.

Mentre ancora cercava di capire cosa fosse successo, Lysander gli sferrò un calcio al torace che lo fece volare dall'altra parte dell'aula e gli ruppe al contempo una quantità indefinita di costole. Il suo corpo privo di forze cadde a peso morto contro un armadio, rompendolo in mille schegge di legno che gli si conficcarono nel corpo provocandogli altri spasimi lancinanti di dolore. Fortunatamente, nessuna gli entrò tanto in profondità da trapassargli il cuore.

Le schegge bruciavano come aghi infuocati nella sua carne, ma il fatto che si fosse appena nutrito lo rendeva più forte del solito: il sangue pompava forte nel suo organismo e già sentiva la colonna vertebrale ricostruirsi a poco a poco e permettergli qualche piccolo movimento. Le sue dita si sforzarono di stringere un pezzo di legno lungo una decina di centimetri accanto a lui. Quando, una frazione di secondo dopo, vide gli eleganti pantaloni di Lysander davanti a lui, scattò. Diede fondo a tutte le sue energie per alzarsi, conficcare quel paletto improvvisato nel torace di Lysander e correre quanto più velocemente poteva verso l'uscita, mentre ancora il suo corpo pulsava di dolore per le ferite ricevute.

Una mano gli si piantò sul petto mettendo fine alla sua breve corsa. John abbassò lo sguardo sul viso a cuore di Ivory, che lo fissava con un'impassibilità che sfiorava la noia. Quando lui articolò con le labbra un muto ti prego- non trovava la forza di far uscire la voce dalla bocca- a lei sfuggì un risolino divertito. Era davvero stupido.

Un pezzo di legno che odorava di sangue gli si piantò nella schiena e di nuovo cadde in ginocchio, mentre la sua gamba destra si rompeva con l'ennesimo crack.

-Che pensavi di fare con quel pezzettino di legno?- rise Lysander, spingendolo con una pedata a terra. -Neppure ti sei avvicinato vagamente al cuore-.

John si ritrovò con il viso schiacciato contro il freddo pavimento, sul quale si andava allargando una macchia scarlatta. L'ironia della sorte: nel giro di mezz'ora era passato dal sottrarre con l'inganno il sangue ad un gruppo di adolescenti al sanguinare da ogni parte del corpo, con la carne lacerata da schegge di legno e di ossa. Il grido di dolore che gli uscì roco dalle labbra quando Lysander premette a fondo il tacco della sua scarpa elegante in pelle nera contro le sue vertebre, mandole in pezzi, andò a morire contro le piastrelle che gli studenti di quella scuola calpestavano ogni giorni. Avrebbero posato lì le suole delle loro scarpe anche l'indomani, proprio nel punto in cui lui stava sputando sangue, ignari della dolorosa fine in cui era incorso. Loro ci sarebbero stati, il giorno dopo come un mese dopo, mentre lui, che avrebbe dovuto resistere all'avvicendarsi dei secoli per scorgere ciò che mai l'occhio umano aveva notato, no. Era stato tutto vano: il dolore della morte, lo squallore di vivere succhiando il sangue del prossimo, la rinuncia a tutti i legami con una vita vera... In quel momento stava perdendo tutto.

-Striscia come l'invertebrato che sei!-

Non aveva via di scampo. Neppure riusciva a rialzarsi. Soltanto puntellandosi sui gomiti riusciva ad alzare il viso dal pavimento e a muoversi di qualche centimetro verso le sacche che ancora troneggiavano sul tavolo in fondo alla sala. La sua vista annebbiata riusciva a mettere a fuoco solo il cremisi intenso e il suo cervello anestetizzato dal dolore era in grado di formulare soltanto un pensiero: sangue.

Se solo fosse riuscito a nutrirsi ancora, forse avrebbe trovato al forza di reagire. Le sue ferite avrebbero ripreso a rimarginarsi rapidamente e magari avrebbe persino avuto le energie per correre e tentare la fuga...

-Mi hai stancato-.

Lysander pronunciò la sua sentenza di morte con freddo disprezzo. Se una persona fosse degna di vivere o no, questo lo decideva, nei suoi deliri di onnipotenza nati da secoli di carneficine, in base a quanto fosse interessante, e i suoi criteri di giudizio cambiavano di giorno in giorno: talvolta voleva essere compiaciuto, talvolta sorpreso, altre adulato. Il diritto a vivere di chi si trovava ad incrociare la sua strada dipendeva unicamente dal suo umore e dalle sue inclinazioni del momento. Quel giorno, John Harris aveva deluso Lysander Von Rilken con il suo comportamento pavido e l'aveva annoiato con uno scontro che neppure poteva definirsi tale: per questo moriva.

La mano gelida del vampiro biondo si strinsero attorno al collo dell'uomo al quale, non troppo tempo prima, aveva donato l'immortalità, e lo lanciarono dall'altra parte della sala. La schiena rotto di Harris si schiantò contro il muro dell'aula lasciandovi sopra una grossa ragnatela di crepe e le sue ossa si frantumarono, se possibile, in pezzi ancora più piccoli. Gli occhi gli si riempirono di dolorose lacrime, il respirò gli morì nella trachea, la bocca arsa si riempì di sangue. E un grosso pezzo di legno gli si conficcò nel cuore.

 


 

-Cos'è che avevi detto di preciso sul non dare nell'occhio?-

Lysander, spolverandosi i costosi pantaloni attillati, rivolse ad Ivory un sorriso angelico, che nulla aveva a che spartire con la furia omicida di poco prima. Il sanguinoso assassinio appena compiuto sembrava aver esorcizzato ogni briciolo dell'ira e dello sdegno che l'avevano animato. I suoi occhi cristallini vagarono per l'aula: un paio di armadi rotti, schegge di legno dappertutto, diverse crepe sui muri, sangue a imbrattare il pavimento e un bel cadavere rinsecchito di vampiro proprio nel mezzo della sala. Si era davvero superato.

-Ti ho parlato di quanto la mia nuova pupilla odi per le scuole, no?-, rispose, passando ad aggiustarsi la camicia. -Quando calerà la sera, Annika sarà ben felice di spaccare qualche altro mobile e pasticciare con della vernice spray i bei muri immacolati dell'istituto, e domani gli studenti subiranno interrogatori su interrogatori per trovare il vandalo della situazione. Io mi occuperò di far sparire il cadavere e l'attrezzatura di questo povero imbecille, di cui nessuno si ricorderà-.

-Però-, le scarpe col tacco di Ivory produssero un ticchettio che riecheggiò per tutta la stanza mentre si avvicinava a Lysander. -Un piano geniale-.

Lui sorrise, e annuì.

-Questa sì che è vera intelligenza-, sentenziò, strappandole un sorriso. -E prima che sorga il giorno, ci sposteremo a Brasov. Ormai è ora di rispettare i nostri impegni pubblici. Vieni con noi?-

-Dipende. Avete una macchina?-.

Il sorriso di Lysander si allargò mentre si vantava: -Mercedes nera con vetri oscurati, cara-.

Soddisfatta della risposta, Ivory annuì. Il bagagliaio di una Mercedes era proprio ciò di cui avevano bisogno le sue valigie colme di abiti e scarpe, e, naturalmente, tutti i sacchetti che avrebbe portato con sé il albergo di lì a sera: dopo tutti quegli scontri carichi di testosterone, aveva più che mai bisogno di un gratificante pomeriggio di shopping.

-Lasciami fare le valigie e sistemare qualche faccenda...-, disse, e quell'ultima parola, pronunciata con voluta noncuranza, attirò invece l'interesse di Lysander, che mostrò i denti bianchi ed aguzzi in un sorriso accattivante.

-Immagino tu ti stia riferendo all'umano di cui ti nutri. Lo tieni chiuso nell'armadio nella tua camera d'albergo?-

Una malcelata e perversa curiosità traspariva nettamente dalle parole del vampiro, che pareva aver già trovato qualcos'altro su cui focalizzare la sua attenzione dopo l'uccisione di Harris, ed Ivory decise di assecondarlo.

-Incatenato al tubo del lavandino-, rispose, asciutta. -Nell'armadio non c'è posto-.

-Ci vai a letto?-

Credeva di metterla in imbarazzo andando dritto al punto? Si era forse dimenticato che aveva più di un secolo più di lui? Di sicuro non si lasciava turbare da certe domande, perciò il ghigno che ornava il volto bello e spigoloso di Lysander era quantomai fuori luogo.

-No-, disse, in tutta calma. -E' un tipo troppo furbo, sai. Ha già capito che niente di quello che dirà o farà potrà servirgli a qualcosa: sin dall'inizio si è rinchiuso in una sorta di rassegnata apatia. A dire il vero sta diventando noioso: non cerca neppure di compiacermi. Parlo e non mi ascolta. Per farlo mangiare, quasi devo minacciarlo di morte. Figurati se ci vado a letto: è così terrorizzato che dovrei stuprarlo e sai che non è nel mio stile-.

Si ritrovò a riflettere su Marcus, quel turista che aveva rimorchiato senza troppe difficoltà e che da giorni le forniva il nutrimento che le serviva. Se da una parte la irritava il suo modo di fare scostante, per non parlare di quanto le desse fastidio la sua totale mancanza di tentativi di compiacerla, dall'altra il fatto che avesse abbastanza intelligenza da rassegnarsi alla morte destava in lei un briciolo di ammirazione. Era un ragazzo intelligente, Marcus, non uno di quei finti uomini che, non appena fiutavano il pericolo di morire, si trasformavano in bambocci urlanti pronti a vendere anche la madre pur di salvarsi la pelle. Aveva scelto bene, non c'era dubbio: non era solo bello- la bellezza era certamente il fattore più importante- ma anche dotato di un certo acume.

-E come hai intenzione di sistemare la faccenda?-, le chiese Lysander, realmente interessato.

Le labbra di Ivory si stesero in un sorriso amaro. Per lei- per Marcus- non c'era scelta. Per natura non le piaceva concedere agli altri il privilegio dell'immortalità: ne era gelosa, la considerava una sua peculiarità, e non era ansiosa di condividere con altri ciò che era di sua proprietà. Tuttavia non si trattava soltanto di quello, di egoismo: se anche avesse desiderato trasformare un umano- magari proprio un tipo sveglio come Marcus- non avrebbe potuto far altro che abbandonarlo al suo destino, confuso e affamato. Lei non aveva né la pazienza né la libertà che servivano ad occuparsi di un nuovo vampiro, come aveva fatto suo fratello con lei e come Lysander, nel suo modo distorto, stava facendo con la sua studentessa anemica; il suo destino era quello di non conoscere mai l'altra faccia del rapporto creatore-vampiro e di restare per sempre agganciata al sentimento totalizzante che per secoli aveva provato per Andrè. Forse, se avesse vampirizzato Marcus o qualunque altro ragazzo e si fosse presa cura di lui, questo avrebbe sviluppato per lei una devozione simile a quella che aveva sperimentato in prima persona, e questa prospettiva la lusingava non poco. Avrebbe avuto al suo fianco qualcuno disposto a fare qualsiasi cosa desiderasse, qualcuno che la considerasse il centro del suo mondo: sì, quel pensiero era decisamente gratificante. Ma, semplicemente, non poteva né era in grado di prendersi cura di qualcuno al di fuori di sé stessa. Così, con un'alzata di spalle, rispose a Lysander:

-Nell'unico modo in cui può finire una storia simile. Ovviamente lo ucciderò-.

L'altro vampiro annuì, all'apparenza soddisfatto dalla risposta che aveva ricevuto, e il suo sguardo si spostò alle sacche di sangue che ancora giacevano intatte sul tavolo.

-Vuoi favorire, liebe? Dopotutto è un peccato non usufruire di sangue giovane e fresco-.

Lei annuì, e afferrò al volo la sacca che l'amico le lanciava. Con l'unghia laccata di rosso, l'aprì ad un'estremità, mentre l'altro faceva lo stesso servendosi dei canini appuntiti.

Lysander alzò in alto la sacca, come se fosse un calice colmo di vino.

-Alla vera astuzia-, disse, ammiccandole con un cenno del capo.

Ivory lo imitò e si prese un istante per riflettere sul brindisi da fare. Poi, con un sorriso, si portò la sacca alle labbra e disse:

-Al sangue, che tutto muove-.

E, con un sorriso, reclinò il capo lasciando ondeggiare i lunghi boccoli lungo la schiena, mentre il denso liquido scarlatto si riversava dolce nella sua bocca.

 

 

 

 

 

 

 

Postilla conclusiva

Ecco la fine! Come promesso, ho sblaterato un po' sul mio Livejournal; se vi interessa, QUI.

Come al solito, ricordo anche la mia pagina Facebook ;D

   
 
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