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Autore: Nejiko    26/04/2011    2 recensioni
"Non era una delle sue giornate migliori, non lo era mai stata. Nonostante il tempo passasse, non avrebbe mai dimenticato. E non lo voleva nemmeno fare. Sembrava quasi desiderasse essere tormentato da quei ricordi, come se quella sofferenza potesse lavar via le sue colpe.
Odiava quel periodo dell’anno, lo odiava con tutto se stesso perché non era ancora riuscito a perdonarsi.
E non l’avrebbe mai fatto.
"
Kakashi Hatake aveva sempre lasciato che la vita gli scivolasse addosso, incapace di perdonarsi per la morte di Obito, un caro amico. Un'esistenza priva di legami profondi, almeno fino a quell'incontro.
Dedicata alle ragazze dell'Urd Café.
(SakuraxKakashi - KakashixSakura)
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kakashi Hatake, Sakura Haruno, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'KakaSaku collection '
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Capitolo 2
Incontro




Appena uscito dal bagno la penombra e la musica alta del locale lo inghiottirono di nuovo. In un primo momento ne fu infastidito, tanto da socchiudere gli occhi nel vano tentativo di riabituarsi al clima buio e festoso dal quale si era estraniato per un po’.  
Guardandosi attorno si rese conto che quel posto non era poi così vuoto come gli era parso. Gruppi d’amici se ne stavano ancora seduti ai tavoli, sorseggiando cocktails colorati e chiacchierando a voce alta, intenti a scontrare i loro bicchieri in chissà quali festosi brindisi. Alla sua destra alcuni ragazzi avevano persino avuto la brillante idea di mettersi a giocare a freccette nonostante la pessima mira e qualche bicchiere di troppo. Risultato: gli oggetti appuntiti avevano terminato la loro corsa conficcandosi nelle perline di legno che rivestivano le pareti, senza nemmeno sfiorare il bersaglio. Fori che si aggiungevano ad altri fori, un circolo vizioso che si ripeteva sera dopo sera e che, prima o poi, avrebbero costretto i gestori a sostituire parte del rivestimento.
Gli risultò impossibile non pensare al fatto che alcune di quelle fessure fossero merito suo e dei suoi compagni di serata, ma la cosa gli strappò solamente un sorriso striminzito.
Non aveva più voglia di divertirsi. Quella sedia vuota era sempre nei suoi pensieri, e ci sarebbe rimasta.
Quindici anni erano trascorsi. Quindici lunghi anni, esattamente quel giorno. Eppure non gli sembrava passato così tanto tempo. Forse perché il dolore e il senso di colpa, in quei giorni, si faceva sentire ancor più del solito. Per questo, in quel preciso istante, tutto ciò che gli interessava era raggiungere gli altri, bere il suo ultimo bicchiere, saldare il suo debito e tornarsene a casa.

S’incamminò cauto, ormai conscio di quanto fossero imprecisi i suoi movimenti. Non voleva di certo regalare al suo caro collega Tenzo l’occasione per sfotterlo adeguatamente per un intera settimana a causa d’una rovinosa caduta pubblica.
Nonostante si sforzasse di fare attenzione, però, non gli fu possibile schivare quella figura alzatasi di scatto, qualche passo dinnanzi a lui. Rassegnato all’inevitabile, la sentì chiaramente sbattere contro il suo petto e poi allontanarsi perdendo l’equilibrio. Sarebbe finita sicuramente a terra insieme al boccale che reggeva in mano se, senza sapere come, in un gesto repentino e istintivo da attribuire unicamente ai rimasugli dei suoi riflessi, non fosse riuscito ad afferrarla. Purtroppo per entrambi, non aveva avuto il tempo d’occuparsi anche del bicchiere.
Kakashi avvertì distintamente la sensazione di bagnato espandersi lungo il suo addome ed imprecò mentalmente, riuscendo a mantenere intatta la sua apparente calma grazie alla proverbiale dose d’autocontrollo che lo caratterizzava. Levare quella macchia scura dalla sua camicia bianca sarebbe stata una vera impresa.

 “Ma che ti è saltato in mente? La mia maglietta preferita… Non mi hai vista razza di…” La voce della persona sorretta dal suo braccio destro lo prese alla sprovvista. Non per l’affermazione, interrotta prima dell’insulto finale, ma per la familiarità.
Portò immediatamente il suo sguardo sul volto della ragazza, immobile fra le sue braccia, incrociandone gli occhi mentre un sussurrato “Kakashi sensei?” lo raggiunse.
“Haruno?” replicò incapace di nascondere totalmente il suo stupore, prima di aiutarla a rialzarsi.
“Kakashi sensei, è proprio lei. Che sorpresa!” esclamò la giovane regalandogli un caldo sorriso. “E’ passato parecchio tempo dall’ultima volta, anni per la precisione”.
In effetti Kakashi non l’aveva più vista dopo il diploma. In pochi, pochissimi, restavano in contatto con la vecchia scuola una volta superati gli esami, e come biasimarli visti i gravosi impegni universitari o lavorativi pronti ad attenderli una volta fuori da lì.
E quello era chiaramente il caso di Sakura Haruno, compagna di classe della giovane Yamanaka, ottima studentessa dalle grandi potenzialità e con il grande sogno di diventare medico. Una ragazza in gamba, sveglia e risoluta, così se la ricordava. Si era subito fatta notare, dimostrando ottime doti intellettive e un grande impegno; caratterialmente acerba, come tutte le ragazzine della sua età, ma capace di maturare molto dal punto di vista umano durante quei cinque lunghi anni, tanto da cancellare completamente l’immagine della bambina superficiale e piagnucolosa che gli si era presentata davanti al primo anno. Un lungo percorso, che aveva affrontato con responsabilità nonostante la giovane età, fino a diventare, oltre che (ad) un’eccellente studentessa, una ragazza sensibile ed altruista, in grado d’aiutare i suoi stessi compagni, facendo da collante, appianandone le divergenze, soprattutto fra quei due…
Difficile nasconderlo, la giovane Sakura era sempre stata una delle sue allieve preferite. A dire il vero, in quella classe un po’ strampalata, in tre avevano suscitato maggiormente la sua attenzione. Lei e quei due appunto. Tre giovani ragazzi completamente diversi fra loro quasi da renderne impossibile la convivenza, ma che, grazie al tempo, a modo loro erano riusciti a creare, a suo parere, un vincolo difficile da spezzare. La loro era un’amicizia unica, vera.
Proprio per questa sua congettura mentale, Kakashi cercò fra gli amici di Sakura la testa bionda di Naruto e il viso di Sasuke. Un tentativo inutile, visto che nessuno dei due era presente.
“Non so perché, ma credevo che voi tre non vi sareste mai separati…” Un pensiero espresso ad alta voce.
“Noi tre?” Il sorriso di Sakura si spense lentamente. “Intende io, Sasuke e Naruto?” continuò dopo una breve pausa che all’uomo non sfuggì.
L’Hatake si limitò ad un gesto del capo, evitando di chiedere altro, consapevole d’aver già messo Sakura in una situazione scomoda. Era evidente, tra loro era sicuramente successo qualcosa, qualcosa di grave che li aveva spinti a separarsi. Ma in quel momento, purtroppo, Kakashi non aveva né la forza né la voglia di accollarsi i problemi altrui.
Per questo s’accontentò della breve risposta della ragazza, un semplice “Sasuke è molto impegnato ultimamente, mentre Naruto… beh, sa com’è… come al solito è impegnato a correr dietro a Sasuke”.
Impossibile per lui non notare quel velo di tristezza nei suoi occhi, chiaro segnale di quanto la sua supposizione precedente fosse esatta, ma non andò oltre. Non se la sentì, per quanto potesse dispiacergli, non le sarebbe stato d’aiuto quella sera.
“Vedrai che tutto si sistemerà, ne sono sicuro” tentò di consolarla con un leggero sorriso, esattamente come faceva un tempo, prima di congedarsi “Scusami Sakura, devo andare… per quanto riguarda la maglietta…”
“Non si preoccupi, è solo una macchia” lo interruppe lei passandosi la mano su quella chiazza scura.
“Insisto, ti pagherò il conto della tintoria” proseguì lasciandole il suo numero di telefono. “Chiamami”.
“Grazie.” Un sussurro lo raggiunse prima di riprendere la proprio strada.

Mentre s’allontanava, lasciandosi Sakura alle spalle, Kakashi s’insultò mentalmente per quel gesto senza senso. Con tutto quello che gli passava per la testa in quei giorni, come aveva potuto lasciare il suo numero di telefono ad una ex alunna? E poi quella frase, ”insisto, ti pagherò il conto della tintoria.”, da dove gli era uscita?  Stava perdendo il senno? Va bene l’alcool, ma così sembrava davvero volerci provare…
Per un attimo pensò che, forse, Asuma avesse ragione e che fosse giunto il momento di smettere di leggere quei dannati libri se erano in grado di influenzarlo sino a quel punto dopo qualche bicchiere di troppo. O forse, in realtà, più che l’influenza dell’Icha Icha Paradise era stato l’evidente sconforto della giovane nel parlare dei compagni che l’aveva fatto reagire così, come se dentro di sé sentisse ancora il bisogno di aiutarla. Non quella sera, non in quel preciso istante, ma forse il giorno seguente.
 
“Non male, davvero non male. Devo ammettere che hai buon gusto… Ma non credi che anche quella sia troppo giovane?” L’osservazione di Tenzo non si fece attendere, giusto il tempo d’avvicinarsi quel tanto da poter sentire la sua voce.
“Non credi che dovresti imparare a farti i cazzi tuoi ogni tanto?” Kakashi rispose lasciandosi sfuggire uno sbuffo divertito, ignorando poi la successiva replica dell’amico.
Mentre Tenzo parlava, l’Hatake cercò Sakura con lo sguardo.
La trovo in piedi, accanto alla cassa; la sua figura snella e sensuale era messa in risalto dai jeans stretti a vita bassa e dalla leggera camicetta bianca a maniche corte, lasciata sbottonata quel tanto da formare una graziosa scollatura, ma senza risultare volgare. In un'altra occasione e soprattutto se non fosse stata una sua ex allieva, anche lui come Tenzo si sarebbe lasciato sfuggire  certamente qualche apprezzamento.
Quando la vide sparire oltre la porta del locale però, Kakashi realizzò quanto stupidi fossero i suoi pensieri. Si sentì un idiota per essersi soffermato ad osservare quel corpo. Perché per quanto Sakura fosse cresciuta, per quanto fosse diventata una donna molto affascinante, per lui sarebbe sempre rimasta una sua ex studentessa.
“Tutto bene Kakashi?” Ad Asuma, nonostante tutto, non era sfuggito la sua momentanea lontananza.
“Sì, inizio solo ad essere stanco…” rispose l’interessato che, spostando lo sguardo su quel poco di rum rimastogli nel bicchiere, si lasciò scappare un  “Tenzo… il tuo non ti bastava?”
“Si può sapere perché dai sempre la colpa a me?” Nulla sfuggiva all’Hatake, il suo spirito d’osservazione era  sempre stato molto acuto, e Tenzo lo sapeva bene.
“Lasciami pensare…” Kakashi sospirò prima di prendersi il mento fra pollice e indice e continuare. ”Gai è ancora impegnato con il flipper e Asuma, beh, il suo bicchiere è ancora pieno, a differenza del tuo.”
Una spiegazione semplice, quasi scolastica, che ottenne come risultato un irritato “Te l’hanno mai detto che sai essere noioso a volte?”.
“Credo che me ne tornerò a casa.” A sorpresa l’Hatake smorzò la discussione. “Finiscilo pure” continuò poi, porgendo ciò che restava del suo ultimo bicchiere all’amico.
“Eh? Sei sicuro di…” Ma l’Hatake  era già troppo lontano per poterlo sentire e Tenzo lasciò cadere nel vuoto quel “sentirti bene” prima di voltarsi preoccupato verso Asuma.
“Ma che gli è preso? Ho detto qualcosa di sbagliato?” chiese aggrottando un sopraciglio.
“Sai com’è fatto, a volte ha bisogno di star solo…” s’intromise Gai, abbandonando momentaneamente la sfida e attirando su di sé gli sguardi sorpresi dei due che oramai lo davano per disperso “Non è un chiacchierone, lo sapete. Credo sia meglio lasciarlo in pace ora.”

Fuori dal locale, ad attenderlo, c’era solo il silenzio. Non c’erano più né tavolini né musica, tutto era scomparso all’interno dei locali che stavano ormai chiudendo. Gli unici rumori provenivano da un gruppetto di ragazzini alle prese con i loro motorini.
Testa bassa e mani che affondavano nelle tasche dei jeans scuri, Kakashi percorse la via principale del centro storico, la stessa dalla quale era arrivato, verso il lungolago.
Casa sua non era molto distante, per quello non aveva preso l’auto, convinto che una passeggiata non gli avrebbe di certo fatto male. Scelse il tragitto più lungo, preferendo alla monotonia delle strade interne la calma del percorso sulla riva del lago.
I lampioni accesi si alternavano agli alberi ad intervalli regolari, illuminando il bianco tratto pedonale. A separarlo dall’acqua, una semplice barriera metallica color antracite. Dal lago soffiava una leggera brezza, capace di solleticargli i capelli chiari e i rami dei salici cresciuti oltre la balaustra, proprio sulla riva. La quiete era rotta unicamente dalle rarissime macchine in transito.

Rivedere Sakura gli aveva fatto piacere, l’aveva persino distratto dai suoi pensieri. Quella conversazione però gli aveva lasciato un misto di curiosità e preoccupazione. Non poteva nascondere d’essere rimasto un po’ turbato per via di Sasuke e Naruto.
Aveva sempre pensato che quei ragazzi sarebbero rimasti amici per sempre… Lo aveva pensato anche di se stesso, Obito e Rin…
S’era affezionato in modo particolare a loro proprio per questo, perché ognuno di loro sembrava ridar vita ai suoi ricordi. Vederli discutere, sfidarsi, ridere, punzecchiarsi, l’aveva riportato indietro nel tempo,  quando ancora non v’era colpa sulle sue spalle.
In Sasuke, per esempio, aveva rivisto se stesso. Perché quel ragazzo era identico a lui, al Kakashi Hatake adolescente. Silenzioso, presuntuoso, a volte persino arrogante. Genio indiscusso, ma con grandi lacune emotive. Come lui, Sasuke, aveva perso presto entrambi i genitori ed aveva dovuto crescere solo e in fretta, troppo in fretta.
Come biasimarlo per quel carattere freddo e scostante. Certe cose lasciano un segno profondo, l’avevano lasciato anche a lui.
A sconvolgere la vita del giovane Uchiha ci aveva pensato Naruto. Quel ciclone di vitalità era riuscito a far breccia dove nessun altro aveva potuto e in pochissimo tempo. La loro competizione continua mascherava un profondo rispetto reciproco, un legame profondo, cresciuto lentamente. Entrambi orfani, entrambi con un’infanzia difficile, ma con un modo totalmente diverso d’affrontare la situazione. Se Sasuke aveva finito per chiudersi in se stesso, Naruto cercava continuamente l’approvazione degli altri, mascherando il suo dolore fra scherzi e risate. Probabilmente proprio per quel comune passato erano stati in grado di capire l’uno la sofferenza dell’altro.
Era innegabile, quel suo contagioso sorriso era riuscito ad arrivare lontano, più lontano dell’amore incondizionato di Sakura. Naruto era esattamente come Obito: la parte più emotiva, solare, testarda e(d) imprevedibile del gruppo.
Pensando a lui, Kakashi si lasciò sfuggire un sorriso sincero.  
Restava Sakura. Lei che, come la dolce Rin, sognava di diventare medico per poter aiutare il prossimo. Innamorata da sempre del bello e dannato, disposta a qualsiasi cosa pur di riuscire a(d) entrare nel suo mondo, persino ad annullarsi. Inizialmente infastidita dalle intromissioni di Naruto, aveva lentamente imparato ad apprezzare quella maldestra presenza. Perché dove c’era Sasuke, c’era Naruto. E dove c’erano loro, c’era lei.
Forte, decisa e a volte un po’ manesca, ma anche dolce, premurosa e fragile, molto fragile. Perché quando quei due litigavano, era lei a soffrirne di più. Come Rin, Sakura aveva sviluppato un forte senso di protezione verso entrambi. Perché sia Naruto che Sasuke avevano conquistato un posto speciale nel suo cuore.
Per questo era certo che doveva essere successo qualcosa di grave. Perché se il dolce sorriso di Sakura s’era spento così all’improvviso, parlando di loro, quei due dovevano essere finiti in qualche casino. Non era sicuramente uno dei soliti battibecchi.
Forse avrebbe fatto bene a mettere da parte i suoi problemi e provare ad ascoltarla, probabilmente non avrebbe dovuto liquidare l’argomento con un semplice vedrai che tutto si sistemerà. Ma ormai era troppo tardi per cambiare le cose, lentamente la chiave girò nella serratura dell’ingresso.
Entrò, lasciando le scarpe nell’ingresso, attraversando il soggiorno in penombra senza nemmeno accendere la luce.  Superò il divano, lanciando in malo modo le chiavi sul tavolino davanti ad esso. Il rumore metallico spezzò il totale silenzio dell’abitazione.
Lentamente Kakashi raggiunse la sua camera, sdraiandosi poi, ancora vestito, sul letto. Ad accoglierlo le fresche lenzuola di lino.
Era stanco e avrebbe davvero voluto dormire, ma in quella completa assenza di rumore, scandita dal ticchettio dell’orologio da parete della sala, i suoi pensieri non gli davano tregua.
Ricordi passati che si sovrapponevano a immagini recenti. Visi, sorrisi e sentimenti che si mescolavano  fra loro mentre, steso a occhi chiusi, si sentiva trascinare verso il basso da un vortice continuo.
Passato e presente.
Obito e Rin.
Naruto.
Sasuke.
E Sakura.
Mentre lentamente perdeva conoscenza, nel preciso istante in cui la razionalità lasciava il posto all’irrazionalità, l’ultima cosa che vide furono due brillanti occhi verdi.




Continua...





Disclaimers:

Naruto ed i personaggi sopracitati non mi appartengono e non c’è lucro.

Anche questo capitolo è stato betato da Aya88. Grazie tesoro, sei sempre un fulmine^^

Ringrazio chi ha inserito questa fic fra le seguite/preferite, chi ha recensito e recensirà, e chi la leggerà solamente.

   
 
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