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Autore: Ely79    01/05/2011    2 recensioni
Regulus Black, visto attraverso gli occhi di Rabastan Lestrange. Perché questo giovane odia tanto il secondo genito dei Black? Perché tanto isentimento nei suoi confronti?
Storia prima classificata al "Il mio miglior nemico/La mia miglior nemica contest" indetto da Maeve_ e Mizar19.
Genere: Dark, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mangiamorte, Nuovo personaggio, Rabastan Lestrange, Regulus Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'Rabastan Lestrange'
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III
III

pauraeonore

«Rabastan?» chiamò una voce assonnata.
Ebbi a malapena il tempo di distogliere lo sguardo dall’avanzo di mago che oltrepassava la soglia, che Elanor apparve nell’atrio. Indossava una lunga vestaglia color avorio, che le ondeggiava attorno leggiadra. Quante volte quell’immagine aveva rasserenato il mio animo quando tornavo da una cruenta missione? La mia donna, mia moglie, che mi si faceva incontro con lo sguardo trepidante per la lunga attesa ansiosa. Il suo sorriso, le sue mani, le sue parole, le sue premure. Ogni cosa per sollevarmi dal pantano ferale in cui sguazzavo dopo il calar del sole.
Mi chinai a baciarla, stando ben attento che le vesti, imbrattate di sangue e lacrime delle mie vittime, non intaccassero il suo etereo candore.
«Che succede, mio buon signore?» chiese, scrutando con preoccupazione la sagoma deforme che mi ero trascinato dietro.
Se ne stava appoggiato ad un mobile, smunto e maleodorante. Due dei nostri elfi domestici si erano Materializzati in un angolo e scambiavano commenti sottovoce, premurandosi, da decerebrati quali erano, di additare il nuovo venuto con sdegno e pesante sarcasmo. Per una volta condividevo il loro infimo pensiero.
«Black si è sentito male e me l’hanno affidato per stanotte» spiegai irritato. «Non vogliono che vada a casa. Temono la sfuriata di Walburga, neanche fosse quella del Maestro dopo un fallimento. Codardi» soggiunsi a denti stretti.
Lei si staccò dal mio fianco con un’espressione indecifrabile, che mai le avevo veduto.
«Sii il benvenuto in casa nostra, Regulus Arcturus Black» salutò pacata, avvicinandosi a quella creatura immonda. «Vieni, sarai stanco. Tarocher, presto, porta via le vesti del signor Black e del padrone. Nubrig, dagli una mano e poi porta qualcosa dalle cucine. Sbrigati».
Black tentò debolmente di opporsi, ma era troppo ruffiano per declinare le gentili cortesie di mia moglie. Schifoso approfittatore. Per un istante prese corpo nella mia mente la balzana idea che si trattasse di una patetica buffonata, ordita al solo scopo di metter piede in casa mia. La gelosia morse furibonda, iniettandomi il suo fatale veleno nelle vene. Tentai di scacciarla, ma non fece che agitarsi nelle mie viscere, mentre li seguivo entrambi nel salone. Elanor lo conduceva per mano, incantevole quanto una vergine con un giovane unicorno.
Gettammo le vesti da Mangiamorte agli elfi. Provai un discreto sollievo nel respirare liberamente il familiare profumo della mia dimora, scevro dal lezzo di morte che per troppo tempo mi aveva afflitto. Dalle cucine erano stati portati dei cornish pasty, pancacke, roast beef, formaggio, scones e fette di torta. Aspettarsi un po’ di criterio da quegli sgorbi di elfi domestici era davvero troppo, tuttavia la tensione ed il nervosismo che portavo addosso m’impedirono di prendermela con loro.
Elanor sedette accanto al nostro sgradito ospite, prendendogli una mano per cercare di rincuorarlo. Il sangue ribollì furioso nelle vene. Come poteva quel moccioso meritare le attenzioni della mia sposa?
«Mi dispiace che la tua prima caccia sia stata tanto dura, Regulus caro» lo consolò, posandogli una mano sulla spalla. «Vedrai che la prossima andrà meglio. Imparerai ad essere un degno servitore di Milord e renderai fieri i tuoi genitori con le tue azioni».
Lui però non l’ascoltava. Smarrito nei propri, sciocchi pensieri, tremava.
«Era un mio amico… hanno ucciso un mio amico…» singhiozzò, guardandomi sconvolto. «Perché? Lui… che colpa aveva?»
«Ora calmati» disse Elanor, abbracciandolo con affetto. «Sono certa che vi sia una spiegazione».
Sgranai gli occhi, esterrefatto. La fronte di Black che le poggiava sulla spalla, le dita intrecciate alle sue. A me solo erano stati riservati quei gesti. Nessun altro ne aveva goduto ed ora, questo bellimbusto tutto chiacchiere e lacrimoni, riusciva ad appropriarsi quanto mi spettava di diritto? Come osava?
«Ha sposato un’impura. Feccia Nata Babbana» sputai.
«Danielle era in gamba. Una delle migliori streghe che avessi conosciuta. Era bravissima» si oppose debolmente.
Elanor mi precedette, impedendomi d’intervenire.
«Regulus, non sempre la realtà è come ci appare» spiegò, sollevandogli il volto perché la guardasse negli occhi. «Molti veli nascondono le imperfezioni della vita al nostro sguardo. Sta a noi imparare a scoprire per tempo cosa celino, prima che sia tardi».
«Ma Calvin…»
«Ti ha mentito. Lo ha ammesso lui stesso» lo zittii stizzito.
Si ostinava ancora a voler difendere un traditore del proprio sangue? Un bugiardo?
«Io… io credevo… non è giusto…» pigolò, rannicchiandosi sulle ginocchia. «Perché uccidiamo altri maghi? Altri come noi?»
«Perché ci hanno traditi!» ruggii. «Il tuo caro amico era un corrotto! Ha insozzato la purezza della magia che viveva in lui, mescolandosi a quella gentaglia!»
Sostenne il mio sguardo furioso con il suo da cucciolo spaurito, quasi cercasse di convincermi che fossi in errore.
«Ho sempre pensato che Danielle fosse come noi. Era abile, forte, intelligente. Niente lasciava intendere che non fosse Purosangue» si giustificò.
«Ti sei fatto abbindolare come l’imbecille che sei!»
«Rabastan, ti prego, calmati» mi redarguì Elanor, severa. «Regulus è molto confuso. Fatica a comprendere quanto gli è accaduto. Urlare non lo aiuterà».
Obbedii controvoglia, prendendo a camminare per la stanza. Addentai la prima cosa che trovai nel vassoio, senza percepirne il sapore.
«Ma non capite? Quello che è morto era un Purosangue!» piagnucolò.
«E con questo?» domandai sprezzante.
Davvero quel ragazzino pensava di poter obbiettare a ciò che Milord ci chiedeva di fare? Era così cieco da non vedere ciò che aveva sempre avuto sotto al naso? Così ottuso da non capire che liberarci di quegli ibridi riprovevoli era la sola strada per riavere intatto il nostro potere?
«Era un Purosangue, Lestrange! Un Purosangue come noi! Cosa impedirà a Lui di farci la stessa cosa, quando non gli serviremo più?»
«Regulus,» intervenne Elanor, accarezzandogli i capelli, «noi non abbiamo di che temere. Non siamo solo dei Purosangue, ma appoggiamo la causa e ne condividiamo le idee. Milord non ci farebbe mai del male! Gli serviamo tanto quanto Lui serve a noi. È uno scambio reciproco».
Si rese conto che non le credeva, che rifiutava di prestare orecchio a chi si stava prendendo cura di lui. Ingrato.
«Vorresti forse che, un giorno, qualcuno ti costringesse a prendere per moglie una Mezzosangue? O peggio, una Nata Babbana?» gli domandò, inorridita.
«Perché non una Babbana, allora?» ringhiai, versando molto più liquore di quanto desiderassi. «Regulus, pensa al tuo sangue, al tuo nome, ai secoli che ha attraversato, divenendo sinonimo di purezza più di ogni altro! Il motto della tua famiglia non recita forse “Toujours pur”? Spezzeresti una grande dinastia, unendoti a gente indegna?»
«Io… no… non credo potrei… ma Calvin… ha detto… che l’amava».
Elanor gli fece una carezza carica di comprensione.
«Regulus, è molto difficile distinguere il vero amore da una malvagia malia. Nessun autentico Purosangue si unirebbe ad una Nata Babbana, a meno d’essere soggiogato o pazzo. Se il tuo amico non era sotto incantesimo, come hanno verificato, allora non era un buon amico. Ha dimostrato di non essere tuo pari. Ti ha mentito perché accettassi quella donna, perché avessi di lei un’immagine diversa. Quale amico chiederebbe tanto? Avrebbe dovuto essere sincero e chiedere il tuo aiuto per liberarsi dal sentimento che lo legava a lei».
La saggezza delle parole di mia moglie mi colpì. Riuscì persino a calmarmi e, per un istante, vidi Black sotto una luce diversa. Un ragazzo tradito, cresciuto sotto una campana di vetro, digiuno della vita. Potevo arrabbiarmi con il frutto acerbo di una famiglia in piena decadenza?
Sì, perché dopo il suo vantarsi e incensarsi, ci si sarebbe aspettati molto di più. Era l’ultimo edere maschio della sua casata, ero certo che Orion gli avesse illustrato cosa comportasse, quali doveri, quali oneri. Comportandosi a quel modo, stava rifiutando le sue responsabilità.
«Mettiti in testa una cosa, Black: sei voluto diventare a tutti i costi un Mangiamorte. Hai fatto impazzire tutti con la tua smania. Se non sei in grado di portare avanti il tuo compito, ucciditi e liberaci della tua inutile presenza. Non c’è posto tra di noi per quelli come te!»
Per ribadire il disprezzo che nutrivo nei suoi confronti, scagliai il bicchiere oltre la finestra aperta. Lo udii infrangersi nell’aiuola.
«Rabastan, non essere tanto duro».
La tenerezza che Elanor mostrava nei confronti di Black mi ferì. Diedi loro le spalle, fingendo di puntare lo sguardo su un punto imprecisato dell’orizzonte.
«Abbiamo una missione da compiere. Un obbiettivo» feci, stringendo il davanzale come se volessi sbriciolarlo. «Perseguirlo è difficile. Molti ostacoli si frappongono, ma superarli ci condurrà alla vittoria ed alla gloria. Milord ci indica un sentiero impervio e costellato di pericoli, che ci portano spesso a fare i conti con i nostri principi ed i nostri desideri. Nessuno di noi ha mai detto che sia facile eseguire gli ordini che riceviamo, che si prendano delle vite a cuor leggero. Quanti di loro potrebbero redimersi, passando dalla nostra parte? Quante valide bacchette potrebbero aiutarci? Ma hanno deciso di voltare le spalle alla giustizia. A noi. Al Maestro. E queste scelte si pagano. Sempre. E a caro prezzo. Ora chiediti, Black: sei pronto a combattere per un mondo migliore?»
Non avevo mai parlato tanto in vita mia.
   
 
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