CONCHIGLIE
“Oleander,
no tesoro, no!” Ortensia Silvestre tolse la paletta di
plastica dalle mani
della figlia, si guardò attorno allarmata e agitò
leggermente la bacchetta che
teneva nascosta sotto al telo da mare per cancellare
l’incantesimo che aveva fatto
la figlia.
Le
due si trovavano in vacanza in Italia, su una spiaggia babbana.
Oleander, sei anni,
era intenta nella più comune occupazione dei bambini della
sua età: costruire
un castello di sabbia. Solo che, per nulla soddisfatta
dell’anonimo cono tronco
circondato da un fossato che aveva ottenuto, aveva deciso di renderlo
più
realistico con un ponte levatoio realmente funzionante.
Le
formine magiche, purtroppo, avevano di questi inconvenienti.
“Ma
mamma…!” provò a protestare la piccola.
“Niente
‘ma’, signorinella – Ortensia mise un
dito sul naso paffuto della figlia – ti
ho già spiegato perché in luoghi come questi non
possiamo usare la magia.”
“Facciamo
il bagno?” chiese allora lei, speranzosa.
“Più
tardi.”
Mogia
mogia, la bambina tornò a dedicarsi senza troppo entusiasmo
alle formine per la
sabbia: non c’era molto gusto se non poteva costruire
qualcosa che si animasse.
Si sdraiò di fianco alla madre che leggeva un libro e
restò un po’ così, con
gli occhi socchiusi per il sole troppo forte, a fissare il mare calmo e
qualche
gabbiano che galleggiava come una paperella di gomma sulla superficie
dell’acqua. Ma durò poco e presto si
scoprì annoiata; guardò Ortensia, cercando
di leggere il titolo del libro che aveva in mano “Il
s-sin… sim…po-sio di Pl-…
Plotone!” sillabò.
“Platone.”
la corresse la mamma con una allegra risata.
“E’
una fiaba? Di cosa parla?”
La
donna si mise a sedere, chiudendo il volume “E' un libro
babbano che parla di
fatti accaduti tanto, tanto tempo fa: è la storia di alcuni
uomini molto speciali,
tanto perfetti da voler sfidare gli dei.”
“Ci
fu una guerra? Come le guerre fra troll e folletti?” la
bambina sgranò gli
occhi, affascinata dal racconto.
La
mamma prese una bella mela rossa dalla borsa ed un coltellino
“Non si arrivò
alla guerra: prima che ciò accadesse, gli dei decisero di
intervenire e
tagliarono a metà questi uomini speciali, dividendoli in due
parti, così.” Ed
affondò la posata nel frutto.
“Li
uccisero!” esclamò la bambina, spaventata.
“No,
no – sua madre scosse la testa – gli uomini vennero
semplicemente divisi in
due, perdendo per sempre i loro poteri e la loro perfezione, ma
ciò li rese
molto, molto tristi. E soli. Ed è per questo motivo che da
allora gli uomini
sono alla perenne ricerca della loro anima gemella.”
“Anima
gemella?” la bambina inclinò la testa da un lato:
chissà cos'era.
“Sì,
la metà che hanno perduto. La cercano senza sosta per
ritrovare l’antica
completezza. E se ci riescono – la donna unì
nuovamente le due metà della mela
– raggiungono la felicità.”
“Mmh…
E si trova sempre questa anima gemella?”
“No,
purtroppo no. E’ difficile, sai, perché il mondo
è tanto grande e ci sono tanti
uomini.”
“Tu
l’hai trovata, mamma?”
“Sì.”
La donna sorrise.
La
bambina sgranò gli occhi per la sorpresa
“Davveeeeroo? E chi è?”
“Oleander,
sciocchina, è il tuo papà!”
“Oh.
- fece la bimba, perplessa davanti a quella risposta, un po' troppo
ovvia. E
lei che si aspettava chissà che - Senti mamma, questa anima
gemella esiste
anche per me?”
Ortensia,
intenerita, abbracciò il suo piccolo tesoro “Lo
spero tanto per te, perché
trovarla è la cosa più bella che ti possa
capitare nella vita.”
“Ma…
ma come faccio a capire che è proprio la mia
metà?”
“Sarà
il tuo cuore a dirtelo. Forse lo capirai non appena incrocerai il suo
sguardo,
o forse ci vorrà più tempo. Chi può
dirlo? Magari all’inizio ti sarà pure
antipatico! Ma poi il tuo cuore sussurrerà il suo nome e tu
capirai.”
Oleander
sembrava aver preso la cosa molto sul serio, infatti sedeva seria e
corrucciata, cercando di cogliere il senso di quel discorso.
“Vuoi
mezza mela?” chiese Ortensia. La polpa nel frattempo era
diventata tutta scura
e la bambina frignò dicendo che non era più
buona, quindi la mamma la lasciò
andare a giocare sul bagnasciuga, a patto che si bagnasse solo le
caviglie.
Oleander si accovacciò a osservare tutto ciò che
la risacca del mare depositava
sulla riva: sassi lucidi e perfettamente levigati, alghe e conchiglie
multiforme; si accorse, in particolare, che molte conchiglie erano
unite a due
a due, identiche e speculari: erano come le due metà della
mela. Ne prese una
coppia e la mise sul palmo di una mano “Voi siete anime
gemelle, me lo ha detto
la mamma.”
Quante
belle conchiglie c’erano su quella spiaggia, e che colori
stupendi! Quasi tutte
le varietà del marrone, del bianco e del grigio; ma in mezzo
a tutte, la sua
attenzione fu attirata da una conchiglia in particolare, appena portata
sulla
spiaggia da un’onda. Era tutta nera, lucida
d’acqua. Ed era sola. “Dov’è
la tua
anima gemella? – le chiese – Aspetta, ti aiuto io a
trovarla.”
Detto
questo si inginocchiò e iniziò a setacciare la
spiaggia, alla ricerca
dell’altra metà. C’era di tutto:
conchiglie a forma di corno, di cono, di
ventaglio, sassi, resti di crostacei, rametti, alghe… ma
nessuna conchiglia
nera.
“Poverina
– Oleander si portò la conchiglia alla guancia,
cullandola come se fosse stata
una bambola – poverina, sei tanto triste, vero?”
Alzò gli occhi e guardò il
mare, quella distesa blu luccicante, che ora le appariva più
grande che mai.
Sarebbe stato difficile trovare un’altra mezza conchiglia
nera in
quell’immensità, ma non era impossibile. La mamma
c’era riuscita. Chiuse a
pugno la mano in cui teneva la conchiglia, prese una breve rincorsa e
la
scagliò in mare con tutta la forza che possedeva;
portò le mani ai lati della
bocca e gridò “Buona fortuna, ti auguro di trovare
la tua anima gemella!”
Distante
migliaia di chilometri, su una fredda spiaggia del Cumberland, Severus
Piton
stava aiutando sua madre a raccogliere dei pitrilli, creature magiche
simili a
scaglie di pesce che servivano per la preparazione delle pozioni.
Agosto
era ormai agli sgoccioli e con esso le vacanze estive, ma in
quell'angolo di
Inghilterra sembrava già autunno inoltrato: un cielo plumbeo
e gonfio di nubi
incombeva sulla spiaggia, il forte vento increspava il mare,
l'orizzonte era
annebbiato da una bruma sottile. Chino a rovistare tra i sassi e i
frammenti di
conchiglie, Piton stava pensando che la giornata si addiceva
esattamente al suo
umore: era iniziata con il solito, violento litigio tra i suoi
genitori,
conclusosi con suo padre che usciva di casa sbattendo la porta (e
chissà quando
si sarebbe rifatto vivo). Sua mamma era più taciturna del
solito, persa in
chissà quali pensieri, mentre vagava sulla spiaggia
incurante del vento che le
arruffava i capelli.
Si
chiese perchè mai i suoi genitori stessero ancora insieme,
nonostante
l'atmosfera in casa fosse sempre greve e pesante, i silenzi tra di loro
carichi
di ostilità pronte a sfociare in rissa al minimo pretesto.
E
poi c'era lui, chiuso nella sua stanza, al buio, a desiderare di essere
ovunque, ma non lì. Quelle mura non si potevano definire una
casa, non per lui.
Hogwarts...
L'anno
prima, alla vigilia del suo primo viaggio verso
La
sua e quella di Lily.
Nelle
sue fantasticherie loro due sarebbero finiti nella stessa Casa, ovvio,
e
sarebbero cresciuti fianco a fianco e un giorno...
Ma
nemmeno ad Hogwarts le cose erano andate come aveva sperato: lui era
finito a
Serpeverde e Lily a Grifondoro: ricordava lo sguardo di lei, sorpreso e
un po'
perplesso, mentre si allontanava verso il tavolo dei verdeargento, come
se la
ragazza vedesse di lui per la prima volta un nuovo aspetto. Che non le
piaceva.
Ed
Hogwarts, invece di unirli, li aveva allontanati: Lily, radiosa e
solare, si
era fatta molte amiche e passava tutto il tempo con loro. E poi c'erano
James
Potter e Sirius Black, il cui passatempo preferito era rendergli la
vita un
inferno anche a scuola e umiliarlo.
Piton
tirò con rabbia un calcio a un grosso sasso, che
sparì tra le onde
spumeggianti: alla fine, nemmeno Hogwarts si era rivelato il luogo che
aveva
sognato, sentiva Lily ogni giorno più distante e non sapeva
che fare per
riavvicinarsi a lei.
La
risacca portò sulla riva una conchiglia nera, che spiccava
tra i sassi
bianchicci della spiaggia: il ragazzo la osservò a lungo e
si ritrovò a pensare
che, in fondo, lui era molto simile a quella conchiglia. Un puntolino
nero,
fuori posto in un mondo di conchiglie bianche.
Solo.
Un'altra
onda, più vigorosa, si riprese la conchiglia appena
depositata sulla spiaggia,
riportandola in acqua.
Nel
mare, vasto, profondo e buio due conchiglie nere, identiche e
speculari,
viaggiano, trasportate dalle correnti, lasciando che sia il capriccio
delle
onde a decidere la loro meta. Ignorano l'una la presenza dell'altra.
Ma
forse un giorno giungeranno a toccarsi, come due anime gemelle.
-
FINE -
Scusate,
non mi sono dimenticata affatto di
questa raccolta, ma il tempo è sempre tiranno (altro che
signore).