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Autore: Hotaru_Tomoe    08/05/2011    1 recensioni
Raccolta di oneshot dedicata a Severus, al mio OC Oleander e ad altri personaggi della saga. Missing moments, slice of life, di tutto un po': un colorato calderone.
Aggiunta la storia "Risata": Severus non ride quasi mai. Certo, possiede un caustico senso dell'umorismo, ma Oleander non ricorda di averlo mai visto ridere di cuore. "Penso che sarebbe più facile vedere Lucius Malfoy che partecipa ad una festa di paese babbana guidando un coro di ubriachi piuttosto che Severus farsi una grassa risata."
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Severus Piton, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti, Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Severus ed Oleander'
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CONCHIGLIE

 

“Oleander, no tesoro, no!” Ortensia Silvestre tolse la paletta di plastica dalle mani della figlia, si guardò attorno allarmata e agitò leggermente la bacchetta che teneva nascosta sotto al telo da mare per cancellare l’incantesimo che aveva fatto la figlia.

Le due si trovavano in vacanza in Italia, su una spiaggia babbana. Oleander, sei anni, era intenta nella più comune occupazione dei bambini della sua età: costruire un castello di sabbia. Solo che, per nulla soddisfatta dell’anonimo cono tronco circondato da un fossato che aveva ottenuto, aveva deciso di renderlo più realistico con un ponte levatoio realmente funzionante.

Le formine magiche, purtroppo, avevano di questi inconvenienti.

“Ma mamma…!” provò a protestare la piccola.

“Niente ‘ma’, signorinella – Ortensia mise un dito sul naso paffuto della figlia – ti ho già spiegato perché in luoghi come questi non possiamo usare la magia.”

“Facciamo il bagno?” chiese allora lei, speranzosa.

“Più tardi.”

Mogia mogia, la bambina tornò a dedicarsi senza troppo entusiasmo alle formine per la sabbia: non c’era molto gusto se non poteva costruire qualcosa che si animasse. Si sdraiò di fianco alla madre che leggeva un libro e restò un po’ così, con gli occhi socchiusi per il sole troppo forte, a fissare il mare calmo e qualche gabbiano che galleggiava come una paperella di gomma sulla superficie dell’acqua. Ma durò poco e presto si scoprì annoiata; guardò Ortensia, cercando di leggere il titolo del libro che aveva in mano “Il s-sin… sim…po-sio di Pl-… Plotone!” sillabò.

“Platone.” la corresse la mamma con una allegra risata.

“E’ una fiaba? Di cosa parla?”

La donna si mise a sedere, chiudendo il volume “E' un libro babbano che parla di fatti accaduti tanto, tanto tempo fa: è la storia di alcuni uomini molto speciali, tanto perfetti da voler sfidare gli dei.”

“Ci fu una guerra? Come le guerre fra troll e folletti?” la bambina sgranò gli occhi, affascinata dal racconto.

La mamma prese una bella mela rossa dalla borsa ed un coltellino “Non si arrivò alla guerra: prima che ciò accadesse, gli dei decisero di intervenire e tagliarono a metà questi uomini speciali, dividendoli in due parti, così.” Ed affondò la posata nel frutto.

“Li uccisero!” esclamò la bambina, spaventata.

“No, no – sua madre scosse la testa – gli uomini vennero semplicemente divisi in due, perdendo per sempre i loro poteri e la loro perfezione, ma ciò li rese molto, molto tristi. E soli. Ed è per questo motivo che da allora gli uomini sono alla perenne ricerca della loro anima gemella.”

“Anima gemella?” la bambina inclinò la testa da un lato: chissà cos'era.

“Sì, la metà che hanno perduto. La cercano senza sosta per ritrovare l’antica completezza. E se ci riescono – la donna unì nuovamente le due metà della mela – raggiungono la felicità.”

“Mmh… E si trova sempre questa anima gemella?”

“No, purtroppo no. E’ difficile, sai, perché il mondo è tanto grande e ci sono tanti uomini.”

“Tu l’hai trovata, mamma?”

“Sì.” La donna sorrise.

La bambina sgranò gli occhi per la sorpresa “Davveeeeroo? E chi è?”

“Oleander, sciocchina, è il tuo papà!”

“Oh. - fece la bimba, perplessa davanti a quella risposta, un po' troppo ovvia. E lei che si aspettava chissà che - Senti mamma, questa anima gemella esiste anche per me?”

Ortensia, intenerita, abbracciò il suo piccolo tesoro “Lo spero tanto per te, perché trovarla è la cosa più bella che ti possa capitare nella vita.”

“Ma… ma come faccio a capire che è proprio la mia metà?”

“Sarà il tuo cuore a dirtelo. Forse lo capirai non appena incrocerai il suo sguardo, o forse ci vorrà più tempo. Chi può dirlo? Magari all’inizio ti sarà pure antipatico! Ma poi il tuo cuore sussurrerà il suo nome e tu capirai.”

Oleander sembrava aver preso la cosa molto sul serio, infatti sedeva seria e corrucciata, cercando di cogliere il senso di quel discorso.

“Vuoi mezza mela?” chiese Ortensia. La polpa nel frattempo era diventata tutta scura e la bambina frignò dicendo che non era più buona, quindi la mamma la lasciò andare a giocare sul bagnasciuga, a patto che si bagnasse solo le caviglie. Oleander si accovacciò a osservare tutto ciò che la risacca del mare depositava sulla riva: sassi lucidi e perfettamente levigati, alghe e conchiglie multiforme; si accorse, in particolare, che molte conchiglie erano unite a due a due, identiche e speculari: erano come le due metà della mela. Ne prese una coppia e la mise sul palmo di una mano “Voi siete anime gemelle, me lo ha detto la mamma.”

Quante belle conchiglie c’erano su quella spiaggia, e che colori stupendi! Quasi tutte le varietà del marrone, del bianco e del grigio; ma in mezzo a tutte, la sua attenzione fu attirata da una conchiglia in particolare, appena portata sulla spiaggia da un’onda. Era tutta nera, lucida d’acqua. Ed era sola. “Dov’è la tua anima gemella? – le chiese – Aspetta, ti aiuto io a trovarla.”

Detto questo si inginocchiò e iniziò a setacciare la spiaggia, alla ricerca dell’altra metà. C’era di tutto: conchiglie a forma di corno, di cono, di ventaglio, sassi, resti di crostacei, rametti, alghe… ma nessuna conchiglia nera.

“Poverina – Oleander si portò la conchiglia alla guancia, cullandola come se fosse stata una bambola – poverina, sei tanto triste, vero?” Alzò gli occhi e guardò il mare, quella distesa blu luccicante, che ora le appariva più grande che mai. Sarebbe stato difficile trovare un’altra mezza conchiglia nera in quell’immensità, ma non era impossibile. La mamma c’era riuscita. Chiuse a pugno la mano in cui teneva la conchiglia, prese una breve rincorsa e la scagliò in mare con tutta la forza che possedeva; portò le mani ai lati della bocca e gridò “Buona fortuna, ti auguro di trovare la tua anima gemella!”

 

Distante migliaia di chilometri, su una fredda spiaggia del Cumberland, Severus Piton stava aiutando sua madre a raccogliere dei pitrilli, creature magiche simili a scaglie di pesce che servivano per la preparazione delle pozioni.

Agosto era ormai agli sgoccioli e con esso le vacanze estive, ma in quell'angolo di Inghilterra sembrava già autunno inoltrato: un cielo plumbeo e gonfio di nubi incombeva sulla spiaggia, il forte vento increspava il mare, l'orizzonte era annebbiato da una bruma sottile. Chino a rovistare tra i sassi e i frammenti di conchiglie, Piton stava pensando che la giornata si addiceva esattamente al suo umore: era iniziata con il solito, violento litigio tra i suoi genitori, conclusosi con suo padre che usciva di casa sbattendo la porta (e chissà quando si sarebbe rifatto vivo). Sua mamma era più taciturna del solito, persa in chissà quali pensieri, mentre vagava sulla spiaggia incurante del vento che le arruffava i capelli.

Si chiese perchè mai i suoi genitori stessero ancora insieme, nonostante l'atmosfera in casa fosse sempre greve e pesante, i silenzi tra di loro carichi di ostilità pronte a sfociare in rissa al minimo pretesto.

E poi c'era lui, chiuso nella sua stanza, al buio, a desiderare di essere ovunque, ma non lì. Quelle mura non si potevano definire una casa, non per lui.

Hogwarts...

L'anno prima, alla vigilia del suo primo viaggio verso la Scuola di Magia, per la prima volta si era sentito davvero felice, col cuore più leggero: passava ore a fantasticare su come sarebbe stata la sua vita ad Hogwarts.

La sua e quella di Lily.

Nelle sue fantasticherie loro due sarebbero finiti nella stessa Casa, ovvio, e sarebbero cresciuti fianco a fianco e un giorno...

Ma nemmeno ad Hogwarts le cose erano andate come aveva sperato: lui era finito a Serpeverde e Lily a Grifondoro: ricordava lo sguardo di lei, sorpreso e un po' perplesso, mentre si allontanava verso il tavolo dei verdeargento, come se la ragazza vedesse di lui per la prima volta un nuovo aspetto. Che non le piaceva.

Ed Hogwarts, invece di unirli, li aveva allontanati: Lily, radiosa e solare, si era fatta molte amiche e passava tutto il tempo con loro. E poi c'erano James Potter e Sirius Black, il cui passatempo preferito era rendergli la vita un inferno anche a scuola e umiliarlo.

Piton tirò con rabbia un calcio a un grosso sasso, che sparì tra le onde spumeggianti: alla fine, nemmeno Hogwarts si era rivelato il luogo che aveva sognato, sentiva Lily ogni giorno più distante e non sapeva che fare per riavvicinarsi a lei.

La risacca portò sulla riva una conchiglia nera, che spiccava tra i sassi bianchicci della spiaggia: il ragazzo la osservò a lungo e si ritrovò a pensare che, in fondo, lui era molto simile a quella conchiglia. Un puntolino nero, fuori posto in un mondo di conchiglie bianche.

Solo.

Un'altra onda, più vigorosa, si riprese la conchiglia appena depositata sulla spiaggia, riportandola in acqua.

 

Nel mare, vasto, profondo e buio due conchiglie nere, identiche e speculari, viaggiano, trasportate dalle correnti, lasciando che sia il capriccio delle onde a decidere la loro meta. Ignorano l'una la presenza dell'altra.

Ma forse un giorno giungeranno a toccarsi, come due anime gemelle.

 

- FINE -

 

Scusate, non mi sono dimenticata affatto di questa raccolta, ma il tempo è sempre tiranno (altro che signore).

   
 
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