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Autore: sihu    18/05/2011    8 recensioni
La loro non era mai stata una vita facile, mai.
Fin da quando erano venuti al mondo avevano dovuto fare i conti con la crudeltà delle persone, sperimentando fin da subito l’isolamento e l’abbandono. Per gli altri non erano altro che rifiuti della società, i figli del demonio.
Trovare un motivo per tirare avanti ogni santo giorno, magari sorridendo, non per niente facile. A volte neppure per un tipo vulcanico come Rufy.
Era lui il vero fulcro del trio. Nei momenti peggiori ai due fratelli più grandi bastava guardarlo ridere, ingenuo come quando era bambino, per trovare il coraggio di continuare a sfidare il mondo. Tutto sommato si era sempre trattato di uno scambio piuttosto equo: i due fratelli più grandi insegnavano al piccolo a vivere, lui li faceva ridere e li metteva di buon umore.
Ora però, ogni cosa è andata persa; il trio è distrutto.
Tre uomini sull’orlo del baratro incontrano tre donne destinate ad influenzare le loro vite, sia nel bene che nel male. Riusciranno i tre fratelli a tenere fede alla promessa?
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Monkey D. Rufy, Portuguese D. Ace
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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CAPITOLO 8
ALTRI INCONTRI 

Sei mesi dopo gli eventi di Marineford

Ace uscì dalla locanda decisamente più scosso di quando era arrivato su quell’isola. Lì si aspettava di trovare solo lo spettro del suo vero padre, non certo notizie sul suo fratellino. In lontananza gli pareva quasi di sentire la risata del vecchio che doveva fissarlo allontanarsi dalla porta, trattenuta a stento. Il pirata decise di non farci caso ed iniziò ad incamminarsi con il cappuccio ben calcato a coprire il volto. Aveva parecchio su cui riflettere, possibilmente senza la marina tra i piedi. Era partito insieme a Nojiko senza speranze ed alla ricerca di un nuovo inizio, adesso era deciso a continuare quel viaggio per trovare delle risposte. Rufy era ancora vivo, doveva per forza essere così. Quel pensiero lo mise di buon umore. Ad ogni passo che faceva ne era sempre più convinto. Come pezzi di un intricato puzzle, ogni dettaglio trovava la sua collocazione. Qualcuno dall’alto, forse proprio lo stesso Sabo, aveva deciso di mettersi del suo per frenare l’elenco di catastrofi che avevano colpito la sua vita. Certo, per il vecchio Barbabianca non c’era più niente da fare, ma poteva rimediare a gran parte dei suoi errori facendo si che il suo fratellino realizzasse il suo sogno. Dopo l’imperatore, solo Rufy era degno di ambire ad un obiettivo come il titolo di Re dei Pirati.

Ace vagò per la città come un fantasma, tenendo la testa bassa e fissa sulla strada che aveva di fronte a sé. Non voleva incontrare nessuno, né caotici bambini né boriosi pirati o peggio giovani reclute impazienti di dimostrare il loro valore. Solo quando si fece buio il ragazzo ricordò di dover tornare al porto dove Nojiko probabilmente lo stava aspettando da un sacco di tempo. Non ci mise molto a scorgerla, seduta su una panchina malmessa. Era decisamente irritata, sul punto di andare su tutte le furie. Sorrise appena, senza quasi darlo a vedere. Era davvero identica a Nami.

- Alla buon ora. Non sai proprio cosa sia la puntualità, tu.

Sbottò la ragazza, mascherando con toni offesi la sua preoccupazione. 
Ogni minuto che passava si faceva sempre più largo la paura che Ahanu avesse potuto fare un’altra delle sue pazzie, venendo meno alla parola data.

- Che?

Chiese Ace, alzando la testa sorpreso. 
Nojiko lo fissò, attenta. Sembrava si fosse appena riscosso da un sogno ma era quasi impossibile dire se si trattava o meno di un incubo. Nonostante lo sguardo perso, sembrava stare bene. Doveva avere vagato senza meta per tutto il tempo, perdendosi a ricordare il suo passato. A lei non aveva raccontato nulla, ma era evidente che ci pensava sempre. Una persona che è arrivata a tentare di togliersi la vita non smette di pensare da un giorno all’altro a ciò che lo fa stare male.

- Lascia perdere, allora?

Continuò la ragazza, insofferente. 
Il suo sguardo era ancora fisso sul pirata, più confuso che mai. Ace sentiva di essersi perso qualcosa, ma non riusciva a capire con esattezza di che cosa si trattava.

- Non capisco..

Disse il compagno, guardandosi intorno. 
Non c’era nessun tipo sospetto nei paraggi, eppure Nojiko non faceva che voltarsi da una parte all’altra quasi si aspettasse qualcosa di improvviso e di spiacevole. Il pirata guardò con attenzione, eppure non scorse nessuna bandiera pirata né tanto meno gruppi di marine pronti a catturarli. Qualsiasi cosa preoccupasse la ragazza, doveva essere di altra natura.

- Il viaggio, il log pose e la nave. Ti sei dimenticato di tutto quanto?

Chiese la ragazza, scuotendo la testa. 
Più passava il tempo, più si convinceva che Ahanu era la persona più distratta sulla faccia della terra. Persino Rufy, il buffo capitano della sorella, non era arrivato a raggiungere quei livelli. Nojiko ci pensò su, scettica, poi scosse la testa. Effettivamente forse il ragazzo di gomma era ancora più distratto, tuttavia il suo compagno di avventura veniva subito dopo in quella strana ed assurda lista di sbadati.

- Scusa, avevo la testa altrove.

Mormorò Ace, sospirando. 
Avrebbe voluto condividere i pensieri con la ragazza, ma sarebbe servito solamente a preoccuparla di più. La sua storia lo avrebbe intristito e avrebbe solamente peggiorato l’umore di Nojiko ed i suoi nervi, già abbastanza compromessi dalla misteriosa sparizione della sorella. Nami, come il resto dell’equipaggio di Rufy, infatti, risultava scomparso. Secondo il giornale e le riflessioni del vecchio oste doveva essere successo qualcosa a Sabaody, prima che il ragazzo di gomma prendesse la decisione di raggiungere il fratello maggiore ad Impel Down per cercare di salvarlo. Per Ace quella versione aveva senso, in particolare perché non aveva visto nessuno dei compagni del fratello a Marineford. Questo dettaglio lo aveva preoccupato da subito: quei ragazzi erano troppo affezionati al loro capitano per avergli voltato le spalle, persino davanti ad un’impresa tanto folle. Senza contare le strane alleanze che Rufy aveva stretto ad Impel Down che lo avevano portato a lottare al fianco di Crodile, un uomo che lui stesso aveva contribuito a sbattere al fresco. Se i compagni del fratello fossero stati presenti non avrebbe mai avuto bisogno di fare una cosa tanto assurda e pericolosa.

- Il log pose l’ho trovato, la nave ancora no.

Continuò il ragazzo, concentrandosi sui dettagli tecnici del loro viaggio e lasciando perdere le sue riflessioni. 
Camminare gli aveva schiarito le idee: non avrebbero certo trovato Rufy né tanto meno Nami se non si fossero mossi da lì.

- Questo è un bel problema.

Sbuffò Nojiko, preoccupata. Il suo volto si fece più scuro e preoccupato.

- Possiamo dare un’occhiata domani.

Suggerì Ace, stranito da quell’improvviso cambio di espressione. Lei scosse energicamente la testa e strinse forte i pugni.

- È in arrivo una grossa tempesta. Se non partiamo stasera stessa dovremo aspettare delle settimane.

Spiegò la ragazza, senza nascondere la sua agitazione. 
Era stata Nami ad insegnarle come fare previsioni attendibili. A Nojiko non era mai piaciuto molto, né si era mai dimostrata particolarmente portata, ma aveva sempre fatto di tutto per accontentare la sorella. Non sapeva molto, solo qualche trucco per stupire i suoi concittadini e per badare al suo frutteto. In quel caso, tuttavia, quelle lezioni le erano tornate piuttosto utili. Doveva ricordarsi di ringraziare Nami, non appena l’avesse incontrata.

- Dannazione.

Imprecò Ace tra i denti, una tempesta in quel momento era davvero una grande seccatura. Li avrebbe rallentati e avrebbe reso tutto dannatamente complicato.

- Che si fa?

Chiese la ragazza, sulle spine. 
L’altro ci pensò un po’ su, considerando tutte quante le possibilità a loro disposizione. Alla fine concluse che non avevano molta scelta, dovevano lasciare quel porto il più presto possibile oppure aspettare che la tempesta fosse passata anche se poteva volerci molto tempo.

- Partiamo adesso e speriamo che la nave regga

Disse alla fine, di colpo di pallido. 
Prendere il mare con una bagnarola in quelle condizioni poteva essere pericoloso, ma loro era altrettanto restare sull’isola con una tempesta in atto. La marina avrebbe potuto riconoscerlo, ma loro non sarebbe potuti scappare. Meglio mettersi al sicuro prima, preoccupandosi dell’imbarcazione in un secondo momento. Avrebbero trovato un carpentiere nella Rotta del Grande Blu e lui avrebbe sistemato tutto quanto al meglio. Nojiko annuì, saltando agilmente a bordo della nave. Il ragazzo la seguì, rapito, stupito del fatto che ogni cosa fosse già pronta per la partenza.

- Credevi che fossi rimasta ad aspettarti facendo la calzetta?

Chiese la ragazza, divertita. 
Ace la guardò, pieno di ammirazione. Decisamente Nojiko era una ragazza che sapeva quello che voleva, proprio come Nami. Aveva passato poco tempo con la navigatrice, ma gli era bastato per imparare ad apprezzare fino in fondo le sue qualità. Rufy era davvero fortunato.

La nave si staccò dal porto lentamente, per poi iniziare a prendere velocità. Alle spalle i due ragazzi si lasciavano un cielo scuro che prometteva pioggia, tutte le loro certezze ed un’isola su cui erano rimasti troppo poco. Di fronte a loro il mistero, i sogni ed i loro fratelli. Nessuno dei due aprì bocca, troppo preso a fare progetti per il futuro. Una volta giunti sulla cima della montagna Ace e Nojiko scoprirono che in fondo la nave non era messa poi così male. Certo, i cavalloni erano forti ma lei sembrava reggere abbastanza bene. Le grosse onde la facevano ballare, vibrare e la scuotevano forte, ma non dava segni di cedimento. Pareva quasi che volesse farsi beffe del pirata, inizialmente scettico a portare avanti quel viaggio senza cambiare nave. Imboccata la discesa che li avrebbe condotti dritti nella Rotta del Grande Blu, Nojiko era ormai convinta che nulla sarebbe potuto andare storto. C’è l’avevano fatta. La nave avevano retto e loro avevano finalmente imboccato la rotta del Grande Blu. Le sue speranze, tuttavia, si infransero contro una grossa montagna che sbarrava loro la strada. La nave, già provata dall’esperienza della corrente e della montagna, andò in mille pezzi trascinando con sé Ace e Nojiko. I due sprofondarono sott’acqua, attratti verso il fondo da una forza sovraumana.

La ragazza riemerse subito, il compagno invece stava affondando tra i flutti.

Subito lei si buttò per recuperarlo, intuendo che doveva avere mangiato un frutto del mare, mentre una balena la fissava dispettosa. Quasi fiera del suo scherzo che era costato una nave e che aveva messo in pericolo le loro vite.

- Brutto pesce troppo cresciuto, dovrebbero farti arrosto così impareresti a non distruggere le navi degli altri.

Imprecò Nojiko, trascinandosi insieme al suo compagno verso un promontorio a pochi metri dal luogo dell’impatto. 
Richiamato dalle urla, comparve uno strano vecchietto. Si guardò velocemente intorno, preoccupato, poi scoppiò a ridere.

- Che diamine vuoi, mocciosa?

Chiese l’uomo, palesemente scocciato per l’invasione e le urla ed allo stesso tempo incredibilmente divertito per quella scena che gli si parava sotto gli occhi.

- È tuo questo merluzzo gigante?

Sbraitò Nojiko, furiosa. 
Non solo un mostro sbucato dal nulla aveva fatto a pezzi la loro nave, ora ci si metteva anche un vecchio ad infastidirla. Era meglio se quella specie di nonno con i bermuda stesse lontano da lei. Quello scherzo stava mettendo in pericolo la possibilità di trovare Nami.

- Si tratta di una balena.

Precisò il vecchio, scandendo con cura le parole quasi stesse parlando con qualcuno che non riusciva a capire la sua lingua. 
Nojiko voltò gli occhi al cielo, scocciata.

- È lo stesso, guarda cosa ha fatto. La nave è distrutta ed il mio amico è quasi annegato.

Esclamò la ragazza, indicando i resti della nave che galleggiavano a pelo dell’acqua ed il corpo del compagno ancora privo di sensi.

- Problemi vostri.

Mormorò il vecchio, alzando le spalle. 
La ragazza aprì la bocca per protestare ancora, ma lo sguardo le cadde sulla balena. Quello dipinto sulla sua testa sembrava la bandiera dei Pirati di Cappello di Paglia. Doveva sbagliarsi, era semplicemente assurdo.

- Accidenti, che volo.

Protestò Ace, aprendo con calma un occhio. Le parole del compagno fecero dimenticare alla ragazza della bandiera dipinta sulla testa del cetaceo.

- Stai bene?

Chiese Nojiko, ansiosa. Il ragazzo sorrise, ed annuì. Sembrava tranquillo, quasi quella brutta avventura non fosse successa a lui.

- Si, non ti preoccupare. Maledizione, la nave è distrutta.

Esclamò Ace, non appena lo sguardo gli cadde sul relitto galleggiante.

- Tutta colpa di questo vecchio e del suo tonno!

Sbuffò la ragazza, stizzita, indicando i due.

- Continua ad essere una balena..

Precisò ancora il vecchio. 
Ace si voltò piano, quasi sicuro di avere riconosciuto quella voce. Sorrise appena, senza muoversi. Nessun altro sarebbe potuto vivere in quel posto sperduto, facendo da balia ad una balena da quasi cinquanta anni.

- La vecchia Lovoon è ancora qua, allora.

Disse, voltandosi piano verso il vecchio. 
A Crocus bastò uno sguardo per capire che quello di fronte a lui non era un semplice mozzo ma uno dei più pericolosi pirati in circolazione. Lo stesso che la marina aveva dato per morto, sbagliandosi clamorosamente. Gli gettò una seconda occhiata, poi sorrise. Non sarebbe stato certo lui ad andare a dire alla marina che aveva preso un clamoroso granchio. In fondo quello strano tipo gli era sempre stato simpatico, esattamente come il fratello e la sua ciurma.

- Tu?

Chiese il vecchio Crocus, sorpreso. 
Nojiko guardò con aria interrogativa prima l’uomo, poi il suo compagno. Decisamente non si aspettava che i due si conoscessero e si fossero già incontrati prima. Pensò di fare una domanda, poi si ricordò che Ahanu le aveva raccontato che prima di finire nel suo frutteto faceva il pirata. Probabilmente dovevano essersi incontrati così.

- Proprio così.

Annuì Ace, sperando che al vecchio non venisse in mente di chiamarlo per nome. 
A Nojiko sarebbe venuto un colpo, poi sarebbe stata presa da una crisi isterica ed alla fine avrebbe preso a picchiarlo con violenza. Quella ragazza sapeva essere incredibilmente aggressiva quando voleva.

- Sei vivo allora..

Continuò Crocus, inclinando leggermente la testa. Era curioso, ma anche abbastanza discreto per non fare domande non necessarie.

- Beh si, sono solo caduto in acqua. Il vero problema è la nave.

Rispose Ace, alzando la testa. 
Nojiko intuì che il vecchio forse si era riferito ad altro, ma ancora una volta decise di non fare domande. A lei importava solo di trovare sua sorella, il passato di Ahanu era affar suo. Aveva promesso di non fare domande e non voleva tradire i patti.

- Forse posso fare qualcosa per voi, prendete questa. È piccola ma per due persone va più che bene.

Disse il vecchio, indicando una piccola imbarcazione ormeggiata vicino al faro.

- Avevi detto che non te ne importava nulla..

Protestò Nojiko, mettendo il broncio. 
Quel vecchio era assurdo, non aiutava una ragazza ma dava il suo più totale appoggio ad un pirata. Altro che gentiluomo.

- Solo gli stolti non cambiano mai idea, ragazzina. Prendi questo, non si sai mai.

Aggiunse Crocus, lanciando qualcosa alla coppia di ragazzi.

- Grazie mille..

Mormorò Ace, sorridente.

- Cosa ci ha dato?

Chiese Nojiko, curiosa. 
Non aveva mai visto un aggeggio simile: era del tutto identico ad un log pose, ma tuttavia sembrava avere una funzione diversa. Per prima cosa non si poteva mettere al polso, inoltre aveva una scritta sopra. Probabilmente il nome di un’isola.

- Un eternal pose. Se rimarremo bloccati in qualche isola potremo andarcene.

Spiegò Ace, mettendo l’oggetto nel suo zaino. Avere con sé un eternal pose era una vera e propria manna quando si viaggiava per mare, specie in una rotta come quella del Grande Blu. Chissà, forse sarebbe potuto tornare utile in futuro.

- Fammi capire, questo coso punta solo su di un isola?

Chiese Nojiko, dubbiosa. Ancora non capiva a che cosa poteva servire dato che avevano già un log pose.

- Proprio così.

Annuì Ace, salendo sulla loro nuova nave. La ragazza lo seguì, guardandosi intorno curiosa. Non era particolarmente nuova, eppure era carina.

-Ehi, mocciosi..

Chiamò Crocus, mentre la nave si staccava dall’ormeggio e prendeva lentamente il largo, cullata dalle onde del mare.

- Dicci, vecchio.

Mormorò Ace, senza più guardarlo.

- Scegliete bene..

Disse il dottore, tornando ai suoi affari.

- Che voleva dire?

Chiese Nojiko, mentre la piccola nave prendeva velocità ed i promontori gemelli diventavano poco più grandi di puntini in lontananza.

- Una volta scelta una rotta, non si può cambiare fino all’isola degli uomini pesce.

Spiegò Ace, alzando le spalle. Per lui non era certo una novità, ma sapeva che quell’informazione avrebbe turbato la sua compagna di viaggio.

- Ma allora noi come facciamo a sapere quale ha preso mia sorella?

Chiese la ragazza, improvvisamente più pallida. 
Di fronte a loro si snodavano diverse rotte, ognuna identica all’altra. Si voltò verso il compagno, stupendosi di trovarlo calmo. Ace sorrise appena, senza dire nulla. Lui sapeva con certezza quale rotta avrebbero dovuto prendere, ma non poteva certo dirlo a lei.

- Beh, per prima cosa sappiamo che l’ultimo posto dove è stata avvistata è l’arcipelago Sabaody.

Disse Ace, dopo aver pensato un po’ sopra a cosa poteva dire e cosa era meglio che taceva, almeno per il momento.

- È positivo?

Chiese Nojiko, inclinando appena la testa. Il ragazzo annuì.

- Tutte le rotte conducono lì.

Mormorò Ace, sorridendo. 
A quelle parole la ragazza sembrò tranquillizzarsi almeno un pochino. Dopo tutto almeno uno dei due sapeva quello che stavano facendo e dove dovevano andare.

- Prima sono passati per Water Seven, lì le hanno dato una taglia.

Aggiunse lei, ricordando improvvisamente le proteste dei suoi concittadini alla vista della taglia della Gatta Ladra. Ace sorrise, riflettendo un attimo.

- Allora dobbiamo prendere questa rotta.

Dichiarò Ace, sicuro, sorridendo appena.

- Sai già che isole incontreremo?

Chiese ancora Nojiko, cercando di nascondere la sua ansia. Non vedeva l’ora di raggiungere la sorella ma allo stesso tempo aveva paura dei pericoli che si sarebbero parati sulla loro strada.

- A grandi linee..

Rispose Ace, vago, prima di chiudersi in un strano mutismo. 
L’ultima volta che aveva preso quella rotta era stato quando era sulle tracce di Barbanera. A distanza di mesi ricordava ancora quei luoghi, la voglia di vendetta e la lunga caccia.

Il pirata passò gran parte del tempo da solo, seduto a fissare il mare. Persino se chiudeva gli occhi gli incubi iniziavano a tormentarlo. Alla fine era tornato nel Grande Blu, il luogo dove tutti i suoi problemi avevano avuto inizio. Solo il pensiero che con lui c’era Nojiko riuscì a risollevargli appena il morale.

Dopo qualche giorno di viaggio avvistarono un’isola, ma decisero di non fermarsi. Avevano lasciato Logue Town da poco e non volevano perdere tempo a meno che non fosse strettamente necessario. Quel posto, inoltre, sembrava abbandonato, quasi fosse caduto in rovina. Qualche giorno dopo ne avvistarono un’altra, decisamente più selvaggia della prima. Una volta arrivati nei pressi il log pose si bloccò e loro dovettero per forza di cose scendere a terra per attendere le indicazioni che li avrebbero condotti all’isola successiva.

- Che posto è?

Chiese Nojiko, curiosa. 
Dava l’idea di essere un’isola deserta, una sorta di perfetto paradiso in cui riposarsi se non fosse stato per l’aura misteriosa che la circondava.

- Non ricordo il nome..

Rispose Ace, distratto, guardandosi intorno. 
Non c’era nulla che facesse pensare ad un posto abitato. Non un villaggio, una casa o delle persone. Decisamente, sembrava solo un’isola deserta.

- Dici che siamo in pericolo?

Chiese ancora la ragazza, facendosi seria. 
Era pronta a combattere ed a difendersi nel caso ce ne fosse stato bisogno, eppure non impazziva dalla voglia di farlo.

- Non saprei, facciamo un giro.

Propose Ace, saltando giù dalla nave. 
La ragazzo lo imitò, tranquillizzata dalla sua flemma e dal suo volto rilassato. Camminarono per un po’, in silenzio, poi Nojiko cacciò un urlo.

- Ahanu, quelli sono giganti.

Urlò spaventata, indicando dei tizi enormi che si scorgevano in lontananza. 
Erano decisamente più alti degli alberi ed anche incredibilmente più robusti. Avrebbero tranquillamente potuto stritolare loro e la nave con una mano sola.

- Accidenti, sono enormi.

Esclamò Ace, sorpreso. 
Quel posto non gli sembrava nuovo, eppure non riusciva a ricordarne le particolarità. Doveva esserci qualcosa sotto, doveva solo sforzarsi un po’ di ricordarlo.

- Stanno combattendo?

Chiese Nojiko, stupita. A quelle parole il ragazzo si fece più pallido: aveva capito.

- Poveri noi, ho capito dove siamo finiti.

Disse Ace, sedendosi sulla sabbia.

- Sarebbe?

Chiese Nojiko, sorpresa da quella strana reazione.

- Un’isola preistorica dove due giganti combattono tra loro cento e passa anni.

Sospirò lui, preparandosi alla reazione della compagna.

- Dimmi che ci vuole poco a registrare il magnetismo..

Pregò la ragazza, sperando con tutte le sue forze in una risposta positiva. 
Non voleva stare a lungo in un posto dove due giganteschi uomini se le davano di santa ragione. Nemmeno se non era sola.

- Almeno un anno, se non ricordo male.. forse anche di più..

Sbuffò lui, atterrito. Erano appena partiti eppure il loro viaggio aveva già iniziato a subire dei grossi ritardi.

- Maledizione!

Imprecò Nojiko, pallida. Non poteva certo stare per un anno in un posto del genere mentre Nami poteva avere bisogno di lei.

- Bella seccatura, credo che ci toccherà prendere il sole.

Sospirò Ace, rassegnato all’idea di aspettare qualche tempo.

- Neanche per sogno, usiamo l’eternal pose.

Esclamò la ragazza, ricordandosi del dono del vecchio.

- Brillante! Finalmente una buona idea.

Concordò lui, frugando nello zaino alla ricerca dell’oggetto.

 

Un anno dopo gli eventi di Marineford

Da quando avevano ripreso il viaggio, dopo l’incontro con l’oste, Sabo e Kaja non si erano ancora rivolti la parola. Non per più di qualche secondo, almeno. Lei era risentita per i troppi segreti del rivoluzionario, lui era ancora scosso dalle parole del vecchio oste: in pochi istanti tutto quello che aveva creduto vero era crollato come un castello di carte. Ace e Rufy erano vivi, da qualche parte nel mondo. La marina non lo sapeva e aveva smesso di cercarli. Per lui questo apriva un ampio ventaglio di possibilità. Aveva ancora una possibilità per riscattare tutti i suoi errori prima che fosse tardi. Forse anche Dragon lo sapeva, per questo lo aveva cacciato dalla nave. Il vecchio rivoluzionario voleva che lui trovasse i fratelli e prendesse a navigare con loro, ma come al solito non aveva voluto dirgli nulla. Da quando lo conosceva poteva dire di averlo sentito parlare appena qualche volta, non di più.

Quando la via che conduceva in cima alla montagna cominciò ad apparire di fronte a loro in tutta la sua terribile magnificenza, Kaja tirò Sabo per un braccio. Era pallida e cercava a fatica di trattenere le lacrime ma non voleva darla vinta al compagno di avventure dichiarando apertamente le sue paure. Lui sorrise, le appoggiò un braccio intorno alla vita per rassicurarla poi le sussurrò di chiudersi nella sua cabina. Lei annuì e corse via, lasciando al rivoluzionario il governo della nave. Rimase per un po’ seduta sul letto, fissando i grossi volumi di anatomia e farmacia che aveva portato con sé. Improvvisamente scattò in piedi e volò fuori. Non capitava tutti i giorni di entrare nella rotta del Grande Blu e lei voleva esserci, anche se era pericoloso. Voleva avere qualcosa da raccontare ai suoi figli.

Quando la vide ricomparire, Sabo sorrise. Quella mocciosa era bravissima a cacciarsi nei guai. Una vera maestra, niente da dire in proposito.

Una volta attraversata la montagna, evitata per un soffio la grossa balena e superato il promontorio, Kaja cominciò a protestare ad alta voce.

- Quel vecchio..

Mormorò la ragazza, guardando di sfuggita il vecchio Crocus che prendeva il sole. 
Non aveva fatto una piega quando li aveva visti comparire. Li aveva osservati, quasi ad accertarsi che non conoscesse qualcuno dei due, poi li aveva lasciati andare. C’era qualcosa di familiare nel biondino, ma non abbastanza per poterlo ricollegare ad un nome o ad una faccia come aveva fatto con Ace Pugno di Fuoco qualche tempo prima.

- Che c’è?

Chiese Sabo, sorpreso, voltandosi appena verso il vecchio. 
Era ancora disteso sulla sdraio, nella stessa posizione di poco prima. Era distratto, eppure sorrideva. Lo aveva visto qualche volta quando era passato di lì con i suoi, ma non si era mai fermato a parlare. La prima regola dei Rivoluzionari era muoversi nell’ombra e non dare mai confidenza a nessuno.

- Hai visto bene come ci fissava?

Chiese Kaja, sbuffando stizzita. Sabo scoppiò a ridere, divertito dalla buffa espressione della ragazza.

- Vive solo nel bel mezzo del nulla, è normale che osservi le navi di passaggio.

Sospirò il rivoluzionario, sorridendo. 
La ragazza sembrò pensarci un po’ su, poi alzò le spalle. Il broncio, le discussioni e i lunghi silenzi parvero essere stati spazzati via in un secondo.

- Forse hai ragione.

Ammise lei, pensierosa, scivolando seduta con la schiena appoggiata alla balaustra della nave. 
Era stanca, non dormiva da quando avevano lasciato Logue Town. Da allora si era tormentata a lungo, inseguendo domande a cui solo Sabo poteva rispondere.

- Ripresa dallo spavento?

Chiese Sabo, sorridendo teso. 
Kaja lo scrutò a lungo, prima di rispondere. Per un po’ cadde di nuovo il silenzio, ma non era pesante e fastidioso come prima. Sembrava più un momento di riflessione prima di una discussione importante. La ragazza sapeva bene che dalla risposta che avrebbe dato sarebbero dipese tante cose, forse anche le sorti del loro viaggio insieme.

- Ti riferisci alla montagna o al fatto che sei il fratello di Rufy?

Chiese a sua volta la ragazza. 
Era evidente che nella sua voce ci fosse ironia e rimprovero. La furia cieca e l’odio che aveva percepito nel suo sguardo non appena avevano lasciato la locanda erano scomparsi. Il rivoluzionario sapeva di avere torto, tanto che abbassò la testa. Il momento della verità sarebbe arrivato comunque, tanto vale parlarne subito e sistemare le cose. Nelle settimane che avevano passato insieme aveva iniziato a provare una sincera amicizia per quella ragazzina tanto dolce ed ingenua. Una sorellina piccola da proteggere. Litigare con lei, o peggio non parlarci, era insostenibile.

- Come potevo immaginare che lo avevi incontrato e che lo conoscevi?

Sbuffò lui, sulla difensiva. 
Ogni volta che la ragazza parlava del suo incontro con i Pirati parlava di un gruppo di ragazzini inesperti con un capitano particolare, senza precisare in quale senso. Se al posto di particolare avesse detto di gomma, fuori di testa e precipitoso forse lui avrebbe capito al volo che di trattava di suo fratello Rufy e avrebbero risolto prima quel mistero.

- Ti ho parlato un sacco di volte di Usop!

Esclamò Kaja, infastidita, lanciandogli un’occhiata di fuoco che tradiva tutta la sua insofferenza. 
A quello sguardo il rivoluzionario impallidì appena. Mai fare infuriare una donna dandole l’impressione di non prestarle attenzione.

- Mai sentito nominare.

Ammise Sabo, grattandosi la testa perplesso. 
Non aveva mai sentito di questo ragazzo di cui lei parlava sempre, né aveva visto la sua foto tra gli avvisi di taglia della ciurma di Cappello di Paglia. C’era Zoro, il temibile spadaccino, Robin, la ragazza tanto cara alla rivoluzione e poi altri che non aveva mai sentito nominare tra cui un tipo davvero assurdo che si faceva chiamare Sogeking. Ricordava anche un tipo dai capelli blu, Franky, ed un tenero animaletto, ma nessun altro che corrispondeva alla descrizione che Kaja faceva di quel suo amico cecchino.

- È impossibile, tuo fratello viaggia con lui.

Protestò la ragazza, fissando intensamente il compagno di viaggio sperando che questi ricordasse e gli potesse dare notizie di Usop. 
I giornali non parlavano più di loro da molti mesi, tanti da spingere una ragazza fifona e timida come lei a partire. Non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma era in pena per il suo amico al punto di volersi accertare personalmente che stesse bene. La voglia di avventura e di migliorare come medico in fondo era una scusa. O meglio, erano due buone ragioni, ma non le principali.

- Non vedo Rufy da molti anni, credo che pensi che io sia morto.

Spiegò Sabo alla fine, fissando le assi della nave. 
Sapeva che quella rivelazione avrebbe fatto quasi certamente infuriare ancora di più la ragazza, ma tanto valeva essere sincero. Se mai avessero incontrato Rufy sarebbe stato lui stesso a dirle come stavano le cose. La regola numero due era chiara nella mente del rivoluzionario: mai mentire ad una donna.

- Sei un mostro, allora! Come hai potuto dimenticare di dire a tuo fratello che sei vivo?

Esclamò lei, inorridita da quell’ultima rivelazione. 
A suo parere, la peggiore. Sabo sbuffò, preparandosi ad una discussione che non sarebbe finita tanto presto.

- Anche io credevo che lui fosse morto, siamo pari!

Ribatté lui, deciso a non dare l’ultima parola alla ragazzina. 
Lei non sapeva nulla della loro infanzia, di come erano cresciuti e di cosa voleva dire combattere contro tutti. Lei era cresciuta in una bella casa, con una famiglia perfetta, fino a quando un pazzo era comparso e aveva cercato di farle male. Tuttavia, anche quella volta era stata fortunata ed aveva incontrato ragazzi con la testa sulle spalle pronti ad aiutarla senza pretendere nulla in cambio.

- Sei assurdo, vedi di lasciarmi stare.

Protestò lei, voltando le spalle al rivoluzionario. Lui sospirò, ma la lasciò fare.

Per qualche ore ognuno pensò ai propri affari, cercando di ignorare l’altro. Alla fine, ancora una volta, fu Sabo a cedere.

- Davvero sei ancora arrabbiata con me?

Chiese con una vocina da cane bastonato. 
Ignorare qualcuno su una barca di pochi metri era un’impresa che andava oltre le sue possibilità. In generale, Sabo aveva dei grossi problemi ad ignorare la gente a cui voleva bene.

- Secondo te?

Chiese la ragazza, esasperata. 
Il rivoluzionario sorrise, vittorioso. Riusciva sempre a spuntarla e a fare la pace, anche da piccolo con i suoi fratelli era così. Potevano litigare, arrivare alle mani, non vedersi per ore ma alla fine lo sguardo da cane bastonato rimetteva sempre le cose a posto. Rufy non era mai stato il tipo che si arrabbia davvero, non con un fratello almeno, mentre Ace non era così duro come amava dare a vedere.

- Era sempre la solita testa matta, vero? Non è cambiato?

Chiese lui, sorridendo in modo malinconico senza guardare negli occhi la ragazza. 
Non voleva che lei vedesse i suoi occhi lucidi e quella lacrime di nostalgia trattenute appena.

- Stai parlando di Rufy?

Sorrise Kaja, inclinando appena la testa. Sabo annuì, piano.

- Quando era piccolo si metteva sempre nei guai. Io ed Ace eravamo sempre in pena per lui.

Iniziò a raccontare lui, fissando il mare. 
Il suo tono era malinconico, quasi nostalgico. Lasciava trasparire il bene immenso che doveva volere al fratellino. Gli mancava molto, era evidente. Saperlo vivo lo aveva fatto stare meglio, ma saperlo da solo magari in qualche guaio non gli dava tregua. Prima lo avrebbe raggiunto, meglio sarebbe stato. Ace non gli avrebbe perdonato un altro fallimento, tanto meno Dadan, Garp e tutti gli altri.

- Ace? Non ti riferisci a Pugno di Fuoco, vero?

Chiese Kaja, improvvisamente più pallida. 
Non conosceva bene la triste storia di quel pirata, ma il suo nome le metteva lo stesso paura. Per causa sua la marina aveva scatenato una guerra tremenda, che era costata la vita a molte persone.

- Anche lui è mio fratello.

Spiegò il rivoluzionario, pazientemente. 
La ragazza ascoltava, attenta. Improvvisamente tutto il discorso del vecchio oste aveva senso ed allo stesso tempo il triste passato di Sabo prendeva forma. Ora poteva capire cosa lo aveva condotto ad intrufolarsi in casa sua, cercando solo di dimenticare il suo dolore. Doveva essere tremendo perdere i propri fratelli e ritrovarsi soli al mondo.

- Fammi capire, Rufy ed Ace sono i tuoi fratelli e la marina li crede morti. Per questo sei impazzito ed hai lasciato i rivoluzionari?

Ricapitolò velocemente la ragazza, mettendo insieme tutte le informazioni appena ricevute. 
Sabo annuì, pensieroso, riflettendo su quegli ultimi mesi. Era possibile che il suo dolore gli avesse impedito di vedere tutto in modo razionale, facendo si che non riuscisse ad arrivare da solo a quello che il vecchio oste aveva capito semplicemente guardando il giornale? Tutta quella storia aveva dei tratti assurdi, un po’ come tutto il resto della sua vita.

- Credevo alla versione della marina, ma a quanto pare si sbaglia. Ace è vivo ed allora deve esserlo anche Rufy.

Mormorò lui, sorridendo. 
Saperli vivi non era certo una certezza che si sarebbero incontrati ancora, ma tuttavia lasciava qualche speranza. In fondo il mondo è grande, ma non abbastanza da tenere separati tre fratelli.

- La tua famiglia è assurda.

Concluse la ragazza, pratica.

Sabo aveva sorriso, pensando a quante altre persone avevano detto la stessa frase, poi le aveva raccontato tutta quanta la sua storia. Lei aveva ascoltato, assorta. Sembrava una di quelle storie improbabili che raccontava Usop solo che questa volta era tutto vero.

Dopo qualche ora i due avevano raggiunto il fatidico bivio: di fronte a loro c’erano molte strade da prendere, intorno il mare.

- Sabo?

Chiese Kaja, preoccupata, scuotendo l’amico per un braccio.

- Dimmi..

Mormorò Sabo, distratto, alzando appena lo sguardo verso la ragazza. Era evidente che stava ancora pensando ad Ace e Rufy e a come fare per rintracciarli.

- Come facciamo a decidere?

Chiese la ragazza, confusa, indicando le molteplici vie che si snodavano di fronte a loro.
Ognuno conduceva in isole diverse, ma solo adesso potevano scegliere quale sarebbe stato il loro percorso. Sabo sbuffò, tirandosi su. Si era dimenticato quel particolare del viaggio. La strada che avrebbero preso avrebbe certamente influenzato le possibilità di incontrare ancora i suoi fratelli.

- Non lo so. Ace è passato di qui sei mesi fa, credo che dovremmo cercare di seguire lui.

Rispose il rivoluzionario. 
Prendendo la stessa strada di Ace avevano qualche possibilità di incontrarlo. Molte di più rispetto a quante ne avevano di incontrare Rufy e la sua ciurma. Loro erano passati di lì molto tempo prima e dovevano essere da qualche parte nei pressi dell’isola Sabaody. Lì la marina li aveva avvistati l’ultima volta, nei pressi della casa d’asta. Subito dopo doveva essere successo qualcosa che li aveva divisi, e Rufy era corso al quartiere generale della marina. Il resto era un mistero.

- Potrebbe avere preso qualsiasi strada.

Sospirò Kaja, esasperata, guardandosi intorno. Non avevano nessuna certezza, potevano solo basarsi sul calcolo delle probabilità.

- Lo so, dannazione.

Sbuffò Sabo, alzando gli occhi al cielo imprecando silenziosamente. La situazione sembrava bloccata.

- Rufy, invece?

Chiese la ragazza, cercando di ragionare con calma. Il compagno ci pensò un po’ su, meditando in silenzio.

- È stato avvistato a Sabaody prima di sparire. Tutte le rotte convergono in quel punto prima di passare nel Nuovo Mondo.

Disse lui alla fine, sospirando. 
Quella situazione era decisamente intricata. Sembrava non ci fosse modo di uscirne se non prendendo una strada a caso. Sicuramente i suoi fratelli dovevano avere fatto così.

- Dobbiamo pensare come se fossimo Ace. Avanti, devi provare.

Concluse Kaja, scuotendo la testa. 
Sabo sbuffò, poco convinto, ma decise di provarci. Ace doveva essere passato di lì pochi mesi prima ed aveva appena scoperto che Rufy era vivo. Probabilmente anche lui doveva essersi fermato a lungo in quel punto, valutando bene dove andare.

- Ace avrà sicuramente cercato di prendere la stessa strada di Rufy.

Esclamò Sabo, sicuro. 
Conosceva Ace: non si sarebbe dato per vinto e avrebbe continuato a cercare il fratellino in capo al mondo. Doveva fare lo stesso, seguendo le tracce di Rufy avrebbe trovato anche Ace.

- Facciamo lo stesso, allora.

Disse la ragazza, sicura. 
Trovare Rufy era il primo passo per trovare anche gli altri, in particolare Usop. Sapeva che era ancora insieme a loro, anche se adesso si faceva chiamare Sogeking.

- Come? Noi non sappiamo che strada aveva preso Rufy insieme alla sua ciurma.

Protestò il compagno, esasperato. La situazione alla fine si era sbloccata, ma avevano lo stesso pochi elementi per capire quale direzione prendere.

- Il giornale spesso parlava di loro. Se solo mi ricordassi i nomi delle isole..

Sussurrò Kaja, stizzita. Possibile che di tutti quei nomi che l’avevano a lungo perseguitata non ne ricordasse neppure uno?

- Devi riuscirci. Ti prego, Kaja..

Implorò Sabo, con gli occhi sgranati. La possibilità di rivedere i suoi fratelli era completamente nelle mani di quella ragazza e nella sua memoria.

- Seven qualcosa, credo. E anche il regno di Ala-qualcosa.. è possibile?

Chiese Kaja, insicura. Sabo annuì, sorridendo. Era fatta.

- Certo, Water Seven ed il Regno di Alabasta. È quella, ne sono sicuro.

Esclamò il rivoluzionario, entusiasta. Finalmente avevano una pista da seguire.

- Allora forza, avanti tutta.

Urlò l’apprendista medico, al settimo cielo. Il suo amico Usop era sempre più vicino.

Due anni dopo gli eventi di Marineford.

Una volta conclusi i discorsi strappalacrime e finita la colazione, la ciurma decise che era arrivato il momento di muoversi. Erano scesi a terra per esplorare la grotta e non potevano certo restarsene con le mani in mano. Tra una cosa e l’altra avevano perso già abbastanza tempo in chiacchiere.

- Che si fa?

Chiese Brook, guardandosi intorno con circospezione. 
Il luogo in cui si trovavano era certamente spettacolare. Un susseguirsi continuo di tunnel, strade d’acqua ed ampie volte che conduceva sempre più in profondità.

- Esploriamo questo posto, avanti.

Esclamò Rufy, sicuro, iniziando a farsi strada verso l’interno.

Sicuramente quella grotta doveva essere il rifugio di qualcuno. Riusciva ad avvertire chiaramente la presenza di un bel po’ di persone, quasi sicuramente innocue. I compagni lo guardarono allontanarsi, sorridendo. Alla fine il capitano era tornato ad essere lo stesso ragazzo incosciente e spensierato di sempre. Anche se poteva sembrare paradossale, era una bella notizia. Meglio un compagno che ti mette sempre nei guai piuttosto che uno prudente e noioso. In fondo loro erano partiti in cerca di avventura, non per fare una crociera per pensionati.

- Il solito imprudente.

Sbuffò Franky, mentre insieme ai compagni era stato costretto a iniziare a correre per seguire il capitano.

Il gruppo procedette velocemente per qualche centinaia di metri, fino a che il cunicolo in cui stavano camminando si aprì improvvisamente, diventando un ampio spiazzo di terra brulla illuminato da una solitaria fessura sulla parete più alta, sopra le loro teste. Rufy si fermò improvvisamente, scrutando i dintorni. Non riusciva a vedere nulla, ma sentiva che di fronte a loro c’era qualcosa o forse qualcuno.

- Guardate.

Mormorò Usop, fermandosi all’improvviso ed indicando un punto nell’oscurità.

- Cosa, cosa, cosa?

Chiese Rufy, frenetico. 
Non riusciva quasi a stare fermo. Era agitato e preoccupato per i compagni, ma anche parecchio curioso.

- Laggiù sembra ci sia un villaggio.

Continuò il cecchino, cercando di mettere meglio a fuoco l’immagine. 
Si vedeva l’ombra di una casa, dalla quale usciva persino del fumo. Intorno di vedevano altre ombre, più lontane.

- Nelle profondità di una grotta?

Chiese Zoro, perplesso, guardandosi intorno. 
Solo qualcuno che aveva la necessità di nascondersi e passare inosservato avrebbe scelto un posto del genere dove vivere. Forse dei banditi, dei pirati pericolosi o forse dei rivoluzionari. Di chiunque si trattasse, ad ogni modo, era meglio stare all’erta. Sfiorò appena il fodero della spada, poi decise di non sguainarla.

- In effetti è strano..

Concordò Sanji, inclinando appena la testa. 
Si accese una sigaretta, pensieroso. Qualcosa non gli tornava, ma non riusciva a capire con esattezza di cosa si trattasse.

- Stiamo in guardia.

Borbottò Chopper, prudente, dando voce al pensiero di tutti. 
Persino Rufy annuì, distratto. Va bene cercare l’avventura, ma non avrebbe permesso che venisse fatto del male ai suoi compagni.

- Sapete che mi sono mancate davvero tanto queste parole?

Chiese Nami, sorridendo. 
Le parole della ragazza ebbero il potere di sdrammatizzare quella situazione. Sul viso di Rufy si allargò un sorriso altrettanto grande, ma il capitano non disse nulla. Finalmente si sentiva di nuovo a casa.

La ciurma fece qualche passo, questa volta procedendo con prudenza. Zoro teneva la mano destra sul fodero di una delle sue tre spade, pronto a sfoderarla all’occorrenza. Sanji fumava tranquillo, con le mani in tasca, ma era altrettanto pronto al combattimento. Rufy procedeva senza dire nulla, concentrato. Le case davanti a loro dovevano essere tutte disabitate, tranne una. Riusciva a percepire la forza vitale di una sola persona. Non sembrava pericolosa, ma voleva lo stesso vedere di chi si trattava. Nessuno sano di mente si sarebbe mai ritirato a vivere in un posto come quello.

- Una casa?

Esclamò Franky, perplesso, voltandosi verso i compagni. 
I ragazzi alzarono le spalle, senza commentare. Solo Chopper sembrava sull’attenti.

- Sentite anche voi?

Chiese la piccola renna, sforzandosi di sentire meglio il debole rumore che si avvertiva in lontananza.

- A dire il vero no..

Mormorò Brook, confuso. 
Subito il gruppo si mise in ascolto, rapido. Nessuno riusciva a percepire nulla, se non una leggera brezza ed il rumore dell’acqua che entrava nella grotta.

- C’è qualcuno che sta male.

Annuì Robin, facendo comparire qualche orecchia in più per riuscire a sentire meglio. 
Rufy ascoltò meglio, e percepì qualcosa. I due amici avevano ragione. Zoro annuì appena, scettico. Era evidente che lo spadaccino ritenesse quella situazione assurda una trappola.

- Esatto, qualcuno tossisce. Potrebbe avere bisogno di un medico.

Disse Chopper, sicuro, dirigendosi verso la piccola casa.

- Aspetta, potrebbe essere pericoloso.

Urlò Usop, preoccupato, fermando l’amico e trattenendolo per lo zaino. 
Chopper si voltò, fissando il volto del cecchino. Non era spaventato come al solito, eppure teneva tra le mani la sua fionda, pronto al combattimento. Quei due anni di allenamento lo avevano davvero fatto diventare una persona diversa. Alla fine era cresciuto anche lui.

- Già, forse è una trappola.

Concordò Nami, annuendo decisa. 
Li attiravano nella casa con la scusa di un malato, poi saltavano loro addosso e li catturavano. Si trattava di un copione vecchio, già visto molte volte in diverse situazioni. Il medico ignorò i commenti dei due ragazzi ed entrò lo stesso, seguito dagli altri. Trappola o meno, doveva fare il suo dovere di medico. Se all’interno avessero trovato dei nemici avrebbero fatto come tutte le altre volte. Li avrebbero fermati con le cattive.

- Una vecchia signora?

Esclamò Robin, entrando nella stanza. 
Era piuttosto piccola e cupa per via della mancanza di luce naturale, ma la cura con cui era arredata faceva dimenticare che era una casa costruita in una grotta.

- Ecco la vostra trappola..

Mormorò Zoro, quasi divertito. 
Chopper ignorò i commenti dello spadaccino e si precipitò al capezzale dell’anziana signora. Sembrava ridotta piuttosto male, tanto che non si era nemmeno accorta dei nuovi arrivati.

- Signora, non si sente bene?

Chiese la piccola renna, prendendo le sue mani. 
Finalmente lei aprì gli occhi, studiando intensamente Chopper. Robin la scrutò con attenzione, confusa. In quello sguardo provato dalla malattia brillava una luce strana, forse pericolosa.

- Vi manda mio figlio?

Chiese a sua volta la donna, speranzosa e guardinga. 
Anche lei sembrava preparata ad un attacco, o forse ad una trappola.

- A dire il vero no..

Borbottò Usop, perplesso, scuotendo la testa. 
Il sorriso della donna si spense, lasciando al suo posto un’espressione pensierosa.

- Possiamo fare qualcosa per lei?

Chiese Nami, guardandosi meglio intorno per capire dove erano finiti. 
Nulla faceva pensare alla casa di pericolosi criminali. C’erano solamente tante foto ed un’infinità di soprammobili di varie dimensioni e fattura. Insomma, tutto ciò che normalmente si trova nella casa di una vecchia signora di una certa età. Nulla di più.

- Chopper è un dottore.

Spiegò Rufy, sorridendo, indicando l’amico. 
Anche lui aveva percepito qualcosa di strano, ma aveva deciso di non farci caso. Una donna rinchiusa in un letto non poteva certo fare loro del male. Se fosse arrivato qualcun altro, avrebbero pensato al da farsi. Il piano restava lo stesso: aiutavano la vecchia signora, se qualcuno poi li avesse attaccati allora si sarebbero difesi.

- Come siete cari, dei veri angeli. Questa tosse non mi da tregua. È tutta colpa di quei mostri con le pinne.

Rispose la vecchia signora, cercando di mettersi a sedere per riuscire a guardare i suoi ospiti negli occhi. 
Era evidente che voleva capire chi erano prima di fidarsi davvero di loro. In fondo non si poteva darle torto.

- Gli uomini pesce?

Chiese Robin, perplessa. Lei annuì, mentre i suoi occhi prendevano a brillare di rabbia.

- Dannati, avvelenano la nostra acqua ed il nostro cibo per ucciderci.

Continuò lei, agitando le braccia. 
Un colpo di tosse più forte degli altri la costrinse a sdraiarsi di nuovo, mentre Chopper si affrettava a fare qualcosa per lei. Improvvisamente lo sguardo della renna cadde sul comodino.

- Guarda Rufy, quelle sono medicine. Qualcuno deve averla visitata..

Esclamò la piccola renna, perplessa, indicando una fila ordinata di boccette e di pillole. 
Il capitano si voltò, perplesso. Non sembrava esserci nessun altro nei pressi, certamente non un medico, doveva per forza essere passato un altro straniero o qualcosa del genere.

- Si ragazzo, sono stati gli angeli.

Sussurrò la donna, con un’espressione sognante.

- Prego?

Chiese Sanji, perplesso. La signora annuì, decisa.

- Gli angeli mi hanno salvato la vita. L’ho detto anche a mio figlio.

Continuò la donna, sicura di quel che diceva. 
Usop stava per ribattere, ma il rumore della porta che si apriva con violenza lo fece sobbalzare.

- Chi diamine siete?

Esclamò un uomo, visibilmente fuori di sé. 
Rufy scattò sull’attenti, senza intervenire. Zoro e Sanji fecero lo stesso, mentre i compagni misero mano alle loro armi senza dare nell’occhio.

- Sono amici degli angeli, lo so io.

Disse la donna, decisa. 
L’uomo la guardò appena, poi tornò a fissare con astio i nuovi arrivati. Robin dedusse che doveva essere il figlio della donna.

- Abbiamo sentito tossire, pensavano che la signora avesse bisogno.

Spiegò Rufy, tranquillo. 
Non era un tipo pericoloso, era solo spaventato. Non valeva la pena colpirlo con l’Haky dato che non costituiva una minaccia per i suoi compagni.

- Io sono un dottore.

Aggiunse Chopper, portandosi al fianco del suo capitano. 
L’uomo fissò i due ragazzi e poi anche i loro compagni e si lasciò cadere su una sedia, con una mano a coprirgli il volto.

- Scusatemi, qui non ci fidiamo di nessuno. Siamo abituati a difenderci da tutti.

Borbottò a mezza voce, imbarazzato e stupito che un gruppo di stranieri di fosse interessato alle sorti della sua anziana madre.

- Sta male, dovrebbe portarla in ospedale.

Esclamò Chopper, indicando la vecchia signora che aveva preso a parlare da sola.

- Non posso portarla sulla terra ferma.

Sospirò il ragazzo, tormentato, scuotendo appena la testa.

- Possiamo darvi un passaggio noi.

Propose Franky, voltandosi verso il capitano. 
Rufy annuì, sicuro. Tornare a Sabaody avrebbe voluto dire affrontare ancora la marina, ma valeva la pena farlo per aiutare la donna.

- La marina ed il governo ci cercano, non ci danno scampo. Ci sbatterebbero tutti al fresco, magari ad Impel Down.

Sussurrò l’uomo, con un filo di voce. 
Nelle sue parole era racchiusa tutta la silenziosa disperazione di un figlio che vede la propria madre peggiorare senza poter fare nulla di concreto per aiutarla.

- Non credo..

Borbottò Rufy a mezza voce, abbassando la testa. Solo Nami, la più vicina al capitano, sentì quelle parole ma non fece commenti.

- Siete qui per scappare dal governo, allora.

Concluse Robin, cercando di capire perché quelle persone si nascondevano sul fondo del mare. 
Sicuramente doveva esserci sotto qualcosa, solo che non riuscivano a capire di cosa si trattava. Dovevano stare attenti oppure si sarebbero fatti trascinare in una storia più grande di loro come al solito.

- Si, è così. Abbiamo creato questa colonia ma gli uomini pesce non hanno gradito.

Cominciò a raccontare lui, scuotendo la testa.

- È terribile, vi attaccano da tutti i fronti.

Esclamò Sanji, incredulo.

- Che ci dici di questi angeli?

Chiese Nami, incuriosita dal discorso della donna. 
Fin da quando la donna li aveva nominati aveva avuto la sensazione che si trattasse di un dettaglio importante. Il ragazzo alzò appena la testa e sorrise.

- Si tratta di due stranieri, due biondini. Sono passati qualche settimana fa. La ragazza era un dottore e ci ha aiutati. Dopo hanno proseguito il loro viaggio. Non erano di tante parole ma credo cercassero qualcuno.

Raccontò, ricordando i due strani tizi che lo avevano aiutato con sua madre. 
Se non fosse stato per loro forse non avrebbe passato nemmeno la prima notte.

- Con quelle medicine guarirà presto.

Esclamò Chopper, sicuro. Chiunque fosse stato a prescriverle, doveva essere un bravo medico. Sapeva quello che faceva.

- È la migliore notizia che ho da giorni, ma ditemi di voi..

Mormorò l’uomo, inclinando appena la testa. Il suo viso era meno pallido, e lui sorrideva. Sembrava quasi divertito.

- Perché? 

Chiese Zoro, intuendo che il discorso stava per finire in un tema pericoloso.

- Dovreste essere morti, tutti quanti.

Rispose l’uomo, sorridendo appena. 
Non sembrava spaventato, solo incredibilmente divertito. Indicò un giornale, poco lontano, che parlava della fine della ciurma di cappello di paglia. Doveva essere di qualche tempo prima, ma era sorprendente che fosse arrivato fino nelle profondità del mare.

- Sai parecchie cose per essere bloccato in una grotta..

Commentò Rufy, fissando prima il giornale e poi lui. 
Per un po’ cadde il silenzio, poi l’uomo parlò ancora, ignorando l’occhiata attenta del ragazzo di gomma.

 - Se voi siete vivi, allora vuole dire che la marina ha mentito su tante cose nel corso della passata guerra..

Mormorò, senza nascondere il suo divertimento.

- Che vuoi dire?

Chiese Nami, incredula e quasi spaventata. 
Quell’uomo sapeva molte cose, troppe per essere davvero innocuo. Per prima cosa li aveva riconosciuti, e questo era certamente un male. La sua espressione, poi, era tutto tranne che ingenua.

- Lascia perdere. Piuttosto, conoscete i pirati che sono arrivati qualche giorno fa?

Chiese l’uomo, facendosi più scuro in volto. Rufy non disse nulla, era perplesso.

- Non saprei, noi siamo tutti qua.. Non ci sono altri..

Disse Usop, preoccupato. Se c’erano altri pirati su quell’isola potevano essere nemici. In quel caso alla fine avrebbero dovuto combattere, come sempre.

- C’è un sottomarino ancorato da qualche parte, con una bandiera pirata. lo hanno visto in parecchi ormai.

Spiegò il ragazzo, giocherellando con una tenda.

- Chi mai andrebbe in giro con un sottomarino? Voglio dire.. è folle!

Esclamò Sanji, scuotendo la testa perplesso. Nessuno pirata sano di mente avrebbe mai fatto una scelta del genere. Era semplicemente assurdo.

- Trafalgar Law. Voglio incontrarlo!

Urlò Rufy, lasciando la stanza come una furia.

ANGOLO DELL'AUTRICE
per prima cosa, grazie della pazienza. negli ultimi tempi ho avuto qualche problema e non trovavo mai abbastanza tempo per aggiornare! grazie per continuare a leggere la mia storia nonostante questo.
TRE 88: grazie mille!!! beh, due anni non possono cambiare fino in fondo una persona. al massimo possono smussare qualche lato del carattere. che la grotta sia misteriosa è certo, aspetta di vedere chi la abita!
NIKI96: grazie mille!!! la depressione di Rufy è passata, il problema è che adesso si è rassegnato all'idea di avere perso i suoi fratelli. come la potrebbe prendere se mai scoprirà che sono vivi?
KURUCCHA: grazie mille!!! il discorso tra uomini ci stava, dai. adesso che è tornata la pace la ciurma è pronta a cacciarsi di nuovo nei guai. robin non conosce veramente sabo, ne ha sentito parlare e lo ha intravisto appena.
GOL D ANN: grazie mille!!! per l'incontro dovrai portare pazienza, in fondo quello è il finale.. no?
HINA_SMACK: grazie mille!!! che Sabo sia davvero vivo è una bella notizia, su Ace però ho dei dubbi anche se la speranza resta l'ultima a morire. ad ogni modo, grazie per il commento. mi ha fatto moltissimo piacere!

  
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