FOR
REMEMBER THAT BASTARD
-SE
RIENTRI IN CASA SENZA QUEI SOLDI SEI
MORTO!!!!-
Marshall
fu sbattuto fuori dalla portiera della
macchina, senza alcuna pietà. Il patrigno gli
buttò addosso la felpa (che,
grazie a Dio, aveva dentro la tasca il portafoglio) e se ne
andò a casa.
Marshall
ripensò alla canzone di Jovanotti, ‘Le
tasche piene di sassi’. Si mise l’IPod nelle
orecchie e la risentì.
Sono
solo stasera senza di te
Mi
hai lasciato da solo davanti a scuola
Mi
vien da piangere
Arriva
subito
Mi
riconosci, ho le scarpe piene di passi
la
faccia piena di schiaffi
il
cuore pieno di battiti
e
gli occhi pieni di te.
-Buffo,
come nella vita avvengono certe
situazioni. Era meglio che me ne stavo da Toni- riflettè
Marshall ad alta voce.
Si
cacciò le mani in tasca, si mise la borsa a
tracolla e partì verso il punto previsto con
l’Innominato.
Ma
spieghiamo la situazione: Marshall era
costretto dal patrigno a spacciare cocaina.
Lui si prendeva il 30% del totale e portava la droga agli
Innominati.
Come nel romanzo del Manzoni, ma in quel caso l’Innominato
era il drogato di
turno.
Perché
lo faceva? Semplicissimo. Perché era
ricattato: se lui si fosse rifiutato di fare il lavoro sporco, il
patrigno
avrebbe picchiato la madre e il fratellino.
Inoltre,
l’avrebbe denunciato per spaccio.
Insomma, una vera situazione di merda.
Ecco
cosa pensava Marshall da mattina a sera:
cazzo che vita di merda. L’unico raggio di sole nella
giornata, erano la madre
e Victor, suo fratello.
Adorava poter giocare con lui, vedere la madre felice mentre lo portava
sulle
spalle. Ovviamente, quando il patrigno non c’era.
Marshall
aveva provato a dirlo anche alla
polizia, ma quelli, appena sentito il nome del patrigno (Orlando Doni),
avevano
mollato e aveva riso. Così Marshall aveva lasciato perdere.
Erano
ormai le cinque del pomeriggio. Era quasi
arrivato al punto previsto: un bar piccolo, fumoso, dove
c’era ogni specie di
micro criminale in circolazione.
Arrivò
anche l’Innominato, un uomo alto,
grassoccio e sudato. Marshall lo guardò e allungò
la cartellina. Lui, in
cambio, diede una busta bianca.
‘Che
fantasia’ pensò Marshall. Orlando non
consegnava mai in una busta comune: pretendeva ogni volta un metodo
diverso,
per non farsi scoprire. Poi, i clienti bruciavano la busta, o il
sacchetto, o
il mezzo dove era la droga.
Marshall
contò i soldi in bagno. 790$.
Perfetti. Tolse i 90 e se li mise in tasca.
Dopotutto, Orlando non faceva nulla, no? Quindi, poteva dire il prezzo
che gli
pareva con i clienti vecchi. Con quelli nuovi, non ancora fatti, era
meglio
aspettare.
Uscì
dal locale e fece per tornare a casa. Non
era mai stato in quelle vie. Dopotutto, New York era davvero grande.
Si
ritrovò a girare un po’, poi cominciò a
seguire una via. Alla fine, c’era un grande parco silenzioso.
Ebbe
uno spiacevole senso di deja vù: in quel parco
ci andava con papà, da piccolo. Tutti insieme. Stavano a
giocare a palla, a
carte, o semplicemente a parlare.
Poi,
papà era morto nell’incidente in montagna.
E tutto era cambiato: non erano più andati al parco. Non
avevano più giocato tutti
insieme, la mamma
era diventata più
taciturna.
Inoltre,
nella parte opposta del parco,
Marshall era stato abbandonato davanti alla scuola media. Il suo
patrigno gli
aveva detto che non gli voleva veramente bene e che lo sopportava solo
per via
della madre.
Poi, l’aveva lasciato al suo destino davanti
all’edificio grigio e freddo.
Senza nessuno su cui contare.
Proprio
come nella canzone di Jovanotti di
prima.
Mi
hai lasciato da solo davanti al cielo
E
non so leggere
Vienimi
a prendere
Marshall
aveva ormai 15 anni, ma era un uomo da
quando ne aveva 8.
Era cresciuto,
diventato un bel ragazzo
alto, occhi grigi e capelli castani ricci. Aveva avuto denaro, affetto
dalla
madre e dal fratello, possibilità.
Ma
gli mancava il vuoto che aveva lasciato il
padre, che ormai era diventato un baratro. Non aveva mai avuto una
figura
maschile nella famiglia, ma non contava il patrigno, dal quale non ne
avrebbe
tratto nulla di buono.
Gli
mancavano le mani del padre, che gli
scompigliavano i capelli, che gli battevano il cinque quando faceva
punto a
basket. Quelle mani, che in punto di morte gli avevano affidato la
madre e il
fratellino.
Marshall
si mise a piangere. Non voleva
piangere, ma le lacrime scesero prima che lui potesse fermarle.
In
quel momento, il suo migliore amico, Toni,
gli passò accanto con la moto.
-Dio Marshall, ho sentito che è successo, vieni da me per un
po’ ok?-
Marshall
cercò di sorridere, ma gi venne fuori
solo un sorriso stanco e falso.
Toni scese di moto e lo abbracciò con impulsività.
-Dai
amico che ne esci, te ne esci sempre. Non
voglio vederti così per quel pezzo di merda-. Disse questa
frase con un tono
così strano che Marshall rise, una risata che sapeva di
pianto.
Poi,
salì sulla moto dell’amico e , appena allacciato
il casco, si disse che quella sera avrebbe denunciato il patrigno per
sfruttamento di minore.
Dieci
giorni dopo
-Questa
Corte condanna l’imputato Orlando Doni
a 50 anni di carcere per spaccio, per maltrattamento di minori e per
tentato
omicidio-.
Marshall
si alzò e Toni, con il corpo stretto
in un completo nero, gli venne incontro insieme alla madre e a Victor.
Il
processo era andato bene. Avevano
anche
ricevuto il 75% delle proprietà del Doni, che avevano messo
sul conto in banca
della madre.
Peccato
che la cicatrice da coltello sull’occhio
di Marshall non
sarebbe mai potuta
sparire.
Ma
questo, pensò Marshall, è un prezzo che devo
pagare. Io volevo solo la salvezza, e l’ho avuta.
Note
dell’autore
Ed
eccomi qua .... che dire? Questa storia è
VERAMENTE poco realistica. Ma non mi dispiace .... un grazie a Annie_Shady per la recensione, molto
gradita .... aspetto commenti!!
HG