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Autore: Tati Saetre    25/05/2011    10 recensioni
Tratto dal primo capitolo:
“Se sei così sicura perché ogni venerdì ti ostini ad andare a cena in quel Pub?”... “Per l’ottima cucina!” Angela sorrise, lisciandosi la coda che si era fatta in basso a destra.
A chi volevo darla a bere? Tutti sapevano – e quel tutti includeva me ed Angela -, che ogni venerdì andavo in quel Pub per vedere lui.
Era stato una specie di colpo di fulmine, proprio dritto al cuore.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un solo giorno di ritardo… mi perdonate, vero?
Questo è un capitolo di transizione, che non mi piace per niente. E no, non venite a dirmi che è scritto bene perché non lo è. Ne sono pienamente convinta .-.
Vi lascio a questa schifezzuola, ci vediamo giù :D
 
_____
 
 
Sesto Capitolo – Preoccuparsi per Isabella
 
Edward
 
Guardai Alice, sbuffando sonoramente
Ero tornato alle sei, dopo aver passato il pomeriggio con Tanya. Ora dovevo solo farmi una doccia, vestirmi e andare al Pub.
E mia sorella da quando ero entrato nella doccia aveva iniziato a farmi la predica.
“Avete passato l’intera mattinata insieme! Lo sai quanto mi sono preoccupata quando non l’ho vista, a scuola? E tu non rispondevi neanche ai messaggi. E poi che vengo a sapere? Che l’hai baciata! Cavolo, Edward! Hai baciato Isabella e poi le hai detto che passavi il pomeriggio da Tanya!”
Cercai di darmi un po’ di contegno, anche se sapevo che Alice non poteva vedermi. Le pareti della doccia erano totalmente appannate.
“Non so perché l’ho baciata, va bene?” Ammisi infine, posando la mia saponetta.
Ed era vero: io non sapevo per quale oscuro motivo avevo baciato Isabella Swan. E poi… quanto mi era piaciuto? Troppo.
Ero un perfetto idiota, ecco.
E oltretutto, avevo passato il pomeriggio con Tanya. Che non aveva fatto altro che parlarmi di moda, e di tutto quello che aveva fatto la mattina a scuola. Bene, neanche avevamo combinato niente.
“Non ne fai una giusta, lo sai? Chissà lei cosa avrà pensato!”
Presi l’asciugamano, l’avvolsi intorno alla mia vita ed uscii da doccia.
“Cosa? Isabella non è proprio il tipo di persona che si fa tutti i film mentali che ti fai tu Alice! Per lei quel bacio non è stato nulla. E poi mi ha anche detto che il pomeriggio sarebbe andata da Jacob.”
Ennesima cosa che non riuscivo a digerire. Quando mi aveva detto di Jake, ero sbottato con la storia di Tanya.
Mia sorella mi tirò uno scappellotto in testa.
“Sei un idiota, Edward Cullen! Come fai ad essere mio fratello? Se ieri Bella ha respinto Jake, come puoi minimamente immaginare che oggi è andata da lui se non per chiedergli scusa?”
Beh, il suo discorso non faceva una piega. Non ci eravamo detti molto, ma quel poco di cui avevamo parlato non si era mai presentata la questione Jake.
“Non dirmi che le hai detto di Tanya dopo che lei ti ha detto di Jacob.”
Abbassai lo sguardo, fingendo di trafficare con il mobiletto bianco. “Come non detto.” Alice mi lanciò un’occhiataccia, uscendo dal mio personalissimo bagno. Bene, aveva invaso anche troppo il mio spazio.
“Ah, Edward!” Appunto… “Cerca di farti più bello del solito.”
Arcuai un sopracciglio. Cosa diamine voleva dire?
“Stasera papà mi ha dato la serata libera. Sia a me che a Jasper. E sai perché? Hanno preso una nuova cameriera. Stasera Isabella ti terrà compagnia!” Il deodorante che avevo in mano mi scivolò per terra, mentre la risata ilare di Alice si allontanava dalla stanza.
Merda!
 
“Tesoro”, mia mamma si avvicinò, odorando il colletto della mia camicia. “Non ti sarai messo troppo profumo?” Chiese innocentemente, infilzando un pezzo di carne nella forchetta.
Erano le diciannove e trenta, ed eravamo tutti a cena. Ormai era sempre così, da quando era iniziato il lavoro al Pub.
Alice nascose un risolino dietro al suo bicchiere, colmo d’acqua.
“Come al solito, mamma.”
Sarà.” Avrei voluto uccidere mia sorella, in quel preciso istante. Non poteva starsene zitta nel suo angoletto, dove i suoi unici pensieri erano lei e Jasper e Jasper e lei?
L’ammonii con lo sguardo, chiedendole gentilmente di starsene zitta.
“Beh, ragazzi! Non siete felici che Isabella lavorerà con noi? Così avrete molte più serate libere.”
“E’ meraviglioso!” Ennesimo commento di mia sorella, che mi lanciò un’occhiata maliziosa.
No, l’avrei uccisa. Prima o poi, l’avrei fatto.
“Sì, niente male.” Ecco invece il mio commento.
“Quella ragazza è fantastica. Mi è sempre piaciuta.” Disse mio padre.
“Anche a me. Edward, perché non inizi ad uscire con Isabella? Se non sbaglio è molto amica di Jacob, inizia-” Bloccai sul nascere le parole di mia madre.
“Papà, la mia Volvo?” Alice rise di nuovo, e questa volta catturò l’attenzione di tutti. Fortunatamente i miei non le diedero corda.
“Ho parlato oggi con Marcus. Un’altra settimana e sarà pronta.”
Una settimana.
Una settimana senza la mia amata macchina.
Una settimana nella quale Isabella Swan doveva accompagnarmi a scuola. Tutte le mattine, per una settimana.
“Edward, lo sai che a me puoi dire tutto, vero?” Se ne uscì mia madre, dopo qualche minuto di silenzio.
“E’ successo qualcosa?” Domandò papà, con un cipiglio curioso. La sua espressione era lo specchio della mia e di quella di Alice.
“Perché stamani non sei andato a scuola?”
Perché io ogni volta che mi venivano comunicate notizie shock dovevo bere?
No, perché sputai tutto dentro il bicchiere.
“E’ colpa mia, mamma.” Alice mi stupì, mentre guardava i nostri genitori con lo sguardo imbarazzato.
“Come?” Invece papà sembrava molto arrabbiato.
Sapevo che quando volevo saltare le lezioni bastava che glie lo dicessi, e lui non mi mandava a scuola. Non gli avevo mai creato problemi.
“Ieri pomeriggio ho lasciato la macchina a Edward. Lui però si è dimenticato di venirmi a prendere, all’uscita. Allora stamattina – molto arrabbiata -, l’ho lasciato a piedi. Come poteva andare a La Push a piedi? Non poteva. Quindi è rimasto a casa.”
“Alice, lo sai che hai fatto una cosa assolutamente sbagliata?”
“Lo so, mamma.” Abbassò lo sguardo, mortificata.
Dio, era un’attrice nata. Quel piccolo nanetto malefico!
“Edward.” Ecco. Non si erano dimenticati di me. “Perché ti sei dimenticato di andare a prendere tua sorella?”
“Perché sono andato a studiare da Jacob, dopo la scuola. E non mi reso conto del tempo che passava così velocemente.”
“Farò finta di crederci.” Disse mamma, socchiudendo gli occhi in due piccole fessure.
Continuammo a mangiare silenziosamente, accompagnati dal rumore delle forchette che sbattevano sui piatti.
“Oggi mi ha chiamata Emmett.” Quello che seguì fu il rumore di una forchetta – la mia -, che cadde dritta nel piatto.
“Ne dobbiamo parlare?” Domandai, riprendendo a mangiare. Stranamente il mio stomaco si era chiuso.
“Perché non dovremmo?” Questa volta era stato mio padre a parlare.
“Dopo quello che ha fatto? Dopo quello che ha fatto alla nostra famiglia, e al Pub? Ci ha rovinati, e siamo riusciti a sistemare tutto il casino che ha lasciato lui grazie alla tua conoscenza con Charlie Swan e grazie ai soldi che abbiamo.”
“Edward…”
“No, mamma. Alice deve sapere che anche se lei vuole chiamare Emmett e sentirsi con lui, io no. Anche se è mio fratello, non voglio più avere niente a che fare con lui, mi dispiace. Ed ora, vado a lavoro.” Enfatizzai le ultime parole, cercando di fargli capire che era grazie ad Emmett, che ora da diciassettenne tutte le sere dovevo andare a lavoro, invece di divertirmi ed uscire con i miei amici.
Presi la giacca e le chiavi dell’Aston Martin di mio padre. Quella sera sarei andato con la sua macchina, a lavorare.
 
Erano trascorsi venti minuti buoni da quando ero partito da casa. Di solito per arrivare al pub ne occorrevano più o meno dieci, ma quella sera me l’ero presa più comoda del solito. Soprattutto per colpa delle parole di Alice, che non facevano altro che rimbombarmi nella testa.
Parcheggiai, non prima di sgranare gli occhi guardando il pick up rosso di Bella parcheggiato fuori al Pub.
No, così proprio non andava.
Spensi il motore, tirai fuori le chiavi dell’Aston Martin e scesi come una furia.
“Si può sapere cosa ci fai qui?” La travolsi, appena aprì la portiera.
Inarcò un sopracciglio. “Come?”
“Ma ti guardi intorno? Prima che il Pub apra qui non c’è nessuno. Non c’è neanche un lampione è tutto isolato… Lo sai che una volta sono venuti i ladri? Cosa diamine ti salta in mente di recarti qui da sola mezz’ora prima?” Questa volta fu lei a sbattere la portiera della sua auto, voltandosi per puntarmi la chiave della macchina contro.
“Tu mi stai dicendo che non mi hai neanche salutata perché eri troppo occupato a farmi la ramanzina? Edward, lo sai che ho diciassette anni e so badare a me stessa?”
“Oh, vorrei proprio vedere come farai a badare a te stessa con un gruppo di malviventi alle calcagne.”
Sbuffò adirata. Forse avevo esagerato.
No, non avevo affatto esagerato. Mi stavo preoccupando per lei.
“Sei impossibile! E domani sera passo a prenderti io.” Senza dirle niente mi avviai versò l’entrata del Pub, tirando fuori dalla tasca la chiave. Aprii la porta principale, ed accesi le luci. Sentii i passi cauti di Isabella che mi seguivano.
“Ah, comunque buonasera.” Disse infine, celando una nota di divertimento. Fatto sta che non sembrava più turbata da quello che le avevo detto prima.
“Buonasera.” Ricambiai il saluto, voltandomi e regalandole un sorriso. La vidi abbassare lo sguardo, quasi imbarazzata. “E scusami. Ho discusso con i miei stasera e me la sono presa troppo, prima.” Pronunciando il prima indicai fuori al locale, dove me l’ero presa con lei.
“Non ti preoccupare, ci ho fatto l’abitudine con tua sorella. I tuoi scatti d’ira sono tali e quali ai suoi.” Sentenziò, arcuando un sopracciglio.
Voleva forse dirmi che io avevo qualcosa in comune con quella stramba di mia sorella? Nah, impossibile.
Lasciai correre, recandomi dietro al bancone per entrare dentro la stanza del personale. Lei rimase dietro, aspettando che le dicessi qualcosa con le braccia incrociate al petto.
“Allora?” Domandai, alzando tutte e due le braccia. “E’ o no il tuo primo giorno di lavoro?” Sorrise, seguendomi per posare la borsa e tutti i suoi effetti.
“Puoi indossare questo.” Le diedi il grembiule con sopra stampata la scritta Cullen’s di Alice, che le stava a pennello. Prima o poi i miei si sarebbero occupati di fargliene uno anche a lei.
“Insomma, perché hai discusso con i tuoi genitori?” Chiese, mentre insieme sistemavamo i tavoli e mettevamo giù le sedie.
Dieci minuti ed avremmo aperto.
“Niente di speciale. Le solite discussioni, create ovviamente da quella vipera di mia sorella.” Sorrise, continuando a lavorare.
“Lascia stare Alice.” Sgranai gli occhi e passai accanto a lei per darle un buffetto sulla testa.
Finito di sistemare tutti i tavoli tornammo al bancone. Diversamente da quella mattina, questa volta eravamo tutti e due seduti dietro.
Avevamo aperto da una ventina di muniti, e ovviamente non era passato nessuno. Durante i giorni settimanali il locale restava vuoto, o perlomeno venivano due o tre coppiette a prendersi una birra.
“Insomma, alla fine che hai fatto oggi?” Le domandai, mentre la curiosità mi logorava. Volevo sapere se era andata da Jake, cosa gli aveva detto e se si erano chiariti.
“Niente di speciale. Sono andata a casa, e ho studiato un po’. Verso le cinque sono andata a La Push, e come prevedevo Billy mi ha detto ‘Mio figlio non vuole avere più niente a che fare con te,’ sue testuali parole. Poi sono tornata nuovamente a casa, ho aspettato Charlie per la cena ed eccomi qua.”
Leggevo sul suo viso il dispiacere. Dopo diciassette anni di amicizia con Jake, non vederlo più l’aveva distrutta.
Allora perché mi sentivo così tremendamente sollevato?
Aveva incrociato le braccia sul bancone, poggiandoci la testa sopra. Prima di iniziare a lavorare aveva raccolto i capelli in una coda scomposta, e una ciocca le era scivolata da dietro l’orecchio.
Senza pensarci due volte la presi, mettendola al suo posto. Proprio come quella mattina.
Sospirò, sorridendomi teneramente.
“Tu, invece? Cos’hai fatto oggi?”
“Quando sei andata via ho studiato. Poi sono andato da Tanya, che non ha fatto altro che parlarmi di shopping per tutto il pomeriggio. Era snervante!” Sospirai frustrato, mentre un risolino proveniva dalla bocca di Isabella. “Hey, non prendermi in giro!”
“Scusa, scusa!” Si alzò, mentre il suono di un campanellino ci avvisava che era entrato un cliente.
Ci voltammo tutti e due nella stessa direzione, rimanendo completamente a bocca aperta.
“Tanya?” Il mio era stato un sussurro, che nemmeno riuscii a percepire io stesso.
Strinsi gli occhi più volte, credendo di essermi immaginato tutto. Ma invece non era così. Davanti a me c’era Tanya, con un sorriso smagliante e i suoi capelli biondi ossigenati. Volsi il mio sguardo alla mia destra, mentre Isabella teneva lo sguardo fisso su Tanya, con la bocca spalancata e gli occhi sgranati.
“Cosa ci fai qui?” Chiesi, con il tono più gentile che riuscii a tirare fuori.
Oh, non posso neanche venire a trovare il mio ragazzo?” Passò oltre il bancone per venirmi incontro, e stamparmi un bacio sulle labbra. La respinsi dopo due secondi, indicandole Isabella. Ma neanche il tempo di parlare, che lei le aveva già puntato un dito contro.
Swan? Cosa ci fai qui?” Era quello il tono che usava con Isabella? La guardai con un sopracciglio alzato, appuntandomi mentalmente di chiederle cosa le avesse fatto Isabella per essere trattata con tanta superficialità.
“Tanya.” La salutò, con il suo solito tono dolce e un sorriso tirato. “Ci lavoro, qua.” Era anche dolce e carina, ma quando voleva poteva diventare un peperino. Nascosi un mezzo sorriso, aspettando che Tanya le rispondesse. Invece, rivolse lo sguardo a me.
“Ci lavora? Perché?”
“A noi serviva una mano, e Isabella è stata così gentile da offrirsi volontaria.”
“Come? E tutte le volte che ti ho chiesto io di poter lavorare qui?” Attivò la sua modalità da occhioni da cane bastonato, che ovviamente non funzionavano più con me.
“Veramente sono stata io a chiedere alla famiglia Cullen di poter lavorare qui. Mi farà comodo guadagnare qualche soldo mio.” Si rivolse a Tanya, regalandole un sorriso a trentadue denti.
“Bene.” Anche Tanya sorrise, ma questo era uno dei sorrisi più falsi che avevo visto da quando stavamo insieme. “Allora non vi dispiacerà se rimango qui, vero?” Merda.
“No, certo che no.” Era stata Bella a rispondere, interrompendo tutti i film mentali che mi ero fatto in testa.
E quindi per lei non c’era nessun problema? Beh, se non c’era per lei allora non c’era anche per me.
Tanya noncurante di tutto si sedette dinnanzi a me, dall’altra parte del bancone, mentre mi lanciava occhiatine maliziose e sorrisini. Feci finta di niente, guardandomi intorno o posando lo sguardo su Isabella, che aveva trovato in un cassetto le parole crociate di Alice, ed aveva iniziato a scrivere.
Ecco, almeno lei aveva qualcosa da fare!
Il secondo tintinnio di quel campanello ci avvertì della presenza di altre persone nel locale.
Grazie a Dio!
Prima di guardare chi era entrato posai lo sguardo sull’orologio a muro, che segnava già le ventitré e trenta. Bene, mezz’ora e avremmo chiuso.
Poi posai il mio sguardo sui nuovi clienti, e la mascella mi cadde letteralmente per terra.
No, non era possibile. Quello era un incubo!
“J-jake?” Era stata Bella a sussurrare quel nome, mentre un ragazzo tutto muscoli e bicipiti era entrato, bagnato dalla testa ai piedi a causa della pioggia.
E appena sentì pronunciare il suo nome, alzò la testa di scatto.
“Isabella?”
“Jacob?”
“Black, cosa ci fai qui?” Era stata Tanya a pronunciare l’ultima domanda, con tanto di sguardo schifato. Bene, inutile dire che lei non aveva mai sopportato Jake, il mio migliore amico.
“Cosa ci fai qui?”
“Ha deciso di lavorarci, qui.” Di nuovo Tanya rispose alla domanda di Jacob, mentre Isabella le regalava uno sguardo pieno d’odio.
“Da quanto tempo lavori qui?” Jacob fissava Bella, non curandosi di noi.
“Stasera.”
“Edward, perché non mi hai detto niente?”
“Perché anch’io sono venuto a saperlo stasera.” Mi difesi, cercando con lo sguardo quello di Isabella. Lei sospirò, passandosi una mano fra i capelli, scompigliandosi ancora di più la coda.
“Che bello, siamo tutti qui! Possiamo organizzare un’uscita a quattro in futuro, no?” Guardammo tutti e tre Tanya, come per ammonirla.
Meglio che rimanesse zitta!
“Invece che ne dite di andarcene?” Proposi io, anche se era passato solo un quarto d’ora. “Noi stacchiamo a mezzanotte, e qui non si è visto ancora nessuno. Ce ne andiamo?” Isabella non disse niente, recandosi nella stanza riservata al personale per prendere le sue cose e togliersi il grembiule.
Quando uscimmo trovammo Tanya e Jake nella stessa posizione di prima, e stavolta con l’aiuto di Jacob tirammo su tutte le sedie, senza spazzare. Era tutto estremamente pulito, e comunque ci avrebbe pensato mia madre il giorno dopo.
Spensi la luce e uscimmo tutti e quattro.
Tanya che era avvinghiata al mio braccio lo lasciò, dirigendosi alla sua Porsche rossa.
“Jake ti accompag-” Non finii di pronunciare la frase, perché Isabella mi interruppe.
“No, ci penso io. Ti accompagno io, a casa. Ti voglio parlare.” Non gli diede neanche il diritto di replica, perché Jacob salì silenziosamente nel pick up di Bella.
“Ci vediamo domattina.” Sussurrò, cercando di non farsi sentire. Annuii, salendo sull’Aston Martin di Carlisle.
Aspettai qualche secondo, finché non vidi il veicolo rosso di Bella sfrecciare verso La Push.
Insieme a Jacob Black.
 
 
____
 
In primis vi dico che il titolo del capitolo è preso a caso. Non riuscivo a trovarne uno adatto. Poi, il prossimo capitolo sarà POV Bella, e partirà proprio da lei che lascia il locale con Jake. Vi ricordo che quando loro hanno marinato la scuola, il bacio, pranzato insieme e il lavoro, è successo tutto nella stessa giornata :D
Vi aspetto al prossimo capitolo, e vi ricordo che nel mio profilo ci sono i collegamenti per il mio Facebook e Twitter :) Alla prossima settimana!
   
 
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