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Autore: Lilith82    29/05/2011    20 recensioni
Questa storia è stata "necessaria" per me. Necessaria da scrivere. Necessaria da condividere. E' la prima fan fiction che abbia mai scritto in vita mia. L'ho cominciata quasi due anni fa. Rileggerla ora, mi fa un certo effetto, lo ammetto. Ma la amo come il primo giorno! Ed anche se, probabilmente, farò delle piccole modifiche, la lascerò intatta il più possibile. E' il mio seguito di Breaking Dawn, necessario, appunto, perché non sapevo rassegnarmi alla fine della saga. E' la storia di Renesmee, di Jacob, di Edward e di tutti gli altri.
Spero vi piaccia. Fatemi sapere.
dal primo capitolo:
"Poi riuscii a muovere le dita di una mano, non che lo avessi voluto, ma quel piccolo movimento mi permise di riprendere contatto coi miei confini fisici, sentii le gambe sfiorate da gambe infuocate, sentii il petto vicino ad un altro torace, grande e ardente, sentii le guance tenute in due grandi mani brucianti, sentii le mie labbra contro le sue grandi labbra scure, come ghiaccio avvolto dal fuoco e capii:
Jacob Black mi stava baciando!"
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Jacob Black, Renesmee Cullen, Un po' tutti | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Intact world'
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ciao a tutti
vi piace la mia Renesmee?! (o ReneEmma .-P )
e la mia storia?!
questa è l'Intro
fatemi sapere
Lilla ;-)


                                                       INTRO

Domenica luminosa: per quanto poteva, il sole sfidava il perenne strato di nuvole riuscendo a far arrivare qualche tiepido raggio fino alla brina ostinata, sulla vegetazione dietro alla grande casa.
Inspirai profondamente, l’aria pungente mi attraversò i polmoni e sembrò che li solleticasse, come a  raggiungere ogni piccolo spazio. Espirai lentamente sentendomi svuotata e rinvigorita.
Pronta! Pronta per la mia attività domenicale preferita.
Scesi svelta le scale, canticchiando.
Papà era seduto al pianoforte, sul palco, a tre scalini dall’ingresso, come ogni domenica.
Mi sembrò stesse componendo qualcosa di nuovo, ma non ne ero certa.
Lo superai, veloce: “io esco”

“EHM”
 Ahi! pensai.
Non avevo fatto in tempo a sfiorare la maniglia della porta d’ingresso!
E adesso, che c’è? mi chiesi tra me, ben sapendo che mi avrebbe sentito.
“Pensavo.. che fosse il caso che tu uscissi di casa.. vestita”
 Si era alzato dal pianoforte ed era giunto a pochi passi da me quasi senza che me ne accorgessi, con aria paziente, mi aveva rivolto la sua obiezione, accennando con la mano agli shorts di denim bianco che indossavo.
“Eh, no! Sono i miei preferiti, papà!” sbottai.
“Non mi sembrano.. appropriati, Renesmee”
Appropriati? pensai rivolgendogli un’occhiata sarcastica.
Solo uno nato nel 1901 poteva scegliere un’espressione del genere.. scossi la testa.
A volte sembrava strano anche a me che mio padre avesse più di centoventi anni, eppure il suo dolce sorriso si stava dispiegando proprio ora sul volto di un diciassettenne, un diciassettenne perfetto, con la pelle più candida che si possa immaginare e i capelli bronzei in un disordine tanto  equilibrato da sembrare voluto. Il volto allungato, i lineamenti marcati e il corpo forte e snello non avevano minimamente ceduto alle conseguenze del  tempo, era l’immagine della giovinezza, della primavera, di una eterna primavera. Insomma, mio padre, Edward Masen Cullen: un vampiro.
“Questo è molto appropriato per il ventunesimo secolo, papà!” ribattei mostrando l’abbinamento dei pantaloncini con la t-shirt e le scarpe di tela, tutto bianco.
“Ed è appropriato per il mese di marzo?” domandò inarcando un sopracciglio, con aria di sfida.
“Eh.. dai, papà! Lo sai che non ho freddo!”
In effetti il termometro esterno non superava i dieci gradi centigradi, ma la mia temperatura corporea stabile attorno ai quaranta gradi non mi permetteva di considerarlo un clima rigido.
“E, comunque” proseguii visto che dalla sua espressione non sembrava affatto convinto ”non credo che i cervi se ne avranno a male se li affronterò in pantaloncini!”
Sorrisi della mia battuta e scimmiottai un attacco piegando le gambe e contraendo i muscoli delle braccia.
 Un basso ringhio, quasi un brontolio, gli usci dalle labbra, i denti serrati.
 “Sai che voglio che siate prudenti, Renesmee!” mi ammonì.
“Saremo prudenti, papà. Quando mai Jacob mi permette di fare stupidaggini?!”
Alzai gli occhi al cielo: il mio compagno di caccia, benché di indole assai più spensierata di mio padre, riusciva ad essere più paranoico di lui, quando si trattava di me.
“Jacob” disse mio padre in un sospiro, scuotendo impercettibilmente la chioma rossiccia.
“Che c’è?” nonostante avessi già afferrato la maniglia della grande porta a vetri, pronta alla fuga, non potei evitare di voltarmi indietro, verso lui che mi guardava dubbioso, forse preoccupato.
“Jake.. è successo qualcosa a Jacob?!” la mia ansia montava piuttosto facilmente se si trattava di Jacob Black: il mio amico era sempre imprudente quando a guidarlo erano la sua natura licantropesca o le paranoie sulla mia protezione. E di tanto in tanto tornava a casa con le ossa rotte. Non che quello fosse un gran problema.. ormai se l’era rotte quasi tutte almeno una volta, ma i pochi giorni che gli ci volevano a rimettersi in piedi erano terribili: sia perché lui non ne voleva sapere di starsene a letto, sia perché mi causava una sofferenza incredibile vederlo ferito, pensare di poterlo perdere...
Lo sguardo di mio padre, fisso su di me, quasi in ansia, mi fece trasalire.
 “Papà...” gli corsi incontro in affanno “tu devi dirmi...”
“Renesmee...” mi chiuse le labbra con le dita ghiacciate, sorreggendomi per una spalla “Jacob sta bene, è nel bosco che t’aspetta”
Il sorriso non tardò a dispiegarsi sulle mie labbra, ma non sulle sue.
E, allora, che c’è? pensai.
Forse, qualcun’altro non l’avrebbe notato, forse, sarebbe riuscito a distrarre la mamma, ma non me.
Sono tua figlia: ti conosco come le mie tasche Edward Cullen!
Non poté trattenere una risata ai miei pensieri. Mi avvolse tra le sue braccia fredde, avvicinandomi a se e poggiando la sua guancia sulla mia fronte. Caspita, sono ancora così bassa! pensai.
Mi scrutò interrogativo, e poi sospirando confessò: “Forse sono solo, come dici tu, paranoico, mia piccola Renesmee, ma preferirei ugualmente che tu andassi a caccia coperta, oggi!”
L’intensità del suo sguardo mi investii, i grandi occhi color topazio si specchiavano nei miei, scrutando fino al fondo della mia anima e cercando di abbattere le mie difese.
Solo un pensiero poteva distrarmi ora, lo fece.
Ma Jacob? Perché sembrava turbato mentre glielo nominavo mentalmente?
Mi guardò esitando, ma ancora determinato a convincermi: “Jacob era pensieroso oggi”
Non aveva senso, Jacob e pensieroso nella stessa frase stridevano. Lo feci sorridere.
Che pensieri poteva avere Jacob?
Un attimo... gli aveva di nuovo letto nella mente!
Già... perché mio padre legge nel pensiero, ovviamente... ma gli avevo ripetuto infinite volte che i pensieri di Jacob non erano affar suo.
“I pensieri di Jacob sono affar mio” gli uscì tra i denti.
“Eh... no, papà!”
I pensieri di Jacob Black lo rendevano paranoico quanto le norme sul mio abbigliamento.
“Appunto” fece eco alla mia riflessione guardandomi di sottecchi.
Adesso proprio non lo capivo, e neppure capivo perché d’un tratto una nuova sensazione dissonante mi attraversava, stranamente mi sentivo imbarazzata.
Mi scrollai, ne avevo abbastanza di tutta questa schermaglia che mi stava facendo perdere un sacco di tempo.
 Così, a mali estremi...
“Non mi accadrà nulla, papà” esordii prima che potesse cogliere le mie intenzioni, gli presi lo splendido viso tra le mani e lo fissai dritto negli occhi: “Di qualunque cosa tu ti preoccupi, sai che non ne hai motivo!” dissi, piena di serenità nella voce.
Gli mostrai le mie domeniche: le serene domeniche trascorse nelle consuetudini di casa Cullen.
Tra queste: la caccia con Jacob, le mie abilità di cacciatrice sempre migliori, le attenzioni e la protezione di Jake immancabili e poi... il ritorno a casa, i miei tuffi tra le braccia di mio padre, tra le braccia della mia mamma; trasalimmo entrambi alla splendida, radiosa, immagine della mamma. Ancora occhi negli occhi gli ripetei mentalmente che quella sarebbe stata come tutte le altre domeniche. Perché mai dovrebbe essere diversa? mi chiesi, facendo spallucce e lasciandogli il viso.
Quasi barcollò come se si fosse appoggiato alle mie mani: ero stata convincente!
“Diabolicamente convincente!” mi punzecchiò mentre gli voltavo le spalle per andarmene.
“Chissà da chi ho preso?!” gli sorrisi divertita mentre aprivo la porta.
“Eh già..” sospirò.

“Renesmee” mi aveva raggiunto fuori.
Ma, insomma!
“Non vi allontanate!” mi ammonì fissandomi negli occhi.
“Papà...” volevo lamentarmi ma rinunciai: “va bene, papà”
Mi fissava ancora per tastare la mia sincerità, mi voltai e presi a correre svelta.
Non gli avrei dato retta e lui lo sapeva.


  
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