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Autore: nitro    30/05/2011    2 recensioni
Questa storia ha partecipato al concorso "What if..e se fosse andata in un altro modo?" organizzato da Dark Iris91, classificandosi prima a pari merito.
Nelle ultime pagine del libro "Eclipse" si vede Jacob scappare lontano dalla riserva e da Bella, senza una meta precisa. E se il suo cammino trovasse una meta? E se Billy lo trascinasse in un viaggio oltreoceano?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Isabella Swan, Jacob Black, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Breaking Dawn
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Dov'è il dolore, là il suolo è sacro. ( Oscar Wilde)



 

      Dedicai le due settimane che seguirono il mio arrivo al Circolo Polare Artico a perlustrare ogni centimetro della foresta che circondava il villaggio.
Ormai conoscevo ogni radura, ogni sentiero per le scogliere e ogni singolo albero, o almeno credevo.
Di giorno aiutavo mio padre e il vecchio a sistemare il villaggio e di notte mi fiondavo tra gli alberi.
La ragazza si era fatta vedere poco. Sembrava volesse stare lontana da quel villaggio e dai suoi tre abitanti. Arnulf aveva provato a discutere con lei del suo comportamento ma aveva ottenuto soltanto una grossa discussione nella loro lingua natia.
Ogni mattina partiva sulla sua Sportster del ’74 e tornava soltanto a notte fonda, sempre se di notte si poteva parlare. Il Sole di Mezzanotte aveva totalmente sconvolto i miei ritmi vitali. Ormai non capivo più in che periodo della giornata mi trovassi.
Per fortuna il vecchio mi comunicò che il Sole sarebbe tramontato presto. Luglio stava per giungere al termine e la luce, nelle ore notturne si faceva sempre più fioca.
Non tutto ciò che mi disse, mi rallegrò; infatti, il Nord della Norvegia era famoso anche per i suoi lunghi e rigidi inverni, caratterizzati dal fenomeno inverso al Sole di Mezzanotte: la Notte Polare. Dieci mesi di crepuscolo, dieci mesi di neve e ghiaccio.
Anche quella notte mi ritrovai a correre tra gli arbusti del sottobosco.
Quella terra così ostile al mio lato umano costituiva fonte di mistero e gioia per il lupo che si nascondeva dentro di me.
C’era qualcosa di ancestrale e arcano che mi scatenava delle reazioni a livello viscerale; come se il mio corpo riconoscesse la presenza di uno soffio vitale antico e primordiale.
Quel luogo era ricco di contrasti, Sole e Luna si alternavano alla guida della vita a ogni stagione; e di stagioni ce n’erano soltanto due. Estate e inverno, luce e buio.
Anche Ricky nascondeva in sé le stesse contraddizioni della sua terra. Il suo viso donava luce, i suoi occhi ricordavano il riverbero dei lontani bagliori siderali, ma il suo animo era buio. Emanava una strana oscurità.
Le poche volte che ero riuscito posare lo sguardo su di lei avevo notato una piccola fossetta di angoscia che turbava le linee delle sue labbra sottili. Lentamente aveva dismesso quella maschera fiera con cui mi aveva accolto e ne aveva indossata una più umile e triste.
Il vecchio aveva ragione; forse le era servito del tempo per elaborare il suo lutto e stava giungendo allo stadio della consapevole realizzazione.
I miei pensieri furono interrotti da uno strano odore. L’esalazione sapeva di acredine e terriccio…ricordava l’odore della morte.
Fiutai la scia e la seguii fino a un declivio che non avevo mai visto. Gli alberi s’interruppero in maniera non naturale e mi lasciarono scorgere uno scenario terrificante.
Tronchi divelti e rami spezzati giacevano a terra, monconi di grossi alberi troneggiavano inquietanti sul terriccio rosso.
Perché la terra era cremisi? Scesi di più verso quel macabro terrapieno e capii.
Il sangue si era mescolato al fango e aveva tinto tutto di vermiglio. Ero sul luogo, dove era avvenuta la battaglia tra Volturi e lupi. Camminavo sul sangue dei miei simili caduti.
Il pelo sulla mia nuca si rizzò e un ringhio istintivo risuonò nella mia gola.
Tornai sui miei passi. Per la prima volta mi sentii veramente stanco. Volevo allontanarmi da quell’atmosfera macabra, chiudere gli occhi e dimenticare la mia scoperta.
Quando vidi il villaggio in lontananza, mi trasformai e indossai i pantaloni.
Entrai in casa degli Ulvensonn e mi diressi verso la camera degli ospiti. Avevo bisogno di raccontare a mio padre ciò che avevo visto.
« Non c’è. Lui e il vecchio sono andati a Tromsø ».
Mi voltai allarmato e vidi Ricky appoggiata sullo stipite della porta della sua camera. Non mi aspettavo di vederla.
Il mio sguardo interrogativo la spronò a continuare.
« C’è la festa per l’ultima notte di Sole. Eri stato avvisato ».
Mio padre me l’aveva detto il giorno precedente, ma me ne ero completamente scordato. Ultimamente ero molto disorientato.
La giovane mi guardava con un’espressione severa e indagatrice. Cercai di giustificarmi.
« Non è colpa mia se questo maledetto Sole mi confonde le idee! Non so nemmeno che ora è… e poi non ci sei andata neanc… »
« Dove sei stato finora, Jacob? »
Non aveva ascoltato una parola di ciò che avevo detto. Non avevo voglia di discutere, non dopo di ciò che avevo dovuto vedere.
« Non ti riguarda, dove vado ».
Mi voltai verso il corridoio che portava al soggiorno, la mia camera, ma una piccola mano mi bloccò.
La sua pelle diafana creava uno strano contrasto sul mio braccio scuro. Quella mano non era forte, ma trasmetteva una determinazione che m’indusse a fermare il mio corpo.
« Non devi più andare nella foresta ».
Il suo tono di voce era risuonato come un ordine perentorio, e la mia indole non era incline a essere domata, non da lei. La mia risposta fu secca, guidata dal mio fastidio.
« Non parlarmi così. Non ti permettere di dirmi cosa devo fare! »
La sua reazione mi lasciò spiazzato quasi quanto la vista del sangue dei lupi mescolato al fango.
Ricky cominciò a gridare, la sua voce era disperata e aggressiva. Due piccoli pugni bianchi percossero il mio petto.
« Non puoi andarci! Non devi! È pericoloso, gli spiriti malvagi potrebbero attaccarti! Da solo non potresti sopravvivere! » dai suoi occhi colarono grosse gocce, come stelle cadenti dal cielo blu. Forse non si era nemmeno accorta delle sue lacrime, continuava a urlarmi contro frasi sconnesse e a colpirmi.
« Jacob, non potrei sopportare la vista di un altro lupo straziato. Io non… »
Il mio corpo agì d’istinto, trascinato da una forza interiore che nemmeno sapevo di possedere.
Le misi una mano dietro la schiena e la attirai a me, la sollevai da terra e la strinsi forte al petto.
I pugni di Ricky diventarono sempre più deboli, fino a cessare del tutto.
Le sue spalle cominciarono a essere scosse da sussulti sempre più ravvicinati. Quando il suo corpo si lasciò finalmente andare alla disperazione, le sue piccole mani arpionarono i miei pettorali e il suo volto affondò tra il mio collo e la clavicola.
Ogni lacrima era un frammento del muro di dolore, che era elaborato e valicato. L’unico modo per scavalcare un muro di cinta è varcarlo, non serve a nulla girarci attorno. Ricky aveva evitato di pensare al suo lutto per troppo tempo, e in quel momento sciolse tutti i grovigli che si erano attorcigliati attorno al suo cuore.
Camminai fino al suo letto, cercando di non turbare la sacralità della sua sofferenza, e mi distesi sopra le lenzuola, facendola adagiare su di me.
Non so per quanto tempo rimanemmo avvinghiati l’uno all’altra, forse minuti, forse ore, ma rimasi ad ascoltare rapito i suoi singhiozzi, come se stessi ascoltando un antico cantico.
Lentamente, così com’erano cominciati, i sussulti del suo petto si calmarono e Ricky accostò la sua guancia più vicina al mio collo.
Involontariamente la mia mano era finita dietro la sua nuca e la stava cullando dolcemente.
Con una leggera pressione la costrinsi ad alzare il viso e a guardarmi.
Le sue iridi screziate mi guardavano, acquose e rossastre.
Non sapevo cosa dire in un momento così difficile per lei, la cosa migliore probabilmente sarebbe stata non dire nulla, ma non riuscii a stare zitto.
« I vampiri non ci sono più. Ho perlustrato tutta la zona intorno al villaggio ».
Le sue labbra si curvarono in un debole sorriso.
« Ricky, perché ti allontanavi intere giornate da sola, se temevi ci fossero ancora quelle sanguisughe nei paraggi? »
Ciò che mi rispose, mi fece accapponare la pelle.
« Desideravo che mi prendessero. Volevo essere condotta nel Regno di Hel, dove riposano le anime morte senza gloria ».
La sua voce era bassa e ovattata; trasmetteva qualcosa di sacro, al cui cospetto io mi sentivo profano.
« Non vedevo altra soluzione al dolore che mi ero chiusa dentro, ma c’era un modo meno violento per sentirmi meglio ».
I suoi occhi brillarono di nuovo di quella luce siderale, che tanto mi aveva sconcertato.
« Grazie, Jacob ».
Le sorrisi e la strinsi più forte.
Ricky appoggiò la testa sul mio petto e rimase in silenzio.
Io persi la cognizione del tempo e dello spazio e caddi in un sonno profondo.
Era da molto che non riuscivo a rilassarmi così completamente da addormentarmi senza fatica, in maniera del tutto spontanea.
A svegliarmi fu un buonissimo odore di pesce fritto. Mio padre si stava sicuramente dilettando nelle sue ricette preferite.
Ricky non era più distesa sul mio petto e dovetti ammettere la mia delusione quando non la vidi nemmeno accanto a me.
Corsi in cucina, ma non ebbi nemmeno il tempo di salutare, che mio padre m’impartì una sfilza d’istruzioni che mi annebbiò il cervello ancora frastornato dalla dormita.
« Prendi i pesci e portali da Arnulf. Poi torna qui e aiutami con le verdure. Ah, già che ci sei, avvisa Rikke che il pranzo è quasi pronto ».
Le pietanze, preparate da Billy, erano deliziose, e anche i due visi pallidi le apprezzarono molto.
Ricky non alzò mai lo sguardo dal suo piatto. Cercai più volte di incontrare i suoi occhi ma quelli mi sfuggivano sempre. Era come se fosse imbarazzata per qualcosa e non avesse il coraggio di incrociare il mio sguardo.
Non riuscii a capirne il motivo. In fondo non avevamo fatto nulla di sconveniente.
Arnulf interruppe le mie considerazioni annunciando che la settimana successiva avrebbe eseguito un antico rituale vichingo per celebrare la nascita della loro tribù. Non riuscii a cogliere lo strano nome del rituale, ma in me si accese una grande curiosità.
Finito il pranzo, seguii Ricky fuori dalla casa del vecchio; ero intenzionato a parlarle.
« Ehi Ricky! Aspetta. C’è qualcosa che non va? »
Lei si voltò di scatto.
« Per tutti i Tuoni! Potresti evitare di prendermi alle spalle? Comunque il mio nome è Rikke ».
« Già…scusa. Ma non riesco a dirlo» maledetta pronuncia inglese. « Mi chiedevo perché hai evitato il mio sguardo per tutto il pranzo ».
Le sue guance diafane si tinsero di un bellissimo colore rosa, il colore delle rose appena sbocciate.
« Ehm… non ti stavo evitando… solo che non avevo mai dormito con un ragazzo. Ero soltanto un po’ in imbarazzo, tutto qua ».
Mi scappò una risatina di sollievo, che fu subito sedata dalla gelata che mi lanciarono gli occhi di Ricky.
Fortunatamente non era intenzionata a tenermi il muso.
« Ti piacciono le moto? »
« Se mi piacciono? Io le adoro! Era da un po’ che volevo chiederti di provare la tua Harley ».
Ricky mi fece segno di seguirla, la Sportster ci aspettava sul retro di casa Ulvensonn.
Saltai in sella a quella moto storica e accesi il motore. Il suo rombo era come una dolce musica.
Ricky raccolse i lunghissimi capelli in una coda, salì dietro di me e mi circondò la vita con le braccia.
La vecchia Harley era tenuta alla perfezione e le sue prestazioni erano ancora eccellenti. La spinsi al massimo sulla strada per Tromsø e in men che non si dica ci ritrovammo alle porte della città
Decidemmo di fare una passeggiata tra le vie di quella meravigliosa metropoli.
Camminando tra quelle case pittoresche e tra quei magici scenari capii perché la chiamassero la Parigi del Nord.
Passammo davanti ad una chiesa e vidi una coppia di sposi attorniata da una folla di parenti gioiosi.
I miei pensieri corsero immediatamente a Forks. Bella si sarebbe sposata tra qualche settimana.
Evidentemente il mio viso si era incupito, perché Ricky chiese cosa mi stesse succedendo.
Ci accomodammo su una panchina nel parco di fronte alla chiesa e decisi di raccontarle la mia storia.
Avevo bisogno di discutere con qualcuno estraneo alla mia famiglia e al mondo in cui vivevo. Anche se non la conoscevo per niente, c’era qualcosa in lei che mi portò a fidarmi cecamente.
Le raccontai di come Bella ed io ci fossimo ritrovati dopo molti anni che lei era stata lontana da Forks. Di come mi fossi invaghito di lei. Le parlai della sua storia con Edward, del modo in cui l’aveva trattata e di come la avessi sostenuta nel momento del bisogno. Mi ero innamorato di lei e avevo continuato a sperare che scegliesse me fino a che Bella non aveva deciso di sposare lui.
L’unica cosa che non menzionai fu la natura di Cullen. Non sarebbe stato saggio fare sapere a Ricky che conoscevo un vampiro e che questo non fosse morto per mia mano.
La giovane ascoltò tutto con interesse, mi fermava spesso per conoscere più particolari riguardo quella triste faccenda e non giudicò mai le mie azioni o le decisioni di Bella. Più parlavo e più la mia anima si alleggeriva e il mio cuore si liberava dalla sua armatura.
Ritornammo alla moto all’imbrunire. Finalmente il Sole aveva deciso di nascondersi dietro la linea dell’orizzonte e di lasciare spazio alla vera notte.
Il tramonto donò dei riflessi rosa ai capelli di Ricky che mi fecero sorridere.
La ringraziai per la bella giornata e per avermi dato la possibilità di guidare la sua Harley.
« Prego! È stata una giornata di liberazioni per entrambi… »
 
L’antico rituale doveva essere eseguito sulla cima di un promontorio sperduto in mezzo ai fiordi. Il viaggio a piedi fu lungo, partimmo subito dopo pranzo e arrivammo al tramonto.
Arnulf era alla guida della nostra piccola spedizione, io, che trasportavo mio padre sulle spalle, ero in fondo alla fila. La lentezza dei passi del vecchio mi annoiava da morire, e quando persino la vista della foresta mi stancò, posai gli occhi su Ricky, che camminava davanti a me.
Nonostante fosse molto piccola, il suo corpo era snello e slanciato. Le sue gambe, strette in dei bellissimi pantaloni di pelle, lasciavano poco spazio all’immaginazione.
I capelli setosi danzavano sui suoi fianchi sinuosi come spighe di grano mosse dalla brezza.
Mi lasciai cullare da quel panorama fino alla nostra meta.
La formazione di rocce, che creava quel promontorio, era più scura di quelle che lo circondavano. Vicino al precipizio c’era una specie di incudine naturale e a terra giaceva un enorme martello in pietra con il manico scolpito con tante piccole rune.
Adagiai mio padre sopra una coperta e mi accomodai di fronte allo strano altare.
Ricky appoggiò la sua pelliccia, che aveva tenuto in braccio per tutto il tragitto, ai piedi dell’incudine.
Il vecchio, prima di partire, ci aveva pregato di osservare un silenzio assoluto durante il rituale, così non mi azzardai a porre la miriade di domande che mi frullavano per la mente.
Arnulf sollevò il martello e batté tre volte sull’incudine. Quell’enorme battente doveva essere molto pesante, ma il vecchio lo issò senza fatica sopra la sua testa, per poi colpire con una forza sbalorditiva.
Il vecchio parlò in una lingua antica, guardando il mare all’orizzonte. Cantilenava alzando le braccia al cielo. La sua voce era melodiosa e soave.
Ricky cominciò a danzare nel semicerchio che circondava l’incudine di fronte a me.
Muoveva le braccia e i fianchi a ritmo con la melodia, i suoi occhi erano chiusi ma i suoi piedi sapevano esattamente, dove posarsi. I lunghi capelli danzavano insieme a lei, spargendosi nel vento.
I suoi movimenti flessuosi mi affascinarono, la osservai estasiato eseguire quei passi.
Con mio dispiacere il canto terminò e Ricky si accomodò alla destra dell’incudine. Il vecchio posò le sue gracili membra al lato opposto.
Arnulf si rivolse a Ricky, sempre nella sua lingua natia. Lei lo ascoltava con sguardo fiero. Il suo viso diffondeva l’orgoglio di appartenenza a quella tribù, a quel popolo.
Improvvisamente mi ricordai di quando avevo portato Bella a sentire le leggende dei Quileute. Si era addormentata tremante tra le mie braccia, osservando il fuoco; invece Ricky era totalmente rapita da quel rituale perché sentiva il legame con le loro leggende. Le percepiva nelle viscere come io avvertivo le leggende dei Quileute.
Arnulf sorrise a me e a mio padre, ci spiegò che, con il rituale appena compiuto, aveva chiesto la benevolenza del dio Thor, protettore del popolo Vichingo, e aveva benedetto la pelliccia dei genitori di Ricky.
Un brivido mi attraversò le scapole. L’indumento della ragazza era fatto con la pelliccia di due lupi. Sebbene non capissi quella strana usanza, compresi l’affetto e l’orgoglio che animava Ricky quando portava quella pelliccia.
Arnulf accese un piccolo fuoco, alimentandolo con delle erbe profumate e cominciò la sua storia.
 
Molti secoli fa, all’inizio della storia e dei tempi, una violenta guerra civile insanguinava il nostro popolo per il controllo delle terre e dei mari.
La nostra tribù si distingueva per i suoi guerrieri valorosi. Molti dei nostri caduti erano condotti dalle Valchirie nel Valhalla per diventare i guerrieri di Odino.
Le dee scendevano dal cielo in groppa ai loro fidi compagni, i lupi.
Gli animali fiutavano il campo di battaglia, individuavano gli animi dei combattenti degni e aiutavano le Valchirie nel loro compito di nocchieri.
Thrud, figlia di Thor, osservò Sigurd, il capo della nostra tribù mentre combatteva con grande valore gli invasori venuti dal sud. Rimase talmente colpita dal suo valore e dal suo coraggio che s’innamorò perdutamente di lui. Il suo sentimento era talmente forte che Sigurd, quando scendeva in battaglia, si sentiva protetto e sicuro, conscio che qualcuno lo guardava dall’alto.
La Valchiria decise di scendere sulla terra e stare con Sigurd. Non appena si videro lui riconobbe colei che lo amava sopra ogni cosa, vegliando su di lui, e, non riuscendo più a staccarsi da lei, la chiese in sposa.
Thor, adirato dal tradimento della figlia, incatenò il giovane capo tribù all’incudine che troneggia il Promontorio Nero, e la costrinse a ucciderlo con le sue mani.
Thrud eseguì il macabro rituale e poi si tolse la vita sotto lo sguardo impotente del padre, che benedì questo luogo in sua memoria.
Il lupo di Thrud, Eirik, un enorme lupo nero come la notte, rimase accovacciato accanto al corpo dei due amanti per anni, finché di loro non rimase che un mucchio di ossa e polvere.
L’animale dimostrò un attaccamento e un’umanità che commossero Thor. Così, il dio del tuono gli donò la capacità di trasformarsi in uomo.
Eirik tornò al villaggio di Sigurd e visse tra quella gente per moltissimi anni. Tramandò la storia dei due amanti sfortunati e generò molti figli che, come lui, acquisirono la possibilità di mutare forma, fino a creare un’intera tribù di lupi e lupe.
Alcuni secoli dopo, al tempo del capo Birger, quando la terra e il mare divennero ghiaccio perenne, un terribile flagello venne a tormentare le nostre terre.
Esseri malvagi, immortali e bevitori di sangue giunsero da ovest attraverso il ghiaccio e portarono morte e sofferenza.
Il corpo dei guerrieri lupo si dimostrò resistente al punto da poter uccidere quelle creature empie, ma il numero di lupi al villaggio era troppo esiguo per sconfiggere il flagello.
Thor, preoccupato per la sorte del suo popolo, mandò un esercito di guerrieri lupo. Gli animali arrivarono da dove erano giunti gli esseri malvagi.
Erano i guerrieri della tribù Quileute che avevano inseguito i vampiri sfuggiti all’ira del Grande Spirito.
I due clan si unirono in un’alleanza eterna e, insieme, grazie all’esperienza dei Quileute e al coraggio dei Vichinghi, sconfissero i bevitori di sangue.
Birger chiese al capobranco Quileute di tramandare la storia dell’alleanza soltanto di Alfa in Alfa e di capo clan in capo clan. L’esistenza del branco di mutaforma vichingo doveva rimanere un segreto, ma l’alleanza doveva essere ricordata per l’eternità.
« Birger promise lo stesso e oggi, per la prima volta io ho raccontato l’intera storia dell’alleanza ».
Arnulf guardò me e Billy con sguardo solenne.
« Voi siete i discendenti di una grande stirpe di capi clan. Billy, questa storia ti fu tramandata da tuo padre e Jacob », il suo sguardo s’indurì, procurandomi un certo disagio. « Anche tu avresti potuto essere a conoscenza di questo segreto, se solo avessi accettato il tuo destino ».
Ovviamente si riferiva al mio rifiuto di assumere la carica di Alfa nel mio branco, ruolo che mi era sempre spettato di diritto ma che non avevo mai avuto il coraggio di accettare.
Avevo ceduto a Sam il comando e mi ero sottomesso alla sua autorità.
Sotto lo sguardo severo del vecchio, però, cominciai a chiedermi se non fosse giunta l’ora di assumere finalmente le mie responsabilità.
L’atmosfera di quella notte e il racconto delle gesta valorose dei nostri antenati fecero nascere in me un prepotente orgoglio. Il mio istinto ancestrale spintonava il mio animo reticente e lo spronava a mostrare la sua temerarietà.
Ritornammo indietro al buio. Arnulf e Ricky camminavano senza difficoltà tra i grovigli del sottobosco, quasi possedessero la mia stessa vista notturna perfetta.
Il vecchio, che era rimasto in un rispettoso silenzio, per tutto il tragitto, si congedò ed entrò nella sua casetta.
Io portai mio padre nella sua stanza e corsi in cucina per prepararmi qualcosa da mangiare. Avevo una fame da lupo.
Ricky aveva avuto la stessa idea, la trovai accovacciata e intenta a ispezionare la dispensa.
Si rialzò con una scatola di cereali al cioccolato, esattamente quello che avevo in mente di sgranocchiare. Quando mi vide, le sue labbra sottili si aprirono in un sorriso.
Presi due tazze dalla credenza e versai dentro del latte freddo.
Ci accomodammo sul divano, in altre parole il mio letto, e finalmente riuscii a sfamare il mio stomaco vuoto.
« Allora, come ti sono sembrate le leggende del nostro popolo? »
Posai la tazza vuota a terra e le risposi.
« Il racconto di Arnulf mi ha colpito. Le vostre divinità sono così diverse dalle nostre credenze, ma sono rimasto in ascolto, come imbambolato, per tutto il tempo ».
« È una bella storia d’amore. Amore di Thrud per Sigurd, degli dei per il loro popolo ».
Si alzò e raccolse la mia tazza. « Ne vuoi ancora?» e sorrise all’entusiasmo con cui dissi di sì. Quando ritornò dalla cucina, continuò con le sue riflessioni.
« Si narra che l’amore di Thrud fosse stato talmente potente, da impedirle di ascoltare il volere del padre; e il volere di un dio è sicuramente più forte del volere di un uomo che desidera comandare la figlia. Mi piace pensare che l’imprinting che legava i miei genitori avesse un’origine divina, un amore talmente grande da sconfiggere il tempo e la mortalità umana ».
Gli occhi di Ricky brillarono al ricordo dei suoi genitori.
Decisi di farle una domanda personale.
« Potrei sapere come mai tu non sei una lupa? Insomma, nella nostra tribù non ci trasformiamo tutti; nei secoli, molti hanno dimenticato come si fa e solitamente si trasformano soltanto gli uomini. Ma mi sembra di capire che nel villaggio erano tutti dei mutaforma ».
« Sono molti anni che mi faccio la stessa domanda. Tutti i miei amici, arrivati alla pubertà, si sono trasformati. Io no. Mio padre credeva che con il tempo sarei maturata anch’io. Ovviamente non è stato così. È già successo in passato che qualcuno rimanesse in forma umana per tutta la vita. Me ne sono fatta una ragione ».
Tuttavia, i suoi occhi s’intristirono e si abbassarono sul pavimento.
 « Scusa. Sono uno stupido ».
Ricky mi prese delicatamente la mano e mi sorrise.
« Non preoccuparti, Jacob ».
La sua manina, tanto era piccola, si perdeva nel mio palmo enorme. Osservai le nostre dita intrecciate.
« Hai detto che nella tua tribù si trasformano solo gli uomini. Come mai? »
« A dir la verità nel nostro branco c’è una ragazza, Leah. Non sappiamo perché le donne non si trasformino ma lei ha una teoria. Da quando è diventata lupa non ha più le mestruazioni. Crede di essere diventata sterile e per questo è convinta che le donne non debbano trasformarsi, per procreare e far prosperare la tribù ».
Ricky aggrottò le sopracciglia.
« È una teoria abbastanza maschilista, strano che proprio una donna la pensi così ».
Scoppiai a ridere di gusto. Era giunta alla mia stessa conclusione.
« Infatti, secondo me Leah non è nemmeno una donna. È troppo mascolina! »
Due zaffiri glaciali placarono la mia risata immediatamente.
« Devi capirla. Starà soffrendo molto ».
Leah soffriva veramente tanto, non avevo mai parlato con lei del suo problema femminile, ma sapevo benissimo che c’era qualcos’altro a straziarle il cuore. Sam. Sam ed Emily. Mi vergognai di me stesso. Non avrei dovuto prendermi gioco di lei, nonostante i suoi pensieri turbassero l’animo del branco.
« Non credo sia sterile. Ogni lupa del nostro clan ha avuto un figlio: mia madre, le madri dei miei amici…generazioni di lupi nati da lupe. L’assenza delle mestruazioni è normale. Fino a che decidono di rimanere delle mutaforma, la loro mancanza serve a posticipare la menopausa. Se decidessero di rimanere umane e ricominciare a invecchiare quelle ricomparirebbero ».
Rimanemmo a chiacchierare fino alle prime luci dell’alba, quando i primi timidi raggi del Sole bussarono alla finestra del salotto.
La tenue luminescenza illuminò il viso di Ricky per un istante ed io rimasi affascinato da come la sua pelle rifletteva la luce, come se fosse proprio lei a emanarla.
I suoi occhi incontrarono i miei e mi sorrisero, regalandomi un angolo di cielo turchese.
Il mio cuore mancò un paio di battiti; ormai la corazza era stata completamente distrutta dal suo bagliore. 

      

   
 
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