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Autore: Lhea    31/05/2011    3 recensioni
[Seguito de “Il gioco dello Scorpione”]
Sono passati due anni da quando lo Scorpione è finito dietro le sbarre, due anni da quando Irina è tornata a essere una ragazza normale e due anni da quando tutto nella sua vita ha iniziato a prendere la giusta piega… Ma si sa che il passato è sempre difficile da dimenticare, e lei lo sa meglio di tutti.
Il passato si può nascondere, si può rinnegare, si può anche cercare di dimenticarlo, ma non si può cancellare. Perché rimane lì, a ricordarti ciò che sei stata e ciò che sei diventata; rimane lì a farti capire cosa hai perso e cosa hai guadagnato… Il passato torna. E quando torna, un motivo c’è sempre.
E se all’improvviso Fenice tornasse? E se all’improvviso se le venisse offerta la possibilità di correre ancora per una giusta causa, di passare dalla parte “giusta” e coniugare due cose che non aveva mai pensato di poter riunire? E se all’improvviso si rendesse conto che alla fine il suo passato non lo hai mai dimenticato, che ha sempre vissuto all’ombra di ciò che era stata?
Questa volta Irina deve fare una scelta che può cambiare definitivamente il suo mondo, il suo modo di vedere e di vivere… Una scelta che la dividerà da tutto e da tutti, e che sarà la sua unica possibilità per lasciarsi veramente il suo passato alle spalle. Per poi scoprire che in due anni molte cose cambiano, comprese le persone che hanno fatto parte della sua vita.
Questa volta, il passato torna per sconvolgere tutti, per dimostrare che si cade e ci si rialza; per dimostrare che si perde e si vince; per dimostrare che il bene e il male sono solo due visioni relative… Per dimostrare che alle volte le parti si invertono, e ti mostrano quello che veramente c’è da vedere.
[Nota dell’autrice: lasciatemelo dire: questo non sarà il solito seguito. Se torno, torno per stupirvi… E’ una promessa]
POSTATO ULTIMO CAP + EPILOGO
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Gioco dello Scorpione'
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Capitolo XXXX

Capitolo XL

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 9.00 – Mosca, Appartamento di William

 

Irina si mosse appena, gli occhi fissi al soffitto, il respiro regolare, la coperta che gli arrivava sotto il busto. Riusciva a sentire i battiti regolari del suo cuore, il suono del suo fiato che si diffondeva lento nella stanza. I rumori delle auto di sotto le arrivavano come attutiti alle orecchie, ma riusciva a percepire benissimo la presenza che incombeva al suo fianco, silenziosa quanto lei.

 

<< Dovevamo aspettarcelo >> disse all’improvviso William, << Dovevamo immaginare che ci fosse una trappola… Buinov si vuole vendicare per il fatto che gli ho voltato le spalle. Dovevo pensare che avrebbe cercato di farmi fuori… >>.

 

<< Non voleva te, voleva me >> ribatté Irina, << Hanno seguito la mia auto, quando siamo scappati… >>.

 

William rimase in silenzio un momento, poi disse: << Perché? >>.

 

Irina sospirò, per un momento sopraffatta dalla stanchezza, continuando a guardare il soffitto. C’erano tante risposte a quella domanda, ma tutte troppo difficili da dare.

 

<< Le ipotesi sono solo due >> rispose lentamente, << O Buinov mi voleva di nuovo come ostaggio, oppure mi voleva uccidere perché sono diventata un personaggio troppo scomodo per i suoi piani. Propendo per la seconda, visto che ci hanno sparato addosso… >>.

 

William sembrò divertito dalle sue parole.

 

<< Per la prima volta l’obiettivo non ero io >> disse, quasi la cosa lo facesse ridere, << Ma hanno sbagliato bersaglio: la prossima volta che le nostre strade si incroceranno, lo ucciderò come avrei dovuto fare appena ci siamo incontrati… >>.

 

Calò il silenzio, e Irina sentì la mano di William sfiorare la sua, in un gesto che le stava diventando familiare ogni giorno di più, e che gli ricordava come non mai Xander.

 

Lo Scorpione non aveva ancora toccato l’argomento, dopo la sera prima, ma lei era convinta che nella sua testa stesse elaborando qualcosa. Qualcosa di molto pericoloso.

 

Nell’esatto istante in cui l’aveva colpita, Irina aveva creduto di essersi sbagliata su di lui, che effettivamente non sarebbe cambiato mai, che quella sorta di “alchimia” forzata che si era formata tra loro due fosse stata solo una cosa temporanea… Poi aveva sentito la sua voce, dietro la porta chiusa che si era messa davanti per proteggersi, aveva sentito le sue parole, e aveva capito che William stava davvero facendo lo sforzo di cambiare, cambiare solo per lei.

 

Per tutti gli altri, per tutti quelli che l’avevano temuto, che lo temevano ancora e che l’avrebbero temuto in futuro, lui sarebbe stato sempre lo stesso: spietato, crudele, e gelido. Lo Scorpione, e basta. Quello che aveva creato la Black List e che aveva messo nel sacco centinaia di volte la polizia.

 

Ma per lei, per lei stava davvero cercando di cambiare. Con fatica, cadendo e ricadendo nei soliti errori, ma stava cercando di essere stesso, con Fenice. Stava cercando di darle quello che lui aveva sempre preteso per se dagli altri. Lo aveva visto nei suoi occhi, quando aveva aperto la porta e aveva sfidato il destino.

 

“Se ci sarà un dopo, prometto di aiutarti, William. Prometto che non ti lascerò da solo ad affrontare te stesso”.

 

Perché qualunque cosa andava bene, pur di non pensare a Xander. Xander che aveva creduto lontano, che aveva creduto sconfitto, che aveva creduto già parte di un’altra vita. E che invece come un fantasma si era ripresentato di fronte a lei, con una scia di ricordi e di emozioni.

 

E poi c’era Dimitri, Dimitri che rimaneva sempre al suo fianco, anche se non lo vedeva; Dimitri che la lasciava crescere, che la lasciava scegliere, che con le sue poche parole sapeva sempre cosa dire. Dimitri che l’aveva sempre detestata ma che alla fine era venuto a letto con lei, che l’aveva trattata da donna e non da oggetto, da adulta e non da ragazzina.

 

“E tu chi vuoi dei tre, Irina?”.

 

Le scappò una smorfia, mentre si poneva quella domanda, inaspettata anche per se stessa.

 

“Voglio qualcuno che ancora non esiste”.

 

Calò il silenzio, così chiuse gli occhi per cercare di staccarsi un momento dalla realtà, per trovare un momento di serenità nella sua mente confusa e sovraccarica.

 

Perché Xander si faceva rivedere? Perché la scombussolava di nuovo in quel modo? Aveva detto che se ne sarebbe andato…

 

Sospirò, portando le mani alla testa. Avrebbe preferito continuare a non sapere, come era accaduto fino a quel momento, continuando la sua missione in pace almeno da quel punto di vista.

 

Chissà se Dimitri era a conoscenza della presenza di Xander… Sicuramente di qualcosa doveva essere stato informato, ma molto probabilmente aveva preferito tacere: aveva fatto bene, era una scelta che Irina ora apprezzava. La scelta migliore, come tutte quelle che lui era in grado di prendere.

 

<< Tutto questo non ci voleva… >> mormorò, parlando con se stessa, << Passerà del tempo, prima che la Lince voglia di nuovo incontrarci… E noi non possiamo aspettare >>.

 

<< Went non sarà un problema, questa volta >> disse William, tranquillo, << Ora che so che è qui, non riuscirà a prendermi. E se mai ci troveremo nuovamente faccia a faccia, non ci sarà pietà da parte mia… >>.

 

Lo Scorpione sembrava sapere che Xander era lì solo per lui, ma Irina non ne era completamente sicura. In parte doveva centrare anche lei.

 

<< E’ anche qui per me >> disse lei, a voce bassa, << Sono una pilota clandestina che aiuta un ex carcerato e che ormai ha definitivamente smesso di tentare di avere una vita normale. Vuole arrestare anche me. E molto probabilmente vendicarsi per quello che c’è stato… >>.

 

La voce le morì in gola, ma non le venne da piangere. Forse era ora di smettere di fare la bambina, di stare male per qualcosa che aveva voluto anche lei… Si erano lasciati, ed era giusto così. Se non c’era più amore, era inutile andare avanti.

 

Ma l’amore c’era, e lei lo sapeva.

 

Si alzò di scatto, accorgendosi solo in quel momento che William si stava sporgendo verso di lei, e gli andò a sbattere addosso.

 

<< Scusa >> disse, mentre lui inarcava un sopracciglio, perplesso, << E’ che… Ti dispiace se esco a fare quattro passi? >> e voce bassissima, aggiunse, << Da sola? >>.

 

Pensò che William si sarebbe arrabbiato, insospettito, o che avesse una reazione poco gentile. Invece la guardò prima un po’ stupito, poi si fece da parte per lasciarla andare.

 

<< Se è quello che vuoi… Ma stai attenta >> disse.

 

Irina annuì, e mezz’ora dopo usciva di casa, le chiavi della Punto in mano e tanta voglia di silenzio. Faceva freddo, il cielo era grigio, e stringendosi nel giubbotto raggiunse l’auto, sperando che William non la seguisse di nascosto, insospettito dal suo comportamento. Aveva voglia di stare da sola a pensare un po’, a mettere in ordine i suoi sentimenti, o forse più semplicemente per cercare di dimenticare per un momento la sua missione e i suoi doveri.

 

Si sedette al volante della Punto, e un attimo dopo filava lenta per le strade di Mosca, cercando un posto dove stare in santa pace. Guardò più volte nello specchietto retrovisore, senza mai vedere William da nessuna parte.

 

Scelse un piccolo bar dall’aria dimessa, senza fronzoli e insegne vistose. Lasciò la macchina non  troppo lontano, tanto non aveva paura di essere vista, ed entrò, lanciandosi uno sguardo intorno, per intuire se avesse fatto la scelta giusta.

 

Capì subito che non aveva sbagliato: la barista era una signora dall’aria simpatica e bonaria, e ai tavolini di legno era seduta gente perfettamente normale che beveva un caffè, un the o una cioccolata. C’erano anche due signore con una bambina intenta a sporcarsi il vestitino con lo zucchero a velo di un piccolo dolcetto. Le venne un tuffo al cuore, ricordando Yana, ma prese un respiro profondo e si andò a sedere in un angolo, assaporando quel momento di solitudine.

 

C’era tanta, troppa confusione nella sua testa. Non era così che aveva immaginato andassero le cose…

 

“Non ci pensare…”.

 

Sapeva come era fatto Xander: il suo istinto lo portava sempre a difendere i più deboli, e il suo orgoglio ad accettare tutte le sfide. Era stato uno stimolo irresistibile per lui quello di dover di nuovo catturare William e nel frattempo controllare lei…

 

Sbuffò.

 

Ecco ciò che non accettava più di Xander: quel suo modo di considerarla sempre in pericolo, non in grado di cavarsela da sola. Sì, forse era vero, per certi aspetti si cacciava sempre nei guai, ma non le era stata mai data la possibilità di uscirne da sola. Appena aveva dimostrato di esserne capace, aveva messo in crisi Xander

 

Scosse il capo.

 

Per il momento, anche se era lì, non voleva incontrarlo. Faceva già abbastanza male sapere che non se ne era andato, alla fine. E in ogni caso, non avevano più molto da dirsi, visto come si erano lasciati.

 

Ordinò un caffè e uno di quei dolcetti che aveva visto mangiare alla bambina di prima, e rimase a guardare la gente che si muoveva nel locale. Erano tutti tranquilli, ridevano e scherzavano, completamente presi dalla loro semplice esistenza, senza pensieri di sorta. Vivevano quella vita normale che lei alla fine aveva rifiutato.

 

Ad un certo punto sentì il campanellino della porta di ingresso trillare, e comparve Dimitri, gli occhi di ghiaccio che si scrutarono intorno, trovandola al primo colpo, come dotati di un radar. Lo trovò più carino di quanto ricordasse, o forse lei che non lo aveva mai notato.

 

Si chiese cosa ci facesse lì, e come avesse fatto a trovarla, ma il russo l’aveva già raggiunta e si era seduto al tavolo senza dire niente, come se si fossero dati appuntamento.

 

<< Che fai qui? >> soffiò Irina, sorpresa.

 

<< Immagino tu abbia qualche domanda… >> rispose lui, evasivo come al solito.

 

Irina gettò un’occhiata fuori, sperando di non vedere comparire nessun’altro, che fosse Xander o William. Uno non lo voleva vedere perché non era pronta a sorbirsi l’ennesima ramanzina; l’altro perché non voleva mandare a monte la missione.

 

<< Come facevi a sapere che ero qui? >> chiese.

 

Dimitri incrociò le braccia e si lasciò andare a un sorrisetto.

 

<< Stazionavo sotto il tuo appartamento da stamattina alle sei >> rispose, quasi fosse divertito dalla cosa, << E se stai per chiedermi di Challagher… No, non ti ha seguito. Ho aspettato prima di uscire allo scoperto. Sembra fidarsi davvero di te >>.

 

Irina aprì la bocca per dire qualcosa, ma non le venne niente, così la richiuse, sentendosi ridicola. Doveva ammetterlo, vedere Dimitri le faceva piacere: era l’unica persona in quel momento che continuava a non deluderla. Scambiare quattro chiacchere con lui senza sentirsi giudicata era un bel cambiamento.

 

<< State tutti bene? >> domandò lei, fissando la tazzina del caffè vuota, tanto per accertarsi che fosse tutto ok.

 

<< Sì, stiamo benissimo >> rispose Dimitri, quasi sarcastico, << Fammi le domande che ti premono… Non abbiamo tutto il giorno >>. Le rivolse un’occhiata eloquente, come se sapesse che non era quello che voleva sapere.

 

Irina sospirò.

 

<< Da quanto è qui, Xander? >> chiese.

 

<< Esattamente da quando lo sei tu >> rispose il russo, << Appena ha saputo che Challagher era fuggito ed era sulle tue tracce ha deciso di rimanere… >>.

 

Irina scosse il capo.

 

<< Non mi stupisce… >> borbottò, << Perché è venuto da te? >>.

 

Dimitri fece una strana faccia.

 

<< Non è venuto da me >> ribatté, quasi seccato, << Nessuno gli aveva detto che Challagher era qui… Sono stato io a dirglielo, appena prima che prendesse l’aereo per Los Angeles… Subito dopo che tu avevi messo in atto il suo piano idiota >>.

 

Irina rimase impietrita, fissando gli occhi grigi del russo che la scrutavano quasi in segno di sfida. Dimitri che collaborava con Xander? Lo detestava, perché farlo?

 

<< Ah… >> disse lentamente, << E… E perché? >>.

 

<< Avevo bisogno di una mano… O meglio, tu avevi bisogno di aiuto >> rispose Dimitri, << E comunque, era giusto che sapesse >>.

 

Irina lo guardò, e si accorse che c’era una certa tensione nel tono di Dimitri. Era come se fosse arrabbiato, divertito e scocciato al tempo stesso. Per lui doveva essere stata dura collaborare con Xander, ma non capiva comunque perché lo avesse avvertito… Poteva fare da solo, no?

 

<< Forse invece era meglio che non glielo dicessi >> borbottò lei, senza nessuna accusa nella voce, << Forse era meglio che non sapesse nulla… >>.

 

Dimitri la fissò a sua volta.

 

<< Non sai quanto mi costa dirtelo, ma non è qui per te >> disse, quasi ringhiando, << E’ qui solo per Challagher. Detesto il modo di fare di Went, ma devo dire qual è la verità, e la verità è che lui vuole solo catturare di nuovo lo Scorpione… Tu non c’entri >>.

 

Irina storse il naso, senza capire.

 

<< Gli ho chiesto io di collaborare >> aggiunse Dimitri, sempre più seccato, << Lui cercava di prendere Went, e io continuavo a tenere d’occhio te. Ha accettato. E tanto, in ogni caso, abbiamo interesse entrambi a riportarti a casa >>.

 

Irina guardò Dimitri, cercando di capire se quell’ultima frase nascondesse o meno qualche altro significato. Il russo sembrava una statua di pietra, in quel momento, la mascella contratta e le braccia incrociate. Sembrava tutto fuorché contento di stare lì.

 

<< Ti ha mandato lui a dirmi questo? >> chiese lei, riferendosi a Xander.

 

Dimitri fece una faccia infastidita.

 

<< Secondo te io sono il tipo che si fa usare come messaggero da uno sbirro dell’F.B.I.? >> ribattè, << No, non sapeva nemmeno che venivo sotto casa tua >>.

 

Irina continuava a non capire.

 

<< Allora perché mi hai seguito fin qui? >>.

 

<< Sapevo che avevi delle domande >> rispose Dimitri, freddamente, << E dopo quello che è successo ieri, c’erano delle cose che andavano chiarite >>.

 

<< Allora c’era Xander a inseguire William… >> constatò Irina, poi ricordò di aver dato l’ordine di lasciare andare lo Scorpione… << E Xander l’ha fatto fuggire? >>.

 

Il russo si produsse in un’altra smorfia.

 

<< Evidentemente… >> disse solo.

 

Non voleva dire niente, ma Xander aveva pur sempre seguito un suo ordine… Irina sentì di esserne profondamente stupita.

 

<< Sapeva che sono stata io a chiedere di lasciarlo andare? >>.

 

<< Sì, lo sapeva >>.

 

Irina si lasciò scappare un piccolo sorriso: doveva essere costato molto a Xander

 

<< Non riesco a riconoscere più nessuno, da qualche tempo a questa parte… >> mormorò alla fine, quasi a se stessa.

 

William non si comportava più da William, Xander non si comportava più da Xander… E nemmeno lei era più la solita Irina. Alzò lo sguardo su Dimitri, l’unico che le era sembrato un imprescindibile punto fisso, ma capì che nemmeno lui era più lo stesso… E allora si ricordò quello che era successo tra loro, la promessa che aveva fatto prima di gettarsi a capo fitto nella sua missione disperata… E capì che Dimitri stava giocando contro se stesso, che lo stava facendo apposta a metterla in confusione con Xander, mostrandoglielo pentito…

 

<< Perché stai facendo tutto questo, Dimitri? >> domandò Irina.

 

Lui fece un mezzo sorrisetto.

 

<< Tutto questo cosa? >> ribatté.

 

<< Lo sai >> rispose lei, poi arrossì di colpo, << Tutto questo è… controproducente nei tuoi confronti. A meno che io non abbia capito male… >>. Non poté farci niente, ma le tornò in mente quella notte durante la Mosca-Cherepova

 

Dimitri incrociò di nuovo le braccia, quasi divertito.

 

<< Chi ti dice che sia controproducente? >> disse, << Lo sarebbe se tu fossi stupida, ma non lo sei. E nessuno di noi ha capito male… Tranne Went, che sta diventando insopportabile >>.

 

Irina non comprese bene la sua risposta: c’erano troppe cose tutte insieme.

 

<< Stai lavorando con lui? >> domandò.

 

Dimitri fece una mezza risata.

 

<< Lavorando… Viviamo nello stesso appartamento da quando l’ho informato del tuo piano >> rispose, << Ho fatto uno sforzo enorme per non tirargli un pugno in faccia i primi giorni, ma devo ammettere che è migliorato… Non è più l’invasato che faceva scenate di gelosia >>.

 

Irina guardò attentamente il russo per capire cosa gli stesse passando per la testa: convivere a stretto contatto con Xander? Si detestavano a vicenda, dovevano aver davvero cambiato mentalità per non scannarsi…

 

Poi però capì che tutto quello che Dimitri aveva fatto, lo aveva fatto per lei. Aveva informato Xander perché credeva fosse la mossa migliore, e aveva accettato anche di ospitarlo nel suo appartamento perché pensava di aver maggiori possibilità di aiutarla…

 

Doveva essergli grata, e lei lo era, ma qualcosa strideva dentro di lei, qualcosa che gli diceva che forse, nonostante la promessa che gli avesse fatto, forse non poteva ricambiare quell’interesse… O forse sì?

 

Ora che Xander era tornato, e che sembrava anche essere cambiato, non poteva fare a meno di pensare a lui…

 

<< Vuoi incontrarlo? >> domandò all’improvviso Dimitri.

 

Irina spalancò gli occhi, poi abbassò lo sguardo.

 

<< No, non adesso… >> mormorò.

 

Dimitri diventò serio.

 

<< , nemmeno lui, se per questo… >> disse.

 

<< Allora perché me lo hai chiesto? >>.

 

<< Era una domanda… Non ho detto niente a Went di quello che è successo durante la Mosca-Cherepova, ma immagino lui voglia chiedertelo… >>.

 

C’era una vaga nota divertita nella voce di Dimitri, ma Irina non capì perché fosse rimasto zitto su quel punto: se voleva fare un dispetto a Xander, sarebbe stato l’ideale raccontargli come erano andate le cose… In fondo, tutti sapevano che lui era andato a letto con Nina, e fargli patire la stessa cosa che aveva patito lei poteva essere un’idea allettante…

 

Irina scosse il capo: la situazione era ridicola, e se ne rendeva conto.

 

Forse doveva parlare con Xander, e molto probabilmente anche con Dimitri. Doveva chiarire la situazione, anche perché non sapeva cosa si fossero detti quei due…

 

<< Dimitri, io non voglio prendere in giro nessuno >> iniziò, << L’arrivo di Xander non significa niente, per il momento. Solo che… >>.

 

Il russo le lanciò un’occhiata di ghiaccio.

 

<< Non c’è niente da chiarire tra noi >> ringhiò, come se non volesse parlare della cosa, << Io ho tutto ben chiaro… Sei tu quella che ha due alternative di fronte: ti alzi e vieni qui da me, oppure rimani lì, standomi ben lontana >>.

 

Più che un invito sembrava una minaccia, ma Irina rimase colpita di più dall’irruenza con cui aveva parlato, senza tanti preamboli come era solito fare, che dal contenuto della sua frase… E si chiese cosa stesse provando lui in quel momento. Se, in qualche luogo profondo del suo cuore, stesse soffrendo per lei e per la sua indecisione…

 

In fondo, aveva scelto di venire a letto con lei. Era stato lui a cominciare, e lei sapeva che quel russo dal cuore di ghiaccio in realtà non era freddo come appariva, né che non fosse in grado di provare dei sentimenti. Aveva conosciuto parti di lui che non aveva immaginato esistessero, e non avrebbe mai negato per ne era stata attratta…

 

Afferrò il tavolo, e per un momento fu davvero tentata di raggiungerlo, ma qualcosa le gridò di stare ferma, perché stava già mentendo troppo sui suoi sentimenti… Stava già giocando troppo con la pazienza altrui, e soprattutto stava mentendo troppo a stessa.

 

Si guardarono in faccia per un momento, poi sul volto di Dimitri si dipinse un sorrisetto, e scosse il capo, come per scacciare un pensiero. Non sembrava deluso né arrabbiato: era come se si fosse aspettato la sua reazione.

 

<< Non metto fretta a nessuno, Fenice >> disse, << Ti lascio alle tue scelte… Ci sentiamo >>.

 

Si alzò e se ne andò più tranquillo di quando lei potesse tollerare, e uscì dal locale. Irina rimase a guardare la porta dalla quale era uscito, per poi passarsi una mano tra i capelli, sospirando.

 

Era sempre più irrimediabilmente nei guai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 12.00 – Appartamento di William

 

Lo Scorpione sputò la boccata di fumo nell’aria della cucina deserta, la musica soffusa dello stereo che gli arrivava alle orecchie, il bicchiere della birra già mezzo vuoto. Stava semisdraiato sulla sedia, le gambe allungate sotto il tavolo, gli occhi rivolti contro la parete dove l’orologio ticchettava insistentemente.

 

Irina era uscita già da un po’; non sapeva dov’era né cosa stesse facendo, ma ciò che gli importava solo era che tornasse.

 

Tutto andava male, eppure non riusciva a essere incazzato con il mondo. I suoi piani con la Lince non erano nemmeno decollati, era ricercato dalla polizia e da Went, ma non gli importava. Ora ogni che passava, capiva sempre più che ciò che aveva in quel momento era meglio di quello che aveva avuto in passato…

 

Quella attesa palesemente tranquilla e rassegnata lo dimostrava: aspettava, aspettava senza sapere che cosa.

 

“Forse le mie priorità possono cambiare… Forse posso anche aspettare un po’ più del dovuto…”.

 

Guardò il soffitto, la sigaretta tra le labbra, e sorrise, da solo, in quella cucina misera e povera; sorrise, come uno stupido, sorrise sapendo che Irina lo aveva cambiato, che lo stava cambiando… Che con lei si era rammollito, che lei sarebbe stata l’unica persona al mondo che non avrebbe mai potuto uccidere…

 

E proprio per quello, sentiva che era disposto a tutto per non perderla mai più, non ora che non poteva più vivere senza di lei. Era disposto a tutto, ad aspettare, a tollerare, a uccidere.

 

Appoggiò la pistola sul tavolo, la sigaretta che fumava ancora, e fece un altro sorriso.

 

“Se sei qui per lei, Went, morirai. Se sei qui per riprendertela, questa volta non ci riuscirai. Lei è mia. E’ mia perché vuole esserlo. E tu non potrai fare altro che accettarlo”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 13.00 – Mosca

 

Irina ingranò la prima e partì lentamente, uscendo dal parcheggio del centro commerciale che aveva visitato qualche settimana prima con Yana e nel quale era tornata per passare ancora qualche momento da sola, diretta a casa, la mente ancora piena di pensieri ma il cuore un po’ più leggero.

 

Aveva capito che alla fine non poteva fare altro che aspettare, aspettare che i suoi sentimenti si rimettessero a posto da soli. Prima o poi il suo cuore le avrebbe indicato la strada giusta, e lei l’avrebbe seguita. Fino ad allora, avrebbe atteso senza impazienza, sperando di non far soffrire troppo chi le voleva bene.

 

Si fermò al semaforo, picchiettando con le dita sul volante, sapendo di dover tornare a casa: aveva messo fin troppo alla prova la pazienza di William, e non voleva rischiare di farlo arrabbiare.

 

Qualcosa però attirò la sua attenzione: c’era una grossa auto scura, nascosta da quella ferma dietro di lei. La vedeva dallo specchietto retrovisore, ma ne sentiva soprattutto il rumore: un sordo rombo molto simile a quello delle auto da corsa a cui era abituata. Non riusciva a capire che modello fosse, ma qualcosa le disse che doveva essere una del giro.

 

Partì lentamente, diretta verso la periferia di Mosca, finché qualche isolato dopo l’auto che le faceva da schermo cambiò strada e lei poté vedere di chi si trattava.

 

Era una Honda Accord modificata, con un vistoso alettone sul portellone posteriore e i vetri oscurati. Non ricordò di averla mai vista da quelle parti, ma doveva aspettarsi di incontrare altri piloti clandestini, visto il giro che frequentava.

 

Dopo un paio di isolati, però, si accorse che l’auto sembrava seguirla… Non poteva certo fare proprio la sua stessa strada, e non per un tratto così lungo.

 

Iniziò a provare un po’ di nervosismo. Premette leggermente più a fondo l’acceleratore, sfilando a passo sostenuto lungo la via poco trafficata, e la Accord le rimase dietro, non troppo vicina da rappresentare una minaccia, ma nemmeno troppo lontana per non destare qualche sospetto.

 

“Potrebbe anche essere una coincidenza…”.

 

Decise di fare una prova.

 

Inserì la freccia per svoltare a sinistra all’incrocio e si mise sulla corsia giusta, rallentando appena. Rimase a fissare lo specchietto, e la Honda fece lo stesso: le si mise in coda, l’indicatore sinistro che lampeggiava…

 

Un secondo, e Irina scartò di lato, svoltando a destra. Con una sgommata, la Accord la seguì nel vicolo in cui si era infilata, e lei ebbe la conferma definitiva che la stava seguendo.

 

Chi fosse non lo sapeva, ma aprì lo sportello del portaoggetti e tirò fuori la pistola, togliendo rapidamente la sicura. Il tempo di abbassare lo sguardo un momento, e la Honda sembrava essersi avvicinata.

 

Con i vetri oscurati non riusciva a capire chi fosse, quindi poteva trattarsi anche di qualcuno che conosceva… Però un leggero solletico allo stomaco le diceva che sicuramente in quella macchina non c’era né Dimitri, né Xander né nessuno che potesse essere considerato suo amico.

 

Svoltò a destra, sapendo di imboccare una sopraelevata che l’avrebbe portata dalla parte opposta di dove doveva andare. Accelerò, mentre la Accord continuava a seguirla a breve distanza.

 

Non voleva correre il rischio di essere messa in trappola, così decise di seminarla. Affondò il piede sul pedale, e schizzò in avanti, gettandosi tra le utilitarie che procedevano lente…

 

Con un ruggito, la Honda le rimase incollata. Seguì la sua traiettoria, scansando le altre macchine, e Irina cercò una via di fuga.

 

Vide la lancetta del tachimetro schizzare in alto, il rumore del motore farsi più forte, la stretta sul volante più salda… Lo avrebbe seminato con una mossa delle sue, filando via alla prima occasione…

 

Vide il cartello che indicava l’uscita per la zona nord della città, ma si spostò a sinistra per dare l’idea che aveva intenzione di proseguire diritto… La Honda le rimase dietro, senza accennare a speronarla, ma continuando a starle appiccicata…

 

“Chiunque tu sia, ora ti frego”.

 

Fece appena in tempo a spostare lo sguardo, che alla sua destra comparve un’altra auto, una grossa Infiniti G37 rossa che la costrinse a spostarsi di lato, bloccandole la via di fuga…

 

<< Al diavolo! >>.

 

Irina sentì la tensione salire, e comprese che quello era un vero e proprio agguato. Fu costretta a proseguire diritto, cercando di defilarsi tra il traffico, ma davanti aveva delle utilitarie troppo lente e di fianco la Honda e la Infiniti la tallonavano senza lasciarla scappare…

 

Poi, un grosso Suv Chevrolet apparve alla sua sinistra, e lei riuscì a vedere la faccia di chi la stava inseguendo: era un tizio che non aveva davvero mai visto, gli occhiali da sole a mascherargli il volto, una anonima barba nera a contornargli la bocca.

 

Aveva una pistola in mano, e le fece cenno di spostarsi verso la corsia di destra, forse per condurla fuori.

 

Irina non aveva altra scelta, anche perché quel Suv poteva sbatterla fuori fin troppo facilmente, così si spostò lentamente di lato, senza capire cosa volessero da lei. Intanto il suo cuore iniziava a battere sempre più forte…

 

Il Suv le bloccò la strada, e lei capì di dover imboccare l’uscita: scese la rampa, la Honda che le stava davanti, e un attimo dopo veniva condotta in un vicolo buio e isolato. La Infiniti si fermò dietro di lei, bloccandole la strada.

 

Irina guardò dallo specchietto retrovisore, cercando di contare quanti fossero: sei uomini adulti, tutti armati di almeno una pistola. Sei uomini dalle facce completamente nuove, che non gli ricordavano nessuno. Che volevano da lei?

 

Cercò rapidamente il cellulare, ma sentì battere contro il vetro: il tizio di prima le fece cenno di scendere, gli occhiali da sole che gli nascondevano ancora lo sguardo.

 

Irina esitò. Forse era meglio ingranare la marcia e farsi strada a forza, rischiando anche di distruggere la macchina e farsi sparare addosso… Erano troppi per lei, non poteva certo affrontarli con una sola pistola…

 

E qualcosa le diceva che non dovevano avere buone intenzioni, chiunque fossero e qualunque cosa avessero in mente.

 

“Me ne devo andare di qui…”.

 

Prima di avere il tempo di capire quello che stava per fare, Irina ingranò la retro e spinse la Infiniti, facendola schizzare indietro insieme ai pezzi di vetro dei fari e dei paraurti. La lamiera si accartocciò mentre speronava la G37 facendo surriscaldare il motore, aprendosi la strada oltre il buco in cui l’avevano intrappolata…

 

I russi gridarono, ma lei continuò la sua fuga. Uscì dal vicolo, il vetro posteriore della Punto crepato in più punti, sperando di riuscire a scappare prima che avessero il tempo di seguirla…

 

Cercò di fare inversione, ma sentì il rumore dei proiettili irrompere nell’aria, e qualcosa bucò il cofano della macchina… Affondò il piede sull’acceleratore, ma uno scoppio sordo la costrinse a inchiodare…

 

Sentì qualcosa soffiare, come uno spiffero di vento insistente…

 

Gomme bucate.

 

Imprecò, mentre sentiva i cerchioni rotolare sull’asfalto, le gomme completamente a terra… Un attimo dopo, una scia di scintille si alzò dai lati del cofano, mentre la lega di metallo strideva sul cemento sempre più lenta

 

Poi la Punto fu costretta a fermarsi, definitivamente sconfitta, e Irina ebbe un attimo di panico. Improvvisamente si rese conto che era davvero in trappola, che persino la sua auto l’aveva abbandonata…

 

Rimase immobile a fissare lo specchietto retrovisore, la carcassa della Infiniti con il muso schiacciato che campeggiava al centro della strada, le crepe nel vetro della Punto a fare da sfondo… I russi la stavano raggiungendo a piedi, e avevano l’aria di essere molto arrabbiati…

 

Ma che diavolo ho fatto?”.

 

In un attimo capì di aver sbagliato tutto, che avrebbe dovuto chiamare subito aiuto, che non avrebbe dovuto lasciarsi condurre in trappola, e che non avrebbe dovuto fare quella stupida mossa per cercare di fuggire…

 

Doveva prendere la pistola, lo sapeva, e cercare almeno di difendersi in quell’ultimo frangente, ma non riusciva a sbloccarsi: era come se il suo corpo non rispondesse più ai comandi del suo cervello.

 

Il tizio con la barba si affiancò alla Punto e le fece cenno di scendere. Irina aprì lentamente la porta, ma un altro russo la spalancò di colpo senza lasciarle il tempo di uscire e la afferrò, sbattendola violentemente sulla fiancata dell’auto, strappandole di mano la sua arma e puntandole la pistola alla tempia.

 

Irina sentì il cuore accelerare a ritmi forsennati, ma l’uomo con la barba gridò qualcosa, e l’altro russo non le sparò, continuando però a tenerla stretta, senza lasciarle una possibilità di fuga.

 

<< Non ti faremo del male >> disse il tizio barbuto, in uno stentatissimo inglese, che chiaramente faceva fatica a parlare, << Solo la macchina… >>.

 

Irina cercò di divincolarsi, ma il russo la tenne stretta. Lo sguardo le cadde sugli altri uomini che in quel momento la guardavano in cagnesco, e uno di loro accarezzava con aria famelica un coltello affilato… Nonostante la paura, cercò di ricordarsi che era una pilota clandestina, e che non era la prima volta che finiva in situazioni del genere…

 

<< Chi vi manda? >> ringhiò.

 

<< E’ segreto >> rispose il russo, trafficando per prendere le chiavi dell’auto dal cruscotto della Punto, << Ma è avvertimento, questo. Auto troppo strana per passare inosservata >>. Batté sul tetto della macchina, sorridendo malignamente.

 

Qualcuno ridacchiò mentre lei cercava per l’ennesima volta di liberarsi.

 

<< Che ci volete fare con la mia macchina? >> chiese, sentendosi sempre più schiacciata contro il vetro crepato dell’auto.

 

<< Niente. Ottima da vendere >> rispose il russo, poi fece un cenno con la testa ai suoi compagni.

 

Irina venne trascinata a bordo della strada, ed ebbe finalmente la visione completa della scena.

 

Sentì un tuffo al cuore quando si accorse di come era ridotta la Punto: non capiva come quei russi potessero pensare che fosse ottima da vendere. Era distrutta: addosso portava ancora i segni della Mosca-Cherepova, delle gare che aveva fatto e della sparatoria con Vladimir… E a tutto quello si erano andati a sommare i danni che lei le aveva procurato cercando di scappare. Della sua Punto, della sua “Belva”, non rimaneva altro che una auto vecchia, dai vetri spaccati, i paraurti cadenti e le ruote bucate. Un rottame che le era stato fedele fino alla fine, nonostante fosse stato maltrattato più del dovuto. E che ora l’abbandonava, allo stremo delle forze.

 

“Che cosa ho fatto?” si domandò di nuovo.

 

Le venne da piangere, ma ricacciò indietro le lacrime, dandosi dell’idiota: aveva trascurato tutti, persino la sua auto. E la sua auto ora le stava dando la lezione che meritava.

 

Non potè fare niente, tenuta stretta dal russo e con la pistola puntata alla tempia. Guardò il gruppo di uomini affaccendarsi intorno alla Punto, mentre un grosso camion sbucava dall’angolo della strada deserta e si fermava proprio davanti a loro.

 

In pochi attimi, l’auto venne caricata sopra, mentre sull’asfalto rimanevano le schegge dei fari e i pezzi di lamiera della carrozzeria. La Punto sparì, ingoiata dal furgone, senza poter opporre resistenza. E Irina sentì le lacrime scendere, dimentica del pericolo che lei stessa correva, dimentica di tutto, perché ciò che le stavano portando via era un pezzo della sua anima… Pezzo che in quell’ultimo periodo aveva dimenticato.

 

Sentì che la costringevano a sedersi a terra, ma lei continuò a fissare il camion all’interno del quale giaceva la sua Punto, e si chiese solo vagamente se volessero ucciderla.

 

<< Ricorda: avvertimento >> disse il russo con la barba scura, << Devi andare via da Mosca >>

 

I russi risalirono velocemente sulle loro auto e sgommarono via, portandosi dietro tutto, anche il suo cellulare. Sparirono in un attimo dietro l’angolo, il rombo dei motori che svaniva in lontananza, gli occhi di Irina che rimanevano incollati al punto dove poco prima c’era la Punto…

 

E allora scoppiò a piangere, fregandosene di essere stata appena abbandonata senza niente, da sola e al freddo. Non gli importava di niente, tranne che le avevano appena portato via la cosa che aveva di più caro al mondo… Tranne che capiva di aver sbagliato, ancora e per l’ennesima volta, e niente poteva farla tornare indietro.

 

Perché accettare quella missione era stato il suo ultimo passo falso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 14.30 – Appartamento di William

 

Il cellulare squillò proprio mentre William era affacciato alla finestra, a scrutare la strada in attesa che Irina tornasse. Era troppo tempo che stava fuori, e iniziava a innervosirsi…

 

Sul display vide brillare un numero sconosciuto, e si chiese chi potesse essere… Magari la Lince?

 

<< William? >>.

 

La voce era quella di Irina, bassa ma inconfondibile, e lui si sentì vagamente irritato. Se telefonava significava che ancora non sarebbe tornata a casa…

 

<< Da dove chiami? >> chiese.

 

<< Da un bar >> rispose Irina, << Mi hanno rubato la macchina… Mi puoi venire a prendere? >>.

 

William rimase di sasso.

 

<< Cosa? >>.

 

<< Mi hanno rubato la Punto >> ripetè Irina, e per un attimo gli sembrò che stesse per piangere, << Non so chi fossero… >>.

 

Nella mente di William passarono una serie di pensieri a una velocità impressionante: rabbia, fastidio, irritazione e poi un vago, vaghissimo senso di paura. Paura non per lui, ma per Irina.

 

Gli si dipinse davanti l’immagine di un agguato, di tutti i pericoli che comportava, di una banda di russi che aveva in mano Irina, sola e indifesa… Avrebbe potuto morire, se ne rese conto. Avrebbero potuto ammazzarla…

 

<< Come stai? >> abbaiò, quasi arrabbiato.

 

<< Bene… >> rispose Irina a bassa voce, << Non… >>.

 

<< Dove sei che vengo a prenderti? >> domandò secco lui.

 

Irina gli comunicò rapidamente la via del locale dove si trovava, mentre lui afferrava le chiavi della Bugatti e iniziava a scendere le scale.

 

<< Aspettami lì. Arrivo >>.

 

Chiuse il telefono e raggiunse l’auto in pochi secondi, la rabbia che gli ribolliva nelle vene. Impostò il navigatore premendo sullo schermo con foga, poi schiacciò l’acceleratore e partì in direzione di Mosca Nord.

 

Mentre guidava schivando le auto normali che gli intralciavano la strada, provava un sentimento che aveva sempre imparato a tenere a bada, ma che questa volta era troppo potente per essere mascherato.

 

Aveva paura.

 

Aveva una fottutissima paura di perdere Irina, di aver corso il rischio di vederla ammazzata per una stupida auto…

 

Senza di lei le cose non sarebbero mai state le stesse… Senza Irina la sua esistenza non avrebbe avuto senso… Non più, ora che lei faceva completamente parte della sua vita…

 

L’aveva tradito, sì, ma era tornata da lui.

 

Trovò subito il bar dove lo aspettava Irina. Non parcheggiò nemmeno: lasciò la Bugatti in doppia fila, senza preoccuparsi di chiuderla, e spalancò la porta del locale come una furia, attirando lo sguardo spaventato dei presenti.

 

Irina era seduta a un tavolino, da sola, a sorseggiare qualcosa di caldo da una tazza, gli occhi bassi. Stava bene, non sembrava essere ferita o riportare segni di percosse; forse era solo un po’ infreddolita, a giudicare dalle guance rosse e da come stringeva la tazza.

 

Quando lo sentì andare verso di lei, Irina alzò gli occhi, e William si accorse che se il suo fisico stava bene, non si poteva dire altrettanto della sua anima. Gli occhi erano pieni di un’immensa tristezza che lui non aveva mai visto, dell’evidente segno della sconfitta che era tanto tempo che non scorgeva nelle sue iridi scure.

 

<< Che diavolo è successo? >> domandò lui, gli occhi che non si staccavano dal suo volto, stranamente distaccato anche se dentro ribolliva.

 

Irina scosse il capo.

 

<< Qualcuno mi ha mandato un avvertimento >> rispose lei, alzandosi, << Per favore, andiamo a casa. Parliamone dopo >>.

 

Gli rivolse un’occhiata, e per quanto William volesse sapere esattamente come erano andate le cose, non riuscì a rifiutare. Annuì, un improvviso ed enorme sollievo addosso mentre la guardava tirarsi in piedi, stanca e provata, ma viva. Ebbe la tentazione di toccarla, di sfiorare il suo braccio, ma qualcosa lo trattenne.

 

<< Mettiti la mia giacca >> disse all’improvviso.

 

Gliela porse e Irina la prese con cautela, quasi non fosse certa di quello che stava facendo. Lui andò a pagare quello che aveva consumato, poi la raggiunse e salirono in macchina.

 

Improvvisamente, William si rese conto di non sapere che cosa dire. Al di là di chiedergli cosa era successo, non sapeva come comportarsi. O forse lo sapeva, ma gli veniva difficile. Era talmente sollevato di vederla viva che tutto gli sembrava superfluo. Persino sapere perché le avevano rubato l’auto.

 

<< Stai bene? >> domandò nuovamente.

 

Irina si lasciò andare sul sedile, fissando il tetto dell’auto.

 

<< Sì, sto bene… >> esalò, << Hanno preso solo la mia macchina… >>.

 

Poi William capì, perché ricordò qualcosa che in qualche modo lo riportò nuovamente indietro nel tempo.

 

Irina amava la sua auto quasi quanto amava stessa. Quella Punto, che lui aveva sempre in qualche modo detestato, era per Fenice la cosa più importante che avesse ottenuto dalle corse clandestine. Era la macchina che l’aveva fatta arrivare al terzo posto della Black List; era la macchina che le aveva consentito di pagare i debiti di suo fratello; era la macchina che l’aveva resa libera.

 

Toglierle la Punto era come portarle via un pezzo del cuore.

 

E lui lo aveva fatto, in passato.

 

Trovò paradossale la situazione, ma ora odiava a morte chi aveva fatto esattamente ciò che aveva fatto lui.

 

Capì l’ennesimo errore che nel passato aveva fatto con lei; errore che nessuno poteva cancellare.

 

<< E adesso io come faccio? >> disse improvvisamente Irina, la voce bassa e stentata, << Come faccio? Almeno la macchina… >>.

 

William fermò la Bugatti e guardò Irina in volto, per vedere che era distrutta, che sembrava aver perso ogni voglia di vivere… Forse voleva piangere, o forse era talmente sconvolta da non riuscire a farlo.

 

La Punto era pur sempre un’auto, un oggetto, ma William sapeva che dirle che poteva averne un’altra, magari migliore, magari più bella, non sarebbe servito a niente. Irina rivoleva la sua, di Punto, quella che aveva comprato quattro anni prima e con la quale aveva vinto tutte le sfide che le si erano parate davanti… Non poteva corromperla, ormai lo aveva imparato.

 

<< Li conoscevi? >> domandò.

 

Irina scosse il capo, una lacrima che le rigava la guancia.

 

<< Non li avevo mai visti… >>.

 

William parcheggiò l’auto davanti a casa, e Irina scese prima di lasciargli il tempo di formulare qualche altra domanda. Salirono di sopra senza dire nulla, con la ragazza che continuava a tenere lo sguardo basso.

 

Una volta in casa, William non riuscì più a trattenersi: la afferrò per i fianchi e la costrinse a guardarlo in faccia.

 

<< Irina, mi hai fatto preoccupare davvero >> le soffiò sulle labbra, serio.

 

Irina rimase distaccata, quasi fredda, mentre lui la guardava insistentemente e lei continuava invece a rivolgere gli occhi altrove.

 

<< Will… >> disse piano, poi scoppiò a piangere, e gli avvolse le braccia intorno al collo, singhiozzando.

 

Lo Scorpione rimase di sasso di fronte a quello slancio, a quell’esplicita ricerca di affetto da parte di Irina. E capì che se lei era arrivata a comportarsi così, qualcosa doveva essere davvero cambiato.

 

La strinse a sé, nel primo vero abbraccio della loro vita, e rimase a pensare che ora davvero tutto passava in secondo piano.

 

Che lui e Irina sarebbero rimasti insieme, al di là di tutto.

 

Anche al di là della Black List.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Come sempre vi chiedo scusa, ma davvero in questo periodo sono sommersa di cose da fare. Per questo vi dico già che per il prossimo capitolo dovrete aspettare un po’, come del resto per questo: devo scrivere la relazione di laurea, cosa che mi porterà via un bel po’ di tempo. Cercherò di andare avanti comunque, ma non aspettatevi niente per un mesetto. Se poi riuscirò a scrivere qualcosa prima, naturalmente aggiornerò immediatamente.

Per il resto, non so quanti cap mancano alla fine, ma per non rovinare il finale non dico niente riguardo alle sorti dei personaggi… Meglio il “no comment”.

 

Ora, vi ringrazio come sempre per il fatto che continuate a seguirmi nonostante i miei clamorosi e fastidiosi ritardi: grazie a tutti voi.

 

 

 

 

 

 

  
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