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Autore: Macchia argentata    02/06/2011    14 recensioni
Parigi non è più un luogo sicuro per la nobiltà: un misterioso Cavaliere dal volto coperto ha iniziato a saccheggiare l’aristocrazia per favorire il popolo. Oscar è sulle sue tracce, e una notte, scorgendo una figura in nero che si aggira sui tetti di Parigi, crede di aver finalmente messo le mani sul tanto discusso criminale. Ma l’uomo da lei catturato si rivelerà essere ben altro che un ladro. Chi è il Cavaliere dalla piuma bianca? E in che modo opererà nelle vite di Oscar e Andrè?
Mi avvicinai a lui: “Siete un tipo bizzarro. Un originale dei più strambi…Con voi si imparano strane cose.” L’uomo mi scrutò, portandosi una mano al mento. “Potreste avere ragione, dopotutto. Sapete cosa ho pensato? Scriverò un libro.” Portò la mano davanti a sé, disegnando un arco nell’aria, “Storia della mia vita. Che ve ne sembra?”
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alain de Soisson, Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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44 4 - Notte brava

Mio caro Casanova, non le ho forse dimostrato che i miei sentimenti sono immutabili? Perché, dunque, farmi l’ingiustizia di pensare che la calunnia sia capace di raffreddare la tenerezza infinita che sento per lei? Oh, Giacometto mio! Oh, Casanova, caro Giacomo, caro amante, marito o amico - sia come lei vuole -  voglia finalmente credere che io l’amo con tutta l’anima mia, che lei è tutto il mio bene e che voglio vivere unicamente per lei! Che attendo il momento di riunirmi a lei con un’impazienza che può essere frutto soltanto di un amore come il mio! Che il primo momento in cui comincerò a vivere sarà quando otterrò la felicità di donarle la mia fedeltà! Che non rimpiangerò questa vita se non perché mi separerà da ciò ch’io amo più della vita stessa! Lei è la mia prima autentica passione…
(1)

“Bla, bla, bla…e via discorrendo. Avete capito, adesso, cosa intendo per ‘far capitolare una donna’?”
Piegai la lettera e la lasciai cadere sullo scrittoio. Il servitore dei de Jarjayes mi osservava con gli occhi spalancati.
“E…questa donna?”
“Manon Balletti…” Ripensai con tenerezza a quella dolce e incantevole ragazza, andata in sposa ad un orrido vecchio. “Mi offrì il suo cuore…Ma non osai prenderlo. Ne avrei fatto scempio, e una tale delicata purezza andava conservata intatta.”
Dal mucchio di lettere che avevo rovesciato sul tavolino per farne mostra al mio nuovo allievo estrassi un biglietto ormai ingiallito.

Buonanotte, buonanotte, è ora di dormire, ricolma della sua immagine, carezzandola, rivolgendole i nomi più teneri, immaginando, per lusingare la tenerezza, che lei li ascolti e ne sia sensibile. Addio, mio unico amore, che abbraccio con tutto il cuore.(2)

Una brava ragazza, fin troppo ingenua, nel suo candido infantilismo.
Il ragazzo che mi sedeva dinnanzi divorava con lo sguardo le numerose buste che riempivano lo scrittoio, alcune  macchiate di aloni giallognoli per via dei profumi che vi erano stati spruzzati sopra, altre ricolme di fiori ormai secchi, altre ancora con impressi baci vermigli.
Un vero e proprio bottino di guerra. Ne andavo piuttosto fiero.
“Io non…non ho mai ricevuto lettere da una donna.” C’era una certa titubanza nel modo in cui lo disse, unita ad un vago imbarazzo, al punto da spingermi ad osservarlo con più attenzione.
“Capisco. Non è un dramma…Ma almeno avete…?”
Lo osservai con il sopracciglio levato.
Andrè arrossì.
“Si, naturale.”
Evitava il mio sguardo.
“Con o senza bisogno di staccare il borsello dalla cintola?”
Il silenzio che seguì mi dette la risposta che cercavo.
“Andiamo bene…” Sospirai, adagiandomi contro lo schienale. “Siete praticamente vergine!”
“Non…direi.”
“Guardatemi negli occhi, mio caro amico.  Voi non vi siete mai portato a letto una donna perché vi aggradava farlo. Avete preso piacere dalle donne con cui siete stato, ma non ne avete mai corteggiata nessuna! Siete decisamente vergine in quel senso…”
Andrè si levò di scatto.
“Non so nemmeno perché vi sto ad ascoltare…Tutto questo è ridicolo!”
“Suvvia, calmatevi, sedete. Siete un tipo piuttosto irascibile, sapete?” Gli sorrisi amabilmente “Ma perché scaldarsi tanto? Immagino che vi siate conservato fino a questo momento per colei che sola governa il vostro cuore. E’ ammirevole. Molto romantico, davvero. Ma d’amore platonico non si vive, checché si possa dire il contrario. Conosco un paio di novizie che non confuterebbero questa teoria…ma sto divagando. Cosa stavamo dicendo? Ah, si, discutevamo sul vostro preservarvi ibernato in vista di tempi migliori. Sbagliate strategia, mio buon Andrè, vi state perdendo il meglio della vita, fidatevi!”
Andrè, ancora in piedi, mi osservava sospettoso.
“Monsieur, non so dove volete andare a parare, ma i vostri discorsi, in questo senso, mi interessano poco. Se vivo la vita che vivo è perché…è la vita che ho scelto. E non la cambierò per divertire voi.”
“Bene, allora mi prenderò la vostra Oscar.” Mi allungai sullo schienale, portandomi il braccio sano  dietro la nuca “Mentre voi vi genuflettete sui ceci per preservarvi casto e puro. Del resto, si vocifera che ci sappia fare con le donne, io.”
“Siete…” Andrè fremeva.
“Coraggio, finite la frase.” Chiusi gli occhi, “Michelino!”, chiamai nel frattempo.
“Siete…”
“Michelino! Ma dove si è cacciato quel servente dell’ostrega!”
“Siete un…”
“Ma suvvia, dite quel che dovete dire, non statevene lì a boccheggiare, che dobbiamo uscire!”
Andrè parve sgonfiarsi di colpo.
“Uscire? Per andare dove?”
Sembrava perplesso.
“Che domande! A prendere una boccata di vita! Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza (3)…avete presente? Standovene chiuso fra queste mura, rigido come un baccalà, non migliorerete certo la vostra situazione! Oh, Michelino, eccoti. Portami una giacca e una parrucca, per il mio amico qua, che abbiamo fretta!”
“Ma io…Io non posso uscire, sono in servizio…”
“Ma chi volete che se ne accorga? A quest’ora, dormono tutti. E in caso contrario, dubito che voi vi aspettiate una visita nel cuore della notte…o sbaglio?”
Lo sguardo del giovane si fece truce.
Supponevo di aver toccato un nervo scoperto.
Nel frattempo Michelino era riapparso portando con sé una pila di abiti e alcune parrucche, che mise all’attenzione di Andrè.
“Se il Sior vuol dare un’occhiata…”
“Da qua, non abbiamo tempo!” Esclamai, togliendo gli abiti dalle mani di Michelino e scartandoli uno alla volta  lasciandoli cadere a terra, finché non trovai ciò che mi occorreva.
“Ecco qua! Vi piace?” Esclamai, mostrando ad Andrè uno dei miei farsetti migliori.
Andrè scrutò il farsetto, finemente ricamato, poi scoccò un’occhiataccia a Michelino.
“Notevole. Posso solo immaginare come ve ne siate appropriato…”
Michelino si sentì punto sul vivo.
“Lè minga vero sa!”
“Oh…ve la prendete? Ma io non ho detto nulla…”
Dovevo ammettere che, sotto ai modi da perfetto gentiluomo, quel ragazzo nascondeva carattere e una certa dose di stizza che, se alimentata, lo rendeva piuttosto sfacciato e, a suo modo, assai più intrigante dei modi ingessati che gli avevo visto assumere quando era in servizio, e dunque, vincolato alla sottomissione.
Se avesse avuto sangue nobile, avrebbe potuto trarre il meglio dalle sue numerose qualità, compresa quella certa avvenenza fisica che gli conferiva un piglio aristocratico, e non lo collocava affatto nelle anonime schiere della servitù.
Andrè Grandier aveva del potenziale, e io non potevo fare a meno di vedere un po’ di me, in quel ragazzo dalla sorte avversa ma dall’incredibile tenacia.
Volevo offrirgli una chance, il mio spirito da taumaturgo me lo imponeva.
Afferrai il mio copricapo con la piuma bianca e me lo calai sulla testa.


“Siete perfetto!”
“Sono ridicolo…”
“Guardate che potrei anche offendermi…”
“Perdonatemi, non era mia intenzione offendervi. Se lo scopo dell’uscita è quello di unirsi ad un circo, allora avete ragione, sono perfetto!”
“Siete spiritoso. Bene, le donne amano gli uomini di spirito.”
La carrozza che, con le dovute attenzioni, avevamo sottratto alla scuderia dei de Jarjayes, percorreva sobbalzando le vie di Parigi, immersa nel blu denso della notte.
Mi sporsi dal finestrino: “Michelino, andiamo a Le Cheval Rouge, taglia a destra che facciamo prima!”
Michelino, che all’occorrenza era anche cocchiere, non se lo fece ripetere, virando bruscamente, mentre io e Andrè ci trovavamo sballottati sui sedili.
“Se succede qualcosa alla carrozza dei de Jarjayes…Il Generale mi ucciderà. Ma che dico, mi ucciderà anche se scoprirà che glie l’ho sottratta e ci sto viaggiando sopra!” Andrè assunse uno sguardo abbattuto, portandosi la mano alla fronte. “Per non parlare di quello che mi farà Oscar se dovesse venire a sapere di questa notte…”
“Non vi preoccupate, Andrè. Se si dovesse venire a sapere, dirò che mi è venuta voglia di uscire, e voi, in quanto servitore, mi avete fatto la cortesia di accompagnarmi.”
Un ulteriore scossone della carrozza ci fece sobbalzare entrambi, e scompose il parrucchino incipriato che avevo tanto faticato per fare indossare al ragazzo, restio come pochi a farsi vestire con eleganza da me.
“Questo parrucchino è di una scomodità assoluta, Monsieur. Lasciatemelo togliere!”
“Non se ne parla, Andrè! C’è una cosa che dovete capire: alle donne piacciono gli uomini agghindati, profumati, loquaci e brillanti. Questo l’ho imparato…a mie spese.”
Tacqui, osservando fuori dal finestrino, mentre sentivo lo sguardo indagatore di Andrè su di me.
“Si tratta di una donna…che vi ha rifiutato?”
Qualcosa di purtroppo noto e doloroso si formò nella mia gola.
“Ebbene…si. Una sola donna mi ha rifiutato, perché non ero abbastanza…Non ero adatto, non superavo le sue aspettative. Ed era l’unica la cui approvazione mi avrebbe dato la felicità. Mi sono impegnato oltre ogni dire per ottenere la sua attenzione…e ce l’ho fatta, infine, con l’aiuto di una parrucca. Per questo vi dico, Andrè, non sottovalutate nessun aspetto quando si tratta di conquistare una donna. Nessun aspetto.”
Andrè non insistette oltre, e io mi ritirai per alcuni istanti nel mutismo che quel dolore mai del tutto sopito aveva risvegliato in me.
Fu la voce di Michelino e il brusco frenare della carrozza che mi riportò alla realtà.
“Semo arrivati, padron.”
“Per tutti i diavoli, Michelino, ti ricordavo un guidatore più esperto!” Mi ricomposi e, afferrato il bastone, scesi dalla carrozza seguito da Andrè, che si guardava attorno esitante.
Davanti a noi si stagliava una delle più losche e infime locande di Parigi, o almeno, era quel che chiunque avrebbe pensato osservandola dall’esterno, fatiscente e buia.
“Le apparenze, ingannano, amico mio. Questo è uno dei posti più divertenti di Parigi, vedere per credere!” E così dicendo imboccai l’ingresso, e successivamente una scala stretta e sudicia, che portava direttamente al cuore de le Cheval Rouge.

L’atmosfera che ci accolse, una volta raggiunto il salone, era esattamente quella che ricordavo.
La calda luce di decine di candelabri ravvivava l’ambiente buio, rallegrato dal chiacchiericcio dei numerosi avventori seduti ai tavoli e dalla giovialità delle procaci cameriere che li servivano, tra canti goliardici e tintinnii di bicchieri . Al centro della stanza vi era un piccolo palco con il tendone ancora abbassato.
“Bene, lo spettacolo non è ancora cominciato! Sedete Andrè, beviamo alla vostra salute!”
Andrè, indeciso ed impacciato, afferrò una sedia e sedette guardandosi attorno circospetto.
Non avrei saputo dire se il suo disagio era dovuto più alla bizzarra situazione in cui lo avevo trascinato, o al suo senso del dovere che lo portava a sentirsi in colpa per quanto stava facendo alle spalle dei suoi padroni. Ad ogni modo, a quel ragazzo serviva un po’ di vita.
“Giacomo Casanova! Sogno o son desta?”
Mi voltai sorridendo alla proprietaria di quella deliziosa voce vellutata.
“In carne ed ossa, Madame, per servirvi.”
“Il Madame tenetevelo per quando frequentate i ranghi alti. Per voi sono Léonie, l’avete scordato?”
La donna lasciò scivolare sensualmente un braccio lungo le mie spalle, scivolando seduta sulle mie ginocchia prima che avessi modo di vederla per intero, e mi prese delicatamente il mento tra pollice ed indice, scrutandomi con intensi occhi allungati, simili a quelli di un gatto, del colore del cioccolato più amaro.
“Siete invecchiato, mio buon amico. Avete dei pensieri?” Léonie si avvide dunque della fasciatura che mi stringeva il braccio offeso. “Si, avete dei pensieri. Un duello? Una sfida tra galli per l’onore di una bella gallinella?” Mi sorrise, affabile, mostrando una dentatura bianca e perfetta, che risaltava sui suoi colori scuri: pelle color caramello e capelli più neri della notte, avevo sempre sospettato in lei origini indiane, seppure Léonie si definisse francese fino al midollo.
“Nulla di così romantico, ahimè. Sono stato scambiato per un temibile furfante, e acchiappato come una lepre nel sacco!”
Léonie rise di gusto.
“Giacomo Casanova che si fa mettere nel sacco! Questa dovevo ancora sentirla…Credevo non fosse ancora nato qualcuno capace di una simile impresa…”
 Poi, una volta svanite le risa dalle sue labbra, il suo sguardo si posò languido su Andrè, che osservava la scena con l’espressione di qualcuno che stia cominciando a sentirsi di troppo.
Avrei giurato di vedergli arrossire persino le orecchie.
“E lui chi è? Un vostro amico?”
“Si, posso presentarti Andrè Grandier, Léonie? E’ un giovane di talento.”
La ragazza sorrise al goffo inchino di Andrè, e al suo ‘Madame’ farfugliato a denti stretti.
Si appoggiò con il gomito alla mia spalla, e posò la guancia sul dorso della mano, scrutandolo.
“Siete un bel tipo. Siete un pianista, con quelle belle dita affusolate? O forse…un pittore? Mi piacerebbe farmi ritrarre, un giorno o l’altro…”
“Oh, no, nulla del genere, Madame…” balbettò Andrè.
“Ah. Uno scienziato, dunque? O forse…” Lo sguardo di Léonie si rabbuiò alcuni secondi: “Non sarete mica un avvocato, eh?”
“Affatto.”
“Ohibò, e cosa siete dunque…?”
“Andrè è un poeta.” Intervenni, prima che il ragazzo si smascherasse da solo.
Léonie parve soddisfatta.
“Si…Si, ne avete proprio l’aria, con quello sguardo malinconico, e quelle occhiaie scure. Sono certa che passate la notte a comporre versi.” Léonie si sporse verso Andrè: “E ditemi, ce l’avete una musa ispiratrice? Perché in quel caso posso offrirmi volontaria…”
E rise di gusto quando Andrè abbassò lo sguardo imbarazzato.
“Oh, Giacomo, dove l’avete trovato? E’ più innocente di un angelo…Mi piace!” Léonie lanciò poi una rapida occhiata al palco, dietro il cui tendone iniziava a vedersi del movimento. “Se i signori vogliono scusarmi, devo lasciarvi. Lo spettacolo sta per iniziare…”
Si sollevò dalle mie ginocchia con agilità, sistemandosi l’ampia gonna scarlatta e lo stretto bustino che ne metteva in risalto le forme, non molto pronunciate, ma strizzate a dovere per sembrarlo.
Quando fu scomparsa dalla nostra vista, guardai Andrè, divertito:
“Suvvia, non fate quella faccia da funerale. Siete qui per divertirvi, lasciatevi andare…”
“Mi stavo chiedendo a che tipo di spettacolo siamo venuti ad assistere…”
“Sono certo che lo amerete.”
“Non saprei, Monsieur. Non so davvero che idea vi siete fatto di me, ma donne di malaffare e spettacoli a luci rosse non fanno per me.”
“Ma davvero? Eppure, voi…”
“Si. Ma è passato del tempo. Ed è accaduto sporadicamente. Non è mia abitudine frequentare assiduamente certi posti…e dubito vi troverò di che divertirmi.”
“Siete rigido, Andrè. E pieno di pregiudizi. Conosco molti nobili più disinibiti di voi…”
“Non lo metto in dubbio.”
Andrè sospirò.
 “Monsieur…Non sono e non diventerò un seduttore. Non ho l’indole del libertino.”
“Mio caro Andrè, non voglio certo spingervi verso la strada dell’uomo empio che colleziona donne tanto per il gusto di farlo. Io vi parlo di seduzione come comunione di spiriti, come nobile arte per avvicinarsi al cuore di una donna, prima che alle sue gonne.” Lo fissai per accertarmi che mi stesse seguendo. “Il seduttore di professione, che fa del sedurre un progetto, è un uomo abominevole, sostanzialmente nemico dell’oggetto su cui ha posto gli occhi: è un vero criminale che, se possiede qualità necessarie per sedurre, se ne rende indegno per rendere infelice una donna. (4)”
“E questo luogo? Quella donna? Lo spettacolo che sta per andare in scena? Non è forse un comportamento, questo, basso ed empio, degno del più lascivo degli uomini?”
“Siete inflessibile mio buon Andrè! Siete certo di non essere un padre predicatore mancato? Non volete attendere che si levi il tendone per ricredervi?”
“Andrò a prendere da bere.”
Lo vidi sollevarsi e allontanarsi verso il bancone, passando in mezzo ad un folto gruppo di soldati della guardia che facevano caciara.
In quel momento, il tendone iniziò a levarsi lentamente e la voce di un imbonitore fece tacere la folla, mentre sul palco apparivano due donne elegantemente vestite.
“Fuori, fuori, fuori Filippa da questo chiasso!” Esclamò la prima, che indossava una grossa e pomposa parrucca bianca, correndo per il palco.
“Andate così svelta che non vi seguo più!” Ribattè la seconda, che altri non era che Léonie, correndole dietro.
“Lasciate stare nuora, non venitemi dietro. Son cerimonie queste che a me dicono poco.”
“Mamma, non sto facendo niente che non mi spetti. Però non lo capisco, perché così di fretta?”
Léonie ansimava dietro alla donna, gesticolando per attirare la sua attenzione. L’altra si fermò di colpo, voltandosi a fronteggiarla, con sguardo spiritato:
“E’ che la vostra casa, io cara, la detesto!
E ad essere ignorata, io, non ci provo gusto.
Vado via, lo confesso, proprio di umore nero:
a tutte le mie critiche non trovo chi da retta.
E poi non c’è rispetto, parlate tutti insieme…
Questa non è una casa, cara, questo è un bordello!” (5)
La sala si riempì di risa e io stesso ne fui divertito. Avevo assistito numerose volte alle rappresentazioni di Molière de Le Cheval Rouge, ma ogni volta era un piacevole diversivo.
Guardai tra la folla se riuscivo a scorgere Andrè, e lo vidi, impalato, con due bicchieri tra le dita.
Guardava verso il palco con un’espressione che definire stupita sarebbe stato poco.
Chissà dove pensava lo avessi trascinato, quell’angiolo!
Ma cosa c’era di meglio del teatro, per scuotere un uomo? Per dargli vita?
La vita stessa era un teatro, e io, da figlio di due attori qual’ero, vi ero affezionato più di qualunque altra forma d’arte.
Tuttavia, lo stupore di Andrè durò poco. Fece qualche passo, sempre osservando lo spettacolo, e, passando tra i soldati della guardia che si sbellicavano di risate, finì dritto dritto addosso ad un uomo che aveva la stazza di tre, rovesciandogli il liquore sull’uniforme.
“Hei! Guarda dove metti i piedi, damerino incipriato!” L’uomo si guardò il petto, completamente insozzato. Gli atri soldati se la risero di gusto.
“Hei Alain, hai trovato proprio un bel finocchio! Proprio un bel culetto!”
“Zitti voi! E tu, non pensare di dartela a gambe, nessuno getta alcol sul vecchio Alain senza pagare lo scotto…Vero ragazzi?”
Il soldato di nome Alain afferrò Andrè per il braccio, levandoglielo sopra la testa, nonostante gli sforzi del mio amico per liberarsene:
“Hei ragazzi, abbiamo risolto la serata, offre Monsieur parrucchino per tutti stasera!”

1-2) dalla corrispondenza tra Manon Balletti e Giacomo Casanova
3) Dante, Divina Commedia, Inferno canto XXVI
4) Giacomo Casanova, Storia della mia vita
5) Molière, Tartuffe

Nota dell’autore
Aggiorno questa fic con notevole ritardo. Sono rimasta preda dell’altra storia che ho in corso, ‘Questo momento’, che si è presa una notevole fetta della mia ispirazione e, non essendo abile nel multitasking come il buon vecchio Napoleone, non posso fare altro che dilungarmi in tempi biblici.
Pardonezz-Moi!
Spero che non abbiate perso il filo del discorso, e che il capitolo sia stato di vostro gusto^^
Forse Andrè passerà un po’ per un chierichetto, ma ho voluto immaginarlo terribilmente a disagio davanti alla faccia tosta di Casanova, e vagamente pieno di sensi di colpa nei confronti di Oscar…
Qualsiasi critica/parere, come sapete, è sempre assolutamente bene accetta, e ne approfitto anche per ringraziare tutte le persone che seguono questa storia e hanno la gentilezza di farmi avere la loro opinione. Grazie!
  
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