#9
– Messages
“Avete
mai rischiato la vita? Intendo
insieme…” domando dopo aver letto la cartella
clinica trovata dalla Brennan
“Si”
risponde subito, poi ci pensa su un
attimo “A dire il vero da quando lavoriamo insieme la
percentuale è decisamente
aumentata”, poi con un sorriso aggiunge “e tieni
conto che ero un ranger…”
“Anche
io e Mac finivamo sempre nei guai…”
dico vagamente. Chissà perché ho cominciato
questo discorso?
“Questo
vi avrà uniti..” mi guarda cercando
una conferma
“Assolutamente”
“Esatto,
è normale nella nostra situazione”
Lo
guardo intensamente. Me la sono
raccontata anche io tantissime volte questa storiella, ma lavoro o non
lavoro,
pericolo o non pericolo siamo irrimediabilmente innamorati cotti.
Si
appoggia alla porta a vetri del
laboratorio. Si volta appena per vederla lavorare al tavolo, mentre
predispone
le ossa per la sepoltura.
“Lo
sai, Mac una volta mi ha seguito fino in
Russia per aiutarmi a trovare mio padre, e mi ha trovato quando ero
disperso
nell’oceano nonostante tutti mi dessero per morto e le
ricerche erano state
abbandonate. Ha corso un sacco di pericoli per me” mi guarda
attento, si scosta
dalla porta, fa un passo verso di me, cercando ci capire dove voglio
arrivare
“Un’altra ancora, invece, io ho mollato una festa a
casa dell’ammiraglio per
salvarla da un maniaco e mi sono dimesso dal Jag per poterla andare a
salvare
in Paraguay da morte certa.” Faccio una pausa, non sono
ricordi piacevoli
“Posso citarti altre venti situazioni come questa ma non
cambia il fatto che
noi lo sappiamo bene perché abbiamo agito così.
Non centrano ne il lavoro, ne
l’amicizia e non è stato nemmeno il pericolo o le
difficoltà ad unirci…”
Ora
annuisce. Ha capito il punto.
“E’
stato l’amore” dice Booth in un soffio,
con un mezzo sorriso.
“E’
stato l’amore a fare cosa?” chiede la
dottoressa spuntando, dalla porta a vetri, alle sue spalle.
Io
rimango di sasso e sono sicuro di essere
leggermente arrossito per l’imbarazzo.
Booth
invece è verde dallo spavento. Proprio
quella sfumatura di verde che ti colora il viso quando parli di una
persona e
quella come per magia ti spunta alle spalle e tu temi che abbia sentito
tutto.
“Gesù,
Bones!” esclama infine
La
dottoressa sembra tranquilla, forse solo
un po’ incuriosita dal nostro parlottare.
“Allora?
È stato l’amore a fare cosa?”
Domanda fissando Booth con fare indagatorio.
Oddio,
e adesso che gli risponde?
Mi
guarda per un secondo e poi spara la
balla…
“Pierce
giusto? Pagava l’università… a
Tina…
no? Si, insomma per amore.. dicevamo questo..”
allentandosi
la cravatta.
“Questo
punto l’avevamo già chiarito, mi
sembra..” ci guarda perplessa.
“Infatti
siamo d’accordo tutti quanti, tu
che mi dici Bones?” le dice tutto d’un fiato
spingendola verso la macchinetta
del caffè.
Esita
un attimo sicura di essersi persa
qualcosa “Quelle ossa non possono dirci altro, sono pronte
per la cerimonia
funebre”
“Sbrighiamoci
allora ad acciuffare…” riapro
la cartellina “…questo Nathan Hawkins allora,
così potremo celebrare il
funerale e Tina avrà un po’ di pace”
Booth
è d’accordo “Noi andiamo con i
rinforzi a casa sua, tu che fai vieni con noi?”
“Torno
al Jag, cercherò di ottenere un
mandato per far assistere Pierce
all’interrogatorio” può essere
l’unico modo
per scoprire la verità. Deve solo confermare che Hawkins
è lo strozzino.
La
dottoressa mi squadra “Ottima idea…” e
lo
dice come se fosse stupita della mia intelligenza.
Booth
non mi lascia rispondere e la trascina
letteralmente verso l’uscita del laboratorio.
“L’hai
detto come se fino ad ora lo avessi
ritenuto uno stupido, te l’ho detto un milione di volte che
non sei l’unica
persona intelligente al mondo…” le sussurra, ma
non così a bassa voce da non
essere sentito.
“Ma
sono sicuramente la più
intelligente…” ribatte lei.
Lo
vedo allargare le braccia esasperato e
sparire con lei dietro l’angolo.
Ah
Mac, li adoreresti.
La
testa mi fa male da morire. Sono cinque
dannati minuti che aspetto la Stevens con la mia aspirina. Ma dove
diavolo si è
cacciata?
Sono
di umore pessimo. Le cose si stanno
dilungando parecchio.
Credevamo
di essere a una svolta, ma come al
solito le cose si sono complicate.
Ore
fa ero nero di rabbia.
“Capitano,
non so come siete abituati voi in America, ma qui da noi ai carcerati
non è
permesso fare delle scampagnate…” ha
risposto il segretario alla mia richiesta
di far assistere Pierce all’interrogatorio di Nathan Hawkins.
Credevo
avesse capito che non è il caso di
continuare con questo atteggiamento.
Molto
garbatamente
ho fatto presente che sarebbe stato sempre sotto la mia
custodia e con due guardie della prigione come scorta. E oltretutto
diciamocelo: dove mai potrebbe scappare Pierce, visto che lo portiamo
alla sede
di Scotland Yard? Circondato da un centinaio di agenti, un agente
dell’FBI e
un’antropologa forense che, a sentire Booth, sa benissimo
difendersi da sola.
“…oltretutto,
Signore, dimostreremo che noi della marina ci fidiamo dello Yard, che
mettiamo
un nostro uomo nelle loro mani… l’ha detto lei che
dobbiamo essere
collaborativi…”
finisco così la mia arringa. Meglio che in tribunale! Lo
sento da come respira al telefono che vorrebbe trucidarmi. Quello che
importa è
che abbia acconsentito.
Purtroppo
però non ho fatto in tempo a
rallegrarmi.
Mentre
ingurgitavo l’aspirina, che a quanto
pare era difficilissima da trovare, Booth mi ha chiamato al cellulare:
nessuna
traccia dello strozzino nella sua abitazione. Probabilmente si
è sentito
scoperto e se l’è data a gambe levate.
Lo
yard con Booth e la Brennan sono partiti
alla ricerca di Hawkins da ore ormai.
Controllo
il fax. Ore fa ero nero? Ora sono incazzato
nero!
Hawkins
non si trova e il mandato per Pierce
non è ancora arrivato. Che schifo.
Non
che mi serva a tanto il mandato. Non
posso di certo far assistere Pierce all’interrogatorio di
Hawkins se
quest’ultimo è irreperibile,
ma so
che lo troveranno presto. Booth non è uno che molla. E per
allora vorrei essere
pronto e fiondarmi alla prigione per prelevare il tenente con quel
maledetto
pezzo di carta in mano! Ma quanto mai ci vorrà per produrre
un documento??
Hawkins
ha vita breve: nel giardino
posteriore della sua casa c’era una recinzione apposita per
cani con tre cucce
e tre ciotole. Tu guarda le coincidenze. Il dottor Hodgins
dovrà solo confermare
che i peli di cane prelevati dalla dottoressa - e già
spediti – combacino con
quelli trovati su Tina Forrest. Pierce dovrà solo indicare
che lui è lo
strozzino a cui deve i soldi e il gioco è fatto!
La
testa mi fa ancora male. Troppi pensieri
e preoccupazioni.
L’occhio
mi cade nuovamente sulla nostra
foto in Afghanistan. Sorrido guardandoti.
Dio
se sei bella. Mi sento invadere da
un’ondata di tenerezza e serenità. E le parole di
Booth mi tornano alla mente.
Al
diavolo tutto!
Alzo
la cornetta e compongo il suo numero di
casa, sapendo bene che Mac è ancora in ufficio. Faccio un
compromesso con me
stesso. Non sono pronto a parlarle. Ma posso sempre lasciare un
messaggio in
segreteria no?
Respiro
a fondo un paio di volte. Questa
volta non riattaccherò. Sono sufficientemente maturo per
poter parlare ad una
segreteria telefonica!
“Ciao…sono
Harm…” deglutisco a forza.
Sufficientemente maturo, come no… “…
io…ecco… volevo sapere come stai… non
ci
sentiamo da tanto…” e poi inaspettatamente
“…mi manchi…”.
Ok,
posso ritenermi fiero di me stesso. Non
è come se le avessi parlato veramente, ma…
Insomma,
già così ho rischiato l’infarto!
All’inizio
mi sembravo uno scemo e pure
balbuziente. Poi mi sono tranquillizzato. Tutt’al
più cancella i messaggi e non
mi richiama.
Dio
spero di no.
“L’avrai
annoiata a morte” mi dico “certo
che non ti richiama!”.
In
effetti il terrore iniziale poi è svanito
e ho cominciato a sparare parole a mitraglietta raccontandole a grandi
linee
della nuova indagine e dei miei due nuovo colleghi.
Le
sembrerò sicuramente uno stupido. Uno
stupido che lascia quattro messaggi di fila.
Il
bip continuava ad interrompere il mio
sproloquio!
Le
ho pure detto che il Boom Boom Cafè mi
ricorda il McMurphy, patetico.
Quando
rientrerà dal lavoro si scompiscerà
dalle risate…diventerò un buffone ai suoi occhi.
Il
trillo del fax mi riscuote, grazie al
cielo.
Non
mi piace la piega che hanno preso i miei
pensieri. Devo essere più ottimista!
L’ha
detto anche Booth che dovevo chiamarla,
in fondo.
Mi
dirigo verso il mobile attendendo il
pezzo di carta.
Perfetto,
il mandato è regolare ed effettivo
da subito.
Guardo
l’orologio: le 21:30. Ciò vuol dire
che a San Diego sono le 12:30.
Orrore.
E se stesse per tornare a casa per
il pranzo e sentisse subito i messaggi? So che abita vicino alla sede
del Jag
perciò può darsi che a volte torni a casa a
mangiare.
Oddio.
Credevo di avere più tempo per
metabolizzare la cosa…
Perché
non ci ho pensato prima? Diamine e se
adesso richiama subito? No, troppo presto, starà ancora
ridendo di me…
Lo
squillo del telefono mi fa girare di
scatto.
Non
ci posso credere…
Sudo
da morire, e mi si è chiusa la gola.
Che faccio?
La
Stevens bussa leggermente e si affaccia
sulla porta: “Il comandante Burke, signore. Sulla linea
due”. Riesco solo ad annuire.
Il
tenente esce e io mi allargo a forza
colletto e cravatta per paura di svenire.
Note
dell’autrice:
una
ola per Harm che è riuscito a parlare ad
una segreteria telefonicaaaa!!!! XD
e
che dire di Bones? Delicata come sempre!!
XD
il caso è quasi risolto, alla prossima ragazze!! XD
bacioni
Ivi87