ATTENZIONE:
E'
un'emozione grandissima postare questo capitolo. Sono passati
tantissimi mesi e per questo vi chiedo mille volte scusa. Ho passato
un brutto periodo e non ho più scritto quasi nulla
dall'estate
scorsa a questa parte.. “Ci sarà” era
rimasta lì in un angolo
del mio computer e non avevo più la voglia e l'ispirazione
per
scriverla. C'ho impiegati tantissimo tempo per scrivere questo
capitolo e ora che la crisi mistica è un po' passata lo
voglio
postare.. Spero di ritrovare le mie vecchie lettrici e spero che non
siate troppo arrabbiate con me. Anche se ne avreste tutti i diritti
;)
Ringrazio enormemente chi ha recensito lo scorso capitolo, vi
voglio un sacco di bene!! ENJOY, Ale
P.s. La canzone è “La paura non esiste” di Tiziano Ferro.
Capitolo 15 – La lontananza
La Grecia era
meravigliosa. Era bello
tutto: il sole, il mare, la spiaggia sempre gremita di persone.
Persino gli alberi avevano qualcosa di più magico.
Si portò
lentamente la sigaretta alla bocca, prendendo un' altra breve boccata
di fumo. Chiuse gli occhi ed espirò piano, sentendo la
leggera
brezza della sera scompigliargli i capelli.
La vista da quel
terrazzo era mozzafiato, avendo allo stesso tempo un che di
malinconico che però non guastava. Puntò lo
sguardo all'orizzonte,
verso il tramonto purpureo di fronte a lui.
La casa che avevano
affittato per quelle due settimane era in pieno centro e se si
sforzava riusciva a sentire i canti popolari che gruppi di ragazzi
incoravano quasi ogni sera in spiaggia, attorno ad un falò.
Scaldava
il cuore percepire così tanta felicità nell'aria.
La poteva
respirare a pieni polmoni, sentirla dentro, sentirsi.
Per la
prima volta riusciva a sentirsi ed era davvero
bello.
Fece
un respiro profondo, lanciando il mozzicone oltre il parapetto e
aggrappandosi saldamente alla ringhiera con entrambe le mani. Erano
passati solo tre giorni dal giorno in cui erano partiti. Solo tre
giorni e Mel gli mancava da morire.
"Tornerò fra
appena due settimane, Mel" Abbozzò un sorriso, tirandole su
il
mento con due dita "Non piangere dai.." Sospirò,
asciugandole le lacrime che continuavano a rotolarle sulle
guance.
"Mi mancherai.." Sorrise mestamente. Gli prese i
polsi e li allontanò piano dal suo viso "Però
sono felice che
tu possa passare del tempo con loro.." Fece un gesto verso la
macchina parcheggiata poco più avanti. Tom, Georg e Gustav
erano già
dentro all'abitacolo ad aspettare il cantante.
Bill sospirò
ancora. Mille pensieri gli affollavano la mente. Non avrebbe mai
rinunciato a quel viaggio, perchè era una seconda
possibilità che
gli veniva donata su un piatto d'argento, era un'occasione che non
poteva e non voleva lasciarsi sfuggire.. Però Melrose era
diventata
davvero importante per lui e vederla così gli spezzava il
cuore. Gli
spezzava, almeno, quei pochi brandelli che gli erano rimasti.
"Anche
tu mi mancherai" Deglutì, lasciando cadere mollemente le
braccia lungo i suoi fianchi spigolosi. "E lo dico davvero, Mel.
Se non ci fossi stata tu nell'ultimo periodo forse.. forse ora sarei
ancora chiuso in casa senza vedere nessuno oltre Tom."
Abbassò
il capo, guardando verso il basso "E invece tu mi hai curato.. e
hai placato la mia rabbia verso tutti. Perchè ero incazzato,
ero
incazzato davvero con tutto il mondo. Ero incazzato perchè,
in
fondo, mi sentivo più morto.. di lei." Inspirò ed
espirò un
paio di volte.
"Bill, devi guardarti dentro, non capisci? Lei
vive in te.. E' dentro di te e lo sarà sempre, non ti
lascerà
mai.." Scosse la testa malinconica. Tra loro cadde un opprimente
silenzio.
"Come ci riesci?" Sussurrò, deglutendo il
nodo che gli aveva chiuso la gola.
"A fare che cosa?"
"Come
riesci a dirmi queste cose, ad essere così buona,
così
comprensiva.. A non.. odiarla."
"Ti amo.."
Singhiozzò. "Ti basta come risposta?" Spazzò via
le
lacrime con gli indici e si guardò i pieidi.
"Bill è tardi,
perderemo l'aereo" Bill voltò di poco il capo e vide Gustav
affacciato al finestrino della macchina, un sorriso tenero dipinto
sulle labbra. Rientrò nell'auto e il moro si
rigirò verso
Mel.
"Devi farmi una promessa"
"Quale?"
Aggrottò le sopracciglia, arricciando le labbra.
"Devo
trovarti ancora qui, come sei, al mio ritorno. Non mi devi lasciare,
devi aspettarmi e devi starmi accanto, perché.. tu nemmeno
immagini
quanto bene mi fai.."
"Io non vorrei mai lasciarti,
Bill. Ma tu continui a lasciare me." E quelle leggere lacrime
che aveva fino a quel momento tentato di limitare, esplosero e
cominciarono a scendere a fiotti dai suoi occhi verdi.
Io non
vorrei mai lasciarti, Bill. Ma tu continui a lasciare me. Era
veramente una frase orribile. Era orribile ed era anche la
verità...
la verità era orribile perché lo era stato lui
per primo. Con lei,
con Tom, con tutti.
Quelle poche parole gli riecheggiavano nelle
orecchie in ogni momento, come un incessabile, martellante eco. Si
inchiodavano nel cervello e lì restavano. A tartassarlo. A
logorarlo. Come si meritava.
"Come
quando
ovunque andrai e ovunque non c’è luce
Come sempre
chiunque parli sempre una voce"
"Bill" si girò
verso l'interno della stanza e vide Tom che avanzava verso di lui,
uscendo in balcone e guardando il cielo. "E' una bella serata"
constatò, per poi girarsi e guardarlo negli occhi,
serenamente.
"Già" annuì "La Grecia è proprio
bella, sai? E' stata una magnifica idea questa vacanza"
"Merito
di Georg e Gustav"
"A proposito, loro dove sono?"
Corrugò leggermente la fronte, stringendosi le braccia
intorno alla
vita.
"Sono andati ad affittare un film e a un cinese take
away. Cena orientale stasera" Ridacchiò "Su entriamo,
comincia a fare freschino qua fuori".
Più che una camera,
quella di Bill, sembrava un mini appartamento. Era molto più
che
spaziosa, con un letto rigorosamente matrimoniale immenso, un
divanetto e una poltrona posti davanti ad un televisiore al plasma
di, come minimo, 42 pollici. Vicino al letto, al posto di un
comodino, c'era il frigo bar. Il frigo era il massimo per Bill,
quando ancora facevano i tour e alloggiavano negli hotel.
"Hai
fame?" Chiese Tom, stravaccandosi sopra la poltrona bianca e
accendendo la televisione, mantenendo basso il volume.
"Così
e così" Rispose distratto, raggiungendo il suo cellulare e
controllando se aveva ricevuto qualche messaggio. Niente.
Sbuffò
sonoramente e si lasciò cadere sul letto, pensieroso. Perchè
cavolo non si fa sentire?
"Ehi Bill" Richiamò
l'attenzione il suo gemello. "Guarda che sono passati appena tre
giorni. E' normale che voglia lasciarti il tuo spazio" Sorrise
impercettibilmente. Suo fratello riusciva proprio sempre a capire
cosa gli passava per la testa.
"Lo so, lo so. Ma mi manca,
non posso farci nulla." Si passò una mano sopra le palpebre
e
fece un respiro profondo. "E... ho paura."
Tom rimase in
silenzio, guardandolo serio. Con lo sguardo lo esortò a
continuare..
perchè doveva sfogarsi, doveva tirare fuori tutto quello che
gli
appesantiva la testa e, soprattutto, gli rendeva il cuore un macigno
insostenibile.
"Ho paura di tutto, Tom. Ho paura di lei e ho
paura di me, di farle del male, di farne ancora a me."
Incrociò
le gambe e lo fissò intensamente negli occhi. "Io sono
ancora
innamorato di Maggie, lo sai." Serrò la mascella e
ricacciò
indietro le lacrime, lasciando solo che una leggera patina gli
inumidisse le iridi scure "E non smetterò mai di amarla..
anche
se è una cosa insensata. Perchè lei non
c'è più. Lei è morta. E'
morta. Morta." Scosse la testa chiudendo gli occhi. "La
morte mi è passata troppo vicino perchè io non la
conosca almeno un
po'.. Ma io sono qui! Sono vivo, cazzo! Non posso passare il resto
della mia vita a sentirmi una merda perchè sono vivo! Devo
vivere,
lo devo fare.. anche per lei, per quello che ci ha legato e ci
legherà ancora, fino alla fine." Azzardò una
fugace occhiata
verso Tom. Era immobile, una statua di sale, e lo guardava.. con una
scintilla di paura e di orgoglio in quelle iridi identiche alle sue.
"Devo vivere e devo farlo accanto a Melrose" Continuò,
sentendosi quasi più leggero. "Perchè.. la amo."
"E
ovunque andrò
ovunque andrò
Quella paura tornerà domani, domani
E
ovunque andrai ovunque andrà
Tu stai sicuro e stringi i
tuoi perché"
***
"Ecco a te, Alfred"
Sorrise, poggiando sul ripiano di legno chiaro un bicchiere di birra
"E questa te la offro io" Ridacchiò, asciugandosi le mani
sul suo grembiulino.
"Ah, Melrose, sei un tesoro"
Esclamò prendendo un sorso della sua bevanda alcolica "Beato
chi ti sposa" Esibì un sorriso sdentato e si passo una mano
sul
mento, accarezzando la sua barba incolta e brizzolata.
Alfred era
una gran bella persona. Era sposato e aveva una figlia poco
più
grande di Melrose. Ultimamente passava spesso al locale del signor S,
la sera con gli amici, e un po' ci si era affezionata.
Arrossì
impercettibilmente e borbottò un "Per così poco",
tornando poi al suo lavoro.
Mentre l'acqua del lavabo scorreva sui
bicchieri che stava lavando pensò a Bill e a quei tre giorni
di
silenzio che le erano sembrati tre anni. Aveva dovuto fare uno sforzo
sovrumano per non prendere il cellulare e chiamarlo almeno una
settantina di volte. Ma si era trattenuta, aveva dovuto farlo. Lui si
meritava davvero un po' di serenità e lei non voleva
assillarlo in
continuazione. E poi.. se avesse davvero voluto sentirla avrebbe
potuto chiamarla lui e invece non l'aveva fatto. Già,
perchè non
l'aveva fatto?
Asciugò lentamente un calice di birra, inspirando
a fondo e venendo accolta da quella familiare paura che da qualche
tempo le faceva mancare il fiato. Il futuro.
Pensare al futuro
la terrorizzava, ne aveva un fottuto terrore e faceva di tutto per
non pensarci. Per non pensare a Bill e al fatto che erano tre
interminabili giorni che non si sentivano. Non un messaggio, non una
chiamata. Non voleva fare il primo passo, perchè magari lui
sentiva
la necessità di staccare realmente la spina da tutto quello
che
aveva lasciato indietro partendo per la Grecia. Forse aveva bisogno
di staccare anche da lei e non la voleva sentire.. Ecco, ricominciava
a farsi le seghe mentali. Doveva essere positiva, concedergli i suoi
spazi e non essere cos catastrofica.
"Signor S, ho finito!"
Stiracchiò un sorriso e si asciugò velocemente le
mani "Ci
vediamo domani".
"Vieni nel pomeriggio, verso le 14.30,
ciao Mel!"
Fece un ultimo cenno col capo, per poi ritirarsi
nel retrobottega e raccattare le sue cose.
"E' un po' che il
tuo amico non viene a prenderti" Sentì una voce simile ad un
sibilio alle sue spalle, si voltò e vide Jessica sulla
soglia, che
stava per raggiungerla.
"Ha avuto da fare.." Soffiò. Le
dava fastidio quando Jess cominciava a punzecchiarla su
quell'argomento. Aveva capito che era un tasto semi dolente per lei e
ci marciava alla grande.
"Oh per favore" Sbuffò
sonoramente "Lo sanno tutti che sono partiti! Qualcuno li ha
visti in macchina lasciare la città" La sua voce era
terribilmente irritante e il suo modo di ridere quasi spaventoso.
"Dai dimmi, dove sono andati?"
"In Grecia.. Ma si
può sapere cosa importa a te?"
"Oh in Grecia!"
Esclamò "E scommetto che ti rode un sacco non sapere cosa
sta
facedo in questo momento"
"Avanti Jess, lasciami stare"
Afferrò stancamente la sua borsa a tracolla, ma venne
prontamente
bloccata dalla ragazza, che le si parò davanti.
"Oppure il
tuo problema è non sapere con chi
è?"
"Con i
suoi amici, con chi vuoi che sia.." Doveva ammetterlo. Stava
cominciando ad irritarsi.
"Mel.. Non ti nego che mi fai quasi
tenerezza. Hai quest'aria spaesata e ingenua che intenerirebbe
chiunque.. Come fai a non capire. Lui, nonostante tutto, è
ancora
una star" Si avvicinò al suo orecchiò con un
sorriso felino
"Tu sei una barista" Sussurrò.
"Lasciami, devo
andare" Melrose la allontanò bruscamente, fiondandosi verso
l'uscita e ritrovandosi in strada, con il suore che pareva pesarle
una tonnellata nel petto. Si appoggiò ad una macchina
parcheggiata
davanti al locale e prese qualche respiro profondo, cercando di
calmarsi e complimentandosi con se stessa per non aver versato
nemmeno una lacrima,
"So cosa devo fare" Mormorò tra sè
e sè. Con una corsa raggiunse la macchina e salì.
Mise in moto e,
alla velocità della luce, partì con una sgommata
verso il luogo in
cui avrebbe dovuto andare molto tempo prima. Era l'ora del
chiarimento.
"La
paura non
esiste,
perchè chi odia sai può fingere
solo
per vederti piagere.
Ma io ti amerò"
***
Le dita scorrevano veloci
sulle corde della sua vecchia e fedele Gibson Custom , producendo
un'armonia che ricordava bene. Quelle note.. erano così
tragicamente
familiari che poteva sentire il suo cuore spezzarsi ad ogni nuovo
accordo.
Ne era passato di tempo dall'ultima volta in cui aveva
suonato quella canzone. A dire il vero era passato un sacco di tempo
dall'ultima volta in cui aveva suonato e basta. Era brutto da dire ma
non ne aveva più avuto la voglia, non ne trovava
più il senso.
Aveva sempre e solo suonato per accompagnare una voce, e se quella
voce non c'era più allora non doveva esserci più
nemmeno la sua
musica..
Quella sera però era diverso, quella sera si sentiva
terribilmente malinconico; le sue mani fremevano, quasi in un
tremolio, e non c'era stao verso di resistere a quell'impulso che gli
era nato dentro non appena aveva posato gli occhi sulla sua vecchia
compagna di viaggi. Era stato un solletico, quasi, che gli era
partito dallo stomaco, per poi sfociargli nel petto a riscaldargli il
cuore.
E ora se ne stava lì, seduto a bordo piscina, la chitarra
stretta in grembo e le gambe a penzoloni immerse nell'acqua; stava
così in pace con se stesso.. sembrava che nell'ultimo anno
non fosse
successo assolutamente niente di brutto, si sentiva protetto,
racchiuso in una bolla.
"Du bist alles was ich bin, und
alles was durch meine Adern fließt".
Nel sentire
quella voce, Tom credette di morire. Lì. A bordo vasca. Non
poteva
essere davvero lui.. eppure quando si girò, davanti a lui
c'era
Bill. Suo fratello. Con un sorriso molto più che accennato
disegnato
sulle labbra rosee. Aveva cantato, ce l'aveva fatta, aveva cantato la
frase finale della loro canzone!
"E' un po' che ti osservo"
Disse poi, sedendosi di fianco a lui e immergendo le sue gambette
rachitiche nell'acqua fresca. "E non ho resistito" Arrossì,
come se ammetterlo a voce alta fosse motivo di vergogna.
Tom si
lasciò sfuggire una risatina rauca, guardando la chitarra
che
reggeva sulle ginocchia, un dito che tamburellava sulla cassa
armonica. Inclinò di poco il viso per guardare di sottecchi
il
gemello, che nel frattempo stava agitando i piedi nella piscina. Era
proprio lui; era tornato Bill. Il Bill di sempre, con le labbra
piegate in un piccolo sorriso, il Bill di un anno prima.. solo con
qualche cicatrice in più.
Gettò il capo all'indietro e quello
che dapprima era solo un risolino discreto divenne una risata.
Fragorosa, liberatoria, giusta. Rideva, mentre le lacrime gli
rigavano il viso.
"Mi sei mancato!" Disse in mezzo al
pianto. Cadde sulla schiena, la chitarra sdraiata sulla sua pancia,
sotto lo sguardo un po' attonito e un po' divertito di Bill.
***
Quel posto era enorme e cominciava
a perdere le speranze. Era arrivata da più di venti minuti e
non era
ancora riuscita a trovare quellla giusta; aveva vagato un po' a
destra, un po' a sinistra, ma il destino sembrava non essere dalla
sua parte. Per di più era deserto, non c'era nessuno..
almeno fin
quando una signora molto anziana non fece il suo ingresso, varcando
gli enormi cancelli grigi e dorati.
Melrose si precipitò
all'entrata, rincuorata e un pochino più speranzosa.
"Signora!
Signora salve.. avrei bisogno di un piacere" Abbozzò un
sorriso.
"Certo, se posso esserti utile"
"Lei
per caso sa dove posso trovare la lapide di Margaret Becker?" La
signora si portò un dito sul mento e i suoi occhi
cominciarono a
fissare un punto indefinito di fronte a lei. Stava pensando,
probabilmente. Di solito le signore di una certa età si
muovono nei
cimiteri con disinvoltura e sanno sempre dove sono le tombe di tutti.
“Stai parlando di quella ragazzina bionda di Amburgo?” Domandò poco dopo la signora, mentre stringeva al petto un grande mazzo di fiori rossi.
“Sì, sì.. credo.” Mormorò Mel, grattandosi la nuca.
“E' laggiù in fondo. La vedi? Dove ci sono quei fiori colorati. E' la lapida appena sulla sinistra.” Sorrise, indicando con l'indice “Povera ragazza, aveva solo ventun anni. Vengono spesso a trovarla i suoi amici..” La signora la stava accompagnando, con un sorriso mesto sulle labbra la seguiva in quei sentieri grigi, di cemento. “Tu sei una sua amica?”
“Una specie” Sussurrò, scuotendo debolmente il capo.
“Ci siamo, io ora devo girare qui a destra. Vado a trovare mio marito” Sospirò affaticata “E' stato un piacere”
“Anche per me” Melrose sorrise e non appena la donna sparì dalla sua visuale fece quei due passi che la dividevano da Margaret.
Guardare quella foto appesa
al muro fu
come un colpo allo stomaco.. e si sentì piccola. Piccola
così.
Maggie era bellissima. Aveva dei lunghi capelli biondi e
due occhi verdi che abbagliavano.. non aveva nemmeno un fili di
trucco, eppure era meravigliosa lo stesso. I lineamenti del viso
erano dolci e le labbra rosate, a forma di cuore.
Osservarla
faceva male. Il suo fantasma aveva finalmente un viso, ce l'aveva
davanti, ma non avrebbe mai pensato di sentirsi così..
annichilita,
di fronte a lei. Per qualche minuto non fiatò e tutto
intorno a lei
sembrò essersi smaterializzato.
“Mi dispiace” Fiatò poi, mentre i suoi occhi si inumidivano. Mi dispiace davvero..” Sì passò una mano sugli occhi, asciugandoli dalle lacrime. Poi si sedette, di fronte a Margaret. E la guardò.
“Sono
già troppo innamorata per
tornare indietro, tutto qui.. è solo questo. E vorrei tanto
che non
fosse così, perché starei meglio..”
Faticava a parlare. La voce
continuò a tremarle, ogni parola, ogni lettera.. la sua voce
non la
smetteva di traballare. “Io non volevo innamorarmi di lui..
però
poi è successo...”
***
Tom le mancava davvero molto, eppure erano passati solo pochi giorni. Si erano sentiti per telefono mattina, pomeriggio e sera.. però le mancava lo stesso. Sorrise tra sé e sé mentre camminava in mezzo a tutto quel cemento grigio e cupo.. non era per niente un posto da Maggie; a lei erano sempre piaciuti i colori, si da piccola. Il verde, il rosso, l'azzurro, l'arancio.. i colori caldi e amichevoli, un po' come lei.
Dio se le mancava anche lei.. la sua piccola, dolce Mag. Quello era stato l'anno più lungo della sua vita, sembrava non voler passare mai. Era stato infinito. Un po' come quando vai a scuola, nel mese di maggio; l'ultimo mese che ti divide dall'estate, dalla libertà.. è il mese più lento e inesorabile di tutti e giugno sembra così lontano..
“Io non volevo innamorarmi di lui.. però poi è successo” Sentì queste parole, pronunciate a mezza bocca da una voce femminile, un po' incerta. Girò l'angolo, rimanendo nascosta dalla siepe verde e rigogliosa, alzò gli occhi e vide che, seduta di fronte alla lapide della sua amiche, c'era una ragazza. Era piccola e bionda, magrolina.. le spalle ricurve le davano un'aria un po' malinconica.
“Stare qui seduta non è facile per me” la sentì dire “Ma è una cosa che sentivo di dover fare. Avevo come l'impressione che non sarei riuscita ad essere serena fino in fondo prima di averti vista...” Chi era quella ragazza? Cosa ci faceva lì? “Io lo so che Bill è ancora innamorato di te, e so anche che lo sarà sempre..” Parlava di Bill.. Se parlava di lui poteva essere una persona soltanto.. “Non so come mai, ma mi sento legata a te.. è strano, è una sensazione strana, ma mi sento legata a te da qualcosa di forte. Ed è Bill che ne sta subendo le conseguenze. E' così confuso, nervoso, e io non so più come comportarmi con lui. Però lo amo, lo amo così tanto..”Singhiozzò appena “E tu lo sai così cosa si prova, no? Il vero amore.. quello che ti fa venire voglia di morire per qualcuno” Melrose.. Era lei, doveva essere per forza lei, ne era certa.
Mel si alzò in piedi, si passò le mani sulle ginocchia spazzando via la polvere e si asciugò le guance. Becky si fece più piccola dietro alla siepe, e continuò a guardare quell'ammirevole ragazza che aveva ricominciato a parlare con Margaret.
“Mandamelo un segno, ti prego.. Mandami qualcosa, fammi capire che hai capito e che anche tu puoi riuscire ad essere felice per lui, anche se questo vuol dire vederlo con una donna che non sei tu..” Non riuscì a finire la frase che un “bip-bip” ruppe il silenzio che era calato ormai da qualche minuto.
Melrose estrasse il cellulare e aprì il nuovo messaggio che le era appena arrivato.
Bill: Mi manchi.
Strinse il cellulare con entrambe le mani e se lo portò al petto “Grazie” Bisbigliò a quella foto bellissima e sorridente, mentre l'ultima lacrima della giornata le scendeva fino al mento.
“E
ti amerò più in
là di ogni domani
Più di ogni altro, di ciò che pensavi
Non
m’importa ora di fingere
Il mio sguardo lo sai leggere “