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Autore: Utopy    02/06/2011    4 recensioni
Poi delle sirene in lontananza. La loro salvezza.
Deglutì, rincuorato, allungando un braccio verso Maggie e accarezzandole il viso, per poi prenderle la mano e stringergliela forte.
“Ancora poco e saremo fuori di qui. Resisti amore mio.” La voce strozzata, le lacrime che gli rigavano il volto. “Ti amo.. Ti amo.. Ti amo..” Continuava a farfugliare, la mente ancora stordita e confusa.
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ATTENZIONE: E' un'emozione grandissima postare questo capitolo. Sono passati tantissimi mesi e per questo vi chiedo mille volte scusa. Ho passato un brutto periodo e non ho più scritto quasi nulla dall'estate scorsa a questa parte.. “Ci sarà” era rimasta lì in un angolo del mio computer e non avevo più la voglia e l'ispirazione per scriverla. C'ho impiegati tantissimo tempo per scrivere questo capitolo e ora che la crisi mistica è un po' passata lo voglio postare.. Spero di ritrovare le mie vecchie lettrici e spero che non siate troppo arrabbiate con me. Anche se ne avreste tutti i diritti ;)
Ringrazio enormemente chi ha recensito lo scorso capitolo, vi voglio un sacco di bene!! ENJOY,
Ale

P.s. La canzone è “La paura non esiste” di Tiziano Ferro.



Capitolo 15 – La lontananza

La Grecia era meravigliosa. Era bello tutto: il sole, il mare, la spiaggia sempre gremita di persone. Persino gli alberi avevano qualcosa di più magico.
Si portò lentamente la sigaretta alla bocca, prendendo un' altra breve boccata di fumo. Chiuse gli occhi ed espirò piano, sentendo la leggera brezza della sera scompigliargli i capelli.
La vista da quel terrazzo era mozzafiato, avendo allo stesso tempo un che di malinconico che però non guastava. Puntò lo sguardo all'orizzonte, verso il tramonto purpureo di fronte a lui.
La casa che avevano affittato per quelle due settimane era in pieno centro e se si sforzava riusciva a sentire i canti popolari che gruppi di ragazzi incoravano quasi ogni sera in spiaggia, attorno ad un falò. Scaldava il cuore percepire così tanta felicità nell'aria. La poteva respirare a pieni polmoni, sentirla dentro, sentirsi. Per la prima volta riusciva a sentirsi ed era davvero bello.
Fece un respiro profondo, lanciando il mozzicone oltre il parapetto e aggrappandosi saldamente alla ringhiera con entrambe le mani. Erano passati solo tre giorni dal giorno in cui erano partiti. Solo tre giorni e Mel gli mancava da morire.

"Tornerò fra appena due settimane, Mel" Abbozzò un sorriso, tirandole su il mento con due dita "Non piangere dai.." Sospirò, asciugandole le lacrime che continuavano a rotolarle sulle guance.
"Mi mancherai.." Sorrise mestamente. Gli prese i polsi e li allontanò piano dal suo viso "Però sono felice che tu possa passare del tempo con loro.." Fece un gesto verso la macchina parcheggiata poco più avanti. Tom, Georg e Gustav erano già dentro all'abitacolo ad aspettare il cantante.
Bill sospirò ancora. Mille pensieri gli affollavano la mente. Non avrebbe mai rinunciato a quel viaggio, perchè era una seconda possibilità che gli veniva donata su un piatto d'argento, era un'occasione che non poteva e non voleva lasciarsi sfuggire.. Però Melrose era diventata davvero importante per lui e vederla così gli spezzava il cuore. Gli spezzava, almeno, quei pochi brandelli che gli erano rimasti.
"Anche tu mi mancherai" Deglutì, lasciando cadere mollemente le braccia lungo i suoi fianchi spigolosi. "E lo dico davvero, Mel. Se non ci fossi stata tu nell'ultimo periodo forse.. forse ora sarei ancora chiuso in casa senza vedere nessuno oltre Tom." Abbassò il capo, guardando verso il basso "E invece tu mi hai curato.. e hai placato la mia rabbia verso tutti. Perchè ero incazzato, ero incazzato davvero con tutto il mondo. Ero incazzato perchè, in fondo, mi sentivo più morto.. di lei." Inspirò ed espirò un paio di volte.
"Bill, devi guardarti dentro, non capisci? Lei vive in te.. E' dentro di te e lo sarà sempre, non ti lascerà mai.." Scosse la testa malinconica. Tra loro cadde un opprimente silenzio.
"Come ci riesci?" Sussurrò, deglutendo il nodo che gli aveva chiuso la gola.
"A fare che cosa?"
"Come riesci a dirmi queste cose, ad essere così buona, così comprensiva.. A non..
odiarla."
"Ti amo.." Singhiozzò. "Ti basta come risposta?" Spazzò via le lacrime con gli indici e si guardò i pieidi.
"Bill è tardi, perderemo l'aereo" Bill voltò di poco il capo e vide Gustav affacciato al finestrino della macchina, un sorriso tenero dipinto sulle labbra. Rientrò nell'auto e il moro si rigirò verso Mel.
"Devi farmi una promessa"
"Quale?" Aggrottò le sopracciglia, arricciando le labbra.
"Devo trovarti ancora qui, come sei, al mio ritorno. Non mi devi lasciare, devi aspettarmi e devi starmi accanto, perché.. tu nemmeno immagini quanto bene mi fai.."
"Io non vorrei mai lasciarti, Bill. Ma tu continui a lasciare me." E quelle leggere lacrime che aveva fino a quel momento tentato di limitare, esplosero e cominciarono a scendere a fiotti dai suoi occhi verdi.

Io non vorrei mai lasciarti, Bill. Ma tu continui a lasciare me.
Era veramente una frase orribile. Era orribile ed era anche la verità... la verità era orribile perché lo era stato lui per primo. Con lei, con Tom, con tutti.
Quelle poche parole gli riecheggiavano nelle orecchie in ogni momento, come un incessabile, martellante eco. Si inchiodavano nel cervello e lì restavano. A tartassarlo. A logorarlo. Come si meritava.

"Come quando ovunque andrai e ovunque non c’è luce
Come sempre chiunque parli sempre una voce"


"Bill" si girò verso l'interno della stanza e vide Tom che avanzava verso di lui, uscendo in balcone e guardando il cielo. "E' una bella serata" constatò, per poi girarsi e guardarlo negli occhi, serenamente.
"Già" annuì "La Grecia è proprio bella, sai? E' stata una magnifica idea questa vacanza"
"Merito di Georg e Gustav"
"A proposito, loro dove sono?" Corrugò leggermente la fronte, stringendosi le braccia intorno alla vita.
"Sono andati ad affittare un film e a un cinese take away. Cena orientale stasera" Ridacchiò "Su entriamo, comincia a fare freschino qua fuori".
Più che una camera, quella di Bill, sembrava un mini appartamento. Era molto più che spaziosa, con un letto rigorosamente matrimoniale immenso, un divanetto e una poltrona posti davanti ad un televisiore al plasma di, come minimo, 42 pollici. Vicino al letto, al posto di un comodino, c'era il frigo bar. Il frigo era il massimo per Bill, quando ancora facevano i tour e alloggiavano negli hotel.
"Hai fame?" Chiese Tom, stravaccandosi sopra la poltrona bianca e accendendo la televisione, mantenendo basso il volume.
"Così e così" Rispose distratto, raggiungendo il suo cellulare e controllando se aveva ricevuto qualche messaggio. Niente. Sbuffò sonoramente e si lasciò cadere sul letto, pensieroso. Perchè cavolo non si fa sentire?
"Ehi Bill" Richiamò l'attenzione il suo gemello. "Guarda che sono passati appena tre giorni. E' normale che voglia lasciarti il tuo spazio" Sorrise impercettibilmente. Suo fratello riusciva proprio sempre a capire cosa gli passava per la testa.
"Lo so, lo so. Ma mi manca, non posso farci nulla." Si passò una mano sopra le palpebre e fece un respiro profondo. "E... ho paura."
Tom rimase in silenzio, guardandolo serio. Con lo sguardo lo esortò a continuare.. perchè doveva sfogarsi, doveva tirare fuori tutto quello che gli appesantiva la testa e, soprattutto, gli rendeva il cuore un macigno insostenibile.
"Ho paura di tutto, Tom. Ho paura di lei e ho paura di me, di farle del male, di farne ancora a me." Incrociò le gambe e lo fissò intensamente negli occhi. "Io sono ancora innamorato di Maggie, lo sai." Serrò la mascella e ricacciò indietro le lacrime, lasciando solo che una leggera patina gli inumidisse le iridi scure "E non smetterò mai di amarla.. anche se è una cosa insensata. Perchè lei non c'è più. Lei è morta. E' morta. Morta." Scosse la testa chiudendo gli occhi. "La morte mi è passata troppo vicino perchè io non la conosca almeno un po'.. Ma io sono qui! Sono vivo, cazzo! Non posso passare il resto della mia vita a sentirmi una merda perchè sono vivo! Devo vivere, lo devo fare.. anche per lei, per quello che ci ha legato e ci legherà ancora, fino alla fine." Azzardò una fugace occhiata verso Tom. Era immobile, una statua di sale, e lo guardava.. con una scintilla di paura e di orgoglio in quelle iridi identiche alle sue. "Devo vivere e devo farlo accanto a Melrose" Continuò, sentendosi quasi più leggero. "Perchè.. la amo."

"E ovunque andrò ovunque andrò
Quella paura tornerà domani, domani
E ovunque andrai ovunque andrà
Tu stai sicuro e stringi i tuoi perché"


***


"Ecco a te, Alfred" Sorrise, poggiando sul ripiano di legno chiaro un bicchiere di birra "E questa te la offro io" Ridacchiò, asciugandosi le mani sul suo grembiulino.
"Ah, Melrose, sei un tesoro" Esclamò prendendo un sorso della sua bevanda alcolica "Beato chi ti sposa" Esibì un sorriso sdentato e si passo una mano sul mento, accarezzando la sua barba incolta e brizzolata.
Alfred era una gran bella persona. Era sposato e aveva una figlia poco più grande di Melrose. Ultimamente passava spesso al locale del signor S, la sera con gli amici, e un po' ci si era affezionata.
Arrossì impercettibilmente e borbottò un "Per così poco", tornando poi al suo lavoro.
Mentre l'acqua del lavabo scorreva sui bicchieri che stava lavando pensò a Bill e a quei tre giorni di silenzio che le erano sembrati tre anni. Aveva dovuto fare uno sforzo sovrumano per non prendere il cellulare e chiamarlo almeno una settantina di volte. Ma si era trattenuta, aveva dovuto farlo. Lui si meritava davvero un po' di serenità e lei non voleva assillarlo in continuazione. E poi.. se avesse davvero voluto sentirla avrebbe potuto chiamarla lui e invece non l'aveva fatto. Già, perchè non l'aveva fatto?
Asciugò lentamente un calice di birra, inspirando a fondo e venendo accolta da quella familiare paura che da qualche tempo le faceva mancare il fiato. Il futuro. Pensare al futuro la terrorizzava, ne aveva un fottuto terrore e faceva di tutto per non pensarci. Per non pensare a Bill e al fatto che erano tre interminabili giorni che non si sentivano. Non un messaggio, non una chiamata. Non voleva fare il primo passo, perchè magari lui sentiva la necessità di staccare realmente la spina da tutto quello che aveva lasciato indietro partendo per la Grecia. Forse aveva bisogno di staccare anche da lei e non la voleva sentire.. Ecco, ricominciava a farsi le seghe mentali. Doveva essere positiva, concedergli i suoi spazi e non essere cos catastrofica.
"Signor S, ho finito!" Stiracchiò un sorriso e si asciugò velocemente le mani "Ci vediamo domani".
"Vieni nel pomeriggio, verso le 14.30, ciao Mel!"
Fece un ultimo cenno col capo, per poi ritirarsi nel retrobottega e raccattare le sue cose.
"E' un po' che il tuo amico non viene a prenderti" Sentì una voce simile ad un sibilio alle sue spalle, si voltò e vide Jessica sulla soglia, che stava per raggiungerla.
"Ha avuto da fare.." Soffiò. Le dava fastidio quando Jess cominciava a punzecchiarla su quell'argomento. Aveva capito che era un tasto semi dolente per lei e ci marciava alla grande.
"Oh per favore" Sbuffò sonoramente "Lo sanno tutti che sono partiti! Qualcuno li ha visti in macchina lasciare la città" La sua voce era terribilmente irritante e il suo modo di ridere quasi spaventoso. "Dai dimmi, dove sono andati?"
"In Grecia.. Ma si può sapere cosa importa a te?"
"Oh in Grecia!" Esclamò "E scommetto che ti rode un sacco non sapere cosa sta facedo in questo momento"
"Avanti Jess, lasciami stare" Afferrò stancamente la sua borsa a tracolla, ma venne prontamente bloccata dalla ragazza, che le si parò davanti.
"Oppure il tuo problema è non sapere con chi è?"
"Con i suoi amici, con chi vuoi che sia.." Doveva ammetterlo. Stava cominciando ad irritarsi.
"Mel.. Non ti nego che mi fai quasi tenerezza. Hai quest'aria spaesata e ingenua che intenerirebbe chiunque.. Come fai a non capire. Lui, nonostante tutto, è ancora una star" Si avvicinò al suo orecchiò con un sorriso felino "Tu sei una barista" Sussurrò.
"Lasciami, devo andare" Melrose la allontanò bruscamente, fiondandosi verso l'uscita e ritrovandosi in strada, con il suore che pareva pesarle una tonnellata nel petto. Si appoggiò ad una macchina parcheggiata davanti al locale e prese qualche respiro profondo, cercando di calmarsi e complimentandosi con se stessa per non aver versato nemmeno una lacrima,
"So cosa devo fare" Mormorò tra sè e sè. Con una corsa raggiunse la macchina e salì. Mise in moto e, alla velocità della luce, partì con una sgommata verso il luogo in cui avrebbe dovuto andare molto tempo prima. Era l'ora del chiarimento.

"La paura non esiste,
perchè chi odia sai può fingere
solo per vederti piagere.
Ma io ti amerò"

***



Le dita scorrevano veloci sulle corde della sua vecchia e fedele Gibson Custom , producendo un'armonia che ricordava bene. Quelle note.. erano così tragicamente familiari che poteva sentire il suo cuore spezzarsi ad ogni nuovo accordo.
Ne era passato di tempo dall'ultima volta in cui aveva suonato quella canzone. A dire il vero era passato un sacco di tempo dall'ultima volta in cui aveva suonato e basta. Era brutto da dire ma non ne aveva più avuto la voglia, non ne trovava più il senso. Aveva sempre e solo suonato per accompagnare una voce, e se quella voce non c'era più allora non doveva esserci più nemmeno la sua musica..
Quella sera però era diverso, quella sera si sentiva terribilmente malinconico; le sue mani fremevano, quasi in un tremolio, e non c'era stao verso di resistere a quell'impulso che gli era nato dentro non appena aveva posato gli occhi sulla sua vecchia compagna di viaggi. Era stato un solletico, quasi, che gli era partito dallo stomaco, per poi sfociargli nel petto a riscaldargli il cuore.
E ora se ne stava lì, seduto a bordo piscina, la chitarra stretta in grembo e le gambe a penzoloni immerse nell'acqua; stava così in pace con se stesso.. sembrava che nell'ultimo anno non fosse successo assolutamente niente di brutto, si sentiva protetto, racchiuso in una bolla.
"Du bist alles was ich bin, und alles was durch meine Adern fließt". Nel sentire quella voce, Tom credette di morire. Lì. A bordo vasca. Non poteva essere davvero lui.. eppure quando si girò, davanti a lui c'era Bill. Suo fratello. Con un sorriso molto più che accennato disegnato sulle labbra rosee. Aveva cantato, ce l'aveva fatta, aveva cantato la frase finale della loro canzone!
"E' un po' che ti osservo" Disse poi, sedendosi di fianco a lui e immergendo le sue gambette rachitiche nell'acqua fresca. "E non ho resistito" Arrossì, come se ammetterlo a voce alta fosse motivo di vergogna.
Tom si lasciò sfuggire una risatina rauca, guardando la chitarra che reggeva sulle ginocchia, un dito che tamburellava sulla cassa armonica. Inclinò di poco il viso per guardare di sottecchi il gemello, che nel frattempo stava agitando i piedi nella piscina. Era proprio lui; era tornato Bill. Il Bill di sempre, con le labbra piegate in un piccolo sorriso, il Bill di un anno prima.. solo con qualche cicatrice in più.
Gettò il capo all'indietro e quello che dapprima era solo un risolino discreto divenne una risata. Fragorosa, liberatoria, giusta. Rideva, mentre le lacrime gli rigavano il viso.
"Mi sei mancato!" Disse in mezzo al pianto. Cadde sulla schiena, la chitarra sdraiata sulla sua pancia, sotto lo sguardo un po' attonito e un po' divertito di Bill.


***


Quel posto era enorme e cominciava a perdere le speranze. Era arrivata da più di venti minuti e non era ancora riuscita a trovare quellla giusta; aveva vagato un po' a destra, un po' a sinistra, ma il destino sembrava non essere dalla sua parte. Per di più era deserto, non c'era nessuno.. almeno fin quando una signora molto anziana non fece il suo ingresso, varcando gli enormi cancelli grigi e dorati.
Melrose si precipitò all'entrata, rincuorata e un pochino più speranzosa.
"Signora! Signora salve.. avrei bisogno di un piacere" Abbozzò un sorriso.
"Certo, se posso esserti utile"
"Lei per caso sa dove posso trovare la lapide di Margaret Becker?" La signora si portò un dito sul mento e i suoi occhi cominciarono a fissare un punto indefinito di fronte a lei. Stava pensando, probabilmente. Di solito le signore di una certa età si muovono nei cimiteri con disinvoltura e sanno sempre dove sono le tombe di tutti.

“Stai parlando di quella ragazzina bionda di Amburgo?” Domandò poco dopo la signora, mentre stringeva al petto un grande mazzo di fiori rossi.

“Sì, sì.. credo.” Mormorò Mel, grattandosi la nuca.

“E' laggiù in fondo. La vedi? Dove ci sono quei fiori colorati. E' la lapida appena sulla sinistra.” Sorrise, indicando con l'indice “Povera ragazza, aveva solo ventun anni. Vengono spesso a trovarla i suoi amici..” La signora la stava accompagnando, con un sorriso mesto sulle labbra la seguiva in quei sentieri grigi, di cemento. “Tu sei una sua amica?”

“Una specie” Sussurrò, scuotendo debolmente il capo.

“Ci siamo, io ora devo girare qui a destra. Vado a trovare mio marito” Sospirò affaticata “E' stato un piacere”

“Anche per me” Melrose sorrise e non appena la donna sparì dalla sua visuale fece quei due passi che la dividevano da Margaret.

Guardare quella foto appesa al muro fu come un colpo allo stomaco.. e si sentì piccola. Piccola così.
Maggie era bellissima. Aveva dei lunghi capelli biondi e due occhi verdi che abbagliavano.. non aveva nemmeno un fili di trucco, eppure era meravigliosa lo stesso. I lineamenti del viso erano dolci e le labbra rosate, a forma di cuore.
Osservarla faceva male. Il suo fantasma aveva finalmente un viso, ce l'aveva davanti, ma non avrebbe mai pensato di sentirsi così.. annichilita, di fronte a lei. Per qualche minuto non fiatò e tutto intorno a lei sembrò essersi smaterializzato.

“Mi dispiace” Fiatò poi, mentre i suoi occhi si inumidivano. Mi dispiace davvero..” Sì passò una mano sugli occhi, asciugandoli dalle lacrime. Poi si sedette, di fronte a Margaret. E la guardò.

“Sono già troppo innamorata per tornare indietro, tutto qui.. è solo questo. E vorrei tanto che non fosse così, perché starei meglio..” Faticava a parlare. La voce continuò a tremarle, ogni parola, ogni lettera.. la sua voce non la smetteva di traballare. “Io non volevo innamorarmi di lui.. però poi è successo...”


***


Tom le mancava davvero molto, eppure erano passati solo pochi giorni. Si erano sentiti per telefono mattina, pomeriggio e sera.. però le mancava lo stesso. Sorrise tra sé e sé mentre camminava in mezzo a tutto quel cemento grigio e cupo.. non era per niente un posto da Maggie; a lei erano sempre piaciuti i colori, si da piccola. Il verde, il rosso, l'azzurro, l'arancio.. i colori caldi e amichevoli, un po' come lei.

Dio se le mancava anche lei.. la sua piccola, dolce Mag. Quello era stato l'anno più lungo della sua vita, sembrava non voler passare mai. Era stato infinito. Un po' come quando vai a scuola, nel mese di maggio; l'ultimo mese che ti divide dall'estate, dalla libertà.. è il mese più lento e inesorabile di tutti e giugno sembra così lontano..

“Io non volevo innamorarmi di lui.. però poi è successo” Sentì queste parole, pronunciate a mezza bocca da una voce femminile, un po' incerta. Girò l'angolo, rimanendo nascosta dalla siepe verde e rigogliosa, alzò gli occhi e vide che, seduta di fronte alla lapide della sua amiche, c'era una ragazza. Era piccola e bionda, magrolina.. le spalle ricurve le davano un'aria un po' malinconica.

“Stare qui seduta non è facile per me” la sentì dire “Ma è una cosa che sentivo di dover fare. Avevo come l'impressione che non sarei riuscita ad essere serena fino in fondo prima di averti vista...” Chi era quella ragazza? Cosa ci faceva lì? “Io lo so che Bill è ancora innamorato di te, e so anche che lo sarà sempre..” Parlava di Bill.. Se parlava di lui poteva essere una persona soltanto.. “Non so come mai, ma mi sento legata a te.. è strano, è una sensazione strana, ma mi sento legata a te da qualcosa di forte. Ed è Bill che ne sta subendo le conseguenze. E' così confuso, nervoso, e io non so più come comportarmi con lui. Però lo amo, lo amo così tanto..”Singhiozzò appena “E tu lo sai così cosa si prova, no? Il vero amore.. quello che ti fa venire voglia di morire per qualcuno” Melrose.. Era lei, doveva essere per forza lei, ne era certa.

Mel si alzò in piedi, si passò le mani sulle ginocchia spazzando via la polvere e si asciugò le guance. Becky si fece più piccola dietro alla siepe, e continuò a guardare quell'ammirevole ragazza che aveva ricominciato a parlare con Margaret.

“Mandamelo un segno, ti prego.. Mandami qualcosa, fammi capire che hai capito e che anche tu puoi riuscire ad essere felice per lui, anche se questo vuol dire vederlo con una donna che non sei tu..” Non riuscì a finire la frase che un “bip-bip” ruppe il silenzio che era calato ormai da qualche minuto.

Melrose estrasse il cellulare e aprì il nuovo messaggio che le era appena arrivato.

Bill: Mi manchi.

Strinse il cellulare con entrambe le mani e se lo portò al petto “Grazie” Bisbigliò a quella foto bellissima e sorridente, mentre l'ultima lacrima della giornata le scendeva fino al mento.


E ti amerò più in là di ogni domani
Più di ogni altro, di ciò che pensavi
Non m’importa ora di fingere
Il mio sguardo lo sai leggere “

  
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