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Autore: Akemi_Kaires    03/06/2011    0 recensioni
[Scritta da gm19961 e da Akemi_Kaires]
Maya. Phoenix. Franziska. Miles.
Quattro persone ben distinte, con vite diverse e tantissime cose in comune.
Queste quattro vite sono legate dalla stessa tragedia, vissuta in modo diverso da ciascuno di loro: il processo a Zak Gramayre e il ritiro del distintivo di Wright.
Quanto sono cambiate le loro vite? Cosa è capitato a loro? Cos'è successo dopo quella tragedia?
L'amicizia che li legava sarà capace di curare la ferita inferta da questo evento... e qualcosa di assolutamente magico cambierà ulteriormente e definitivamente le loro vite.
Fic al momento sospesa per mancanza di tempo e ispirazione
Genere: Generale, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Franziska von Karma, Maya Fey, Miles Edgeworth, Phoenix Wright
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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13 Marzo, ore 21:45
Ufficio del Procuratore Capo
Procura di Berlino
«Capo… Signore. La nostra giornata è terminata. Possiamo andare a casa o devo riferire agli altri che magari si svolgerà qualche riunione straordinaria?».
«Andate pure» rispose il procuratore, gli occhi sempre puntati sul documento che stava analizzando con precisione. «Per oggi non ci saranno nuovi consigli. Siete tutti congedati».
Con un inchino, il sottoposto ringraziò e scivolò via dall’ufficio, lentamente e silenziosamente, permettendo al suo superiore di continuare a svolgere il suo delicato lavoro.
Non era semplice analizzare nei minimi dettagli i vari dati di un omicidio, specialmente se le persone si aspettavano ordini precisi e perfetti che avrebbe resa vicina la vittoria della Procura.
Ed era questo che si aspettavano dal Procuratore Capo, uno dei procuratori della stirpe leggendaria dei von Karma, la figlia di Manfred, il procuratore dalla carriera inarrestabile, da Franziska, il Prodigio e la Rinascita della sua famiglia.
Non si sarebbe sprecata nel fare un lavoro perfetto, nel dare il massimo in quello che faceva.
Dopotutto la sua vita non era il lavoro stesso? Aveva dato anima e corpo pur di essere degna del suo nome e, nonostante avesse incontrato molti ostacoli lungo la sua strada, non si era mai arresa.
La gente non le voleva bene, non compativa il suo obiettivo, non la aiutava mai. Ogni volta qualcuno cercava di farla inciampare in qualche errore, di spingerla nell’oblio di quegli sbagli da lei tanto temuti.
Era solo per invidia, rabbia, astio che tutti agivano contro di lei. O dipendevano o la odiavano. Due strade differenti dove lei era il centro di tutto.
Aveva mai incontrato una persona che, sinceramente e non per sfruttarla, le aveva detto qualche frase d’affetto? C’era una persona che aveva fatto di tutto per lei, cercando in ogni modo di consigliarle in meglio e il giusto?
Franziska non sapeva cosa pensare. Neppure suo padre, il suo adorato Maestro, le aveva mai donato amore paterno. Lei, come tutti quelli della sua famiglia, era un’arma vivente, una destinata a portare la perfezione nella Germania e nel resto del mondo. E a un’arma non ci si affeziona, la si usa solo per certi scopi. Quello di suo padre era vincere, glorificare il nome della Procura, essere letali per qualunque tipo di imputato.
Le persone la riconoscevano come un asso nella manica da usare nei casi critici e così anche la procura, che la mandava in giro per il mondo a condannare imputati di casi apparentemente impossibili.
Era stanca di quel genere di trattamento, di essere sfruttata da tutti, di avere una vita che non fosse la sua.
C’era solo una persona, unica nel suo genere, che non la vedeva in quel modo…
Ed era da un bel po’ che non lo vedeva. Precisamente dal giorno della decadenza di tutto…

19 Aprile, ore 11:45
Aeroporto Internazionale
Scalo n° 13

“Sono esausta” si disse Franziska, scendendo avanzando velocemente lungo il corridoio dell’aeroporto, le valigie in mano. “Il viaggio non finiva più. Per fortuna sono arrivata… di nuovo in questa sciocca nazione! Se non fossi stata obbligata da il procuratore generale, di sicuro non sarei tornata in questa sciocco stato dove ho perso il mio record di vittorie perfette… Ma ora basta parlare tra me e me… Meglio andare a mangi… AHHH!”.
Franziska cadde rovinosamente a terra, colpa dell’urto improvviso con una persona, scivolando sui suoi tacchi.
Irritata dal pessimo arrivo in America, si rialzò velocemente, pulendosi la gonna per togliere polvere e altre polveri di vario genere.
Con orrore notò che una delle sue enormi valigie si era aperta. Tutti i suoi vestiti erano sparsi qua e là. Avrebbe tanto voluto frustare la persona che aveva provocato quello scempio, ma pensò che era meglio non incrociare lo sguardo di chi l’aveva resa nervosa. Per il suo bene, ovvio.
«Mi scusi tanto signorina. Per farmi perdonare, lasci che l’aiuti almeno a riordinare le sue cose…» il ragazzo, da quel che capì Franziska ascoltando la sua voce, doveva avere qualche anno in più di lei. Aveva un tono pacato, distinto e composto, di chi veramente è dispiaciuto dell’accaduto.
«Ci mancherebbe che lo avesse fatto appos…!!» commentò acidamente lei, voltando la testa di scatto e incrociando lo sguardo di quell’uomo misterioso. Non appena lo vide, Franziska impallidì e indietreggiò di qualche passo, stupita. «Herr Miles Edgeworth…? Che cosa ci fai tu qui, all’aeroporto?».
Perfino lui parve incredulo nel vederla e dovette stropicciarsi gli occhi più e più volte per accertarsi che effettivamente che quella ragazza che gli stava davanti fosse davvero la sua cara amica d’infanzia. «Franziska!!!» esclamò, gioioso e frastornato. «Io vivo qui …semmai sei tu quella fuori posto. Dicevi che non saresti più tornata in questa “sciocca nazione”».
Infatti lei non era venuta lì per puro caso. Aveva un compito ben preciso da svolgere e di certo non si sarebbe arresa nel portarlo a buon termine. Avrebbe dato il massimo, come sempre.
«Sono stata obbligata dal procuratore generale tedesco. Devo tenere d’occhio un nuovo genio della procura, un certo Klavier Gavin, un giovane cantante rock» spiegò lei, assumendo un tono stizzito. Fare da “balia” ad un principiante era una cosa che odiava con tutto il cuore. «Ma non sono qui solo per questo. L’esito di tale processo determinerà una scelta importante del mio superiore: se tenere me o Klavier come rappresentanti della Procura di Berlino in questa sciocca nazione».
«Oh... Ecco il vero motivo» sorrise beffardamente lui, pensando già a come si sarebbe trovata lei nella procura dove lui era il Capo. «Franziska, visto che non ci siamo visti da tempo, che ne dici di venire a pranzo con me? Così, magari, parliamo un po’. Ti va?» propose infine lui, speranzoso in un’affermazione della giovane procuratrice.
«Sì, grazie» accettò, imbarazzata e scioccata da quella richiesta.
Cominciarono a rimettere in ordine i suoi indumenti nella valigia, cominciando a chiacchierare come gli anni passati, ridendo spensierati.

13 Marzo, ore 22:30
Salone Principale
Villa von Karma

Seduta su uno sgabello, Franziska faceva scorrere velocemente le dita sui tasti del suo amato pianoforte, componendo soavi e dolci melodie complesse e articolate.
Lasciò che la sua mente si svuotasse da quel tormento che era il lavoro, facendo correre i pensieri verso una direzione che portava alla gioia e alla pace del suo animo.
Pensando a quei momenti così vicini e così lontani, pieni di malinconia e tristezza, la giovane procuratrice aggrottò la fronte, cercando di concentrarsi nuovamente sul movimento delle mani e sulle note d’accompagnamento.
Purtroppo non ci riuscì.
Picchiò violentemente un pugno contro il pianoforte, cercando di trattenere le lacrime di rabbia che le stavano velocemente salendo agli occhi.
Lo sapeva perfettamente anche lei: era inutile opporsi alla forza dei ricordi che cercavano di ghermirti con artigli affilati…

19 Marzo, ore 12:45
Ristorante
Hotel Gatewater

Seduti su un tavolo, Franziska e Miles cominciarono a riflettere sui vecchi tempi, parlando delle cose accadute in America e in Germania dopo la loro separazione dovuta al lavoro.
Era la prima volta dopo tantissimo tempo che la giovane procuratrice non si era lasciata andare liberamente con qualcuno…
«Comunque non mi hai ancora chiesto scusa per avermi fatta cadere» lo stuzzicò lei, pur sapendo che non sarebbe stato al gioco, proprio per togliersi una piccola soddisfazione degna di una “sorella”.
«Uff… Sei sempre la stessa… dura e fredda…» rispose lui, sorseggiando il suo tè senza badarle troppo. «Sai, prima non eri così… Eri buona, dolce… Che cosa è successo alla Franziska von Karma che conoscevo?».
Questo lei non se lo aspettava di certo. Tale affermazione la irritò e la lasciò di stucco al tempo stesso.
Posò la sua tazzina di caffè, stizzita, lanciandogli un’occhiata gelida e seriosa. «È cresciuta, ecco che cosa le è successo. Sono sempre stata così… Da quando sono diventata procuratore».
«Esatto, proprio da quando sei diventata procuratore» confermò Miles, guardandola negli occhi. «Prima, quando eri molto piccola, eri una persona diversa».
La ragazza strinse i pugni, afferrando istintivamente la frusta che le stava accanto, come se pronta a scattare al minimo movimento del compagno. «Sono dovuta… cambiare… ho imparato a cavarmela da sola!» rispose secca, come se sulla difensiva, con voce tremante. «Mio padre, la leggenda, Manfred von Karma, mi ha lasciata sola. Sempre! Non mi parlava mai… Non mi raccontava niente. Non era mai disponibile per me. Non… ha neanche avuto il coraggio di parlarmi dell’incidente… se così posso chiamarlo».
Parlare di suo padre, per Franziska, era una vera e propria stilettata al cuore, una condanna a morte. Quell’uomo che l’aveva tanto maltrattata, sfruttata, ferita e tradita ormai faceva parte delle tante ombre del passato che la tormentavano negli incubi che la aggredivano ogni notte.
E quel caso, quell’omicidio… Il processo che le rovinò completamente la vita era il ricordo più vivo e doloroso che ancora la schiaffeggiava ogni volta che esso veniva rievocato. Era una cicatrice… che si apriva sempre e pulsava, sempre più forte, sempre più dolorosamente.
«Incidente?» chiese Miles, senza capire a cosa lei si stava riferendo.
«Non era un incidente; era vendetta» si corresse Franziska, abbassando lo sguardo, cercando di tenere a bada la furia che le ribolliva in corpo. «Sapevo che mio padre era spietato, vendicativo, perfido… Ma non pensavo fino a questo punto».
«Oh, ti riferisci a quello…» comprese il procuratore, sospirando.
«Sì, il caso DL-6… Ancora non posso credere che mio padre… abbia fatto… questo. Uccidere Gregory Edgeworth. Tuo padre!» sibilò tra i denti, mordendosi il labbro pur di sfogare la rabbia su sé stessa senza coinvolgere ulteriormente il suo amico. «Quando l’ho saputo, mi sono sconvolta. Non riuscivo ad accettare l’idea che l’avesse fatto… e che, per altro, avesse cercato di incastrare te… Non ha avuto neanche un briciolo di sentimento, neppure la forza di parlarmene!».
Picchiò violentemente un pugno sul tavolo, facendo rovesciare il bicchiere che, fortunatamente, era vuoto.
Le tempie le pulsavano impazzite, il sangue circolava molto velocemente e si sentiva la fronte calda. Le succedeva sempre quando parlava di cosa era successo tanti anni prima… di come la sua vita si era sfaldata proprio davanti ai suoi occhi.
Solo dopo aver incrociato lo sguardo di chi le stava davanti si rese conto che c’era qualcun altro che aveva sofferto in un modo molto simile al suo…
«Oh…scusa Miles… se ti parlo di questo. So che hai sofferto molto… Mi spiace di aver rievocato quel ricordi così dolorosi…!» cercò di farsi perdonare lei, portandosi una mano davanti alla bocca, rendendosi conto di aver fatto uno sbaglio.
«Tranquilla, Franziska, non hai bisogno di chiedermi scusa» la rassicurò con un sorriso. «In questo momento quella che sta soffrendo sei tu… Quindi sfogati pure, ne hai davvero bisogno…».
Lei scosse la testa velocemente, come per scacciare via, lontano, quei brutti ricordi.
“Devo darmi una calmata” si rimproverò. “La gente non deve pensare di te come una donna fragile!”.
«Come sarebbe a dire “ne ho bisogno”?» replicò lei, tornando ad essere la von Karma perfetta che tutti volevano che fosse. Tutti… meno uno. «Io sono perfetta e non ho bisogno di nessuno! Non ho neppure bisogno di sfogarmi, perché un von Karma è perfetto, a queste cose non ci da peso! Un vero membro della mia famiglia trasforma tali emozioni in forza di riuscire! Ed io sono una von Karma, una donna destinata ad essere perfetta!».
«No, tu non la sei» ribatté lui, stupendola alquanto. «Sei Franziska» continuò, assumendo un tono dolce di voce, quasi… fraterno, se non qualcosa di più. «Hai tuoi difetti… Ma anche tanti pregi, che ti rendono una persona straordinaria».
La procuratrice sbarrò gli occhi, colpita da quella strana affermazione. Non trovò neppure le parole per controbattere a quelle parole che un vero von Karma avrebbe considerato offese.
«Sei sempre stata da sola. Non hai potuto confrontarti e parlare con qualcuno… hai sempre contato sulle tue forze… e sei arrivata molto lontano…» proseguì lui, afferrandole una mano e stringendogliela fra le sue. «Solo una persona estremamente forte… può riuscire a sopravvivere. Sei speciale e quando c’è una sfida non ti tiri mai indietro. Sì, sei un ragazza calma e tenace… Che riesce a sopravvivere anche quando non c’è nessuno al tuo fianco. E questo ti fa onore».
Commossa e seriamente rinfrancata da quelle parole dolci e affettuose, Franziska tentò di ringraziarlo quando…
*Driiiiiiin Driiiiiin*
Il suo cellulare cominciò a squillare, facendola sobbalzare sulla sedia. L’aveva colta alla sprovvista.
Seccata dal fatto di essere stata interrotta mentre cercava di ringraziare Miles, afferrò furiosamente il cellulare. «Ma chi diavolo mi sta chiamando???» non riconoscendo il numero in questione, premette il tasto per accettare la chiamata. «Parla il Procuratore Capo von Karma!».
«Signorina, scusi se la disturbo, ma abbiamo appena finito il processo di Klavier Gavin» rispose una voce piuttosto agitata dall’altro capo della linea. "L’usciere", pensò lei, senz’ombra di dubbio.
«Così presto?» commentò lei, guardando l’orologio che portava al polso. «E com’è andata?».
Non per desiderare le disgrazie altrui, ma in quel momento Franziska sperava con tutto il cuore che il giovane cantante rock avesse perso.
Nonostante la gloria della procura le stesse molto a cuore e odiasse con tutte le sue forze l’America, in quel momento desiderava e voleva diventare la Rappresentante della Procura Tedesca.
E non era dovuto a semplice orgoglio personale…
«Insomma, è stato un processo assai movimentato… La cosa che ci dispiace di più è stato il licenziamento del signor Wright!».
Se non fosse stato per il suo buon autocontrollo, Franziska sarebbe svenuta sulla sedia. Non riusciva a credere alle sue orecchie. «CHE COSA?!» sbraitò, spaventando l’usciere. «Herr Phoenix Wright stato… LICENZIATO?!?!? Per quale motivo!?!?».
Miles scattò in piedi dalla sua sedia, terrorizzato, guardando il viso spaventato e incredulo della procuratrice tedesca. «Cosa???».
Per permettere al suo collega di ascoltare, la ragazza mise il viva voce.
“Non ci posso credere…” pensò Franziska, chiudendo gli occhi e respirando profondamente. “Herr Phoenix Wright… cosa ti è successo?”.
«Ha presentato una prova falsa in tribunale… Ma il procuratore Gavin l’ha smascherato!» riferì l’usciere, agitato. «Credo che questo nuovo procuratore sia un genio. Ha distrutto una leggenda al suo primo caso!» commentò infine, alimentando l’ira della procuratrice.
«Dov’è in questo momento?» chiesero loro due all’unisono, picchiando un pugno sul tavolo.
«Si trova nella sede della corte suprema, credo che…sa cosa sta per succedere».
«NEIN!!!! Il suo distintivo!!!!» strillò Franziska, mettendosi le mani nei capelli. Non solo i suoi sogni e desideri si erano sgretolati in un attimo, ma con essi anche la vita di un uomo che l’aveva aiutata anni prima.
Successe esattamente la stessa cosa… Era molto simile a ciò che era capitato nel caso DL-6.
«Si, esatto. Da questo momento non ha più il diritto di esercitare in tribunale» rispose meccanicamente l’usciere. «Comunque, ora dovrebbe sistemare alcune pratiche qui in tribunale. L’aspettiamo».
«Arrivo immediatamente» sospirò lei, chiudendo la chiamata. Si voltò verso Miles, che in quel momento era immobile al tavolo. «Io non ci posso credere, non lui, non può aver…».
«È una cosa inammissibile!» urlò lui, con un tono di voce così duro e alto che fece indietreggiare Franziska dalla paura. «Impossibile!».
«Devo andare immediatamente in tribunale» mormorò lei, afferrando la sua borsa e avviandosi verso l’uscita. «Perdonami… Ma devo risolvere una faccenda da sola. Arrivederci… herr Miles Edgeworth!».
La ragazza cominciò a correre velocemente, saltando sulla sua macchina e saettando verso il tribunale.
Non riusciva ancora a crederci. Sembrava un incubo, uno dei peggiori che le fosse mai capitato in vita sua.
Perché la vita le voltava sempre le spalle, prendendosela con le persone alle quali voleva bene?
Era la prima volta che non riusciva a darsi una risposta…

Ancora seduto al tavolo del ristorante, Miles rievocò nella sua mente l’immagine di Franziska che fuggiva verso il tribunale, il teatro di quell’orrenda vicenda.
«Arrivederci… Franziska» salutò quella figura immaginaria alla porta, sospirando.
Non era riuscito neppure a dirle qualcosa. In vita sua non si era mai sentito così inutile.
Ma in quel momento c’era una strana sensazione che aveva invaso il suo petto.
L’aveva ritrovata e ne era felice ma… quell’arrivederci e quella fuga non gli parvero temporanei.
Non l’aveva mai sentita così lontana da lui prima d’ora.
Gli stava sfuggendo di mano la situazione.


Interruppe, con una bella stonatura, la melodia malinconica che stava suonando.
Chiuse gli occhi, cercando di trattenere le lacrime, mentre le spalle tremavano per i continui singhiozzi.
Da quanto tempo non aveva mai pianto? Da quanti anni non ne sentiva il bisogno?
Non era un pianto di rabbia, né di astio o odio.
Era un qualcosa di più forte…
Un senso di colpa.

19 Marzo, ore 14:55
Tribunale distrettuale
Sala Udienze n°6

Dopo aver compilato i documenti ed essersi congratulata, anche se controvoglia, con Klavier Gavin, Franziska decise di rievocare il passato passeggiando per le aule di tribunale.
“Eccomi di nuovo in questo sciocco luogo. Quanti ricordi… qui dentro… ho combattuto contro di lui… l’imbattibile Phoenix Wright che ora non sarà più un avvocato” pensò lei, sedendosi al banco della procura, strofinando la superficie lucente del legno. Alzò lo sguardo e vide il posto della difesa… vuoto. “Non posso ancora crederci… perché proprio lui?” pensò, specchiandosi nella lucentezza della base della sua postazione. Era destino che tutte le persone che l’avevano aiutata finissero tutti in quel modo?
Senza riflettere ancora un secondo di più, afferrò il suo cellulare. “Devo chiamare il procuratore generale per informarlo dell’accaduto…”.
Dopo pochissimi squilli, precisamente al terzo, il suo superiore rispose.
«Hallo? Procuratore Capo von Karma? Perché mi chiama? Lo sa che non tollero essere disturbato. Sopratutto a quest’ora, alle 7 del mattino!» si lamentò lui, con un tono a mo’ di rimprovero.
Franziska rimase impassibile, spietata e letale come era quando si comportava da procuratore von Karma. Decise di dargli immediatamente la notizia. «Guten Morgen… Mi duole disturbarla adesso, ma dovrei darle una notizia che a lei interessa alquanto».
«Deve essere una ragione valida per disturbarmi a quest’ora. Ma vi conosco, voi von Karma. Se chiamate c’è sempre un valido motivo! Quindi… riferisca immediatamente, prego» rispose il procuratore generale, assumendo un tono un po’ più delicato e meno agitato ma pur sempre tagliente e pronto a fare acidi commenti su ciò che lei avrebbe riferito.
Era perfettamente consapevole, Franziska, che di certo lui non avrebbe reagito bene… per lei, almeno.
«Herr Klavier Gavin ha vinto contro herr Phoenix Wright. Quest’ultimo ha presento una prova falsa e lui l’ha smascherato. Ovviamente herr Gavin ha vinto» disse meccanicamente, fredda e seria.
«Ne ho la conferma… Si può considerare un vero e proprio genio. Bene, credo che ha questo punto posso anche tenerlo in America e gli spetterà il ruolo di rappresentare la Germania, procuratore capo von Karma» rifletté con tono beffardo, provocatorio per l’animo orgoglioso della giovane sottoposta.
E riuscì perfettamente nel suo intento. L’istinto di von Karma che Franziska possedeva ebbe la meglio sul suo buon autocontrollo.
«Quello doveva essere il mio compito!!» controbatté lei, furiosa, afferrando la frusta.
Sì, il suo intuito aveva sempre ragione. Se lo aspettava, la procuratrice, che qualcosa non sarebbe andato per il verso giusto.
Sperava sinceramente che almeno quel suo misero desiderio, quell’unica cosa che lei desideravano con tutto il cuore, si avverasse.
Non chiedeva molto… solo rimanere in America, accanto ad una persona…
«Non è affar mio» rispose stizzito lui, invece.
«Come sarebbe a dire?!?».
«Lui è arrivato dove lei non è riuscita. Togliere dai piedi quel misero avvocato» disse tagliente. «Ora prenda il primo aereo e torni immediatamente qui in procura. Abbiamo bisogno di lei, procuratore capo. Quel compito non è alla sua altezza».
«Signore, si tratta del suo primo processo! Il caso ha fatto sì che smascherasse herr Phoenix Wright, ma si tratta solo di fortuna! Non possiamo prendere decisioni così affrettate!» cercò di persuaderlo a riflettere ancora un po’, sperando che cambiasse idea.
Ma la fortuna non era mai stata dalla sua parte.
«Il caso è chiuso e tutto procede a favore della procura. Non è questo che sta a cuore a voi von Karma?» la provocò, toccando un tasto dolente. «E poi sappiamo bene che l’America è il vostro tallone d’Achille. Quindi torni qui senza opporsi o la carriera di procuratore capo non la vedrà mai più neanche col telescopio».
Senza neanche aspettare una risposta della procuratrice, il procuratore generale riattaccò.
Un dolore lancinante prese il petto di Franziska, lasciandola senza fiato. Si dovette appoggiare al suo banco, l’amato banco dove aveva fatto i processi più belli, per riuscire a reggersi in piedi.
Lacrime di rabbia cominciarono a solcarle il viso. I pugni si chiusero improvvisamente e la frusta cominciò a schioccare ovunque, senza tregua, letale per ogni cosa che incontrava nel suo percorso.
“Non ci posso credere… è finita… di nuovo… la mia perfezione…distrutta per sempre… definitivamente… Non sono stata degna… di seguire la legge dei von Karma… e per questo il mio desiderio più grande non si è avverato… Io me ne devo andare!”.
Corse velocemente e furiosamente verso la macchina, spingendo in là chiunque ostacolasse il suo cammino, tenendo la stessa bassa per impedire alla gente di vedere le sue lacrime d’astio e odio.
“Giuro su me stessa che non rimetterò più piede qui nonostante sia contro la mia voglia! Non posso mostrare la mia faccia a chiunque sia in questo posto!”.
Afferrò le sue valigie, decisa. La sua prossima destinazione era l’aeroporto.

Come tanto tempo prima, quella strana sensazione l’assalì improvvisamente.
Era strana, come se una lancia le stesse trapassando il cuore. Era peggio di quando il proiettile di de Killer le si era conficcato nella spalla.
Non era qualcosa che riguardava solo il fisico ma anche l’animo, il sentimento.
Impotenza, dolore, rammarico… questo mix era letale per l’autocontrollo e l’orgoglio di Franziska.
Scoppiò a piangere senza sosta, come una bambina spaventata, lasciando che la sofferenza e la tristezza accumulate con gli anni fluirono via dal suo corpo, liberandolo da un peso.

19 Marzo, ore 16:32
Aeroporto Internazionale
Scalo d’imbarco n°13

«Informiamo i gentili clienti che l’aereo per Berlino sta per atterrare. I passeggeri sono pregati di recarsi al più presto possibile al cancello d’imbarco. Grazie».
Asciugandosi le ultime lacrime che erano sgorgate dai suoi occhi e cercando di trattenerne altre, Franziska afferrò le sue valigie e avanzò lentamente verso la sua destinazione.
Non si voltò indietro neppure per guardare se riconosceva qualcuno tra le tante persone che la circondavano… perché sapeva che se ne avrebbe solamente vista una non avrebbe avuto il coraggio di partire.
“Meglio che mi sbrighi…”.
Dai vetri ammirò l’aereo imponente atterrare con delicatezza sull’asfalto della pista.
Sarebbe salita lì e tutto sarebbe finito, come se non fosse successo nulla…
«Franziskaaaaa!».
Quella voce che l’aveva chiamata con disperazione… per lei era impossibile non riconoscerla.
Neppure se intorno a lei ci fossero state migliaia di persone urlanti lei l’avrebbe distinta lo stesso.
«Miles…» sussurrò lei, incredula, portandosi una mano alla bocca.
Non appena l’ebbe raggiunta, con il fiatone per lo sforzo, Miles le prese una mano e la guardò negli occhi. «Cosa diavolo stai facendo? Perché sei qui?».
Lei si divincolò violentemente dalla presa, ritirando la mano e poggiandola su un fianco come le era solito fare. «Come se te ne importasse qualcosa!» sbraitò, scansandosi da lui.
«Non dirmi che te ne stai andando un’altra volta!» mormorò incredulo lui, guardandola implorante.
«Invece è così!» rispose fredda. «Me ne sto andando definitivamente. Addio».
Si avviò velocemente verso l’aereo, cercando di raggiungerlo prima che Miles potesse fare qualcosa.
“Ti prego… vai via. Se incrociassi ancora una volta il tuo sguardo… non avrei il coraggio di andarmene”.
Edgeworth le afferrò immediatamente un braccio, impedendole di avanzare ulteriormente. «Almeno dimmi il motivo! Dimmi perché te ne stai andando!!!».
«Se proprio ti sta a cuore conoscere i miei fallimenti… hai davanti l’ex rappresentante della Germania! Sì, sono stata licenziata da questo incarico! Ora sono solo un semplicissimo procuratore capo per colpa di quello stupido novellino!» sibilò lei, cercando di sfuggire a quella presa solida senza alcun successo.
«E ti fai abbattere così? Per uno stupido motivo come questo?» le chiese serioso.
“Tu sai chi sono veramente… tu conosci quella parte di me che mi è sconosciuta. Ma non posso… non voglio rimanere qui! Ho paura…”.
«Tu non capisci e non capirai mai!» strillò lei, spingendolo via. «E’ finita per sempre! La mia perfezione è svanita! Ho fallito e non potrò più fare niente per rimediare. Ho infangato il nome della mia famiglia!».
«E con ciò?» ribatté impassibile, senza un accenno di espressione.
Era questo che faceva paura a Franziska. Lei non avrebbe mai voluto vedere quel volto così… vero, che rispecchiava esattamente quanto senso avevano i suoi gesti.
Era… uno specchio, per lei. Le mostrava le cose come stavano, senza tralasciare il minimo dettaglio.
“Non voglio ferire altra gente. Il mio unico desiderio è quello di non rovinare ancora delle persone innocenti. Mi capisci? Riesci a sentire questo mio appello muto? Da piccoli ci bastava uno sguardo per capirci…”.
«Non sono più degna di essere una von Karma!!».
«Questa è la tua occasione!!» la implorò, afferrandole una mano e guardandola negli occhi.
Vi era dipinta speranza, rinascita, voglia di continuare.
Cose che lei non aveva più da tempo…
“Mi vedi, Miles? Sono qui, in questo angolo buio… Ho freddo. Ho paura. Non lasciarmi sola…”.
«Che cosa???Cosa stai insinuando???» chiese incredula, sbarrando gli occhi.
«Fai quello che hai sempre sognato fare! Puoi essere te stessa! Fai quello che desideri!» le disse lui, stringendole la mano con forza. La stava… pregando. «Il tuo obbligo è svanito! La perfezione che ti sta possedendo dalla nascita sta svanendo e tu puoi tornare ad essere la Franziska di allora! Ti prego, reagisci! Non cadere in quell’oscuro oblio!».
“Ci sono già dentro… non mi vedi? Afferra la mia mano, ti supplico, fammi uscire da questo posto angusto… Mi sento soffocare”.
«Non posso più fare niente! Nè quello che desidero né quello che ho dovuto fare» disse, con voce tremante dal pianto ormai imminente. «Sono una fallita! E i falliti non meritano di vivere in questo mondo!».
“Sono stata costretta ad essere perfetta… Non ho mai potuto guardare il mondo con questi occhi, ormai ciechi. Mostrami la luce, Miles! Solo tu puoi farlo!».
Franziska cominciò a piangere, singhiozzando, di dolore.
Era stanca di essere qualcosa che non era sé stessa. Il dolore l’aveva sempre inseguita, quella chimera l’aveva obbligata a trasformarsi e diventare ciò di cui le aveva paura.
Non aveva mai potuto comportarsi come una ragazza della sua età.
Era solo un’arma tra le mani della perfezione, come tutti i von Karma.
Tutti conoscevano Franziska, la ragazzina prodigio.
Ma Franziska… lei non conosceva sé stessa.
La sua anima, la sua essenza, era sepolta da qualche parte in un angolo remoto del suo cuore.
Attendeva impaziente di riemergere…Grazie all’aiuto di una persona che le volesse bene.
«Non ho nessun altro a cui tiene a me; sono sola!» urlò lei, piangendo, puntando il dito indice contro Miles. «Devo cancellare il mio passato e scomparire dalla faccia della terra! Sono solo una stupida che merita di stare sola!».
“Aiutatemi…”.
«NO! Non sei stupida!» ribatté Miles, stanco del comportamento della procuratrice. «Sei Franziska! Sei unica e speciale! Apri gli occhi, te ne prego! C’è qualcuno, qui in questo mondo, che ti vuole bene!».
“Ah…!”.
Luce. Finalmente. Un piccolo spiraglio si stava aprendo in quella maschera che oscurava il suo volto.
«Che cosa stai cercando di dirmi…?» chiese ingenuamente, mentre qualcosa dentro di lei stava rinascendo a poco a poco.
«Ti sto dicendo che non sei sola, che puoi ricominciare una nuova vita!» le disse esasperato, appoggiando una mano sulla sua spalla e guardandola fissa negli occhi.
La stava pregando, implorando, di rimanere con lui. Era un appello disperato, di chi ha paura di perdere tutto.
“Miles…!”.
Franziska scosse la testa, afferrando le sue valigie e dirigendosi velocemente verso l’aereo dando le spalle ad Edgeworth.
«Se questa è la tua decisione… Io non ti fermerò. Però promettimi una cosa». Franziska si bloccò a metà gradinata, senza voltarsi, gli occhi sbarrati. «Cerca di far riemergere la persona che vive in te».
Le lacrime cominciarono a scorrere sempre più veloci e copiose sul volto stanco e triste di Franziska, ancora incredula e indecisa su cosa fare.
Era stanca di agire per mano degli altri…
Per una volta avrebbe tanto voluto comportarsi come avrebbe fatto la vera sé stessa.
Ma anche in quel caso non poteva…
«Spero che tu capisca… che anche se tu fuggirai e scapperai dai tuoi problemi loro resteranno lì e non svaniranno a meno che tu non faccia qualcosa. E non posso sopportare di vederti così. Finché non rivedrò la Franziska buona, dolce, alla quale volevo bene, non credo che io e te abbiamo nient’altro da dirci» continuò lui, sottovoce, in modo che solo lei potesse sentire ciò che stava dicendo.
“Miles, sono qui! Non riesci a sentirmi?”.
«Ma ora basta, mi sono trattenuto fin troppo a lungo. C’è una domanda che dovevo farti ed ora è arrivato il momento. Ascoltarmi! Che cosa hai fatto alla VERA FRANZISKA???» sbraitò lui, facendo per avanzare verso di lei.
La giovane procuratrice si portò una mano alla bocca, cercando di soffocare i singhiozzi.
Un altro pezzo di maschera si sgretolò.
Altre Luci.
«Dove sei?!» chiese nuovamente, con alto tono di voce.
La ragazza si voltò di scatto, mostrando il volto rigato dalle lacrime al procuratore.
“Miles, guardami, sono io, Franziska!!!”.
Il muro silenzioso era stato infranto.
Miles rimase sorpreso da ciò che aveva appena visto e non trovò neppure le parole per dire qualcosa, per reagire a ciò che aveva appena udito.
Era tornata… finalmente… lei era di nuovo lì, davanti a lui, esattamente come tanti anni prima.
Un sorriso semplice e dolce illuminò il volto di Franziska, sì, proprio lei, la giovane ragazzina che finalmente era riemersa da quel mondo oscuro di dolore.
«Forse le nostre strade non si incroceranno più» sospirò lei. «Però mi devi fare una promessa. Non cambiare mai, Miles. Continua a seguire i tuoi sogni perché tu puoi farlo, sei libero. Sei un ragazzo veramente speciale e tutti dovrebbero seguirti e ascoltarti. La procura americana è veramente in buone mani. Ti prego… continua a vivere».
“Te ne prego… fallo”.
Il giovane procuratore udì la preghiera silenziosa della sua amica. I suoi occhi si fecero lucidi, un sorriso illuminò il suo volto.
Ce l’aveva fatta. Aveva vinto.
Lei era davanti a lui… Non aveva combattuto invano.
«Sono davvero felice di averti rivista dopo tanti anni. Non dimenticherò mai queste tue ultime parole e il sorriso con cui le hai pronunciate. Quindi, ti prego… fa che quel sorriso non si spenga mai».
“Lo prometto…”.
Con un cenno di mano ed un sorriso mesto e triste, ma colmo di speranza e rinascita, Franziska disse addio per sempre a Miles e alla sua vecchia sé stessa.


Era ora di mantenere fede alla promessa fatta a suo tempo.
Quel sorriso doveva vivere, splendere nell’oscurità.
L’avrebbe fatto… in sua memoria.
“So che puoi sentirmi… mi vedi? Sono ancora io. Guarda. Ho fatto quello che mi hai chiesto tu…”.
Ancora non aveva compreso a pieno chi era quella persona che realmente le voleva bene e che per la quale doveva continuare a vivere.
Però era felice… perché era certa che la sua vita avesse importanza e non solo come arma di perfezione, che non voleva essere, ma anche per qualche motivo nobile.
“Tutto ricomincia… da ora”.
Tornò a suonare, stavolta melodie complesse e gioiose, lasciandosi guidare da quell’emozione e quella sensazione di benessere che si era annidata nel suo cuore.
“Finalmente… è arrivata l’ora di conoscere la vera Franziska”.
Sorridendo e lasciando che le dita scivolassero guidate dall’istinto sui tasti, la giovane procuratrice cominciò a riflettere su quelle parole che a suo tempo la spaventavano tanto.
Ora erano soavi poesie per le sue orecchie. Non poteva fare a meno di rievocare la sua voce, quella del suo “fratellino”, nella mente.
In quell’istante, proprio mentre un sorriso radioso le illuminava il volto, il cellulare cominciò a squillare.
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Angolino di gm19961:
Hola a todos amigos!
Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento, io che mi occupo dei dialoghi devo vivamente ringraziare la mia socia che si occupa dei pensieri e descrizioni, davvero, brava Pao e aspettiamo recensioni!
Un bacio gm19961 o per gli amici Grace. <3

Angolino di Akemi_Kaires:
Guten Tag!
Sinceramente... ci ho messo l'anima in questo capitolo. Lo sentivo... mio! Dopotutto impersonare i personaggi all'apparenza freddi e cinici, ma molto comprensivi e dal carattere profondo, è la mia specialità!
Devo ringraziare di cuore la mia dolce Grace che si è occupata di questi splendidi dialoghi! E mi auguro di ricevere altre recensioni, in futuro... dato che ora si avvicina l'estate!
Un abbraccio da Akemi_Kaires, per gli amici Lady.
  
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