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Autore: Evil91    10/06/2011    0 recensioni
Scosse la testa sconfitto osservando il disegno di Radiant vicino a quello della sua chimera.
La sua chimera.
Vederli vicini gli provocò una stretta allo stomaco alla quale non riuscì a non fare caso.
La chimera era un’illusione, un sogno irrealizzabile.
Radiant non gli permetteva di conoscerla e sembrava nascondere qualcosa, possibile che?
[Capitolo 6]
Buona lettura.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Dovresti prenderti un gatto.», si affacciò dalla cucina, curioso, solo per vederla seduta sul divano che giocava col suo cane e gli diceva di prendersi un gatto. Sorrise appoggiandosi allo stipite della porta e pensando alla pazzia che poteva avere quella ragazza.
«Un gatto eh. E per quale motivo se poi ho già Birba?»
«Sai i gatti sono estremamente teneri e coccolosi, magari ti addolcisci un po’ anche tu.»
Si perse dentro quegli occhi sorridenti mentre la guardava ridere e fare i dispetti a Birba.
Si asciugò le mani nello straccio e poi sparì di nuovo in cucina ripensando a quella strana cena dove nessuno dei due si era risparmiato battute sarcastiche e pungenti. Sorrise pensando che per la prima volta passava delle ore con una ragazza a prendersi in giro e facendo delle chiacchiere a vuoto. Aveva anche cucinato per lei, per una ventenne che non conosceva per niente e che non aveva fatto altro tutto il tempo che prenderlo in giro per il suo modo di cucinare, per poi ammettere che lei non ne sapeva niente di cucina! E in più dopo aver spazzolato via tutto quello che aveva preparato si metteva sul suo divano col suo cane, come se fosse a casa sua, e gli diceva di prendersi un gatto per addolcirsi!
Sì, decisamente quella non era una situazione normale.
«Guarda che anche tu dovresti addolcirti un po’. Non solo io.»
«Io sono dolcissima. Ovviamente solo chi se lo merita può vedermi così.», rinunciò a ribattere sapendo benissimo che era una sfida persa in partenza: se c’era una cosa che aveva imparato in quelle poche ore in sua compagnia era che Radiant aveva sempre e comunque l’ultima parola.
Si sedette di fianco a lei con un bicchiere di vino in mano e la guardò sorridendo rilassato, mentre Birba saltava sulle sue gambe e ci si accucciava docile come sempre; distrattamente iniziò a passarle la mano sul pelo come era solito fare quando voleva le coccole.
«Pensavo fossi tipo da champagne. Con i soldi che ti ritrovi e questa casa beh… Lo champagne è di classe.»
Gabe la guardò con un sopracciglio alzato, nella chiara posizione di chi sa mettere in imbarazzo l’altra persona e dopo aver fatto scendere Birba dalle sue gambe si avvicinò pericolosamente a lei; guardando con rinnovato interesse ogni più piccolo dettaglio di quel viso che trovava semplicemente affascinante.
«Questo è vino di classe.», spostò la mano fra i loro volti in un chiaro invito per la ragazza, invito che lei prese al volo assaggiando il vino dal bicchiere che lui ancora reggeva.
Non sapeva se era la situazione o il vino, sapeva solo che mentre la guardava bere dal bicchiere che lui stava inclinando verso le labbra di lei si sentì pervadere da uno strano calore al cuore.
Sorrise quando lei si leccò dalle labbra una goccia di vino che era scivolata sulle sue labbra, sorrise vedendo il riflesso dei suoi occhi in quelli di lei e sorrise sentendo chiaramente che da quel momento niente sarebbe stato più come prima.
«Hai davvero ragione. Questo è vino di classe.»
«Dovresti fidarti di chi è più grande di te.»
«Oh ma certo, di un venticinquenne, soprattutto.»
Colpito e affondato. La fulminò con lo sguardo e dopo aver appoggiato il bicchiere per terra si sistemò meglio sul divano, decidendo di ignorarla per qualche minuto, giusto per vedere il tipo di reazione che avrebbe avuto. La reazione di Radiant non si fece aspettare e dopo qualche secondo di silenzio, dove Gabe se la rideva sotto i baffi, lei sbuffò infastidita e con un moto di stizza si tolse le scarpe, facendo sobbalzare Birba che la guardò malamente e si rimise a dormire tranquillamente.
Quel piccolo gesto spezzò il controllo del ragazzo che scoppiò a ridere fragorosamente, tenendosi la pancia nel tentativo di darsi un contegno che era quasi impossibile raggiungere.
Era strano come quel semplice moto di stizza lo avesse fatto ridere così tanto, dopotutto non era niente di straordinario, ma vedere che la ragazza si infastidiva solo per qualche minuto dove non era calcolata lo fece sentire meglio, molto meglio.
«Smettila di ridere chitarrista! Io me ne vado, sei inutile!»
«Dai Radi! Stavo scherzando e poi dove vuoi andare che sei scalza?», la guardò fermarsi vicino alla porta e tornare di corsa per prendere le scarpe e guardarlo stizzita. Ricominciò a ridere, ma quando vide che sul serio la ragazza stava uscendo dal suo appartamento si alzò di corsa fermandola sul pianerottolo.
«Radi! Stavo scherzando dai, non fare così!», si ritrovò di nuovo inchiodato da quello sguardo di fuoco. Era la prima volta che una ragazza riusciva a inchiodarlo solo con lo sguardo.
Soprattutto una più piccola.
Accennò a un sorriso e immediatamente le lasciò libero il polso ritraendosi di qualche centimetro, forse per darle la possibilità di scegliere cosa fare; senza nessuna pressione, anche se sperava ardentemente che lei rimanesse.
«Non chiamarmi Radi.»
«Perché?»
«Perché non abbiamo tutta questa confidenza per chiamarmi così.»
Gli regalò un sorriso malandrino e gli diede una spinta sulla spalla facendolo spostare e sistemandosi comodamente sul suo divano, togliendosi anche le scarpe e guardandolo come se quella fosse casa sua e non di lui. Gabe alzò gli occhi al cielo e dopo aver ringraziato chiunque le avesse fatto fare quella scelta si sedette vicino a lei con la chiara intenzione di conoscerla meglio.
«Visto che non abbiamo tutta questa confidenza, che ne dici di conoscerci meglio?»
«Direi di no. Anzi che ne dici di accendere la televisione, magari c’è qualcosa di interessante.»
«Ma scusa non puoi vederla a casa tua?»
Si pentì immediatamente di quelle parole quando lei lo fissò truce e fece per alzarsi; tuttavia dovette notare il suo sguardo perché sorrise vittoriosa e si rimise a sedere comodamente, il più lontana possibile da lui.
Nonostante tentasse di sembrare normale il ragazzo avvertì subito la tensione che sembrava aleggiare intorno a lei e benché non ne capisse il motivo si sentì in dovere di tranquillizzarla su qualunque fosse stata la sua paura.
«Ehy guarda che non ti mangio mica.»
«Non ho paura di questo infatti.»
«Allora cosa c’è che ti disturba tanto?»
«Non sono affari tuoi.»
Seppe in quel momento che qualunque domanda le avrebbe posto non avrebbe ottenuto risposta e che se avesse provato a conoscere qualcosa di lei, lei sarebbe fuggita via prima che lui se e rendesse conto. Appoggiò la guancia sulla mano mentre con un occhio guardava la televisione e con l’altro lei che cambiava canale cercando qualcosa che le desse un minimo di interesse. Quando, per caso, si fermò su un canale di musica dove in quel momento passava il video di “Le donne lo sanno” di Ligabue, Gabe prese il coraggio per chiederle quello che da giorni gli frullava per la testa, quella domanda che già una volta le aveva posto ma che era rimasta senza risposta.
«Che significato ha per te?»
Si aspettò di ritrovarsi inchiodato dagli occhi di lei, si aspettò anche che lei prendesse su e lasciasse la sua casa, ma non che lei abbassasse la testa e si girasse con un semplice sorriso verso di lui.
«Probabilmente non quello che ha per te. Ma non te lo dirò.»
«Perché?»
«Perché sono affari miei, non credi?»
«Perché non abbiamo tutta questa confidenza. Ma allora perché non mi permetti di tentare, almeno, di conoscerti?»
«Non ne vale la pena.»
Il lampo che illuminò la stanza e il tuono che lo seguì fece sobbalzare entrambi che si guardarono in faccia spaventati per poi sentire lo scrosciare della pioggia che prese a battere in quel momento.
Radiant fu la prima a riprendersi dallo spavento e riconnettersi al mondo reale, dovendo affrontare l’idea del ritorno sotto la pioggia.
«Merda! E io come ci torno a casa, non ho neanche l’ombrello. Accidenti!»
«Puoi rimanere da me. Cioè se vuoi…»
Non si era mai sentito instabile o insicuro, ma nel pronunciare quelle parole sentiva la sua sicurezza, il suo ego che velocemente lasciavano il loro posto per andare letteralmente a quel paese.
Si odiò anche in quel momento. Per la stupida idea che aveva avuto e per il modo stupido in cui l’aveva proposto e anche per l’espressione che era dipinta sul viso di Radiant.
Quell’espressione rigida, ma che voleva nascondere il terrore di qualcosa che forse era già successo.
«Io dormo sul divano, non è un problema. Sul serio. Non ti succederà niente se per stanotte rimani qui. Davvero..»
«Stai usando troppe parole. Succederà quello che tu vuoi evitare e…»
«Io ti sto dicendo che eviterò di far succedere quello di cui tu hai paura.»
Quella frase sembrò farle trattenere il respiro e quando sostenne lo sguardo di lei la vide perfettamente cercare dentro i suoi occhi quell’ancora di salvezza che probabilmente lui poteva darle. Senza neanche rendersene conto.
«Non dovresti.»
«Lo faccio volentieri, invece.»
«Allora se non ti dispiace credo che andrò subito a dormire, sai…»
«Ti faccio vedere la mia stanza. In pochissimi hanno l’onore di poterla vedere, a dire il vero tutta la mia casa l’hanno vista in pochissimi quindi dovresti sentirti onorata della mia ospitalità.»
Sentì il cuore scoppiare quando rivide la solita espressione corrucciata sul viso di lei; era riuscito a farle scomparire quell’aria da cucciola smarrita che per quanto sexy potesse considerarla in quei momenti non gli piaceva per niente.
Si fermò immediatamente a quel pensiero. Aveva pensato che la ragazza fosse sexy con quell’aria smarrita? L’aveva sul serio pensato?
«Chitarrista che succede?»
Scosse la testa scacciando quei pensieri dalla sua mente ed evitò di risponderle, non sapendo come le parole avrebbero potuto uscire dalla sua bocca. Quando le mostrò la sua camera da letto l’espressione meravigliata di lei lo fece divertire e gli fece gonfiare l’orgoglio nel petto.
«Smettila. Il tuo ego è già troppo pompato per i miei gusti.»
«Se vuoi posso darti una mia maglia e un paio di pantaloni della tuta, per farti stare più comoda.»
Senza darle il tempo di rispondere aprì l’armadio e lanciò sul letto una maglia a maniche corte che non usava più e un paio di pantaloni della tuta. Non rimase neanche ad attendere la risposta di lei, le diede la buonanotte e poi uscì dalla sua camera accostando semplicemente la porta e preparandosi alla lunga notte insonne che lo attendeva.
 
  
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