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Autore: suni    27/06/2011    8 recensioni
"Verrà persino Oliver. Ci saremo proprio tutti quanti,” continuò a blaterare, sperando di riuscire in qualche modo a ridestare il suo interesse. Ce la fece, ma non nel modo che aveva sperato.
George infatti aggrottò la fronte, con una scintilla di collera nello sguardo.
“Ma davvero?” commentò, con un'allegria fittizia e malevola. “Questa sì che è una sorpresa
meravigliosa, Ron,” aggiunse, prima di voltarsi verso la stanza vuota, nello sgomento del fratello, per alzare la voce. “Ehi! Andiamo a cena fuori con la squadra, domani sera!” annunciò. Apparentemente, rivolto alla porta della camera da letto.
Ron deglutì in un silenzio pesante e scomodo.
George finse di ascoltare attentamente, percependo solo, ovviamente, quello stesso silenzio. Poi si strinse nelle spalle, con aria fatalista.
“Forse non vuole venire,” ipotizzò caustico.
Rom emise un altro respiro lungo, più tremulo, dominando un qualcosa che gli pungeva la gola e gli faceva venir voglia di prendere a calci una sedia, o magari la gamba del tavolo.
“Ok, messaggio ricevuto,” replicò, a disagio e un po' rabbioso. “Tutti quanti quelli che sono ancora vivi.” Strinse le labbra. “Non è divertente,” aggiunse a mezza voce.

[Pre-Georgelina]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Famiglia Weasley, George Weasley, Harry Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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II



Ron sbadigliò stancamente, prima di mettersi a ricontare l'incasso per la terza volta consecutiva. Continuava ad esserci uno scarto di due o tre galeoni. Per quanto lo riguardava strettamente, quello scarto avrebbe potuto rimanere lì anche fino alla fine dei tempi, ma dubitava che quelli delle tasse avrebbero condiviso la sua opinione.
Agitò la bacchetta sulle banconote, pigramente, mentre quelle riprendevano a scorrere rapide. L'orologio a muro segnava le sette e quaranta, quindi sua sorella e Harry lo stavano già aspettando e sicuramente commentavano il suo ritardo. Fortunatamente, Hermione sarebbe uscita dal lavoro ancor più tardi di lui.
Un leggero bussare, oltre la serranda già mezza abbassata, attirò improvvisamente la sua attenzione. Ron aggrottò la fronte e arricciò il naso, pronto a congedare gentilmente qualunque cliente ritardatario o a schiantarlo in caso d'insistenza. Si diresse verso l'ingresso abbandonando a se stessi i soldi, che quindi avrebbe dovuto ricontare ancora, e puntò la bacchetta con un mormorio sulla serranda per farla sollevare. Dopo una giornata lavorativa di dodici ore, l'ultima cosa di cui aveva voglia era fare sforzi inutili.
La sagometta che gli comparve davanti, al di là della soglia, lo fece rimanere per qualche secondo con la bocca spalancata come un sarago. Una spumosa testolina bruna e ricciuta, una silhouette solida e minuta e due occhioni bruni, vivaci e ridenti. Angelina Johnson, l'ex ragazza di Fred, gli sorrideva sventolando la mano scura.
Ron dovette deglutire un paio di volte, spaesato, mentre l'immagine mai sopita del fratello perduto gli si affacciava in mente. Per un attimo sembrò assolutamente non sapere cosa fare e rimase lì imbambolato, prima di realizzare che la porta era chiusa dall'interno e che dunque stava assomigliando in modo preoccupante a un coglione.
Alohomora,” mormorò debolmente, prima di aprirle.Angelina,” esordì impacciato. Pensò che lei dovesse aver capito che lui riconoscendola aveva pensato a Fred e che non le avesse aperto perché non la voleva vedere, e sentì un calore ben noto risalire verso il collo e le orecchie.
Weasley è il nostro re!” esclamò invece lei, sorridendogli con calore. “Ciao, Ron, quanto tempo.”
Ron aprì la bocca, la richiuse, annuì e poi cercò di sorrise.
Già,” commentò, prima di riuscire finalmente a sporgersi verso di lei per abbracciarla brevemente. “Ti trovo, ehm, molto bene.”
Anche tu non sei malaccio,” replicò lei. “Così sei diventato anche tu uno spietato commerciante, mh?”
Ron annuì, emettendo una risatina un po' incerta ma abbastanza naturale.
Stavo chiudendo,” fece vago, indicando quasi a mo' di scusa il negozio in penombra.
Oh, non fa niente,” trillò lei, gettando intorno solo un'occhiata vaga. “Anzi, non ti volevo disturbare.”
Nessun disturbo,” affermò automaticamente Ron, memore delle terrificanti lezioni di cavalleria di sua madre. “Non sapevo che fossi tornata.”
Angelina annuì, facendo scorrere distrattamente le dita su un ripiano. Solo in quel momento, finalmente, Ron si accorse di quanto sembrava nervosa. La cosa, dal momento che lo era anche lui, finì paradossalmente per tranquillizzarlo.
Sono tornata la scorsa settimana. Io e Lee vorremmo organizzare una cena della squadra.”
Splendido!” commentò lui, come se fosse stata la migliore notizia mai giunta alle sue orecchie. Si schiarì la gola, tentando di darsi un contegno. “Lo dirò ad Harry. Sarà contento.”
Lei sorrise nuovamente, vaga, continuando a studiare la penombra del negozio.
E...” iniziò, esitando. “Io stavo, ecco... George è qui?”
Ron non ne fu molto sorpreso. Una volta, prima, Angelina e George erano stati molto amici. Ma non si vedevano da quand'era morto Fred, per quanto ne sapeva lui, e gli sorse spontaneo domandarsi come George avrebbe preso quell'improvvisata. Dopotutto, nello stato in cui era, sarebbe stato imprudente da parte di un fratello affezionato sottoporlo a shock evitabili.
Lui sa che sei qui?” si risolse a chiedere, sentendosi comunque un ficcanaso.
Angelina spalancò appena gli occhi.
Qui in negozio no. Qui a Londra, sì. Ci siamo visti l'altro giorno.”
Ron sospirò di sollievo. Bene, dunque. George e Angelina si erano già incontrati e parlati, e lui non sembrava nemmeno aver accusato il colpo di trovarsi improvvisamente vicino qualcuno di tanto legato a Fred. Sorrise, più spontaneo.
Sali pure, allora.”
Lei sorrise di nuovo, assentì di slancio e si diresse senza indugio verso la porta sul retro, aprendola con sicurezza.
Buonanotte,” lo salutò, prima di sparire al di là di essa.
Ciao,” rispose Ron, richiudendo l'ingresso.
Angelina lo guardò ancora per un secondo, quindi si voltò verso le scale che si arrampicavano al piano di sopra e prese un profondo sospiro, osservando la finestra illuminata. Ne prese un altro, iniziando a salire, e un terzo a metà scala. Quando fu arrivata davanti alla porta dovette appoggiarsi per un attimo alla parete per farsi coraggio. Non aveva pensato veramente a qualcosa da dire. Non aveva idea di come sarebbe stato interagire con quel George. Forse avrebbe sbagliato tutto.
Gemette sommessamente, prima di accigliarsi leggermente e scuotere la testa con decisione, quindi bussò sicura.
Sì, Ron, buona serata.”
Quel saluto pronunciato sbrigativamente la lasciò così interdetta che per un paio di secondi non poté far altro che osservare la maniglia, vacua. Poi le sue labbra si arricciarono ed espulsero le parole quasi da sole.
E' tutto quello che hai da dire a tuo fratello dopo che ha passato tutto il giorno a lavorare per te?” osservò, molto più severamente di quanto avrebbe voluto.
All'interno ci fu un breve silenzio, e poi uno stridio di sedia spostata.
...Mamma?” ipotizzò George, perplesso.
Angelina ridacchiò sommessamente.
No, e nemmeno Ron,” rispose ilare. “Non ho neanche i capelli rossi.”
Johnson?” tentò di nuovo lui riconoscendo la voce, mentre la serratura scattava e la porta si socchiudeva sul suo viso smunto.
Per tutte le Pluffe, George, sono davvero l'unica persona che conosci che non abbia i capelli rossi?” domandò lei, cercando di avere un'aria allegra, naturale e soprattutto non nervosa, con l'unico risultato di aver già iniziato a straparlare.
...Johnson,” constatò lui, piatto.
Ciao, George,” rispose lei.
Il mago la osservò per qualche secondo meditabondo, aggrottò leggermente la fronte, quasi ricordandosi di qualcosa di importante, poi le rivolse un'altra occhiata vitrea.
Angelina deglutì con un certo sforzo.
Posso...entrare?” domandò flebilmente.
George si riscosse leggermente. Sembrò esitare per un istante, quindi spalancò l'uscio e le fece cenno di accomodarsi.
Angelina si fece avanti ansiosamente, dicendosi corrucciata che l'inizio non era stato dei migliori. Gettando un'occhiata intorno, suppose che il seguito non sarebbe stato molto più felice.
Non lo si poteva nemmeno chiamare disordine; piuttosto, degrado. Le cose erano appoggiate qua e là con noncuranza, senza il minimo criterio. Non c'era vera e propria sporcizia ma un'incuria radicata e doppiamente triste.
Se la ricordava bene, la Gemelleria dei tempi andati. Un nido confusionario e colorato su cui regnava un perpetuo caos creativo di invenzioni e stramberie di ogni genere. Dolcetti ovunque – alcuni dei quali potenzialmente letali – libri, fotografie, giocattoli, bibite e soprattutto facce amiche.
Quella casa sembrava così triste da sembrare un altro luogo. L'impressione generica era che fosse stata abbandonata a se stessa da qualcuno che non la abitava mai. Invece, a quanto le aveva detto Lee, George non usciva quasi mai da lì dentro.
Decise di soprassedere, ignorando la fitta di malinconia e di tristezza che l'aveva invasa.
Spero di non disturbare. Forse eri impegnato...”
George era rimasto fermo accanto alla porta. Scrollò le spalle.
No.”
Angelina annuì lentamente, grattandosi una guancia. Senza scoraggiarsi, accennò un sorriso.
Che stavi facendo?”
George si guardò intorno stralunato, e lei lo imitò. Lì c'era la sedia su cui doveva essere seduto fino a pochi istanti prima e davanti, il nulla. Niente. Non stava facendo assolutamente niente, tranne probabilmente pensare al fratello.
Stavo per farmi un tè,” mormorò vago.
Con mezzo cucchiaino di miele, grazie,” fece Angelina di getto, senza pensarci. “Cioè...” gemette nervosamente. “Non intendevo, nel senso...”
Va bene,” la interruppe lui, scuotendo le spalle. Si trattenne ancora per un istante, poi si avvicinò ai fornelli puntando pigramente la bacchetta.
Angelina osservò ancora per qualche secondo la stanza, prima di decidersi a sedersi davanti al tavolo mentre lui metteva a scaldare l'acqua.
Sono passata qui davanti,” azzardò, tanto per non rimanere zitta a guardarlo. “Ho pensato che magari eri in casa, e siccome l'altro giorno al Paiolo ero di fretta...” aggiunse, preferendo glissare sul fatto che lui non le avesse praticamente rivolto la parola. Cosa che, peraltro, stava continuando a fare.
George, come al solito, annuì.
Angelina sospirò rumorosamente, osservandosi le dita delle mani intrecciate. Le stava venendo voglia di piangere.
Se Fred fosse stato lì, in quel momento, ci sarebbero state risate. Molte risate. George probabilmente avrebbe preparato un dolce con dentro qualche esplosivo, rischiando brillantemente di ammazzare se stesso e loro, poi se ne sarebbe andato in negozio lasciandoli soli, come faceva spesso. Oppure sarebbe stato Fred a scendere per dargli il cambio, e loro due sarebbero rimasti lì a mangiare e chiacchierare di tutto e niente, come facevano sempre. Non se ne sarebbero rimasti zitti in quel modo orribile. George avrebbe sorriso supplicandola di fare qualcosa per quei capelli a cespuglio e l'avrebbe presa in giro fino a costringerla a cercare di affatturarlo, salvo scoprire che le aveva fregato la bacchetta.
Hai...dei dolci?” chiese, e non voleva ma le si ruppe la voce, facendola sentire ancora più stupida e fuori luogo.
No,” rispose George, dandole le spalle mentre metteva in tè in infusione.
Ah,” mormorò lei, passandosi il dorso della mano sugli occhi umidi. Ovviamente no. Quello non era George e quella non era la Gemelleria, quello era un posto che ci assomigliava senza più nessuna delle persone di prima.
Sei venuta per rivedere casa di Fred?”
La voce di lui era distaccata. Angelina socchiude appena la bocca, spiazzata da quella domanda a bruciapelo.
Naturalmente ci aveva pensato, che venire lì significava tornare da Fred. E sebbene una parte di lei sentisse quasi il richiamo dei luoghi dove era stata innamorata, dove poteva ancora pensare di avvertire quel che rimaneva della presenza luminosa di Fred Weasley, dall'altro lato il pensiero di rimettere piede in quel posto l'aveva spaventata. Non voleva ripensare a Fred, non voleva quel dolore. Non lo voleva rivivere. Le mancava, ma se lo voleva dimenticare.
Ma non era per nessuna di quelle ragioni che si trovava lì. Era venuta alla Gemelleria per vedere George Weasley, il suo amico. Inspirò lungamente, con la fronte corrugata, già sul punto di parlare quando notò il piccolo particolare stonato, osservando la mano di George che reggeva una tazza. Le nocche delle dita erano bianchissime.
Stava stringendo quella tazza con tanta forza che si sarebbe rotta da un momento all'altro.
Angelina sbuffò dolcemente.
Sono venuta per te, Weas.”
Lo chiamò nel modo in cui si rivolgeva a lui da ragazzina, qualche anno prima, quando era la ragazza di Fred. Vide la nuca di lui muoversi su e giù brevemente, in un rapido assenso. Poi lo sentì inspirare rumorosamente e non osò dire niente altro mentre lui riempiva le tazze e si voltava verso di lei, si avvicinava al tavolo e le posava la bevanda davanti.
Adesso bevi il tuo tè. Poi torna da dove sei venuta.” Lo disse tranquillamente, senza sembrare né offeso né arrabbiato, con una calma quasi innaturale. “Non è necessario. Non c'è posto qui, per nessuno.”
Angelina rimase senza fiato, lo sguardo puntato sulla tazza e il cuore in gola. Le tremò la mano poggiata sul tavolo, ma la strinse per tenerla ferma.
Lee ci viene tutte le settimane,” obiettò sullo stesso tono, quasi stordita.
Lee non se n'è mai andato,” ribatté stancamente George. “Non è un intruso.”
Angelina sbuffò dal naso.
Io sì?” chiese, sarcastica.
George non rispose, accontentandosi di stringersi nelle spalle.
Non puoi capire.”
Spiegami,” protestò lei, con veemenza. “Sono...ero tua amica! Lo so che non avrei dovuto essere assente per tutto questo tempo, ma sono ancora tua amica. Voglio esserlo. Voglio capire.”
George si limitò a guardarla in silenzio.
Angelina soffocò un singhiozzo, serrando forte la mascella. Si alzò in piedi di scatto, rabbiosa, spingendo via bruscamente la sedia. Riallacciò il mantello e spalancò la porta, voltandosi indietro solo dopo averla già oltrepassata.
A Fred piacevano molto i pancakes con il miele. Tu li hai sempre preferiti con lo sciroppo d'acero. Anche io,” affermò con un tremito, gli occhi gonfi di lacrime. “Una mattina a casa dei tuoi avete fatto uno scherzo a Molly e vi siete scambiati. Ma io ti ho riconosciuto per i pancakes con lo sciroppo.” Deglutì con un tremito incontrollato. “Ti ho riconosciuto perché io e te dividevamo spesso i pancakes, per questo lo sapevo.”
E' vero,” ammise George, con una breve smorfia malinconica.
Angelina annuì dolorosamente.
Mi piaceva dividere i pancakes con il mio migliore amico, a colazione. Era un buon modo di iniziare la giornata.”
Distolse lo sguardo mentre finiva di parlare e si voltò, sbattendosi dietro la porta prima di mettersi a correre giù per le scale senza più trattenere le lacrime.


Sembrava molto diverso dall'ultima volta che l'aveva visto. Era cresciuto, per cominciare, il che risultava comunque moderatamente normale considerando che erano trascorsi due anni: i lineamenti del viso si erano fatti più netti, maturi, i movimenti avevano una qualità più definita. Ma c'era qualcos'altro; forse il modo in cui stava seduto tenendo con naturalezza le spalle erette, o un'indefinibile sfumatura decisa della voce mentre parlava. O ancora la qualità dei suoi gesti, misurati, più precisi. Sembrava una di quelle piantine nate nel deserto, o in mezzo alle pietre di un muro, di quelle che impiegano una vita a riuscire a radicarsi nel terreno ostile e per un sacco di tempo rimangono mezze soffocate, fini e aride. Poi, quando la radice spacca la pietra e la pianta riesce a prendere linfa finalmente libera nel terreno, sboccia in un'esplosione di foglie, gemme e fioriture.
Harry aveva spaccato la pietra che lo soffocava. Adesso sembrava un ventenne solido, pacificamente tranquillo e con un suo posto adeguatamente ritagliato nel mondo che lo circondava. Ma dopo qualche minuto di conversazione Angelina colse il modo in cui i suoi occhi verdi continuavano a saettare intorno esplorativi e tirò il fiato, sollevata. Non era cambiato al punto da non conservare un po' del suo ben noto disagio nei confronti dell'universo tutt'intorno: aveva semplicemente imparato a contenerlo.
Era ancora Harry Potter, ma un Harry Potter maturato, andato oltre. Il sorriso che le aleggiava sulle labbra si fece più aperto, sinceramente allegro.
... Di Wood. Insomma, sono andato a vedere qualche partita, anche se non ho molto tempo libero. È sempre il solito fissato, comunque.”
Angelina ridacchiò, annuendo.
Ti ricordi quella volta che ci fece alzare alle cinque per rivedere gli schemi prima della finale contro Slytherin?” domandò ilare.
Se me lo ricordo?” commentò lui ironico. “Non sono del tutto sicuro di averglielo ancora perdonato.”
Angelina rise più apertamente.
Katie e io gli facevamo il verso,” rammentò divertita. “Quando ci dava le spalle.”
Harry sbuffò con un sorriso.
George Weasley era capace di imitare la sua voce così bene che una volta mi ha quasi fatto venire un collasso sbucandomi alle spalle ed esclamando rabbiosamente che non avrei dovuto essere in sala comune ma in campo ad allenarmi. Fred stava crepando dal ridere due metri più in là. Scusami.”
Disse l'ultima parola senza nemmeno prendere fiato, come se fosse stata la naturale continuazione della frase, e il suo sguardo si fece cauto e un po' imbarazzato.
Il sorriso di Angelina si congelò appena, ma poi lei scosse la testa.
Non ce n'è motivo. Mi fa piacere che ne parli normalmente,” rispose, onesta.
Harry scosse le spalle, rilassandosi.
Se non parlassi più di tutte le persone che ho perso in guerra esaurirei metà dei miei argomenti di conversazione,” osservò con tono vago. “Sarebbe un bel problema, nelle serate ufficiali,” aggiunse con una smorfia.
Angelina annuì divertita, prendendo fiato, ed esitò per qualche secondo prima di porre la domanda che più le premeva.
Tu...tu lo vedi spesso?” mormorò.
Harry sollevò un sopracciglio.
George?” chiese, senza aspettare la sua risposta per scrollare le spalle. “Qualche volta lo vado a trovare in Gemelleria. E mi capita di incrociarlo alla Tana, ovviamente.”
Non aggiunse altro e lei si schiarì la voce incerta, abbassando lo sguardo sulla tazza di tè e poi sul tavolino dei Tre Manici.
Harry si sedette meglio, in un fruscio del mantello.
Ron mi ha detto che, ehm, sei passata. L'altra sera,” osservò impacciato.
Angelina annuì, non sorrideva più.
Non è stato molto...gentile,” borbottò con una smorfia di circostanza.
Harry scosse la testa.
George non è mai molto gentile. Io ci ho fatto l'abitudine. Voglio dire, non è come se nessuno fosse mai stato poco gentile con me,” osservò, spalancando gli occhi con eloquenza. “Certe volte è anche spiacevole. Bisogna imparare a prenderlo per il verso giusto, immagino.”
Angelina lo guardò attentamente, deglutendo un po' d'ansia.
Credevo fosse...perché sono io. Sai...” bofonchiò.
Harry diniegò.
Credo di no,” affermò. “Lo fa con tutti. O almeno con me. In realtà qualche volta mi sono chiesto se mi odia, ma Ginny dice che sono paranoico in questo genere di cose e che la devo piantare.”
Angelina ridacchiò di nuovo.
State bene?” chiese, cambiando discorso.
Harry annuì con un sorriso.
Certo. Sì. Voglio chiederle di sposarmi.”
Lei sgranò gli occhi lasciandosi sfuggire un piccolo applauso deliziato.
Ma è fantastico, Harry!”
Lui ridacchiò, imbarazzato, e per la prima volta da quando si erano incontrati si appiattì la frangia sulla fronte in quel suo gesto inconscio.
Grazie.”
Angelina prese fiato, meditabonda.
Non avevo mai pensato a quanto le cose sarebbero cambiate in mia assenza,” osservò assorta, aggrottando la fronte. “Naturalmente sono cambiata anche io. L'Africa è stata un'esperienza così intensa...” mormorò.
Harry annuì.
Da quel che mi hai detto prima viene voglia di andarci,” commentò gentilmente. “Cioè, mi piacerebbe viaggiare. Se non stessi lavorando così tanto al Ministero, intendo,” chiosò sbuffando.
Sì. Sì, è stato incredibile,” concordò Angelina. “Ma quando pensavo a qui... E' strano. Intendo dire, sapevo che le cose sarebbero cambiate, per forza, ma non ci pensavo realmente.”
Suppongo sia normale,” concesse benevolmente Harry.
Lei annuì, sospirando.
E' come se fossi sfasata,” concluse.
A me succede da sempre, e senza essermi mosso di un passo,” osservò scherzosamente Harry, con tatto inaspettato. Angelina lo premiò con un risolino. “Comunque è solo questione di qualche tempo, per riprendere l'abitudine. A proposito, la cena. Lee me ne ha parlato. Oliver sarà a Londra il prossimo fine settimana,” continuò lui. “Pensavamo a venerdì sera.”
Angelina annuì con entusiasmo.
Per me va benissimo,” commentò.
Harry assentì.
Ron cercherà di portare George. È possibile che ci riesca, ma non ci metterei la mano sul fuoco. A parte questo, dovresti parlarne con Katie,” suggerì, lanciando un'occhiata all'orologio. “E io devo proprio tornare in ufficio.”
D'accordo. Mi ha fatto molto piacere vederti, Harry.”
Anche a me. Bentornata a casa.”
Lui si alzò con un sorriso di congedo, le rivolse un ultimo cenno di saluto e si diresse a pagare prima che Angelina potesse provare a impedirglielo. Lei lo salutò ancora mentre il ragazzo usciva, salutato da alcuni altri avventori cui rispose con garbata ritrosia, poi tirò un sospiro giocherellando col cucchiaino.
Quel che le aveva detto Harry l'aveva in parte rassicurata. Era abbastanza sicura che lui non si fosse mai fatto sbattere fuori da George senza tanti complimenti com'era successo a lei, ma almeno sapeva che le reazioni esagerate e sopra le righe non dovevano essere qualcosa riservato a lei sola.
Se almeno fosse venuto a cena, pensò speranzosa. A quel punto avrebbe provato un nuovo approccio, magari più cauto e distante. Forse era stato uno shock, per il gemello rimasto, ritrovarsela di nuovo davanti come se niente fosse. Poteva aver sbagliato, pensando di cercare di appianare lo strappo in modo veloce e diretto. Forse la fiducia di qualcuno che soffre è qualcosa che va riconquistato gradatamente, senza pressioni, aspettando il tempo necessario.
Adesso, se non altro, George sapeva che quella era la sua intenzione. Non le restava che scoprire se esisteva la possibilità che lui le permettesse di rientrare nel suo stesso universo.






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Passo falso per Angelina... Sono dell'idea che gestire rapporti umani delicati sia una delle cose più difficili del mondo. Non sbagliare, seppure in buona fede, è pressoché impossibile. A volte la premura e la buona volontà ci spingono a decisioni frettolose e gesti prematuri, ma resto dell'idea che quando l'intenzione è buona si tratti raramente di veri e propri errori. Le definirei piuttosto inavvedutezze.
Qui vediamo Ron ed Harry. Spero non sia troppo sballati rispetto all'IC.
Alla prossima.
   
 
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