A
Rota, perché mi ha fatto innamorare della coppia<3
Alla
figlia, perché è tanto che sbandiero il proposito
di scrivere una poker
e
non l’avevo ancora fatto.
A
entrambe, che hanno avuto la pazienza di aspettarmi<3
E
perché
vi voglio bene<3<3<3
L’uomo
inclinò la testa per osservare
meglio lo sgorbietto rattrappito in un cumulo di neve sporca.
Le gambe ossute affondavano nella coltre bianca,
abbandonate al loro
fato dai pantaloni, che arrivavano a malapena al ginocchio con il loro
bordo sdrucito.
Una giacca troppo grande copriva quel corpicino denutrito con fare
quasi
materno, ma le raffiche improvvise di vento rendevano vane le premure
dell’indumento: gli zefiri dicembrini allargavano facilmente
i bordi che non
potevano più contare sull’aiuto dei bottoni, e la
stoffa si gonfiava nell’aria
come una spettrale vela scura, dopo essere stata depredata di tutto il
calore
che il piccolo aveva faticosamente incamerato.
Un
guanto più adatto per il forno che
per la neve gli avviluppava la mano sinistra, che lo scricciolo teneva
parata
davanti al volto per proteggersi almeno in parte dal gelo di quella
notte.
Tormentò la sigaretta che teneva svogliatamente
tra le labbra con le
dita. Non aveva nemmeno provato ad accenderla: sapeva che quel vento
non gli
avrebbe permesso neppure di estrarre l’accendino. Era stato
per consuetudine
che si era incastrato in bocca la solita cicca: ormai era abituato al
suo peso
sul labbro inferiore, senza contare che era utilissima per ricordargli chi era in quel momento.
Un uomo comune, di stazza ed altezza perfettamente nella
norma, gli
occhi coperti da impenetrabili lenti da vista e i capelli disposti
senza alcun
ordine attorno al capo. La barba non rasata e i vestiti nostalgici di
sapone
conferivano un tocco trasandato al tutto, così come le mani
callose dalle
unghie indurite e scheggiate.
Triturò la sigaretta con i polpastrelli fino a
renderla un cumulo
informe di tabacco e carta. Lasciò i residui marroncini ad
inzupparsi di neve e
di gelo mentre si avvicinava al cucciolo.
«Come
mai sei qui fuori, piccolo?»
Per
un attimo credette che il moccioso
fosse morto: era rimasto totalmente immobile nella sua posizione, dando
l’idea
di essersi trasformato in una statua di ghiaccio.
Poi il bimbo forzò i muscoli semi assiderati
del collo a ruotare e lo
fissò con gli occhi stretti per via del vento.
Il marmocchio era ad un passo dal congelamento:
un’impalpabile brina gli
aveva steso un sottile manto bluastro sulla pelle, rendendolo
grottescamente
simile ad un gargoyle. Le sopracciglia erano indurite da una coltre di
cristalli artici, ed il vento aveva scavato sulle labbra del piccolo
profondi
solchi. Le lesioni alla bocca, unite al tremito convulso di tutti i
muscoli,
resero quasi incomprensibili i balbettii del cucciolo.
«Non
hai una casa?»
Il sussultante cenno di
assenso del piccolo
gli diede conferma.
«Sei
orfano?»
chiese
l’uomo, inarcando un sopracciglio: la neve aveva quasi smesso
di sciogliersi attorno
al corpo rachitico del bambino. La sua temperatura corporea doveva
essere davvero
irrisoria.
Le folate ruggenti sminuzzarono la risposta del bimbo, ma
l’uomo
comprese comunque.
«Si
chiamava Mana, eh?»
estrasse
una seconda sigaretta dalla tasca dei pantaloni, ma, anziché
accenderla,
cominciò a farla ruotare tra le dita. «Ti
manca?»
Il
volto del
piccolo affondò tra le ginocchia appuntite, bloccando la
stentata
conversazione.
Il cucciolo non voleva parlarne. Gli bastava pronunciarne
il suo nome per
sentirsi strangolato da un cappio di lacrime, come se
“Mana” fosse il mantra
segreto per evocare il dolore.
L’uomo non indagò oltre.
«Morirai.»
La sentenza, ancora più glaciale
dell’aria circostante, fece emergere
dalle gambe il viso congestionato del marmocchio.
«Tutti
dobbiamo morire, prima o poi»
minimizzò
l’uomo, introducendo la sigaretta tra le labbra per
mordicchiarne l’estremità. «È
una legge di natura, e la accettiamo nascendo. Ma tu morirai prima di
tanti
altri, se resti in quel buco di ghiaccio.»
Le palpebre calarono un paio di volte sugli occhi azzurro
fumo, prima
che le labbra screpolate si muovessero per gracidare una semplice
domanda.
«Non
ho nessun motivo in particolare per
aiutarti. Mi sembra solo stupido gettare la propria vita in questo modo.»
I
denti dell’uomo si serrarono con
forza, decapitando la sigaretta: la testa cadde sulla neve, ed il resto
venne
sputato poco più in là.
«Cammina
da quella parte. C’è un centro
di accoglienza»
gli
consigliò spiccio lui, stendendo il
braccio verso ovest. Le correnti d’aria gli appiattirono la
manica al braccio e
gli arruffarono i capelli, creando la ridicola imitazione di uno
spaventapasseri dalla chioma corvina.
Le labbra dell’uomo si incurvarono in un ghigno
nell’udire la debole
richiesta del bimbo.
«Vacci
da solo. Hai avuto la forza per
piangere, troverai anche quella per camminare.»
Il
piccolo gracchiò un’ultima domanda.
Lui frugò di nuovo nelle tasche, estraendo
l’ultima sigaretta.
«Tieni»
disse,
ficcandola tra le dita gonfie ed insensibili del marmocchio. «Quando
ci incontreremo di nuovo, ti farò un regalo più
bello. E ti dirò il mio nome»
gli
occhiali risalirono appena sul naso tanto fu ampio il sorriso imbevuto
di
sarcasmo con cui lo salutò: «Buona
fortuna,
piccolo.»
Il
turbinio della neve lo nascose alla
sua vista; quando la bufera si placò, l’uomo era
sparito, fagocitato dall’ombra
notturna.
***
Ora capiva quale fosse il particolare stonato di quel
ricordo.
Nonostante la tempesta incalzante,
quell’individuo si era comportato
come se tutt’attorno splendesse una tiepida giornata
primaverile: la posa
dinoccolata, l’atteggiamento rilassato, la voce per nulla
arrochita… si sarebbe
detto quasi immune ad un qualunque agente atmosferico.
Solo il Diavolo non avverte il
freddo, perché nelle sue vene scorre la lava
dell’Inferno. Se ciò che dici è
vero, quello che hai incontrato era Satana!
Quella era stata la predica forsennata che si era
guadagnato per aver
parlato di quell’uomo al prete che gestiva il centro in cui
aveva trovato
rifugio la notte di tanti anni prima.
Il bambino, fattosi ragazzo con il passare del tempo,
frizionò tra
pollice ed indice la minuscola testimonianza tangibile di
quell’incontro.
Che razza di diavolo avrebbe mai
lasciato una sigaretta come pegno?
Ormai la cartina era consunta ed ingiallita, e il tabacco
fuoriusciva in
ciuffetti sporchi dove il rivestimento si faceva più
cedevole.
Sospirò, rimettendola via.
Ma non era nemmeno degno del
titolo di salvatore. In fondo, lo aveva abbandonato nel bel mezzo della
tormenta, dopo avergli dato una blanda indicazione su dove avrebbe
potuto
trovare asilo.
Scrollò
le spalle, riprendendo la sua
marcia attraverso i vagoni del treno.
Chissà dove era finito Crowley…
Dunque.
Siamo giunti alle postille
finali. Ahahah.
Che
dire… l’idea è partita da
“Scrivo
una PWP poker!” che poi è diventato un
“Scrivo una one poker!” che poi si è
evoluto in “Scrivo una mini long poker!”. Quindi la
cosa che state leggendo (o da
cui state scappando) avrà cinque capitoli circa, non di
più. Più o meno della
lunghezza del primo. Almeno nel progetto iniziale. Avrete capito da
sopra che
sono una persona estremamente decisa.
Ma
basta parlare della scrittrice e
parliamo della storia.
Allora,
non è un’AU, anche se non è
proprio il mondo classico di D.Gray Man quello di cui si
andrà a narrare. Mi
spiego: questa storia si concentrerà sui sentimenti dei
personaggi e sulle
relazioni che si verranno a creare tra loro. La storia canonica
raccontata nel
manga, quindi, resterà come sfondo e subirà
alcune licenze artistiche per
esigenze di copione. Il mondo è quello del fumetto, ma
riadattato per la fan
fiction.
Il
pairing principale sarà il poker,
ovvero la TykiAllen, con accenni LaviAllen e ManaAllen
(quest’ultimo come
rapporto padre-figlio).
Solo
un’ultima cosa: si è parlato spesso
di Tyki come “quell’uomo”,
“l’uomo”; questo perché volevo
ricalcare il fatto
che, quando l’ha incontrato, Allen era solo un bambino, per
di più ottenebrato
dalla tempesta e sfiancato dal dolore, quindi non si è
soffermato a pensare dei
sinonimi per definire quello sconosciuto. Allo stesso modo, Tyki non si
è
fermato troppo ad osservarlo vista la bufera e lo scarso interesse per
quel
ragnetto. Ma avranno modo di osservarsi per bene più avanti
*smirk*.
Bon,
fine delle postille.
Al
prossimo capitolo
Red
P.S.
Quasi dimenticavo: tra qualche capitolo la fic diventerà arancione cupo facilmente
convertibile in rosso. Perchè Allen, in questa storia,
è maggiorenne, vaccinato e consenziente u.u See you<3