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Autore: HamletRedDiablo    28/06/2011    5 recensioni
"L'asso di picche possiede un fascino ambiguo e pericoloso. Se tenuto dritto, è una mera carta, come tutte le altre. Se capovolto... diventa il simbolo della morte."
Ed Allen era il gemello di quell'asso traditore.
Ma Tyki... qual era la carta corrispondente a Tyki?
[Poker love; accenni LaviAllen]
Dedicata a Rota e alla figlia.
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Allen Walker, Tyki Mikk | Coppie: Tyki/Allen
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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A Rota, perché mi ha fatto innamorare della coppia<3

Alla figlia, perché è tanto che sbandiero il proposito di scrivere una poker

e non l’avevo ancora fatto.

A entrambe, che hanno avuto la pazienza di aspettarmi<3

E perché vi voglio bene<3<3<3

 

   L’uomo inclinò la testa per osservare meglio lo sgorbietto rattrappito in un cumulo di neve sporca.

   Le gambe ossute affondavano nella coltre bianca, abbandonate al loro fato dai pantaloni, che arrivavano a malapena al ginocchio con il loro bordo sdrucito. Una giacca troppo grande copriva quel corpicino denutrito con fare quasi materno, ma le raffiche improvvise di vento rendevano vane le premure dell’indumento: gli zefiri dicembrini allargavano facilmente i bordi che non potevano più contare sull’aiuto dei bottoni, e la stoffa si gonfiava nell’aria come una spettrale vela scura, dopo essere stata depredata di tutto il calore che il piccolo aveva faticosamente incamerato.

Un guanto più adatto per il forno che per la neve gli avviluppava la mano sinistra, che lo scricciolo teneva parata davanti al volto per proteggersi almeno in parte dal gelo di quella notte.

   Tormentò la sigaretta che teneva svogliatamente tra le labbra con le dita. Non aveva nemmeno provato ad accenderla: sapeva che quel vento non gli avrebbe permesso neppure di estrarre l’accendino. Era stato per consuetudine che si era incastrato in bocca la solita cicca: ormai era abituato al suo peso sul labbro inferiore, senza contare che era utilissima per ricordargli chi era in quel momento.

   Un uomo comune, di stazza ed altezza perfettamente nella norma, gli occhi coperti da impenetrabili lenti da vista e i capelli disposti senza alcun ordine attorno al capo. La barba non rasata e i vestiti nostalgici di sapone conferivano un tocco trasandato al tutto, così come le mani callose dalle unghie indurite e scheggiate.

    Triturò la sigaretta con i polpastrelli fino a renderla un cumulo informe di tabacco e carta. Lasciò i residui marroncini ad inzupparsi di neve e di gelo mentre si avvicinava al cucciolo.

   «Come mai sei qui fuori, piccolo?»

   Per un attimo credette che il moccioso fosse morto: era rimasto totalmente immobile nella sua posizione, dando l’idea di essersi trasformato in una statua di ghiaccio.

   Poi il bimbo forzò i muscoli semi assiderati del collo a ruotare e lo fissò con gli occhi stretti per via del vento.

   Il marmocchio era ad un passo dal congelamento: un’impalpabile brina gli aveva steso un sottile manto bluastro sulla pelle, rendendolo grottescamente simile ad un gargoyle. Le sopracciglia erano indurite da una coltre di cristalli artici, ed il vento aveva scavato sulle labbra del piccolo profondi solchi. Le lesioni alla bocca, unite al tremito convulso di tutti i muscoli, resero quasi incomprensibili i balbettii del cucciolo.

   «Non hai una casa?»

   Il sussultante cenno di assenso del piccolo gli diede conferma.

   «Sei orfano?» chiese l’uomo, inarcando un sopracciglio: la neve aveva quasi smesso di sciogliersi attorno al corpo rachitico del bambino. La sua temperatura corporea doveva essere davvero irrisoria.

   Le folate ruggenti sminuzzarono la risposta del bimbo, ma l’uomo comprese comunque.

   «Si chiamava Mana, eh?» estrasse una seconda sigaretta dalla tasca dei pantaloni, ma, anziché accenderla, cominciò a farla ruotare tra le dita. «Ti manca?»

   Il volto del piccolo affondò tra le ginocchia appuntite, bloccando la stentata conversazione.

   Il cucciolo non voleva parlarne. Gli bastava pronunciarne il suo nome per sentirsi strangolato da un cappio di lacrime, come se “Mana” fosse il mantra segreto per evocare il dolore.

   L’uomo non indagò oltre.

   «Morirai.»

   La sentenza, ancora più glaciale dell’aria circostante, fece emergere dalle gambe il viso congestionato del marmocchio.

   «Tutti dobbiamo morire, prima o poi» minimizzò l’uomo, introducendo la sigaretta tra le labbra per mordicchiarne l’estremità. «È una legge di natura, e la accettiamo nascendo. Ma tu morirai prima di tanti altri, se resti in quel buco di ghiaccio.»

   Le palpebre calarono un paio di volte sugli occhi azzurro fumo, prima che le labbra screpolate si muovessero per gracidare una semplice domanda.

   «Non ho nessun motivo in particolare per aiutarti. Mi sembra solo stupido gettare la propria vita in questo modo.»

   I denti dell’uomo si serrarono con forza, decapitando la sigaretta: la testa cadde sulla neve, ed il resto venne sputato poco più in là.

   «Cammina da quella parte. C’è un centro di accoglienza» gli consigliò spiccio lui, stendendo il braccio verso ovest. Le correnti d’aria gli appiattirono la manica al braccio e gli arruffarono i capelli, creando la ridicola imitazione di uno spaventapasseri dalla chioma corvina.

   Le labbra dell’uomo si incurvarono in un ghigno nell’udire la debole richiesta del bimbo.

   «Vacci da solo. Hai avuto la forza per piangere, troverai anche quella per camminare.»

   Il piccolo gracchiò un’ultima domanda.

   Lui frugò di nuovo nelle tasche, estraendo l’ultima sigaretta.

   «Tieni» disse, ficcandola tra le dita gonfie ed insensibili del marmocchio. «Quando ci incontreremo di nuovo, ti farò un regalo più bello. E ti dirò il mio nome» gli occhiali risalirono appena sul naso tanto fu ampio il sorriso imbevuto di sarcasmo con cui lo salutò: «Buona fortuna, piccolo.»

   Il turbinio della neve lo nascose alla sua vista; quando la bufera si placò, l’uomo era sparito, fagocitato dall’ombra notturna.

 

***

 

   Ora capiva quale fosse il particolare stonato di quel ricordo.

   Nonostante la tempesta incalzante, quell’individuo si era comportato come se tutt’attorno splendesse una tiepida giornata primaverile: la posa dinoccolata, l’atteggiamento rilassato, la voce per nulla arrochita… si sarebbe detto quasi immune ad un qualunque agente atmosferico.

   Solo il Diavolo non avverte il freddo, perché nelle sue vene scorre la lava dell’Inferno. Se ciò che dici è vero, quello che hai incontrato era Satana!

   Quella era stata la predica forsennata che si era guadagnato per aver parlato di quell’uomo al prete che gestiva il centro in cui aveva trovato rifugio la notte di tanti anni prima.  

   Il bambino, fattosi ragazzo con il passare del tempo, frizionò tra pollice ed indice la minuscola testimonianza tangibile di quell’incontro.

   Che razza di diavolo avrebbe mai lasciato una sigaretta come pegno?

   Ormai la cartina era consunta ed ingiallita, e il tabacco fuoriusciva in ciuffetti sporchi dove il rivestimento si faceva più cedevole.

    Sospirò, rimettendola via.

   Ma non era nemmeno degno del titolo di salvatore. In fondo, lo aveva abbandonato nel bel mezzo della tormenta, dopo avergli dato una blanda indicazione su dove avrebbe potuto trovare asilo.

   Scrollò le spalle, riprendendo la sua marcia attraverso i vagoni del treno.

   Chissà dove era finito Crowley…

 

 

 

 

 

 

 

 

Dunque. Siamo giunti alle postille finali. Ahahah.

Che dire… l’idea è partita da “Scrivo una PWP poker!” che poi è diventato un “Scrivo una one poker!” che poi si è evoluto in “Scrivo una mini long poker!”. Quindi la cosa che state leggendo (o da cui state scappando) avrà cinque capitoli circa, non di più. Più o meno della lunghezza del primo. Almeno nel progetto iniziale. Avrete capito da sopra che sono una persona estremamente decisa.

Ma basta parlare della scrittrice e parliamo della storia.

Allora, non è un’AU, anche se non è proprio il mondo classico di D.Gray Man quello di cui si andrà a narrare. Mi spiego: questa storia si concentrerà sui sentimenti dei personaggi e sulle relazioni che si verranno a creare tra loro. La storia canonica raccontata nel manga, quindi, resterà come sfondo e subirà alcune licenze artistiche per esigenze di copione. Il mondo è quello del fumetto, ma riadattato per la fan fiction.

Il pairing principale sarà il poker, ovvero la TykiAllen, con accenni LaviAllen e ManaAllen (quest’ultimo come rapporto padre-figlio).

Solo un’ultima cosa: si è parlato spesso di Tyki come “quell’uomo”, “l’uomo”; questo perché volevo ricalcare il fatto che, quando l’ha incontrato, Allen era solo un bambino, per di più ottenebrato dalla tempesta e sfiancato dal dolore, quindi non si è soffermato a pensare dei sinonimi per definire quello sconosciuto. Allo stesso modo, Tyki non si è fermato troppo ad osservarlo vista la bufera e lo scarso interesse per quel ragnetto. Ma avranno modo di osservarsi per bene più avanti *smirk*.

Bon, fine delle postille.

Al prossimo capitolo

Red

P.S. Quasi dimenticavo: tra qualche capitolo la fic diventerà arancione cupo facilmente convertibile in rosso. Perchè Allen, in questa storia, è maggiorenne, vaccinato e consenziente u.u See you<3

 

   
 
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