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Autore: Lucysmile    28/06/2011    0 recensioni
Sam è una ragazza semplice, che si confonde nella marea di adolescenti della sua città. Presto scoprirà però di essere una ragazza speciale, nata dall'unione di un angelo e un'umana. Sam è quindi una Nephilim, una mezzosangue, e proprio per questa sua "colpa", gli angeli la stanno cercando per ucciderla. Questo compito viene affidato a Chris, un angelo spietato e senza sentimenti, che però grazie alla determinazione di Sam riuscirà a cambiare e non solo. Fedele amico di Sam è Alex, un angelo caduto a causa del suo amore per un'umana e che ora vuole riscattarsi aiutandola. La giovane affronterà tante avventure e verrà a sapere di essere più speciale di quanto credesse, incontrando anche l'amore della sua vita.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C'erano sulla terra i Nephilim a quei tempi
- e anche dopo – quando i figli di Dio
si univano alle figlie degli uomini
e queste partorivano loro dei figli:
sono questi gli eroi dell'antichità,
   uomini famosi.

Genesi, 6 1-8
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 

Prologo
 

 
1775

Era una notte tempestosa, quella. Le campagne inglesi non erano mai state così buie, lugubri e paurose. La luna era scomparsa dietro grossi nuvoloni grigi e l’unico spiraglio di luce proveniva dal faro sulla costa, a più di due miglia di distanza.            
Katherine Sullivan stava passeggiando nel vialetto recintato della sua villa di campagna. Le mattonelle color salmone erano tutte perfettamente lavorate, frutto di anni e anni di lavoro. L’intera villa era circondata da lunghe recinzioni di siepi alte e verdeggianti e le luci della casa si riflettevano anche nel giardino.   Katherine si fermò vicino la fontana in marmo bianco e mise una mano sotto il getto delicato dell’acqua limpida e fresca. La sensazione fredda sulla pelle liscia e soffice le fece venire i brividi, ma le piaceva. Allontanò la mano dall’acqua e se l’asciugò con un fazzoletto bianco che portava cucite le sue iniziali: K S.  
Pensò a quando sua sorella maggiore Mary Rose glielo aveva regalato; lo aveva fatto lei, da sola, con le sue lunghe e possenti mani. Katherine immaginava ogni volta le mani della sorella che lavoravano alacremente, e ciò era un evento eccezionale, dato che a Mary Rose non piaceva fare lavori manuali: quello spettava alla servitù, come diceva lei.  Conservò il fazzoletto immacolato nella sottoveste del lungo abito impreziosito da gemme e rubini e si allontanò dalla fontana. Quella sera in casa non c’era nessuno della sua famiglia, a parte sua figlia e la servitù.     
La piccola e dolce Lucy. Suo padre era un bracciante che lavorava nella sua tenuta. Non appena il padre di Katherine aveva saputo che era stato con sua figlia lo aveva immediatamente cacciato. La verità era però che non voleva si venisse a sapere che aveva avuto una figlia con un uomo dei bassi fondi. Quindi molto meglio far sapere alla gente che quella bambina era stata adottata.Stava incamminandosi verso il labirinto, quando una brezza di aria fresca e pungente le alzò il vestito. Cercò un riparo e corse verso il labirinto buio. Non appena entrò, cercò a tastoni la torcia che vi era infissa a destra dell’ingresso. Ma non c’era. Andò un po’ più avanti, convincendosi che probabilmente doveva essere un po’ più a destra di quanto si ricordasse. Camminò alla ceca fino a quando non arrivò alla curva. E se invece la torcia si trovava a sinistra? No. Si ricordava benissimo che si trovava a destra. Dopotutto in quel labirinto ci era cresciuta.
Un rumore sordo e spaventoso proveniente da dove era arrivata le fece venire la pelle d’oca. Non sapendo cosa fare, reagì d’impulso: corse dritto, fino a quando non incontro un bivio e scelse una strada qualsiasi. Corse alla ceca, con la notte immensa che la sommergeva e senza neanche una torcia in aiuto. Corse, corse, per Dio sa quanto tempo, con il cuore che le batteva forte nel petto e il respiro affannoso tanto che le faceva male la gola.       
I lunghi capelli nero corvino le si erano appiccicati alla faccia e il vestito era sporco di fango all’estremità che poggiava sull’erba. Sentì un fruscio, poi un altro rumore sordo e infine... un respiro. Un respiro regolare, agghiacciante. Freddo. Girò la testa a destra e a sinistra, ma era inutile: non vedeva niente.        
-Buonasera, signorina Sullivan. -disse una voce dal nulla. Katherine rimase immobile, tentando di captare da quale direzione provenisse quella voce. Era di un ragazzo, quello lo aveva capito.   -Chi sei? -riuscì a mormorare lei, con una paura insensata nella voce: poteva essere qualsiasi membro della servitù.         
-Ah ah. Non posso dirvelo questo. -disse lui. Katherine trattenne il respiro e tentò di concentrarsi su quella voce. L’aveva mai sentita prima? Da quale direzione proveniva? Improvvisamente sentì una mano ruvida e silenziosa lungo la sua schiena. Uno sfioramento impercettibile, silenzioso, ovattato. Katherine sentì un brivido salirgli lungo la schiena seminuda.  -Cosa vuoi? -chiese al buio. Sentì un movimento e poi entrambi le mani del ragazzo sui suoi fianchi.                                      
-Mi sembra chiaro. -disse la voce. Ora riusciva a vederlo, sotto la luce chiara della luna.                                                   
Era un ragazzo biondo, con i capelli che gli coprivano le orecchie. Aveva due spalle possenti e dei muscoli lunghi e asciutti: doveva essere un bracciante. Indossava solo ed esclusivamente un pantalone largo e marrone, rattoppato qua e là con della stoffa più scura. Vide la sua testa avvicinarsi al suo collo e subito dopo le sue labbra avide sulla sua pelle nuda e morbida. Le mani del ragazzo si muovevano disperatamente lungo la sua schiena e sui fianchi, con movimenti lenti e persuasivi. Poi improvvisamente Katherine si sentì più leggera: le braccia dell’uomo la stavano sorreggendo. Lui cominciò a slegargli i legacci del vestito da cerimonia, con movimenti intricati e aggraziati. Le sue labbra avevano raggiunto il mento della giovane e ora stavano dirigendosi sulle sue labbra. Katherine sentì la bocca fresca del giovane mordere la sua, con movimenti flessuosi e sensuali. Poggiò le mani sulla pelle nuda di lui, toccando i suoi pettorali duri.                                             
-Aspetta. -mormorò, con le labbra di lui ancora incatenate alle sue. Lui si staccò, lasciando tra di loro appena un centimetro di aria. -Andiamo nelle mie stanze. -mormorò Katherine. Lui sorrise nel buio e tornò a baciare le sue labbra. Poi si diressero verso la villa silenziosa.

 
Quella mattina Katherine si sentiva strana. Non ricordava nulla della sera prima. Solo il buio profondo della notte. Si rigirò tra le lenzuola, infilando un braccio sotto il cuscino. Respirò il profumo di bucato delle lenzuola immacolate e si girò dall’altra parte. Si rannicchiò sotto le lenzuola e si mise le mani sotto la testa. Ma il cinguettio degli uccellini le impediva di dormire. Aprì lentamente gli occhi ancora sonnolenti e si guardò in giro. Le coperte erano tutte spiegate e ammucchiate in disordine in fondo al letto. Aveva dormito con qualcuno? Poi lentamente ricordò.                           
Ricordò le mani e il corpo del ragazzo del giorno prima, delle sue braccia forti e possenti che la tenevano sospesa in aria.         
Si alzò di scatto, guardandosi in giro. Dov’era ora? Doveva mandarlo via, magari farlo uscire dalla finestra. Non poteva rischiare di farsi sorprendere di nuovo con un bracciante. Si alzò veloce dal letto e indossò la vestaglia di lino attaccata lì di fianco. Rabbrividì per il contatto con il pavimento freddo e mosse qualche passo incerto verso la porta che dava sul corridoio centrale. -Sta cercando qualcuno? -chiese una voce alle sue spalle. Si voltò spaventata, sobbalzando: era lui.                                                
-Sei tu. -disse sospirando.                                           
Era più bello di quanto ricordasse: capelli biondo grano scompigliati e ribelli, occhi marroni come nocciole e labbra morbide da far venir voglia di morderle. Era là davanti a lei, con un solo asciugamano intorno alla vita. Le sorrise dolcemente e piegò la testa. Katherine non poté far a meno di sorridere e gli si avvicinò, togliendosi di dosso la vestaglia e rimanendo con la sola leggera tunica di pizzo che le arrivava alle ginocchia. Non appena fu tra le braccia del giovane si alzò in punta e lo baciò freneticamente. Lui la tenne dalla schiena e ricambiò il bacio. Katherine lo guardò in volto e sorrise di nuovo: era davvero bello. E improvvisamente fu lui ad attirarla a sé. La baciava freneticamente, sulle labbra, sul mento, sull’incavo tra il collo e la spalla. Le prese la gamba e se la mise all’altezza della vita, poi la distese sul letto, sotto di lui. Katherine gli cinse le spalle e lo attirò a sé, quasi non volesse che scappasse.                                                                               
E improvvisamente sentì una fitta allo stomaco.                   
E poi... dolore. Tanto dolore.                                            
E odore di sangue.                                                            
Il ragazzo si alzò, si tolse l’asciugamano e s’infilò i pantaloni che aveva la sera prima, quelli rattoppati. Sfilò dallo stomaco di Katherine quello che sembrò un pugnale e lo pulì con l’asciugamano. Katherine sussultò. Era come se le avessero bucato lo stomaco, e in realtà era proprio questo che era successo.                                   
-Perché lo hai fatto? -riuscì a mormorare incredula, fissando il giovane con lo sguardo inorridito. Si portò le mani al grembo e si toccò la ferita. Il ragazzo la guardò compassionevole.                      
-Oh, Katherine. Giovane e ingenua Katherine. - le disse, sedendosi sul letto accanto a lei. La guardava con uno sguardo serio, come se stesse spiegando a un bambino una lezione un po’ difficile, una questione da “adulti”.                                                    
-Non avrei voluto farlo, davvero. -continuò. -ma questo è il mio lavoro. -affermò. Poi le accarezzò i capelli e le esaminò la ferita. -Mmm... dovrai soffrire ancora un po’, credo. Ma ora ti spiego. -disse, accavallando una gamba sull’altra.                                       
-Vedi, c’è una razza, per così dire, un po’ diversa da quella umana. È quella a cui appartieni tu. Si chiama razzaNephilim. Si tratta di una specie che vede la presenza di ibridi sulla terra. Questi sono i Nephilim. Ovvero esseri mezzi umani e mezzi... angelici. Si, esatto angelici. -disse, guardando fuori dalla finestra. Poi tornò con lo sguardo su Katherine. -Sai, io sono un angelo. Ma un angelo buono, se così vogliamo definirmi. Si, perché esiste anche un altro genere di angeli. Sono gli angeli caduti. Tua madre faceva parte di questa specie. Ed è per questo che abbiamo dovuto eliminarla. Si era innamorata di un umano, tuo padre, e dalla loro unione sei nata tu. Tua sorella invece è figlia di un matrimonio precedente, quindi non è una Nephilim. Ma tu si, Katherine. -disse, continuando a sorriderle e carezzandole i capelli. -Sai, il mio è un lavoro sporco: ma qualcuno deve pur farlo. Eliminare gli angeli caduti e i Nephilim è il mio compito. E devo portarlo a termine. -   
Poi le tolse i capelli dalla fronte e gliela baciò, con lo sguardo inorridito di Katherine che lo fissava. La giovane sentì le mani dell’angelo toccargli il fianco, poi respirò un’ultima volta, come per portar via tutto ciò che di bello c’era nella vita, come per portar via il profumo che c’era nella stanza. Chiuse gli occhi prima che lo facesse la morte e sentì come una sensazione febbricitante, come se l’anima stesse staccandosi dal corpo. Girò la testa da un lato, in tempo per vedere il giovane che si chinava a prendere l’asciugamano. Pulì di nuovo il pugnale di legno inciso sporco di sangue e uscì dalla stanza, con il passo aggraziato e felpato che solo un angelo poteva possedere. L’ultima cosa che Katherine sentì fu un fruscio ovattato e il suono di ali che si dispiegano e prendono il volo.          
“Lucy, piccola Lucy” pensò tra la confusione che c’era nella sua testa. Poi tutto si spense e il dolore cessò.

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 

  
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