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Autore: Irene_Adler    01/07/2011    1 recensioni
“Lui è tuo cugino Stefano” le avevano detto. Lei non l'aveva mai visto, come non aveva mai visto il papà di Stefano, zio Totore.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1.


- Di cosa staranno parlando, di là?
Rosy alzò lo sguardo verso Stefano e scrollò le spalle. - Non ne ho idea – disse, e riabbassò il capo, continuando però a guardarlo con la coda dell'occhio. Era uno strano bambino, Stefano. Stava lì, seduto sul letto, le gambe stese dritte davanti a sé e le mani a torturargli le pieghe dei jeans all'altezza delle ginocchia, quasi a voler strappare la stoffa. Ogni tanto sospirava rumorosamente, con le spalle che scattavano verso l'alto per poi tornare giù di botto, in un gesto quasi teatrale.
“Lui è tuo cugino Stefano” le avevano detto. Lei non l'aveva mai visto, come non aveva mai visto il papà di Stefano, zio Totore. Però, di zio Totore aveva sentito parlare: era il falegname. Aveva promesso alla mamma di farle un mobiletto, quando mamma e papà si erano sposati, ma questo regalo non era arrivato mai. Però in famiglia ne parlavano spesso, come se stesse per apparire in cucina per magia - “Claudia, tesoro, dove lo metto il sale?” “Nell'armadietto di Totore, caro”, e ridevano. Il mobiletto di Totore era uno di famiglia; Rosy ormai sapeva che, se perdeva o rompeva qualcosa, le bastava dire che era nell'armadietto di zio Totore perché la rabbia dei genitori svanisse all'istante, soppiantata da una grassa risata.

E quel pomeriggio zio Totore si era presentato alla porta. L'armadietto non l'aveva portato, ma al posto suo aveva il bimbo strano, Stefano.
Lo zio era andato in salotto con mamma e papà, e Stefano era stato mandato in camera sua, come se il fatto che fossero bambini volesse dire che sarebbero diventati migliori amici immediatamente, senza mai essersi incontrati prima di allora.
Non era andata così, com'è ovvio. Si erano seduti sul letto – lei a gambe incrociate, a giocherellare con l'orecchio sinistro della sua pantofola a forma di Gatto Silvestro, lui ad un metro di distanza, tutto teso, a tormentarsi i jeans – e non avevano scambiato più di due parole. Come ti chiami, quanti anni hai, che classe fai. Stefano aveva otto anni e stava in terza elementare, e non aveva una fidanzata. Anzi, per lui le femmine erano bleah.
Piccolo e stupido, prima se ne fosse andato meglio sarebbe stato.
Lei in terza era mille volte più matura e responsabile; e in due anni era cresciuta ancora di più. Non avevano nulla in comune, ogni rapporto tra loro sarebbe finito quella sera. Lei presto sarebbe andata in prima media, e allora non avrebbe nemmeno rivolto la parola, a quelli come Stefano.

La porta della stanza si aprì scricchiolando, come nei racconti dell'orrore. “Si deciderà mai, tuo padre, ad oliarla?” chiedeva la mamma ogni volta che entrava nella cameretta; a Rosy però piaceva la porta scricchiolante, le permetteva di accorgersi che la mamma, la notte, stava entrando a sbirciare, e fingersi addormentata.
Anche quella volta entrò la mamma, ma non disse nulla sul rumore – si limitò a storcere la bocca, per poi assumere l'espressione da Super Mamma, con quel suo sorriso uguale a quello di Julia Roberts. - Volete qualcosa da mangiare, bambini?
Rosy si girò verso Stefano, che sgranò gli occhi con aria terrorizzata.
- Ci porti qualcosa tu?
La mamma le sorrise, e Rosy sentì il petto gonfiarsi; lei non voleva nulla, aveva già fatto merenda. Ma si era accorta del disagio di Stefano, era stata sensibile e gentile. Davvero brava. Sono proprio cresciuta, pensò. - Perché non guardate un cartone, nell'attesa? Stefano, ti piace Basil, l'investigatopo?
Avevano passato il resto della serata a guardare Basil e mangiare pizzette in silenzio, poi zio Totore era tornato a prendersi il figlio, aveva salutato Rosy con due bacioni sulle guance, e se n'erano andati.
  
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