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Autore: Usa_chan 10    02/07/2011    2 recensioni
È il suo cuore il tamburo che misura
i passi lenti e costanti del mondo.
Il suo respiro arriccia e increspa
le onde di questa dorata marea d’amore.
Aggira i suoi occhi il fulgore di una stella che il mondo riesce a
vedere e per sempre, per sempre.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Sabaku no Gaara | Coppie: Kiba/Hanabi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Capitolo 2: be my eyes

La sua mano guida la mia

sui contorni del mondo.

La sua voce come la luce

dipinge la strada e allaga la notte di bagliori dorati.

I suoi occhi come sogni, mentre io dormo continuano

a vedere e per sempre, per sempre.

 

Rotolai di lato quasi incosciente tra lenzuola fresche e profumate. Cercai di aprire gli occhi, ma le mie palpebre rimasero serrate, intrappolate dalle bende. Mi misi lentamente seduta puntellandomi con le mani dietro la schiena, e un braccio sollecito mi sorresse con cura e mi appoggiò ai cuscini. “Ti senti meglio?” Mi chiese la sua voce, ancora calma e tranquillizzante. Allungai le mani per toccarlo e trovai immediatamente le sue. Intrecciai le nostre dita e sospirai. “Meglio.” Lui staccò una mano dalla stretta delle mie e mi accarezzò la fronte. “E non hai più nemmeno la febbre.” Costatò mentre io arrossivo. Nessun ragazzo mi aveva mai toccato in quel modo gentile e premuroso. “Domani al più tardi avrai due occhi nuovi.” La sua voce si fece più grave. “Appartenevano ad un ninja che ha fatto molto per il villaggio della Sabbia.” Fece una pausa e mi strinse la mano. “Sei contenta?” Io annuii appena, turbata dalla nota triste della sua voce. “Lo conoscevi?” Gli chiesi tirandomi un poco più su trai cuscini. Le sue mani mi sorressero e io sorrisi tra me. Avrei dato qualsiasi cosa per poter vedere il suo viso mentre parlavamo. Il mio cervello si arrovellava attorno al suono della sua voce per capire dove già l’avessi sentita, ma senza risultato: sembrava che con la vista avessi perso anche la capacità di ricordare il suo volto.

“Lo conoscevo troppo poco.” Rispose lui in mezzo ai miei pensieri, interrompendone il filo. Alzai il viso per cercarlo, inutilmente, e allungai una mano. Avrei voluto riuscire ad accarezzargli una guancia o i capelli, con delicatezza come aveva fatto lui con me poco prima, così da consolarlo e spazzare via il dolore dal suo cuore, invece incontrai la consistenza delicata e liscia delle sue labbra e non riuscii a ritrarre le dita.

Rimanemmo un momento in silenzio, immobili entrambi, poi il mio indice si puntò sul suo labbro inferiore e lo percorse per tutta la lunghezza, con lentezza esasperante. Il suo respiro mi solleticava il dorso della mano e m’incoraggiava a continuare ad accarezzarlo in quel modo tenero e inaspettato, ma lui scivolò via dalla mia mano e si alzò. Sentii le zampe della sedia sulla quale probabilmente era seduto strisciare sul pavimento e i suoi passi allontanarsi e mi accorsi che mi stavo tendendo verso il bordo del letto come se lo stessi seguendo. La porta si aprì e si chiuse. Cos’avevo sbagliato?

 

Un ninja medico venne a togliermi la fasciatura per controllare la piaga che avevo appoggiata sul viso al posto degli occhi e trasalì lievemente quando ebbe svolto completamente le bende. “È tanto orribile?” Chiesi senza voce cercando di controllare l’impulso di toccare le mie palpebre vuote e arricciate. “Sei solo molto infiammata.” Rispose gentilmente il ninja medico. “Ti hanno tagliato malamente e sei piena di ferite … a parte quella agli occhi. Stai tranquilla però, il Kazekage ha provveduto personalmente perché tu avessi le migliori cure e per trovarti degli occhi nuovi quanto prima.” Annuii stancamente.” Gli sono molto grata.” Dissi assente. “L’uomo che era qui poco fa …”

Il ninja cominciò a rifarmi la fasciatura. “È proprio il Kazekage. È stato lui a trovarti e a riportarti qui.” Pur conscia che non avrei visto nulla, alzai la testa per guardare la donna che si stava prendendo cura di me e le chiesi incredula. “Era Gaara? Lui mi ha salvata?”

“Lo conosci personalmente? Sai, il grande Kazekage talvolta si ritira nel deserto per restare da solo e ti ha trovata durante una delle sue … passeggiate, se così si possono chiamare.” Io chinai di nuovo la testa e mi lasciai bendare, buona buona. “Lo conosco troppo poco.” Risposi flebile.

La donna uscì dopo avermi medicata e mi lasciò sola in quell’oscurità scarlatta che mi avvolgeva completamente. Gaara … lo stesso che aveva combattuto contro Naruto durante gli esami di selezione dei chunin? Lo stesso Gaara che ospitava nel suo corpo il demone tasso?

Mi facevano male la schiena e le gambe, probabilmente perché non mi alzavo da molto tempo e così tentai di mettere le gambe giù dal letto. Sospirai quando incontrai il pavimento freddo e scivolai lentamente fino ad appoggiare il peso del corpo sulle piante dei piedi. Afferrai saldamente il materasso e mi misi in piedi. La mancanza del sostegno della vista mi fece barcollare pericolosamente e andare a sbattere con il ginocchio destro contro la sedia sulla quale era stato seduto Gaara. Lanciai un gridolino di dolore prima di riuscire a recuperare l’equilibrio e mossi qualche altro passo verso una direzione qualsiasi: lo scontro con la sedia mi aveva disorientata e non capivo più da che parte mi fossi mossa. Zampettai cauta in avanti per qualche minuto ancora prima di incontrare con le mani il vetro freddo della finestra, e da lì strisciai incerta contro il muro fino all’angolo della stanza. Continuai a camminare lungo la nuova parete e a grattare con le dita l’intonaco, che si sbriciolava sotto le mie unghie, poi, finalmente, trovai la porta.

Tastai la superficie liscia fino a quando non incontrai la maniglia, allora presi un bel respiro e aprii la porta. Il corridoio era silenzioso e, sperai, deserto. Non volevo incontrare nessuno contro cui avrei potuto andare a sbattere mentre cercavo disperatamente di ritrovare Gaara per chiedergli scusa: mi dispiaceva di averlo messo in imbarazzo e volevo che tornasse da me.

Arrossii rendendomi conto che stavo davvero desiderando la sua compagnia più di quanto avessi mai voluto stare insieme a qualcun altro (Naruto compreso, e la cosa mi meravigliò ancora di più). Non riuscivo a smettere di ripensare alla sua mano gentile che sorreggeva la mia e alla sua voce preoccupata e rassicurante e alla dolcezza con cui mi aveva pulito gli occhi quando mi aveva trovata nella grotta.

Stavo camminando alla cieca (letteralmente) da qualche minuto, quando mi scontrai con qualcuno. Il suo odore ricordava quello del sole e dell’aria calda dell’estate. Sapevo che era Gaara, così rimasi immobile e gli strinsi le braccia attorno alla vita. Il suo respiro regolare mi rassicurava e mi turbava nello stesso tempo, eppure, contrariamente a quando vedevo Naruto, un calore piacevole e dolce mi si diffondeva dal cuore nel petto e sul viso. “Mi dispiace di averti messo in imbarazzo.” Dissi senza allontanarmi da lui. Le sue braccia si strinsero appena attorno a me, poi fui allontanata con delicatezza. “Non importa.” Rispose la sua voce inespressiva, lievemente incrinata da un’emozione che non riuscii ad intuire. Se solo avessi potuto vederlo in faccia ero certa che avrei capito che cosa gli passasse per la testa. Allungai la mano verso il suo viso e sfiorai piano piano la curva della sua mascella, la guancia, lo zigomo e infine appoggiai l’indice sulla sua palpebra chiusa. Sorrisi. “Vorrei vederti.” Dissi lasciando cadere la mano. Lui la prese e la strinse. “Vuoi tornare nella tua stanza? Perché sei uscita?” Scossi la testa. “Volevo trovarti per chiederti scusa.” Piegai la bocca all’ingiù, lievemente infastidita. “Però non voglio tornare in camera mia, mi fanno male le gambe e ho bisogno di uscire.” Strinsi le dita attorno alle sue. “Puoi portarmi fuori per un po’?” Gaara non rispose, però mi prese per il braccio e mi condusse via con cura.

Sentii l’aria calda sul viso e mi resi conto che ci trovavamo all’esterno dell’ospedale ninja quando Gaara costatò. “Forse avrei dovuto procurarti anche un paio di scarpe.” Mi lasciò le mani e io ondeggiai avanti e indietro, scombussolata dalla mancanza del mio caro appoggio. Mi lasciai sfuggire un gridolino acuto quando mi resi conto che mi stava sollevando e che mi portava in braccio verso una zona fresca d’ombra e mi aggrappai alle sue spalle. Si fermò e mi accorsi che ci abbassavamo. “Cosa …” Cominciai. Gaara emise un suono flebile e curioso, simile in qualche modo ad una risata. “Siamo nel giardino dell’ospedale. Adesso ti appoggio sull’erba, sta’ attenta.” Rimasi appesa alle sue spalle anche quando lui mi ebbe deposta a terra, tanto che dovette allentare la presa delle mie dita sul suo collo una ad una. Ridacchiai mentre lui si affannava, ma dopo che lo ebbi lasciato mi sentii persa e tesi di nuovo le mani per trovarlo. “Dove sei?” Dissi confusa dato che le mie dita non riuscivano a raggiungerlo, poi il suo respiro raggiunse le mie orecchie e io mi tranquillizzai. “Potevi dirmi che sei il Kazekage.” Gli feci notare con leggerezza. Gaara rimase in silenzio per qualche istante, poi rispose. “Fa differenza?” Io scossi la testa e sollevai il viso. “È bello questo giardino?” Gli chiesi cercando di appoggiare la testa alla sua spalla. Mi sembrò che lui si muovesse per venirmi più vicino e il suo odore mi invase le narici. Inspirai profondamente e mi sistemai contro di lui. La sua voce mi parlò da vicino, vicino più di chiunque altro e fu la più dolce che avessi mai sentito. “Bellissimo, Hinata. Non esiste un luogo più bello sulla faccia della terra.” Sorrisi. Non lo vedevo, però, non so come, anche io ero convinta che fosse così. 

  
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