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Autore: Mina7Z    06/07/2011    7 recensioni
Nowadays, ovvero oggigiorno. Chi sarebbero stati i nostri amati protagonisti di Versailles no bara se si fossero ritrovati a vivere nella nostra epoca
Aggiungo un elemento:e se ci fossero dei misteri da svelare? Se Francoise e Andrè non fossero chi dicono di essere e se qualcuno nascondesse loro un oscuro segreto??
Non ho mai amato particolarmente le storie ambientate ai nostri giorni, ma un pomeriggio, improvvisamente, questi personaggi hanno bussato alla mia mente e non sono riuscita a chiuderli fuori!!!
Genere: Erotico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Rientrammo a Parigi alcuni giorni dopo, la mia missione era terminata e avevamo fretta di comunicare a Dupois che entrambi avevamo cambiato idea e che avremmo voluto ancora lavorare con la stessa squadra operativa.
Avevamo anche deciso di parlare sinceramente con Alain per fare chiarezza su quanto era accaduto tra di noi perché non ritenevamo giusto nascondergli la nostra relazione.

“Eccovi finalmente, vedo che siete rinsaviti! Pensavo che foste ammattiti!  Uno voleva tornare a fare il chirurgo chissà dove, e l’altra la soldatessa di guerra. Non è che avevate in mente di ritrovarvi dall’altra parte del mondo senza di me?” rise fragorosamente lasciando sui nostri visi un evidente imbarazzo.

“In realtà vorremmo parlarti Alain, dobbiamo dirti alcune cose".
Fu Andrè il primo a parlare, capendo che io non avrei saputo da che parte iniziare.

“Eh già” disse ridendo “non è che per caso mi volete dire che vi amate alla follia e che non potete più rinunciare all’amore?”.

Ci guardammo basiti.

“Beh, non fate quelle facce, non sono cieco come credete voi anzi, non sono cieco come voi due. In realtà mi ero accorto subito che c’era qualcosa di strano. Innanzitutto sei comparsa tu e tutte le donzelle che assediavano Andrè sono praticamente sparite nel nulla e lui è diventato più casto di un santo. Ha sistematicamente respinto, sfoderando incredibili scuse, tutti i miei inviti a uscire in coppia con un paio di sventole e non lo aveva mai fatto prima.
Che sia diventato gay, mi sono detto, ma poi ho visto gli occhi con qui il dottore  ti guardava quando pensava di non essere visto, occhi da pesce lesso innamorato, si intende, che ritornavano a essere composti quando eri tu a guardarlo con aria sognante. Mi sono detto: questi due si attraggono come le calamite ma non ero convinto che ci fosse veramente qualcosa di concreto tra di voi perché non volevate nascondere gli sguardi a me, ma a voi. E non capivo.
Quindi, ho  iniziato  a ricostruire i fatti e ho ripensato alla sua faccia quando ti ha vista la prima volta, sembrava che si trovasse di fronte a un  fantasma. Non ci avevo dato peso lì per lì, ma poi mi sono ricordato del suo mutismo di quel giorno e del suo strano comportamento. E da quel giorno il dottore è diventato taciturno pensieroso e un po’ scontroso, proprio come un innamorato respinto.
La prova che non mi stessi sbagliando, che ci fosse qualcosa di scottante tra di voi, l’ho avuta durante la notte della prigionia nello Yemen, quando, nonostante il buio, vi ho visti abbracciati come solo due persone innamorate possono essere. Ma poi, di giorno, siete tornati a non guardarvi neanche, e i conti non mi tornavano più.
Non ho capito subito, ci ho messo un po’, e solo la sera della scenata in discoteca ho avuto un’illuminazione.
Voi non eravate una coppia che “consumava”, non lo sembravate affatto, troppo distaccati, troppo distanti e troppo tesi,  ma la frase di Andrè mi ha fatto capire che invece, in un preciso momento, vi eravate amati.
Quando sei scappata dal locale, ho cercato di seguirti ma poi ho visto quel tipo che ti chiamava e ha pronunciato il tuo nome diverse volte e oddio……..ho avuto un flash.
Françoise, urlava e mi sono improvvisamente trovato a pensare che il dottore, mesi prima, mi aveva sfinito parlandomi della meravigliosa donna che aveva conosciuto a Versailles, di quanto fosse incredibilmente bella, dei suoi meravigliosi cocchi azzurri, dei suoi morbidi capelli biondi che le arrivavano alle natiche, perfette ovviamente, e di quanto fosse stato magico fare l’amore con lei e il nome di quella donna misteriosa, sparita nel nulla il giorno dopo, che parlava l’arabo e partiva per il Medio Oriente qual era? Quale poteva essere se non Françoise?
E non poteva certo essere che il nostro Andrè si innamorasse di qualunque donna bionda chiamata Françoise, sarebbe roba da strizzacervelli.
Ecco, appunto Françoise. E la Françoise di Versailles corrispondeva perfettamente al biondo comandante Jarjayes o J, come si voglia chiamare.
Due più due fa sempre quattro no?".

Rise guardando le nostre facce imbarazzate.

“Per non parlare della disperazione del dottore per averti detto quelle cose farneticanti in discoteca. Si è chiuso a riccio, anche con me, e non ha voluto spiegare niente di quello che era successo e che ci aveva lasciati stupefatti, nonostante continuasse a chiedere notizie di te, tanto da obbligarmi a violare il sistema informatico dell’EOS per vedere dove accidenti fossi finita.
Insomma, avete la mia benedizione, ragazzi, e non vi preoccupate per me, potete pure fare i piccioncini in missione, non mi scandalizzerò troppo, anche se a questo punto vorrei chiedere di aggiungere un quarto elemento nella squadra, femminile, si intende, con il quale possa condividere anch’io qualche momento di svago, tra un ostaggio e l’altro”.

“Che scemo che sei” sorrise Andrè ridendo mentre ricambiava la stretta di mano di Alain.

“E tu trattamelo bene” disse sorridendomi” E’ un bravo ragazzo, ha il cuore d’oro e ricordati che ci sono file di donne pronte a prendere il tu posto”.

“Alain” lo rimproverò Andrè, scoppiando poi a ridere sempre più imbarazzato.

 
 

*

 
“Sono curioso di conoscere tua nonna J, ma se non ci decidiamo ad alzarci da questo letto arriveremo in ritardo e non è un bell’inizio per farle una buona impressione, non credi?”
.

Non smisi di fare scorrere lentamente le dita sul suo petto in un movimento che aveva assunto un ritmo regolare e che mi aveva portato a notare il contrato tra il colore candido della mia pelle e il suo incarnato più olivastro.  

“Tu le farai un’ottima impressione, non temere, lei è sempre stata molto sensibile al fascino maschile e tu la conquisterai”.

“Andrè, il telefono, accidenti è la centrale”. Corsi a rispondere sperando non ci fossero brutte sorprese.

“Capisco, non ti preoccupare, pensiamo a tutto noi, lo dico io ad Andrè, credo che ci vedremo questa sera. Partiremo il prima possibile, stai tranquillo  Gerard”.

Chiusi il telefono e mi lasciai cadere sul letto sbuffante, voltandomi verso Andrè che era ancora sdraiato.

“Cos’è che mi devi dire J, partiamo per dove?”.

“Per la Libia. Magdalene, la figlia più piccola di Gerard, ha seguito un ragazzo libico che ha conosciuto al college. Lui ha voluto tornare in patria per partecipare alle rivolte contro Gheddafi e lei l’ha seguito, ma da alcuni giorni sembra sparita nel nulla”.

“E scommetto che il paparino ti ha chiesto di riportarla a casa, vero? Ma cos’ha quella ragazza nella testa, la Libia è in guerra, è un miracolo sopravvivere. Come cavolo si fa ad andare lì per seguire un fidanzato?”.

“Eh si, Gerard ci ha chiesto di riportarla a casa, non possiamo dirgli di no. Un giorno Alain mi disse che l’amore per un uomo fa fare cose impensabili, non sei d’accordo?”.

“Direi di si, perfettamente d’accordo, io ti seguirei in capo al mondo, infatti sto per imbarcarmi in un’altra missione suicida solo per seguire la donna che amo. L’amore fa commettere solo pazzie, accidenti”.

“Andrè!” sobbalzati fingendo un’aria contrariata “E poi alzati, arriveremo in ritardo”.

“Giusto, è la nostra ultima cena prima di soffrire la fame in Libia, confido nella cucina di tua nonna”.

“Della cuoca di mia nonna, vorrai dire, credo che mia nonna non abbia cucinato neanche un uovo in vita sua”.

“Ecco da chi hai preso, allora” disse ridendo.

“Stupido, diciamo che non ti ho conquistato con le mie doti culinarie”.

Si era alzato dal letto e mi aveva preso tra le braccia.

“Direi di no ma ti amo lo stesso” disse sfiorandomi lentamente una guancia con il dorso della mano.

“Ti amo Andrè, davvero, non dimenticarlo mai”.

 

*
 

La cena fu piacevole e Andrè, come previsto, conquistò completamente mia nonna. Notai che, sin dal suo ingresso a palazzo Jarjayes, la nonna lo aveva accolto in modo molto cordiale e durante la cena continuava guardarlo con aria incuriosita e, incurante del mio imbarazzo, non smetteva di porgli domande sul suo paese di origine, sulla sua  famiglia e infine sul giorno del nostro primo incontro, finchè riuscì ad imbarazzare  anche lui.

“Quindi vi siete incontrati a Versailles ragazzi, vero?”.

“Si, Contessa”.

“Ma ti prego chiamami Elodie, niente Contessa. E l’hai notata subito, vero? Françoise, intendo, del resto mia nipote è una bellezza, non passa certo inosservata”.

“Nonna! Per favore ” la rimproverai “Non si può cambiare discorso?”.

Si guardarono e risero del mio imbarazzo e fui felice di vedere quanto l’atmosfera fosse rilassata.

“Vado a dire di portare il dolce” dissi alzandomi per andare a chiamare la cameriera che, vista la durata dell’assenza, sembrava essersi persa in cucina.

Tornai dopo qualche minuto e varcata la soglia della sala da pranzo, mi sorprese trovare Andrè in piedi, immobile, di fronte al quadro dello sconosciuto antenato che tanto aveva attirato la mia attenzione. 
Mia nonna stava ripetendo anche a lui la solita storia del misterioso antenato sconosciuto che non doveva avere contribuito alla gloriosa storia della famiglia Jarjayes, visto che nessuno sembrava ricordarsi chi fosse.

“Mi dite che quel ritratto è di un uomo Elodie, ma non so, se guardo questo volto io vedo un viso femminile di rara bellezza”.

Mi soffermai a guardare il ritratto e poi tornai a osservare Andrè che sembrava rapito da quell’immagine.

“Ha un’espressione fiera e altera, ma i suoi occhi sono così penetranti, limpidi sembrano capaci di scrutarti nel profondo. E poi Françoise, mi sembra che ti somigli, non trovi? Ha il tuo stesso colore di  tuoi occhi e anche la forma è simile  e persino il biondo dei capelli ”.

“Ma quello è un uomo, come devo dirvelo?” obiettò la nonna.

“Comunque ragazzi, io mi ritiro nelle mie stanze, si è fatto tardi, restate pure quanto volete e tornate a trovarmi presto”.

“Vi ringrazio Elodie, tornerò con piacere”.

“Ma che fai” esclamai mentre Andrè fece una fotografia al quadro.

“Ho un amico antiquario, magari lui potrebbe aiutarci per avere qualche informazione su questo tuo antenato, ti va?”.

“Ok, ma probabilmente mia nonna ha ragione, non ci sarà nulla di così misterioso da scoprire”.

“Si, sarà, forse il tuo avo era talmente vanesio da avere voluto un ritratto dove comparisse più bello di una donna, oppure  in realtà voleva essere una donna, certo che siete strani voi nobili, allora più di adesso, chissà”.

“Andrè” esclamai  con tono di rimprovero mentre mi sentivo prendere tra le braccia.

“Portami in camera tua J, voglio vederla”.

Lo presi per mano e lo condussi al piano superiore.

“Io dormivo qui quando tornavo a Parigi per le vacanze”.

Lo vidi osservare incuriosito i mobili e gli arredi che decoravano la mia stanza. Un ampio letto a baldacchino occupava buona parte del locale.
Si avvicinò senza parlare  alla grande finestra dalla quale si potevano vedere le luci del centro della città.
Poi si volse a guardarmi, percorse i pochi passi che ci dividevano e mi prese tra le braccia infilando le dita tra i miei capelli e liberandoli da un piccolo fermaglio che li teneva parzialmente raccolti.

“Sei così bella J”.

Dalla mia bocca un gemito di piacere quando le sue labbra si posarono sul mio collo dal quale aveva sollevato maliziosamente  i capelli.
Feci ruotare il capo, fino a quando il desiderio di lui iniziò a farsi prepotente e mi ritrovai nella sua bocca, pronunciando come un soffio il suo nome.

 “Ti voglio, Andrè” lo implorai ansimante.

Dopo avere slacciato i bottoni della camicia  e cercato di liberarlo dai pantaloni, senza staccarmi dalla sua bocca lo attirai lentamente verso il letto, avanzando tra le sue braccia a piccoli passi.
Tolti anche i miei pantaloni, mi  sdraiai e lo attirai sopra di me, carezzando il suo petto e i suoi fianchi parzialmente coperti dalla camicia aperta sul suo dorso.
Si sollevò da me per fare lo stesso con la mia camicia che aprì, per poi  spostare il reggiseno e liberare il mio petto ansimante e desideroso del suo tocco.
Guidai le sue natiche fino a che fu dentro di me  e le accompagnai nei movimenti regolari che compivano sopra il mio corpo impazzito di desiderio.

“Ti amo, ti amerò per sempre” promisi tra le sue labbra mentre mi accorsi che dai miei occhi scorrevano lacrime che non potevo controllare

“Sei mia, sarai mia per sempre”.

Lo strinsi a me, aggrappandomi al suo corpo come mossa da un fremito che non cessava di scuotermi e che ancora mi pervadeva quando sentii il suo piacere  liquefarsi dentro di me.
Dai miei occhi ancora lacrime incontrollabili che non volevano cessare di scorrere, neanche quando, immobile sopra il mio corpo, posò la fronte sulla mia e racchiuse la mia guancia nella sua mano.

“Schh, sono qui amore, ci sono io adesso, ci sono io Françoise” bisbigliò sulle mie labbra.

Mi tenne stretta a sé fino a quando il mio corpo, scosso da lievi tremori, non ritrovò la pace tra le sue braccia.
Lui aveva capito. Aveva percepito tutto il dolore la frustrazione, la rabbia che quella bambina, sola in una grande stanza colma di oggetti preziosi, aveva provato. Aveva sentito tutta la sofferenza che la perdita della madre  e l’abbandono del padre avevano provocato in lei e, nel silenzio che in quella notte di marzo avvolgeva l’antico palazzo, aveva teneramente asciugato le lacrime della bambina, diventata donna, consolandola per il suo dolore e promettendo di amarla per semp
re.
 

   
 
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