Non so dire con precisione quanto tempo Sherlock Holmes con
l’Ambasciatore
Rostand e il figlio rimasero chiusi in quella stanza.
Spesso, però, capitò di sentire Rostand alzare
pericolosamente la voce,
probabilmente inveendo contro il figlio, e il mio amico alzarla a sua
volta,
cercando di riportare l’ordine.
Decisi, nell’attesa, che avrei iniziato ad appuntare i
passaggi fondamentali di
questo caso sul mio taccuino per una futura trascrizione ma, frugando
nelle
tasche del mio cappotto, non trovai né quello, né
la mia penna.
Quando uscirono dalla stanza, il ragazzo piangeva,
l’Ambasciatore Rostand sembrava
rischiare di scoppiare per l’ira da un momento
all’altro, facendosi rosso in
viso, mentre il mio amico a mala pena tratteneva un sorriso per il caso
appena
brillantemente risolto. Spesso trovavo strana la sua
capacità di sorridere per
delle disgrazie, se queste lo avevano stimolato mentalmente o
particolarmente
divertito.
Lo vidi estrarre dalla tasca del cappotto il mi taccuino, strapparne
qualche
pagina e porgerla a Lestrade. Non mi chiesi neanche come o quando mi
avesse
preso quello e la penna. Non capii neanche perché me li
avesse sottratti, di
certo se me li avesse chiesti, non glieli avrei negati. Non gli avevo
negato
neanche un bacio.
Era inquietante, in effetti, costatare che sorridesse per degli
omicidi, ma era
comunque una delle stranezze che lo rendevano così
intrigante.
“Je ne peux pas
y
croire! Vous avez tué la reine d'Angleterre! Pourquoi?!
Pourquoi, vous damnés idiot,
pourquoi?!”
sbraitò l’Ambasciatore, dando le spalle
al figlio.
Dopo quelle parole, di cui capii per puro istinto un possibile vago
significato, la principessa Alice scoppiò in un pianto
disperato.
“NO! Non puoi essere stato tu! NO!”
Sfortunatamente, la ragazza non venne ascoltata da nessuno dei due.
“Papa,
s'il vous plaît, écoutez-moi!”
pianse il ragazzo, cercando di afferrare il braccio del padre.
“NON! Je ne
m'inquiète
pas! Etes-vous une meurtrière, une poussière
meurtrière! Pour une fille vous
mettre la France dans un mauvais jour, après que nous ayons
laborieusement retrouvé
conformité après Napoléon!”
“Papa, je vais
prier!”
“Ne m'appelez pas «papa»! Je
n'ai pas plus d'enfants, à
partir de maintenant!”
“Perché… ?”
pianse ancora la
ragazza.
Mosse
qualche passo verso di loro, stringendo i pugni,
ma non resistette oltre e cadde in ginocchio con il viso bagnato dalle
lacrime
nascosto tra le mani, cercando di occultare i singhiozzi, lasciando il
giovane
Rostand alla dovuta ira del padre.
Mycroft le si avvicinò e le afferrò dolcemente il
braccio per farla rialzare,
mormorandole qualche parola di conforto.
Appena fu in piedi, gli gettò le braccia al collo e
continuò a piangere. Fino a
quel momento, non mi ero mai accorto di quanto fosse stretto il legame
tra il
fratello maggiore del mio amico e la famiglia reale.
“Mycroft ha cercato di fare un po’ da padre ai
più giovani negli ultimi anni. È
parecchio tempo, ormai, che ha messo le tende a Buckingham e non le
schioda più.
I ragazzi si sono affezionati a lui, per qualche oscuro
motivo” mi disse
Sherlock, avvicinandomisi e rispondendo ai miei pensieri.
Mi porse il mio taccuino e la penna, che riposi di nuovo nella tasca,
fulminandolo con lo sguardo per l’ennesimo furto.
“Lestrade” aggiunse poi, rivolgendosi
all’ispettore “Il ragazzo deve tornare in
Francia ed avere un processo. Non può essere tenuto qui, la
stampa farebbe
troppe domande. Dobbiamo sostenere la teoria del suicidio o, almeno,
farla
passare per morte naturale. Deve essere presente un Ambasciatore
inglese al
processo del ragazzo, però”
“Vado io” si propose subito Mycroft.
A quel punto, Sherlock gli si avvicinò. “Deve
passare per un normalissimo
processo, nessuno ne dovrà sapere niente o
l’equilibrio Europeo andrà in pezzi.
Non è passato molto da l’ultima guerra scatenata
dalla Francia. Dobbiamo evitare
lo scandalo”
“Ovvio. Potresti venire anche tu, sai? Credo che
approfitterò della mia
presenza nel Continente per fare un saluto alla famiglia”
Sherlock sbuffò, distogliendo lo sguardo dal fratello con
fare annoiato.
“C’è un motivo per cui non sono
più andato in Francia, non credi?”
“E’ un no?”
“Esatto. Watson” si voltò verso di me.
“Abbiamo finito qui. Possiamo andare”
Strinsi velocemente la mano al fratello e lo seguii verso la porta,
vedendo con
la coda dell’occhio uno Yarder che ammanettava Pierre Rostand.
“Saluti questo posto, dottore, non credo che ci torneremo
più”
Non feci neanche in tempo ad aprire bocca per rispondere o chiedere
cosa si
fossero detti in quella stanza che fummo fermati.
“Mister Holmes!”
Quado ci voltammo, con nostra grande sorpresa vedemmo il Principe
Edoardo
raggiungerci a passo svelto, ma sempre con la stessa postura elegante
che
contraddistingueva la casata Reale.
“Devo ringraziarla, Mister Holmes” gli strinse
vigorosamente la mano.
Reagii piuttosto male. Sapevo che quel gesto non aveva secondi fini,
era pura
gratitudine, ma non potei impedire al mio corpo di irrigidirsi e
distolsi lo
sguardo.
“Lei ha reso giustizia alla mia povera madre. Le saremo
eternamente grati.
Riceverà al suo indirizzo il nostro assegno”
“Non l’ho fatto per denaro, Maestà”
lo salutò, inchinandosi. “Sappia solo che
è stato molto fortunato. Lei sarebbe
stato il prossimo”
Prima che questi potesse ribattere con un’esclamazione di
stupore che dalla sua
espressione sembrava voler esprimere, afferrandomi per un braccio per
portarmi
con se, Holmes gli dette di nuovo le spalle, conducendoci entrambi
fuori dal
palazzo.
Non salimmo sulla carrozza che ci attendeva, proseguendo a piedi. La
distanza
tra Buckingham Palace e Baker Street non era poca, ma camminavamo
lentamente,
in modo che la mia gamba non potesse risentirne troppo.
“Spesso l’amore si manifesta come una colpa
terribile, mio caro Watson” interruppe
poi improvvisamente il silenzio. “Nel nostro caso, la sua
colpa è aver ucciso
la nostra Regina”
“Si può sapere cosa è successo?! Ha
parlato per tutta la sera in francese, se
sono stato fortunato ho capito tre parole! Perché ha portato
l’Ambasciatore e
il ragazzo in un’altra stanza?”
“Perché sapevo che era stato lui ma non ero a
conoscenza del movente e si è
sempre più predisposti a parlare se non ci sono troppe
persone intorno. Il
movente, per l’appunto, è l’amore. Il
ragazzo ha ricevuto un’istruzione
militare e in questo campo si è manifestato molto
intelligente, ma è un po’
tardo riguardo a tutto ciò che non riguarda la nautica.
Senza dubbio ricorderà
di quando io e Mycroft parlavamo della possibilità che
l’assassino fosse un
idiota.
Pierre Rostand e la principessa Alice avevano una relazione a quanto
pare molto
seria. Lei ha commesso il grave errore di dire che le sarebbe piaciuto
essere
Regina. Il ragazzo, come ho già detto, tardo di mente, ha
deciso che avrebbe
fatto il possibile per far sì che Alice diventasse Regina,
quindi ha costretto
Vittoria a suicidarsi, sfruttando il suo perenne lutto nei confronti
del
marito.
L’errore del ragazzo è stato quello di credere che
il suicidio della Regina
sarebbe stato accettato senza ulteriori accertamenti se una lettera
testimoniava che lo aveva fatto volontariamente.
Per fortuna Mycroft ha convinto la famiglia Reale a ingaggiarmi,
perché non
aveva portato a conclusione il suo piano: la seconda parte consisteva
nel far
mantenere la corona qualche mese a Edoardo, per poi ucciderlo e far
passare
anche questo come suicidio, obbligandolo a scrivere una lettera in cui
dichiarava di non essere in grado di sopportare la pressione. In
più, l’avrebbe
costretto a scrivere che lasciava la Corona a Alice, pupilla di
Vittoria da
sempre.
Il ragazzo non conosce molto l’inglese, ma abbastanza da
capire se quello che
viene scritto è quello che lui vuole che venga letto.
Far passare quest’omicidio come suicidio non era
un’azione fatta nel proprio
interesse. Per qualche ragione, credeva che tutti sapessero che a Alice
sarebbe
piaciuto essere Regina e che sarebbe stata sospettata in caso si fosse
sospettato proprio un omicidio. Non voleva proteggere se stesso, ma Lei.
E’ per questo che ho detto che l’amore spesso si
manifesta come una grave
colpa.
Ho trascritto tutta la confessione di Pierre preoccupandomi di tradurla
in
inglese e gliel’ho fatta firmare. Ho già
consegnato tutto a Lestrade. Il caso è
ufficialmente chiuso”
Cercai di ignorare le sue dichiarazioni sulla meschinità
dell’amore che per me,
da grande sentimentale quale sono sempre stato, erano una grande
offesa. Soprattutto
come persona profondamente innamorata in quello stesso momento.
“Quindi se lei non avesse accettato il caso, tra poco avremmo
avuto un altro
omicidio a Buckingham?”
“No. Mycroft ha fatto chiamare me perché sapeva
che non mi sarei tirato
indietro. Ma, nella remota ed improbabile possibilità che io
non avessi
accettato, credo che Mycroft stesso si sarebbe occupato delle indagini
in modo
più attivo di quanto non abbia fatto in realtà in
questa vicenda. Forse non se
n’è reso conto, Dottore, ma senza muoversi da
dov’è, lui ha risolto il caso
prima di me. Questo, a provarle quanto avessi ragione quando le dissi
che è più
bravo di me”
“Perché non va con lui in Francia a trovare i
parenti?”
“Perché non ho bisogno di loro”
“Se venissero loro a Baker Street?”
“Dubito che aprirei la porta”
“Se lo facessi io?”
“La ucciderei”
Per quanto possa sembrare assurdo, quel “botta e
risposta” mi stava
incredibilmente divertendo.
“Non veniva neanche a trovare me a Cavendish Place”
“Ci pensava lei a venire”
“Quindi ha bisogno di me”
Pausa.
“Questa conversazione sta diventando un po’
scomoda”
Risi di gusto, guardandolo distogliere lo sguardo mentre apriva la
porta di
casa.