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Autore: JannaxDeLacroix    08/07/2011    0 recensioni
Nel mondo reale (o terreno, se preferite), il tuo nome definisce la tua identità. Ma perchè è così importante oltre la vita?
[la mia prima storia originale, basata su un sogno che ho fatto qualche notte fa. si, faccio sogni strani...]
Update 15/09/2011: ok, dichiaro ufficialmente che non la continuerò. Lascio qui i primi due capitoli introduttivi, nella speranza di riprenderla un giorno!
Genere: Introspettivo, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Prologo – Parte 2
 
 
Era come galleggiare nel buio più assoluto. Come se fosse in un luogo completamente privo di qualsiasi fonte di luce. E il suo corpo era lì, nel bel mezzo di una tenebra irreale.
Irreale? Esistono luoghi sulla Terra con una oscurità simile?
No, non stava galleggiando. Una persona che galleggia non ha la sensazione di un lento ma inesorabile sprofondare verso il basso.
Però è come se sentissi il mio corpo immerso in un fluido…
Vista, olfatto, udito erano completamente annullati, come se fossero stati completamente banditi dalle tenebre che la avvolgevano. L’unica senso che riusciva a dirle qualcosa era il tatto, che le comunicava una sensazione vaga, nostalgica. Ricordi d’estate, del proprio corpo immerso nel mare, come in un tiepido abbraccio che l’avvolgeva completamente.
Il mare…Sprofondo nell’oceano? Possibile?
Non sapeva che fare. Pensare era facile, ma si rese conto che ricordare le era quasi impossibile. A parte i ricordi del mare che le venivano istillati dal tatto. E quelle luci improvvise.
Quali luci? E dove?
E il boato.
Che diamine era quel rumore? E quando l’ho sentito?
E rimase lì a pensare ai suoi soli tre ricordi, per quella che poteva benissimo essere un’eternità, dato che non aveva modo di capire il passaggio dei secondi, dei minuti, delle ore, dei giorni…
 
 
Poi sentì qualcosa. Due possenti braccia la afferrarono per quelle che potevano essere tanto le sue spalle quanto le sue caviglie. Il senso di caduta sparì completamente, come la sensazione di essere immersa in un fluido. E cominciò a scorgere una luce.
È lontana…Ma è così invitante.
Poco a poco le tenebre si lasciarono sostituire da una luce calda, accogliente. Inizialmente non riuscì a distinguere niente, come se i suoi occhi si rifiutassero di farle vedere qualcosa oltre a quel bagliore. Le braccia l’avevano sostenuta per un po’, per poi posarla su quella che sembrava una panca.
Legno? Una panca di legno?
Poi l’udito tornò a poco a poco. Inizialmente vi erano solo rumori leggeri intorno a lei, leggeri e indistinguibili, ma dopo un po’ riuscì a distinguere voci, rumori, suoni…
Sembrano persone che parlano tante lingue diverse contemporaneamente. E questo suono… Acqua? Onde che sbattono contro qualcosa?
L’olfatto non rispondeva. Il tatto si riprese, e finalmente riuscì a distinguere le zone del proprio corpo, e capì di essere sdraiata di schiena su quella che pareva essere una tavola di legno.
Alzarmi. Devo provare…
Tastando tutto intorno con le mani, trovò alla sua sinistra un appiglio, alla sua destra il bordo della tavola che dava sul nulla. Facendo forza con la schiena sollevò il busto, mettendosi seduta. Poi ruotò il corpo, mandando le gambe oltre il bordo sul nulla. E…
I miei piedi…Stanno toccando un pavimento? Si direbbe che anche questo sia di legno. Però è più levigato.
Non ebbe il tempo di provare ad alzarsi dalla tavola di legno e di avventurarsi su questo pavimento in legno levigato, visto che un rumore alla propria sinistra aveva completamente attirato la sua attenzione. Era come se qualcuno stesse avanzando verso di lei. Il rumore si fece sempre più vicino… Fino a interrompersi. Sentì la tavola di legno sulla quale era seduta sussultare, e capì che qualcosa di molto pesante era stato posato accanto a lei.
…oppure qualcuno molto pesante si è seduto accanto a me…
E poi la vista tornò. Di colpo. Come se fosse sempre stata lì, e avesse solo bisogno di quel qualcosa/qualcuno accanto a lei.
…mare…
La prima cosa che vide fu il mare. Ma non era esattamente come lo ricordava. Certo, era sempre di quel bellissimo blu visto centinaia di volte…
Ma non vedo i riflessi del sole.
Alzò lo sguardo, e un cielo perfetto, azzurro, incredibilmente vivo e senza nuvole la salutò. Era luminosissimo, anche se…
Si direbbe giorno, è tutto illuminato… Ma nel cielo non c’è nessun Sole!
Infine si guardò intorno. Il rumore delle onde che si andavano a infrangere contro qualcosa fu subito spiegato: era su una barca. Una barca in legno come quelle di una volta, solo che non ne aveva mai visto una fatta di un legno così pallido, né una così lunga e piena di persone. Era seduta su una panca a ridosso del lato destro della nave, che si estendeva dalla prua alla poppa ininterrottamente.
C’è un’altra panca di fronte a me…Io sono seduta alla poppa, dire. E non sono sola…
Vi erano altre persone con lei. Molte stavano parlando tra di loro, altre tacevano, alcuni urlavano… ed erano tutti nudi. E molti di essi erano feriti. Un uomo aveva un grosso foro nell’addome, una donna aveva al posto del braccio destro un moncherino ancora fresco… E un paio di gambe che sorreggevano quello che restava di un tronco tagliato a metà, con alcuni organi in bella vista, che camminavano forsennatamente in cerchio…
Ma non può essere!
Disgustata, si voltò dall’altra parte. Vide così la poppa della nave, e la scia schiumosa che si lasciava dietro di sé. E infine notò il gigantesco essere seduto accanto a lei, alto quanto due uomini, dalla pelle di un colore simile all’alabastro. Ed era voltato verso di lei. Era privo di bocca, naso, orecchie o capelli. Vi erano solo un paio di occhi privi di iride. Spaventata, urlò. Poi disse:
“Chi o cosa sei??”
“La mia identità in questo momento è irrilevante. Piuttosto, dovresti dirmi il tuo nome.”, rispose. Era come se la sua voce fosse proiettata direttamente nella sua testa.
“Il mio nome? Non… Non ricordo…” disse lei.
E finalmente si guardò. Inizialmente la sua pelle sembrava nera. Ma poi si accorse che era piena di crepe. Sembrava quasi cenere. E le sue mani… riusciva a vedere alcune falangi, come se la carne fosse caduta via. Si sporse verso il bordo della nave, tirandosi al parapetto con le sue mani nere e ossute, e si guardò infine il volto.
Poi urlò di nuovo. 
  
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